AMARCORD
Bgm:
Barlow girl – Never Alone
I cry
out with no reply and
I can't feel You by my side
So I'll hold tight to what I know
You're here and I'm never alone.
Nota:
Sapevate che nel linguaggio dei fiori la
LAVANDA
(che dà il titolo a questo capitolo) simboleggia la diffidenza?
***
Se aprisse gli occhi non vedrebbe nulla davanti a sé.
Solo il buio impenetrabile che tiene intrappolato
nelle palpebre, con la luce della notte al di là delle persiane chiuse sotto
l’oppressione della cappa asfissiante di una calda estate londinese.
Eppure gli è parso d’aver abbassato le ciglia solo un
momento, per riposare un istante le pupille incandescenti.
Ora è più stanco di prima.
Neanche gli è stata data la consolazione di un
temporaneo oblio, ma la cosa invece d’irritarlo lo conforta. Perché le notti di
riposo fanno parte di un passato talmente remoto che sembra non appartenergli
nemmeno.
Eppure ricorda ancora il calore delle coperte bianche,
e il moto pigro delle tende scarlatte che filtrano i raggi di un caldo sole di
primavera tarda, e un sorriso gli squarcia il viso come una ferita amara perché
soltanto fino a ieri il rosso non gli ha rammentato altro che la consistenza
densa e dolciastra del sangue.
Persino gli odori hanno smesso di tormentarlo. Forse
le narici, spossate dalla prolungata mancanza di sonno, hanno semplicemente
smesso di catalogare insistenti la realtà marcia e sporca in cui si confonde:
non si avverte che un lieve sentore di polvere sopraffatto da un prepotente,
stomachevole aroma zuccherino.
La bocca gli si storce sua sponte in una smorfia
nauseata.
“Hai esagerato con l’acqua di colonia, appesterai
tutta la casa.”
Non c’è risposta alla sua affermazione, cade nel vuoto
echeggiante di una casa spoglia in un istante stupito e carico d’attese. Poi
dalle sue spalle, soffocata dal fine tessuto di un lenzuolo che gli copre le
forme troppo magre, una risata bassa e roca dai toni sguaiati gli vibra contro
la guancia attraverso la federa calda del cuscino, così tenera e familiare da
sembrar prodotta da se stesso.
“Non è così male.”, risponde una voce carica di
compiaciuta, sensuale malizia mentre un anelito diaccio che sa dell’odore
piacevole e pungente che già gli risveglia i sensi sale a soffiargli molesto
contro l’orecchio, seguendo quel brivido appagante che scivola giù lungo il
collo e la schiena.
Non apre gli occhi, lasciandosi guidare dal profumo
che ora lo impregna tutto e dai ricordi della prima volta che l’ha sentito che
gli si affollano dentro: nella mente uno spicchio di luna sottile, appena un
accenno ridente, digrada lenta all’orizzonte gocciolando latte sulla superficie
di velluto di un lago nero puntellato di stelle. Fatica a riconoscere in sé quel
giovane serio e astuto con gli occhi a splendere vivi dietro le ciglia abbassate
e le labbra protese, anelanti.
E’ vero, non è poi così male.
“Cos’è, lavanda?”, sospira appagato.
“No.”, è la replica annoiata. “Qualcos’altro.”
|