Angeloid
Blaine provava un
senso di eccitazione mista a paura : avevano trovato una cavia.
Era la prima volta che gli era permesso assistere a un tentativo di
Angeloid. I pochi colleghi che avevano acconsentito a spiegargli come
si svolgevano i tentativi non erano scesi in particolari e l'avevano
descritta come una cosa molto disgustosa. Questo non aveva fatto altro
che accrescere in Blaine la curiosità di vederlo.
Il progetto Angeloid era la più ambiziosa e folle operazione
chirurgica che il governo americano avesse mai osato teorizzare. Il
progetto mirava alla creazione di un uomo perfetto, soggetto solo alle
malattie mortali e con una soglia del dolore superiore a quella
massima. C'erano voluti molti anni prima che iniziassero gli
esperimenti sulle cavie, fino ad allora culminate con la morte della
cavia, ma stavolta sembravano aver trovato la cavia x, l'anello
mancante. Una cavia tanto forte da sopportare tutti i test e arrivare
fino ai test finali.
Blaine si chiese quale animale fosse.
Durante sei anni di carriera al complesso di laboratori Circle, Blaine
aveva visto solo due volte il laboratorio numero quattordici, sempre al
buio.
Il laboratorio quattordici era l'unico laboratorio circolare,
strutturato in sei livelli concentrici che affacciavano uno sull'altro
come balconi. I vari livelli erano occupati da tavoli a loro volta
impegnati da fogli e apparecchiature. Al centro della stanza c'era una
teca circolare di vetro e plastica rinforzata, alta due livelli. Blaine
capì che in quella teca ci sarebbe stata la cavia. Le luci
del laboratorio erano quasi tutte spente, a differenza di un tubo
circolare nella teca che rischiarava la figura della dottoressa Rebekah
Hoult, la responsabile del progetto, già davanti al pannello
di controllo «Benvenuto
Blaine» gli disse, girandosi «Sai, alla cavia da
fastidio troppa luce» spiegò sorridente,
stringendosi la coda di cavallo in cui erano legati i capelli biondi «Buongiorno
dottoressa. Cosa devo fare?» chiese, abbottondandosi anche
l'ultimo bottone del camice e sistemandosi meglio gli occhiali sul naso
«Oggi devi solo
riprendere tutto. Inizia quando ci siamo tutti» Rebekah gli
mise in mano una videocamera. Blaine la accese e guardò
verso la teca, notando già la professoressa Karen Ian
trafficare all'interno con delle siringhe. In pochi minuti tutti gli
altri coinvolti nel progetto arrivarono. Rebekah premette un pulsante
sulla tastiera davanti a lei. Tutte le uscite si sigillarono. Blaine
deglutì e al suo gesto iniziò a riprendere
Rebekah «Mercoledì
dodici dicembre duemilaquindici. Centoquattordicesimo esperimento di
Angeloid» disse Rebekah mentre un' altro ragazzo, arrivato da
poco ai laboratori, scriveva ogni virgola che diceva «La cavia
è l'unica sopravvissuta a tutti i passaggi di preparazione.
Costituzione fisica: minuta. Forza fisica : nella norma. Soglia del
dolore : cinquecentosessanta. Numero cavia: 18.310» disse,
poi digitò altri pulsanti «Facciamo entrare la
cavia» annunciò.
Da una porta nascosta dal buio uscirono due persone che ne
trasportavano qualcosa. La dottoressa Ian indossò gli
occhiali protettivi e nel farlo rivelò cosa stavano
trasportando i due invervienti. Si notava a malapena tanto che erano
grossi : un ragazzino che non poteva avere più di diciotto
anni, tenuto per le braccia per evitare ogni tentativo di fuga «Ma che...che diavolo
significa?» chiese a bassa voce a Rebekah, che non gli
rispose. Stava guardando il ragazzo con aria trionfante, come se fosse
una sorta di vincita.
Blaine capì con estremo orrore che il progetto Angeloid
veniva testato direttamente sugli umani. L'occhio analitico di Blaine
non poté fare a meno di analizzarlo nei dettagli : la pelle
bianca illuminata dai neon risplendeva e si confondeva con le uniformi
degli inservienti e dell'ambiente circostante, tutto bianco. Come
Rebekah aveva predetto, la luce gli dava fastidio, infatti lo vide
strizzare gli occhi più volte prima di aprirli totalmente.
Erano di un azzurro indicibilmente puro, le sopracciglia sottili e le
ciglia lunghe. Per un attimo, gli occhi della cavia incrociarono quelli
di Blaine e mormorarono una vaga richiesta d'aiuto ma cambiarono
velocemente direzione, dalla dottoressa Rebekah agli altri dottori alla
professoressa Ian e poi agli inservienti «Avvicinate 18.310
al centro» disse Rebekah al microfono, gli inservienti
ubbidirono. Blaine non colse neanche cosa stesse dicendo impegnato a
notare ogni particolare fisico nella cavia : i capelli castani troppo
lunghi, le ossa sporgenti e altri segni di evidente malnutrizione, gli
occhi cerchiati da profonde occhiaie nere che contrastavano il biancore
della pelle e l'azzurro delle iridi, le pupille dilatate e un lieve
tremore che gli scuoteva le gambe nude «Se la cavia dovesse
sopravvivere a quest'ultimo siero, sarebbe il primo Angeloid»
spiegò Rebekah alla telecamera «Procedete»
ordinò poi alla dottoressa Ian. Nelle sue mani c'era una
siringa ricolma di liquido biancastro. Uno degli inservienti costrinse
la cavia a tendere il braccio sinistro, tenendoglielo fermo mentre la
dottoressa cercava il punto dove infilare l'ago. La cavia tremava, ma
non piangeva, e in Blaine sorse la vaga consapevolezza che stesse
tremando per il freddo, non per la paura. Quando la dottoressa fece
pressione con l'ago, la cavia si divincolò invano, tenuto
ben fermo dai due inservienti. Ci volle poco e la dottoressa Ian
svuotò la siringa nel suo braccio.
Ci fu un momento di assoluto silenzio. La cavia era ferma, ma iniziava
ad ansimare. Ansimò fino a boccheggiare addirittura, il
volto contorto in un'espressione di dolore e gli occhi spalancati. Poi urlò e
Blaine fece un salto all' indietro, andando a sbattere contro una
balaustra di plastica per lo spavento. Fu un urlo sovrumano, di vero e
proprio dolore. Registrò a malapena che era l'unico a
reagire così : il ragazzino stava ancora scrivendo e sul
viso di Rebekah era dipinta una smorfia di trionfo. La cavia si
divincolò e i due inservienti lo lasciarono, facendo in modo
che cadesse sulle ginocchia mentre continuava ad urlare e trentava di
graffiarsi sulla schiena e le braccia «Rebekah...»
piagnucolò Blaine, ma non smosse la donna. Poi ci furono due schizzi di
sangue, netti, dalla schiena.
Blaine credette di essere totalmente impazzito. Doveva essere
impazzito, perché sulla schiena della cavia erano comparse
due ali bianco latte sporcate dal sangue. Appena spuntate, le ferite si
rimarginarono all'istante. Smise di urlare. Si alzò in piedi.
La cavia si guardò intorno come se non fosse mai stato in
quel posto. La professoressa Ian gli si avvicinò e gli
toccò un braccio : non l' avesse mai fatto. Immediatamente
la cavia gli strinse la gola, alzandola contro una delle pareti della
teca e sbattendocela sopra mentre continuava a stringere sempre di
più. La donna non fece neanche in tempo ad urlare : era
già morta. Neanche i due inservienti furono risparimiati, e
mentre uccideva, la cavia aveva sul volto un' espressione quasi
divertita. «E' LUI!»
gridò stridula Rebekah «E' LUI, E'
L'ANGELOID!» il suo volto, sempre pacato, era acceso da un
incontenibile euforia. Il grido non passò inosservato alla
cavia «Sei stata
tu?» chiese incredulo, mentre le sue dita erano ancora sulla
gola dell'inserviente. Non gli servì risposta per capire che
sì, era lei a capo di tutto questo. E allora
sbattè il cadavere dell' inserviente contro la teca,
più volte, finché il vetro non si ruppe e dalla
testa dell uomo non iniziò ad uscire del sangue. Disgustato,
gettò da parte il cadavere, lanciando quello dell' altro
inserviente in modo da fare un buco abbastanza grande per passarci
attraverso. Il cadavere frantumò il vetro e volò oltre
le loro teste, finendo su un tavolo del terzo livello «CRISTO, REBEKAH,
USCIAMO DI QUI!» urlò Blaine, buttando da parte la
videocamera e cercando invano di trascinare via Rebekah ma venne
colpito forte da qualcosa -qualcosa di caldo, pulsante, vivo- e poi, il
buio.
Quando si risvegliò, credette di trovarsi in una specie di
film horror.
Il cadavere di Rebekah giaceva di schiena contro il pannello di
controllo, le braccia penzolavano ai lati e una macchia scura
ufficializzava la sua morte. Blaine reprimette il conato di vomito.
Tutti gli altri dottori erano morti in modo meno sanguinoso. Si
girò a vedere dove fosse il ragazzino : non c'era, da
nessuna parte.
«L'ho fatto uscire.
E' troppo sconvolto per dire qualcosa a qualcuno» disse cauto
la cavia, alle sue spalle. Stava seduto su un tavolo e si teneva le
ginocchia con le braccia «Tu...»
iniziò Blaine «Sì, li ho
uccisi tutti io. Ho vendicato gli altri» rispose con lo
stesso tono cauto, ma la domanda non era quella.
«Perché mi
hai lasciato vivo?» chiese Blaine, sistemandosi gli occhiali «Non lo so»
rispose la cavia, scrollando le spalle e facendo inconsapevolmente
muovere le ali «Immagino
perché eri l'unico che provava un po' di pietà
per me, prima» disse, poi notò che Blaine stava
guardando le ali «Sono belle, vero?
Sono così leggere, sembra che ce le abbia da
sempre» le mosse, stendendole «Cosa pensi di fare
adesso?» chiese Blaine, rimanendo a distanza «Torno a casa, vado a
salutare mio padre e me ne vado in qualche posto sperduto dove non
potranno mai trovarmi» rispose la cavia, scendendo dal
tavolo. Aveva tolto il camice al ragazzino prima di farlo andare via «E tu cosa pensi di
fare?» chiese la cavia. Blaine ci pensò un attimo.
«Ti darei fastidio se
venissi via con te?» chiese. Era una follia, una pazzia, una
distopia bella e buona e anche la cavia l'avrebbe detto.
«Ne sarei
onorato» rispose invece.
E se ne andarono davvero.
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Buonasera lettori temerari, qui Robs!
Prima storia che segue i prompt di The Gleeky Cauldron, che stavolta
erano : time!au (ambientata nel futuro), fantasy!au e jobs!au.
Sì, ne ho usati tre tutti in una storia *parte applauso
registrato*
E niente...Angel!Kurt e scientist!Blaine per voi. La fanfiction prende
piede grazie a una rilettura-lampo di Angelology, di Danielle Trussoni.
Non l'avete letto? FATELO. Ne vale la pena, assolutamente. E boh, che
altro dire? Non è betata, non voglio rompere alla betareader
e magari domani posto quella betata, per ora tenetevela
così, vi và? xD
Non penso di dover dire altro, per stasera. In caso edito.
See ya' soon,
Robs.