Per
favore, fermatevi a leggere le note in fondo al capitolo, quando
l’avrete finito. Grazie.
AXEL
POV
Fui
attraversato da un dolore atroce. Abbassai lo sguardo verso il mio
stomaco, fonte di quella pena, accorgendomi che la tunica di pelle nera
che indossavo aveva un largo strappo su un lato, all’altezza
di petto e addome.
Guardai
alternativamente le mie mani, per nulla sorpreso di vedere che
reggevano debolmente quelli che sembravano due dischi spinati.
Di
nuovo quel sogno…
- Axel…
-
Quella
voce mi fece sollevare lo sguardo, come aveva sempre fatto. Davanti a
me uno sconosciuto, il familiare sconosciuto che qui e solo qui io
conoscevo, il ragazzo che mi tormentava sin da quando ero un bambino.
Il sogno era sempre lo stesso, cambiava molto di rado, ma lui era
sempre presente.
Sapevo
esattamente cosa avrei detto di lì a poco e anche
l’esatto tono di voce con cui avrei parlato. Non avevo nessun
controllo su questo, niente di quanto avrei potuto tentare avrebbe
cambiato quel momento.
- Ci
rivedremo nella prossima vita –
- Sì.
Aspetterò –
- Sciocco.
Solo perché tu hai una prossima vita –
Balzai
a sedere, gli occhi spalancati. Mi guardai attorno, il petto che si
alzava e abbassava al ritmo veloce del mio respiro affannato. Artigliai
con una mano le lenzuola e mi mordicchiai ansioso il labbro inferiore,
sentendo una strana solitudine fluirmi in tutto il corpo.
Ricordavo
benissimo la prima volta che avevo fatto quel sogno. Mi ero precipitato
in lacrime nella camera dei miei genitori, dicendo disperato che il mio
migliore amico, il mio amico del cuore era scomparso. Che anche se
aveva promesso che ci saremmo rivisti io non gli credevo.
Fu
in quel periodo che quel sogno divenne un’ossessione e
iniziai a parlare insistentemente di questo “Roxas”
come del mio unico amico, l’unico che mi piacesse; fu in quel
periodo che i miei genitori iniziarono seriamente a preoccuparsi per la
mia salute mentale. Mi portarono da dottori e psichiatri, mi furono
prescritti un sacco di psicofarmaci che avrebbero dovuto far scomparire
gli incubi e offrirmi un sonno ristoratore. Tuttavia il loro unico
effetto fu di peggiorare ulteriormente la situazione: i sogni divennero
più vividi. Iniziai a descrivere com’ero, cosa
indossavo; dissi che potevo controllare il fuoco.
Fu
quando compii 15 anni che cominciai seriamente a diventare la persona
che ero nei miei sogni. I miei genitori si arresero
all’evidenza. Lasciarono che tingessi i miei capelli corvini
del colore delle fiamme e mi firmarono il permesso che serviva per
tatuarmi una lacrima capovolta sotto entrambi gli occhi. Tuttavia
all’inizio si rifiutarono di chiamarmi Axel, nonostante io
insistessi tanto, anche con violenza a volte. Ma poi fallirono anche in
questo. Dimenticarono di continuare a chiamarmi Brannan, visto che
tutti si rivolgevano a me usando l’altro nome.
Spinsi
via lentamente le coperte, spostando lo sguardo sulla finestra. Adesso
avevo 18 anni, ero uno studente “anziano” nella mia
scuola superiore. Uno studente onorario, candidato a diplomarmi con il
massimo dei voti. Facevo anche parte della squadra di dibattito; niente
di cui andar fieri, in realtà, ma valorizzava la mia
abilità naturale di rigirare le persone come volevo
attraverso le parole. I miei genitori pensavano che il dibattito fosse
migliore, per me, della compagnia dei miei amici. Questo dopo avermi
visto far piangere un bullo con il semplice espediente di ritorcere le
sue stesse parole contro di lui, inducendo tutti gli altri a ridergli
dietro.
Lanciai
un’occhiata all’orologio: un’ora
abbondante prima che cominciassero le lezioni. Era sempre
così quando avevo uno di quei sogni, andava a finire che
arrivavo a scuola con molto anticipo e sedevo sui gradini, cercando di
ignorare il senso di solitudine che mi rimaneva dentro. Il fatto che
l’immagine di quel viso mi aggredisse ogni volta che battevo
le palpebre non mi aiutava.
Indossai
la solita maglia e i jeans consumati e gettai in cartella i libri
necessari per la giornata. Una volta chiusa silenziosamente la porta
della mia camera alle mie spalle, esitai davanti alla stanza di mia
sorella, che parlava al telefono in tono mieloso con qualche amica
– o con il fidanzato. Ancora una volta la sua affollatissima
vita sociale l’aveva tenuta sveglia tutta la notte. A volte
mi comportavo come se non mi importasse di ciò che faceva, a
volte semplicemente la invidiavo.
Non
ero un asociale, non lo ero mai stato, né ero scortese con
gli altri: non scoraggiavo le interazioni sociali. Semplicemente le mie
aspettative per quanto riguardava l’amicizia erano molto
alte. Nessuno sembrava valere nemmeno la metà del ragazzo
che vedevo nei miei sogni, colui che mi aveva fatto quella promessa,
anche se effettivamente non l’avevo ancora incontrato. Quel
che ragazzo era sempre circondato da un alone di innocenza e
gentilezza, colui che mi rendeva felice.
Quello
era probabilmente il motivo per cui aspettavo con ansia quei sogni,
anche se mi facevano sentire solo. Probabilmente mi ero innamorato di
questo Roxas. Forse era per quello che le ragazze della mia scuola non
avevano mai avuto fortuna e io ero felicemente single.
Un
piccolo verso mi sfuggì dalle labbra mentre scendevo al
piano di sotto. Afferrai una mela e uscii di casa.
Volendo
indugiare su quei pensieri un altro po’ mi sedetti sui
gradini della veranda per ammirare il sole nascente. Non pensavo mai di
essere depresso, perché non lo ero. Semplicemente ero avido
della speranza che qualcuno, da qualche parte, mi stesse aspettando,
anche se era un pensiero malinconico. Era una tristezza che mi
infliggevo volontariamente. Chiamatemi masochista, se vi pare.
A
volte pensavo: se mi fossi unito a un gruppo di recupero per casi come
il mio, come diavolo avrei dovuto presentarmi?
“Ciao,
sono Brannan McNeal, ma preferisco essere chiamato Axel, come la
persona che divento nei miei sogni. Sono innamorato di un ragazzo di
nome Roxas, che incontro solo quando dormo”
Lo
dissi ad alta voce, per vedere che effetto avrebbe fatto e non potei
fare a meno di ridere di me stesso, mordendo la mia mela. Di sicuro
sarei stato definito solo come pazzo.
Note
alla traduzione
Alcuni
capitoli potranno sembrare un po’ lenti, ma a mio parere la
storia ne vale la pena. Pubblicherò il prossimo tra pochi di
giorni per il secondo punto di vista. Per il resto dovrei attenermi al
ritmo di un capitolo ogni 5-7 giorni.
Vi
prego di lasciarmi un parere perché è la mia
prima traduzione ufficiale e ho promesso all’autrice della
storia di passarle i vostri commenti (opportunamente tradotti in
inglese).
Sono
disponibile a dare delucidazioni su qualsiasi dubbio possiate avere
sulla storia. Consigli e critiche ai fini del miglioramento della
traduzione sono ben accetti.
Dimenticavo: per chi
volesse leggere la storia in lingua originale vi do il nome
dell'autrice. Seguite questo link Saharen e
cliccate sulla gallery dell'autrice. Purtroppo dovrete aprire i
capitoli uno alla volta perchè non c'è il
collegamento tra uno e l'altro, ma ci si adatta facilmente ;) |