THE TRUTH BENEATH THE
SHADOWS
PROLOGO
La porta
batté tanto forte che la cornice appesavi accanto cadde per
terra frantumandosi. Evelyn non si degnò nemmeno di
raccogliere la fotografia che la ritraeva insieme alla sua famiglia, il
giorno del suo diciassettesimo compleanno. L’avrebbe
volentieri bruciata in quel momento. Era finita, l’indomani
sarebbe partita e basta. “non
si discute” aveva detto suo padre pochi minuti
prima mentre lei, indignata, correva a barricarsi in camera sua.
La finestra
socchiusa era incredibilmente allettante, ma dove poteva andare? Non
aveva per niente voglia di vagabondare per la città.
Sarebbe
partita sì, ma avrebbe fatto le cose a modo suo.
Guardò
le valigie ancora vuote abbandonate in un angolo della stanza, ma non
aveva voglia di fare niente e si disse che ci avrebbe pensato la
mattina seguente svegliandosi presto.
Si
addormentò pensando alla tremenda estate che la aspettava.
Lontano dalla sua città e dai suoi amici, a prendere
ripetizioni di greco e matematica da quella sua zia (alquanto isterica
a detta dei suoi cugini che avevano avuto la fortuna di
incontrarla) che non aveva mai conosciuto.
1. IL BUON
GIORNO SI VEDE DAL MATTINO
Aprì
gli occhi infastidita dalla luce. Come sempre sua madre aveva
spalancato le tende ignorando che la cosa mandasse Evelyn su tutte le
furie. Guardò l’orologio sul comodino, segnava le
sette e cinque. Sbuffò e si seppellì sotto le
coperte.
Non
va bene, farò tardi… dovrei proprio
alzarmi.
Si
trascinò giù dal letto di malavoglia e
caracollò in bagno per lavarsi. Dopodiché si
vestì e sistemò le sue cose dentro le rispettive
borse senza neanche vedere che cosa stesse maneggiando. Scese di sotto,
salutò tutti e si accomodò sul sedile posteriore
della macchina, dove chiuse gli occhi solo per un minuto…
Non
va bene, farò tardi… dovrei proprio
alzarmi.
Spalancò
gli occhi tirandosi su… nel suo letto. Guardò
l’orologio. Le nove.
<<
Merda! >> esclamò mentre saltava
giù dal letto e sfrecciava verso il bagno.
La fase in cui
la mattina si sogna di prepararsi e adempiere i propri doveri, mentre
in realtà si è ancora comodamente a ronfare a
letto, era normalmente superata in terza o quarta elementare, ma
evidentemente lei era tardiva per quanto riguardava questa fase dello
sviluppo adolescenziale.
Quando alla
fine fu pronta e si osservò fugacemente allo specchio si
rese conto che non aveva per niente un bell’aspetto; i
capelli erano arruffati e informi ed in viso era tremendamente pallida
come sempre. Fu tentata di afferrare il borsello dei trucchi, ma doveva
ancora fare le valigie e dovette lasciar perdere.
Dato che le
avevano ripetuto circa una decina di volte che la misteriosa zia non
tollerava i ritardatari, prendersela comoda le sembrava un ottimo
presupposto per il suo piano, tuttavia cercò di fare ancora
più in fretta. Conoscendo suo padre sapeva benissimo che
alla dieci meno un minuto l’avrebbe trascinata in macchina,
anche se fosse stata in pigiama.
Alle dieci non
aveva ancora finito le valigie ed era forse ancora più
pallida di prima. Suo padre sbucò dalla soglia della porta
camminando a passo svelto e sicuro senza neanche bussare e le
augurò il buongiorno, poi afferrò quante
più valigie poteva e uscì come era entrato.
<< Chiamalo buongiorno! >> fu tutto quello
che riuscì a urlargli dietro Evelyn.
Si
precipitò giù nell’ampio atrio
rincontrando l’amato genitore che faceva dietro front per
andare a recuperare le valigie rimanenti, <<
Perché tutta questa fretta? Hai forse paura di pentirti e
ripensarci? >> gridò rivolta alle scale.
L’interessato passandole accanto le rivolse semplicemente un
sorriso ebete che Evelyn ebbe voglia di cancellargli a suon di schiaffi
dalla faccia << Sai che ti dico? Troppo tardi. Non vedo
l’ora di essere lontana da questo maledetto posto, dalla mia
isterica zia! >> continuò la ragazza.
Non si poteva
dire che fosse una che si teneva tutto dentro; e proprio in quel
momento stava fornendo prova della sua capacità di esternare
i suoi sentimenti e i suoi disagi con ogni genere
d’imprecazioni contro la sua famiglia e la sua sfortuna.
<<
Chi sarebbe l’isterica? >> esordì
suo zio comparendo all’ingresso, seguito da tutta la sua
famiglia che si era probabilmente appropinquata per salutarla e
augurarle una felice permanenza estiva a isteriavill. Evelyn li
fulminò con lo sguardo, << Già.
Direi che farete proprio una bella coppia tu e la zia Josephine
>> continuò suo cugino.
<<
Sta zitto Nick! >> lo aggredì la ragazza.
Il caso volle
che proprio in quel momento anche sua madre fosse di ritorno dalla
messa domenicale, accompagnata da nonne, zie e prozie. Dovevano aver
organizzato una festa in onore della sua dipartita.
Fortunatamente
suo padre aveva finito di caricare le sue cose sulla jeep.
<<
Se eravate venuti per salutarmi… >>
iniziò Evelyn rivolta ai parenti che iniziavano ad affollare
l’atrio di casa sua.
<<
Veramente siamo qui per festeggiare il novantasettesimo compleanno di
zia Giselle >> la interruppe suo cugino con un sorrisino
malefico e indicando una nonnetta decrepita che quattro dei suoi cugini
stavano tentando di issare su per le scale.
Neanche si
degnavano di scomodarsi per salutarla.
<<
Peccato, stavo per suggerirvi un posticino dove potevate ficcarvi i
vostri salut… >>
<<
Evelyn! >> la richiamò sua madre. In tutta
risposta la ragazza rivolse a tutti un sorriso sgargiante e finto senza
proferire parola e si fiondò in macchina.
Partì
così, senza salutare nessuno e con ancora quel nodo di
rabbia alla gola.
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