Di
stanzini e blackberry con la fotocamera
-Ahahah,
Dio, che roba da diabete!-
Duncan
soffocò queste poche parole tra le labbra, mentre il film
romantico e strappalacrime che la sorella di Jo, una delle sue
amiche, stava guardando mostrava due innamorati che, sciogliendosi in
un pianto paragonabile ad un'onda anomala, si scambiavano l'ultimo
bacio, anche definibile come l'ultima pomiciata, del lungometraggio,
che dal titolo che scorreva in basso si sarebbe detto chiamarsi Hold
me in my last breath.
-Fa'
silenzio, stupido! Se mia sorella ci becca, puoi scordarti di poter
affermare di conoscermi!-
Secca
e decisa come sempre, Jo diede un leggero spintone a Duncan, che
sogghignò e le porse uno dei due caschi che teneva in mano.
-Cammina,
idiota, che Al e gli altri ci stanno aspettando!-
L'Al
in questione, che se solo avesse sentito Duncan chiamarlo così
gli avrebbe tirato la prima cosa che gli sarebbe capitata sotto mano,
altri non era che un altro componente della loro cerchia di amici,
Alejandro Burromuerto, un ragazzo tanto subdolo quanto affascinante,
che si mormorava fosse riuscito ad avere tre ragazze
contemporaneamente senza che nessuna delle tre si accorgesse delle
altre due. Lui e Scott Wallis erano i due a completamento del gruppo
di quattro ragazzi che vedeva come componenti anche Duncan e Jo, che
insieme agli altri si dilettavano nel passare le giornate a
raccontare barzellette sporche o a fare scherzi improbabili a gente
che non se lo sarebbe mai aspettato, tra una sigaretta ed una
lattina, di birra o coca cola che fosse.
Avviatisi
verso la moto e messi i caschi, i due salirono in sella e Duncan,
posizionatosi al volante, lasciò che il motore cantasse
come a lui piaceva che facesse.
-Lo
faresti mai?- chiese d'un tratto Jo.
-Cosa?-
rispose Duncan.
Jo
digrignò i denti, odiava quando qualcuno rispondeva ad una sua
domanda con un'altra domanda, ed odiava anche dover riconoscere di
non essersi esplicata per bene.
-Quella
roba schifosa che mia sorella si stava mangiando con gli occhi. Lo
faresti mai?-
Duncan
scoppiò a ridere, staccando una mano dal manubrio -e Jo non se
ne curò né si preoccupò minimamente tanto era
abituata a quando Duncan levava una o addirittura entrambe le mani
dal volante della motocicletta- e portandosela al casco grigio piombo
con sfumature metallizzate.
-Nemmeno
sotto tortura. Ma mi ci vedresti, tu, a sbaciucchiarmi in uno
sgabuzzino una tipa senza nemmeno un po' di tette come quella lì?-
Jo,
senza reggersi troppo strettamente alle spalle dell'amico, roteò
gli occhi tornando a godersi l'ebbrezza che le dava il viaggiare in
moto a pochi millimetri dal corpo vibrante di adrenalina di Duncan
che, da come guidava, si sarebbe detto amare il rischio.
-Non
si sa mai, magari sei un cretino e te la fai sotto a dirmelo.-
Ci
mancò poco che il punk inchiodasse, spedendo Jo ed il suo
corpo definibile con ogni aggettivo non prettamente inerente
all'universo femminile a schiantarsi di nuovo contro la sua schiena,
coperta solamente da una maglietta a maniche corte verde brillante,
che riprendeva lo stesso colore della sua cresta, e che recava
davanti una qualche scritta che sembrava essere stata lasciata da uno
di quelli che scrivono graffiti dappertutto con la propria fidata
bomboletta.
-Ti
sembro il tipo? Onestamente, ti sembro il tipo?- ribatté,
fermando la moto sul bordo del marciapiede a pochi metri dal loro
solito posto di ritrovo.
Gli
occhi indaco della ragazza si strinsero a fessura.
-Ascolta
un po', romanticone, ho una faccia che fa così paura che
persino Capitan Piscina non ha avuto il coraggio di_
-Di
confessarti il suo amore? Oh, ma guarda che carini, il maschiaccio e
il pisciasotto!-
Per
poco Jo non lo strozzò e Duncan si vide costretto a dover fare
ricorso al suo tono più suadente, imparato pochi mesi prima da
Alejandro.
-Scherzavo,
scherzavo, so bene quanto tu sia insensibile verso quel cretino di
Brick! A.. Almeno quanto io lo sono riguardo a Co_
Si
interruppe all'istante, timoroso di dire troppo o di aver detto
troppo poco.
S'avviarono
in direzione del luogo di ritrovo, nel quale Alejandro e Scott ancora
non figuravano.
-Beh,
signor sbrigati-che-arriviamo-in-ritardo, questa come la
giustifichi?-
A
momenti Jo non riuscì a finire la frase che si ritrovò
la maglietta impastata di una pappa strana che Duncan identificò
immediatamente come vomito finto.
La
ragazza guardò con forte disappunto la chiazza giallognola che
giaceva sulla maglia blu, in seguito girò lo sguardo
intenzionata a trovare quel -o quei, chi avrebbe potuto dire che
fosse stato uno solo a farlo?- burlone.
-Scott,
ti conviene venir fuori, perché se ti becco io ti strappo quei
capellucci rossi che ti ritrovi uno per uno!-
Da
dietro una macchina verde targata Ontario, che recava anche il
classico yours to discover inciso a lettere azzurre appena
sotto i sette segni tra lettere e numeri, spuntò un
ridacchiante Alejandro.
-Madre
de Dios, l'aveva detto Scott che la tua faccia sarebbe stata
divertente!-
Le
labbra di Jo si schiusero a pronunciare una serie di parolacce ed
imprecazioni, che trovarono fine soltanto quando la ragazza si mise a
correre in direzione di Alejandro, che sgranò gli occhi verde
giada e si mise a correre in direzione di Scott.
Il
rosso, non essendosi accorto che il ragazzo gli stava correndo
incontro, era girato verso la strada con gli occhi persi nel nulla, e
si vide arrivare addosso l'altro, capitombolando insieme a lui sul
duro asfalto.
-Alejandro,
serve che prenda il mio fucile o sei capace da solo di non mirarmi,
mentre corri?-
L'interpellato,
dopo essersi stirato con le mani la camicia azzurra che portava,
mormorò sommessamente qualche parolaccia in direzione di Scott
e si girò verso quella che ormai era una piuttosto adirata Jo.
-Scott..-
asserì subito con una calma quasi sprezzante della ragazza che
lo stava guardando in cagnesco -Penso ci tocchi scappare.-
-E
perché mai? Da piccolo cacciavo i topi dalla cucina, ma l'anno
scorso ho iniziato a tirare i colpi anche alle volpi che irrompevano
nel recinto delle galline di mio padre. Figurati se ho paura di le__
Non
riuscì a terminare di parlare che gli arrivò un po' di
quella poltiglia classificabile come vomito finto dritta dritta sul
cavallo dei pantaloni.
Duncan
batté il cinque a Jo.
-L'avevo
detto, io, che hai un'ottima mira- disse, fermandosi con la voce
sull'iniziale di ottima in una perfetta presa in giro degli
altri due.
Scott
si guardò schifato i pantaloni.
-Suppongo
che debba tornare a casa a cambiarmi. Del resto- aggiunse inarcando
le sopracciglia -Anche Jo ne avrebbe bisogno.-
Duncan
sgranò gli occhi.
-Stai
seriamente dicendo di rimandare la visita al vecchio Smith?-
Il
vecchio Smith, come l'aveva chiamato il punk, era un avvocato
di una cinquantina d'anni, di nome Darren Smith, al quale la
combriccola di ragazzi amava fare strani scherzi, che spesso
includevano pizze consegnate a casa da pagare, pacchi dalle forme
equivocabili e con i simboli dei sexy shop più rinomati
lasciati davanti alla porta e, per qualche mese, varie copie di
Playboy fattegli trovare all'interno della sua cassetta della posta,
con annessa lettera di ringraziamento per l'abbonamento che in realtà
Smith non aveva mai richiesto.
-Sì,
e se la tua amichetta non mi avesse tirato questa pappa di certo ora
ce la staremo spassando con uno di quegli scherzi che inventa sempre
Al!-
Così
dicendo, Scott trafisse Jo con lo sguardo più cattivo che
riuscisse a fare, mentre Duncan scuoteva la testa e si riavviava
verso la moto ed Alejandro aveva digrignato i denti e sibilato
qualcosa di incomprensibile nella sua lingua madre al solo sentire
quell'Al.
La
bionda lo seguì, e i quattro si separarono ponendo fine a
quello strano pomeriggio.
Durante
il viaggio di ritorno, Duncan, preso da un moto di stizza verso la
ragazza che gli aveva negato qualche ora di risate fino alle lacrime
(perché la faccia di Smith che osservava la copertina
dell'ultima copia di Playboy mentre la moglie lo guardava contrariata
era veramente, veramente esilarante), decise di riprendere il
discorso interrotto un'oretta prima.
-E
quindi, con Brick..-
Le
continue allusioni che Duncan faceva al ragazzo infastidivano
decisamente Jo, il cui animo faticava a sopportare tutte quelle
dannatissime frecciatine.
-Con
Brick niente, quel pisciasotto non ha avuto ancora il coraggio di d_
S'interruppe
di botto: si era appena fatta scappare non un'informazione a caso, ma
l'informazione di troppo.
-Il
coraggio di fare cosa? Di dichiararsi? Confessa, Jo, confessa e dimmi
che non vedi l'ora che lui_
Un
cazzotto sulla schiena datogli dalla ragazza, che, viaggiando in moto
con lui, gli restava costantemente aggrappata ai muscoli che
guizzavano sotto la pelle e la maglietta, lo mise a tacere.
Il
punk riportò la ragazza sotto casa; Jo, dal canto suo, si
limitò a schiaffargli stizzita il casco in mano, non perdendo
occasione di colpirlo anche sullo stomaco. Si diresse poi verso il
cancello di ferro arrugginito del vialetto che l'avrebbe portata alla
porta di casa che, dall'alto dei suoi due metri e pochi centimetri,
riluceva nel suo marrone scuro mogano.
Duncan
non fece nemmeno in tempo a borbottare un ci vediamo domani a
scuola.
La
cresta smeraldina svettava altezzosa sulla classe di diciassettenni
immersi apparentemente in quella che voleva sembrare la lezione di
matematica fondamentale all'accrescimento delle loro capacità
in materia in vista del compito in classe che sarebbe avvenuto la
settimana successiva, ma che in realtà era soltanto una
stupida chiacchierata riguardante argomenti come seno e coseno.
Duncan
si guardava intorno, alzando gli occhi cerulei di tanto in tanto al
soffitto incrostato e maledicendosi ripetutamente per non aver
marinato anche quella lezione, come invece aveva fatto l'ora
precedente con quella di biologia.
Si
guardò intorno, poi schioccò un paio di volte le dita
per richiamare l'attenzione di un suo compagno, un tale Geoff. Quando
il biondo si girò, Duncan gli rifilò una delle sue
tante battutine.
-Che
palle, sempre seno, coseno, seno, coseno.. Ci facessero vedere pure
un po' di f_
Il
suo compagno di banco, un ragazzo mingherlino dagli occhi verdi e dai
capelli rossi, gli tirò una gomitata nelle costole
impedendogli di terminare la parola, fulminandolo poi con uno sguardo
assai troppo serioso per un ragazzo della sua età.
-Duncan,
ti prego! Non vedo che sto cercando di stare attento?-
Il
punk alzò lo sguardo al cielo, ripromettendosi, un giorno, di
strozzare quel nerd.
Lo
rivolse poi verso il secondo banco della fila di destra,
soffermandosi sulle curve di una delle due ragazze che lo occupavano.
Courtney,
dall'alto dei suoi diciotto anni -era stata infatti una delle
primissime della classe a compierli, data la sua nascita in Gennaio-,
era una ragazza con dei tratti decisi e marcati, aveva due occhi
scuri che avevano sempre una scintilla di critica e d'ira all'interno
ed un cervello che lavorava costantemente. Si poteva affermare senza
troppi sensi di colpa che fosse una bella ragazza, peccato solo che a
volte il carattere lasciasse piuttosto a desiderare. Aveva una
carnagione abbronzata, dei capelli castani che le accarezzavano
dolcemente le spalle e una spruzzata di lentiggini al cioccolato
fondente sugli zigomi.
Lo
sguardo di Duncan, però, non si era soffermato nemmeno
quaranta secondi sui capelli di lei o sul suo profilo (dal secondo
banco della fila al centro non riusciva a veder poi così
tanto): quegli occhi malandrini puntavano a ben altro.
Si
soffermò sul seno, poi sul sedere della ragazza; lasciò
vagare la mente ed ecco che, tutto d'un tratto, i pantaloni erano
diventati troppo stretti.
Fuseaux
come quelli sarebbero dovuti essere proclamati illegali,
avrebbe di certo asserito con lo sguardo sognante Trent, il suo
sfigato vicino di casa, se gli fosse stato accanto; ma Duncan fece
correre più volte lo sguardo sui pantaloni strettamente
aderenti che indossava lei, pensando che se fossero stati dichiarati
illegali sarebbe stato anche meglio: ci sarebbe stato più
gusto a portarli, infrangendo le regole.
Il
pensiero che Courtney, perfettina com'era, non avrebbe mai e poi mai
disobbedito ad una regola scolastica non lo sfiorò nemmeno: il
sangue era defluito dal cervello per andarsi a concentrare in
un'altra zona, che era ben meno nobile della materia grigia.
Uscivano
insieme da qualche settimana, lui l'aveva anche baciata una sera e
lei non si era mostrata certamente restia al provocarlo, ma non erano
andati tanto avanti, perché lei aveva biascicato qualche scusa
riguardo al padre, che era un avvocato e che detestava Duncan in
quanto aveva la perfetta aria da delinquente. Non si erano mai
toccati, se escludessimo le mani sulla vita che le metteva Duncan
mentre si baciavano, e questo al ragazzo pesava.
Era
tanto deciso a provare ad andare un po' più a fondo con lei,
che non si chiese nemmeno in che modo avrebbe
potuto abbordarla. Strappò una strisciolina di carta dal bordo
del foglio del quaderno di matematica e vi impresse con la penna nera
poche parole: Io e te. Sgabuzzino dei bidelli. Subito dopo
la ricreazione. Al riparo dalle malelingue e dagli scomodi sguardi. E
anche dall'interrogazione in Inglese, già che ci siamo.
Con
un tiro ben assestato, il foglietto finì sul banco della
ragazza compiendo un arco perfetto e nascosto agli occhi del
professore.
Courtney
lo aprì e, dopo averlo letto, sgranò gli occhi scuri.
Rivolse a Duncan uno sguardo riprovevole e pieno di critica, ma
scrisse tuttavia una risposta sul foglietto con un'elegante penna blu
di metallo chiaro.
Romanticismo
a palate, cresta verde.. Convincimi.
Il
foglietto tornò dal mittente rotolando a terra e Duncan, lette
quelle poche parole, sentì il cavallo dei pantaloni stringersi
ancora di più. Iniziò a sentire caldo, chi diamine
aveva acceso i riscaldamenti in pieno Maggio? Possibile che quella
ragazza riuscisse ad infiammarlo con così poco?
Odiandosi
per la sua propensione alle voluttà che gli ispirava quella
ragazza, fece appello a tutte le dritte che gli aveva dato Alejandro
sul sedurre una donna e, afferrata la penna con un teschio attaccato
con lo scotch sul cappuccio, si apprestò a scrivere una
risposta.
Su,
principessa, qualcosa alla 'Hold me in my last breath'.. Mi sembra
accattivante come proposta, fossi in te io accetterei.
Il
professore alzò lo sguardo nel momento in cui il bigliettino
veniva tirato dal punk, ma fortunatamente sembrò non
accorgersene, o perlomeno non dargli troppo peso, sapendo bene che,
anche se gli avesse detto di smetterla, Duncan non avrebbe certo
desistito dal continuare a scambiarsi biglietti con un'altra persona.
Courtney
lesse avida le poche parole di Duncan. Rimase colpita, in quanto non
pensava che il ragazzo fosse tipo da film romantici. Non che lei lo
fosse, ma ogni tanto un po' di dolcezza non le sarebbe affatto
dispiaciuta.
Tracciò
le poche parole di risposta al punk.
Va
bene, D. Ci sto. Ma se ci beccano, io non ti conosco e tu mi stavi
stuprando senza il mio consenso.
Tirato
il foglietto, Duncan dovette fare appello a tutto il suo
autocontrollo per non alzarsi e saltare addosso a Courtney e si vide
costretto a prendere in considerazione l'idea di fermare lì lo
scambio di bigliettini con la sua quasi-ragazza. Dopo qualche
secondo, tuttavia, non resistendo allo stimolo dell'avere l'ultima
parola, scrisse alla ragazza, nel retro del foglietto.
Benissimo,
principessa, fatti trovare all'inizio della prossima ora, subito dopo
la ricreazione, lì davanti.
L'ultimo
tiro del biglietto, però, fu assai sfortunato per Duncan:
preso com'era dall'eccitazione, fece un lancio mal angolato facendo
finire il biglietto su un altro banco, più precisamente il
terzo a sinistra.
Il
ragazzo, però, non se ne accorse, immerso com'era nello
scrivere un messaggio ad Alejandro, che stava nella classe accanto,
ringraziandolo per i suoi consigli, non senza aver accuratamente
nascosto il blackberry dentro l'astuccio.
Al
terzo banco -e fu decisamente il colmo della sfortuna!-, intanto, la
ragazza che era venuta in possesso dell'oggetto di scambio fra Duncan
e Courtney aveva rivolto, senza essere notata dall'interessato, uno
sguardo scaturito dai suoi occhi blu-viola di puro sadismo verso
Duncan, aveva scosso la testa e fatto quindi ondeggiare i suoi
capelli biondi e si stava sfregando le mani, iniziando a mettere in
atto, nella sua mente, il peggior piano di vendetta che mai le
sarebbe potuto venire in testa.
Da
quel momento in poi, l'ora passò con una lentezza estenuante.
Duncan avrebbe potuto tranquillamente giurare che l'orologio, per
passare dalle dieci e mezza alla dieci e trentacinque, ci avesse
messo mezz'ora buona. Courtney, invece, titubò per tutto il
resto della lezione, ma si decise infine a presentarsi davanti allo
stanzino appena dopo la ricreazione: dopotutto, Courtney non era il
tipo da rimangiarsi le parole, che fossero state scritte o dette. Jo,
invece, aveva ideato un piano per rovinare la situazione ad entrambi
e, in più, per poter avere qualcosa su cui sfottere Duncan a
vita, e non si curava minimamente del tempo che passava.
Suonò
la campanella, e Duncan dovette sistemarsi attentamente i jeans scuri
che portava per evitare che i compagni si accorgessero del suo
imbarazzante stato.
Corse
rapidamente fuori dalla classe, recandosi più in fretta
possibile nella classe di Scott, a due piani di differenza dal suo.
-Fratello,
ho una cosa da raccontarti!- strillò aprendo la porta
dell'aula dell'amico senza chiedersi nemmeno per un secondo come mai
fosse chiusa anche se la ricreazione era iniziata.
Si
ritrovò davanti un'intera classe di ragazzi e ragazze che gli
puntavano gli occhi addosso.
I
vocabolari di inglese e i fogli protocollo poggiati sui banchi la
dicevano lunga su quale fosse la situazione in quell'aula e, a
conferma di tutto, la professoressa che stava presenziando e
controllando che nessuno copiasse, gli intimò sgarbatamente di
uscire.
Non
dando minimamente peso alla gaffe che aveva appena fatto, si risolse
di andare verso la classe di Alejandro, che stava sullo stesso piano
della propria.
Trovò
il ragazzo nel corridoio e, dalla sua espressione, dedusse che lo
stava cercando.
-Amigo,
dov'eri finito?- proferì Alejandro. -Ti ho cercato ovunque, ma
nada!-
-Ero
a cercare Scott- tagliò
corto Duncan.
-Scott?-
chiese l'altro. -Ma non ci aveva detto di avere un compito di
letteratura inglès che
gli avrebbe impedito di godersi la ricreazione?-
-Esattamente-
replicò stizzito il punk, ricordandosi solo in quel momento del
Tweet che aveva loro mandato Scott la sera prima (Che
palle, domani ho un compito di letteratura mentre quei due stronzi di
@AlejandroBurromuerto e @DuncanNelson si godranno la loro giornata
vuota! Vorrà dire che mi porterete uno il vocabolario e
l'altro lo zaino sull'autobus..).
Alejandro
trattenne un risolino e si decise poi a chiedere a Duncan spiegazioni
sul messaggio che gli aveva mandato l'ora precedente, facendogli
vibrare il telefonino mentre era alla cattedra, interrogato in
storia.
-Ho
semplicemente convinto Courtney a darmela.- replicò il punk
con una semplicità disarmante.
-Stai
scherzando chico?
Vuoi dire che i miei insegnamenti hanno davvero funzionato?-
Duncan
annuì.
-Alla
fine della ricreazione ho un appuntamento a luci rosse nello stanzino
dei bidelli!- proclamò poi, indicandosi con il pollice.
Alejandro
spalancò gli occhi verde chiaro e poi diede una pacca sulla
spalla all'amico.
-Complimenti,
amigo, poi però
fammi sapere come andrà!-
Duncan
ghignò.
-Sempre
che avrò abbastanza voce per parlare ancora!-
L'altro
fece un'espressione contratta.
-Duncan,
non puoi urlare in pieno orario di lezioni!-
Il
punk alzò un sopracciglio.
-Io
posso anche provare a contenermi, ma lei? A stento riuscirà a
parlare, se non anche a cammin_
-Duncan!-
lo rimproverò Alejandro. -Vacci piano, se posso darti un altro
consiglio!-
Il
ragazzo annuì già in sovrappensiero, quando la
campanella che segnò la fine dell'intervallo lo riportò
coi piedi per terra.
-Sì,
scusa Al, ma devo scappare!-
Alejandro
cercò di trattenerlo per il colletto della maglietta nera.
-Ti
avrò detto diecimila volte di non chiamarmi Al!- strillò,
ma il punk non lo sentì, preso com'era dall'eccitazione che
cresceva ad ogni passo che faceva.
Andò
a sbattere contro un paio di persone, sì, ma arrivò
prima di lei davanti alla porta dello stanzino. Si stirò con
le mani la maglietta e si risistemò la cintura, intenzionato a
nascondere per la seconda volta in quella giornata la sua
eccitazione.
Courtney
lo trovò, arrivando pochi minuti dopo, appoggiato allo stipite
della porta con un'espressione eloquente.
Non
si baciarono nemmeno, tanta era la foga del momento: Duncan , pur
essendo abituato all'adrenalina, onnipresente nella sua vita, era
eccitato dal comportamento -e dal corpo- della ragazza, mentre
Courtney non aveva mai marinato una lezione né disobbedito ad
una regola, e la cosa la mandava particolarmente su di giri.
Semplicemente,
Duncan si limitò ad afferrare per la vita il corpo della
ragazza ed appoggiarla, senza nemmeno troppa delicatezza, sul muro
adiacente alla porta, iniziando a torturarle il collo con le labbra e
con i denti.
Il
corridoio si era svuotato, ogni allievo era ormai giunto nella classe
in cui era diretto e probabilmente la McLion si sarebbe chiesta che
fine avessero fatto i due, ma tutte queste condizioni non facevano
altro che aumentare gli ormoni in entrambi i ragazzi.
Courtney
fece scorrere entrambe le mani piccole e dalle dita sottili lungo la
schiena di Duncan, indugiando sul collo e poi scendendo fino ad
arrivare al bordo della maglietta all'altezza dei pantaloni. Andò
direttamente a contatto con la pelle di lui, mentre il ragazzo
emetteva un gemito gutturale che veniva dal profondo della gola. Il
punk interruppe quella dolce tortura che stava infliggendo al collo
di lei e passò alla clavicola, strusciando il naso su tutta la
superficie della pelle esposta della ragazza, facendo così in
modo che il respiro di lei aumentasse di velocità, mentre
Courtney gli passava una mano tra i capelli, massaggiando e tirando
ogni tanto.
Continuando
sempre a baciarsi e toccarsi, si avvicinarono alla porta e Duncan,
togliendo riluttante una mano dal corpo di lei, arrancò nel
tentativo di afferrare la maniglia, cosa che gli riuscì
solamente la quarta volta che ci provò.
L'eccitazione
era forte, entrambi la sentivano scorrere in corpo, e non appena
Duncan aprì la porta si fiondarono dentro lo sgabuzzino dei
bidelli.
In
quel preciso istante, Jo, che era rimasta in classe, alzò la
mano e chiese di andare in bagno, permesso che le venne accordato. La
bionda non andò però verso i bagni, ma imboccò
il corridoio che portava allo stanzino dei bidelli dove sapeva che
avrebbe trovato Duncan avvinghiato a Courtney nella posizione più
compromettente possibile.
Man
mano che si avvicinava alla porta azzurra, sentiva dei rumori
abbastanza lievi che però corrispondevano perfettamente alle
sue aspettative. Impugnò il cellulare, uno smartphone con
fotocamera da cinque mega pixel, e si accostò alla porta con
la mano sulla maniglia, aspettando solo il momento più adatto
per aprirla e dare il via all'inferno.
Duncan
chiuse la porta con forza e vi sbatté contro Courtney, deciso
ad andare più in fondo. Iniziò a sbottonarle la
camicetta, ma al terzo bottone la mano della ragazza si era
posata sulla sua spingendolo a smettere l'opera iniziata.
-Cosa..
Perché? Hai paura di non soddisfarmi?- sussurrò con
fare accattivante.
In
tutta risposta, lei mise entrambe le mani sulle guance del ragazzo e
lo baciò con trasporto, affondando la lingua nella sua bocca
in un bacio che oltrepassava ogni limite della decenza. Duncan le
portò le mani alle spalle ed approfondì -se c'era
qualcosa da approfondire- il bacio, mordendole il labbro superiore
con i denti finché non sentì il piccolo scalino del
solco lasciato.
E
fu in quel maledetto momento che, chissà per quale oscuro
scherzo del destino o del caso, Jo si decise ad aprire la porta e a
scattare la foto con il telefonino.
Sentendo
il click tipico di una macchinetta fotografica, i due si
separarono all'istante, guardandosi inorriditi e poi rivolgendo uno
sguardo pieno di paura e terrore a chi li aveva immortalati su una
memory stick.
-Jo?-
chiese Duncan, esterrefatto.
-La
frequenti?- fu la prima domanda di Courtney. -Tu frequenti questo
maschiaccio?-
La
bionda in questione scoppiò a ridere in faccia ai due ragazzi,
rivolgendosi poi a Duncan.
-Vedrai
la faccia che farà Scott, quando scoprirà che ti stai
limonando la ragazza che piace anche a lui..- asserì.
Courtney
si portò una mano alla bocca semiaperta, riabbottonandosi poi
la camicetta frettolosamente e correndo in direzione dell'aula della
McLion. Avrebbe inventato una scusa, si disse. Magari avrebbe potuto
dire che non si era sentita bene. Magari la McLion le avrebbe anche
creduto.
Jo,
nel frattempo, intascò il cellulare.
-Adesso
sono cazzi tuoi, Nelson.-
Duncan
inghiottì a vuoto. Cercò di calmarsi con uno sforzo
estremo, e si avvicinò a Jo lentamente.
-Cancella
quella foto. Adesso.- comandò.
-Altrimenti?-
chiese provocatoria lei.
-CANCELLA
QUELLA CAZZO DI FOTO!-
Uh-Oh.
Aveva
urlato. Aveva urlato una parolaccia. E ciò avrebbe senz'altro
richiamato l'attenzione di un professore o di una professoressa.
La
ragazza dagli occhi violacei lo colse alla sprovvista e corse verso
la classe, guadagnando qualche secondo con Duncan, che si rese conto
di non averla più davanti solo qualche attimo dopo.
Quella
sera, successe il finimondo.
Jo
non solo aveva mostrato la foto a Scott, che si era arrabbiato
decisamente tanto con Duncan.. poiché non le bastava mai
niente, aveva persino postato la foto su Twitter e per di più
li aveva taggati entrambi.
A
Duncan arrivò un messaggio sul blackberry da parte di
Courtney.
Mio
padre mi ha beccata con te, penso che abbia visto la foto.
Dio,
ora sono cazzi nostri, si è messo ad urlarmi contro mentre mia
madre gli diceva 'calmati, Darren, calmati!'. È stato
traumatico.
Digitò
in fretta la risposta.
E
quindi? Non sarebbe figo, se fosse più trasgressivo?
Courtney gli rispose
dopo qualche minuto.
No,
cresta verde, non è figo per niente. Da domani è
finita.
Il punk spalancò
gli occhi. Finita? La sua quasi-ragazza aveva troncato tutto
per una fotografia?
Tutte le emozioni
provate dal suo cervello -ira, frustrazione ed una grande,
grandissima voglia di tirare un pugno a qualcosa- si compressero in
una stesso pensiero: un viso dai tratti mascolini ma dai capelli
biondi e gli occhi blu-viola.
-Jo..- sibilò fra
i denti Duncan. Gliel'avrebbe pagata cara.
Stava scrivendo a
Courtney un altro messaggio, quando rimase come colpito da un fulmine
a ciel sereno.
Come aveva scritto
Courtney che si chiamasse suo padre?
Darren.
Qual era il cognome di
Courtney?
Smith.
E chi era il tizio a cui
facevano ripetutamente scherzi stupidi?
Darren
Smith.
-Merda.- sussurrò.
-Merda, merda, merda!-
disse più forte.
Afferrò il
telefono fisso e compose il numero che ormai conosceva a memoria.
-Casa
Burromuerto. Quièn quieres?- rispose
una voce abbastanza familiare.
-Salve signora
Burromuerto. Sono Duncan, c'è Alejandro?-
-El mi hijo està
dormiendo.- asserì la voce al di là della cornetta.
-Lo svegli, che è
maledettamente urgente!- si ritrovò a strillare Duncan.
Dopo una trentina di
secondi, Alejandro arrivò al telefono.
-Porca.. Duncan, Que
quieres a quest'ora?- sibilò assonnato.
-Ale.. Hai presente quel
coglione di Smith? Quello a cui facciamo una marea di scherzi?-
-Beh?- chiese Alejandro,
piuttosto scocciato.
-È il padre di
Courtney.- annunciò Duncan, con fare funereo.
-Madre de Dios! E
io che credevo avessero semplicemente il cognome omologo!- proferì
Alejandro.
-Purtroppo le ipotesi
sono due: o anche il nome è omologo, oppure sono cazzi
nostri.- aggiunse Duncan.
-Scott lo sa?- domandò
l'altro.
-Con Scott non riesco a
parlare. Penso che dopo stasera mi toglierà persino il
saluto.- disse il punk, con una nota di noia nella voce. -È un
ragazzino, non ha nemmeno il coraggio di provarci con un'altra.
Eppure c'è una tipa che gli va dietro, mi pare si chiami Drew*
o qualcosa di simile..- terminò poi.
-Està bien,
ci parlo io. Adesso lasciami dormire, punkettone, ci si vede domani
al solito posto. Porta anche Jo.- parlò Alejandro.
-Io con Jo ho chiuso
completamente.- annunciò Duncan.
-Su, su, amigo...
la notte porta consiglio, vedrai che domani la andrai comunque a
prendere..-
-Sei uno sporco
manipolatore, Al.-
Duncan attaccò
immediatamente, non facendo nemmeno in tempo a sentire gli sproloqui
di Alejandro (non devi chiamarmi Al, quante cazzo di volte devo
dirtelo?). Si stese sul letto e lì si addormentò
qualche manciata di minuti dopo, stanco per la giornata troppo
pesante.
C'è
da dire che Duncan non serbò rancore per troppo tempo a Jo.
Qualche
settimana dopo, già se la ridevano di nuovo insieme,
continuando a lanciarsi frecciatine e, perché no, vomito
finto: dopotutto Duncan non era un tipo che, qualora una sciacquetta
qualsiasi l'avesse piantato, le sarebbe andato dietro tanto a lungo.
Pensava che Jo gli avesse fatto addirittura un doppio favore: gli
aveva, in effetti, aperto gli occhi e, cosa ancora meglio, aveva dato
motivo al gruppo di fare scherzi ancora più pesanti a Darren
Smith.
-Non
mi fiderò più di te, vecchio punk da strapazzo- aveva
detto Jo un giorno, mentre stavano in moto. -Se hai saputo fregarmi
con la storia dello sgabuzzino, puoi fregarmi su tutto.-
-Ti
prego, vogliamo parlare di quanto stai flirtando con Brick su
Twitter?- sbottò Duncan. -E poi Courtney le tette le aveva!
Mica come quella sfigatissima attrice!- borbottò.
Jo
alzò gli occhi al cielo, o meglio, al risvolto superiore del
casco che portava.
-Io
non flirto con Capitan Piscina. Semmai, è lui che flirta con
me.- proclamò.
In
tutta risposta, Duncan lasciò cadere il discorso e parcheggiò
la motocicletta sul solito bordo del marciapiede.
-A
parte ciò, sei pronta?- le chiese, afferrando la busta che
aveva tenuto fra i piedi durante tutto il viaggio.
-Sono
nata pronta!- rispose Jo, pescando dalla busta una buona quantità
di pappa giallognola.
Videro
Scott ed Alejandro appoggiati ad un lampione, mentre parlavano di
chissà cosa.
-Tre,
due, uno.. CARICA!- urlò Duncan.
Afferrarono
il vomito finto e lo scagliarono verso i due amici, che rimasero
dapprima allibiti, poi ne tirarono fuori una busta anche
loro. Alejandro tirò in direzione di Jo una generosa dose
di quello schifo, che lei scansò senza troppi problemi.
-Vuoi
la guerra, Duncan?- aveva intanto gridato Scott, che era appena stato
colpito.
Con
Scott le cose erano migliorate. Dopo aver provato anche lui a sedurre
Courtney, aveva capito che tipo scorbutico e insopportabile fosse e
l'aveva lasciata perdere.
-Vedremo,
roscio!- sbraitò Duncan.
Afferrò
un po' di poltiglia, si mise in posizione per tirargliela e.. Si
bloccò.
Dall'altra
parte della strada c'era una ragazza che, del tutto ignara di quello
che stava succedendo, stava camminando mano nella mano con un ragazzo
che assomigliava ben troppo a Trent, il suo vicino di casa. Lei era
pallida, aveva degli occhi di liquirizia e dei capelli bicolore, neri
e verde petrolio. Il corpo non era formoso come quello di Courtney,
ma la gonna nera e corta che lei indossava lasciava poco spazio
all'immaginazione.
Duncan
restò immobile per quell'attimo di troppo: il vomito finto
tiratogli da Scott lo colpì in piena faccia. Si accasciò
a terra e Jo gli si avvicinò.
Non
chiese cos'era successo, conosceva bene l'amico per capire cosa gli
stesse passando per la testa, per cui fece solo una domanda.
-Chi?-
Lui
indicò i due.
-La
ragazza con i capelli verdi e neri.-
Jo
la guardò con aria critica, studiandola bene.
-Non
ci pensare nemmeno. Ha meno tette di Courtney, sarebbe imbarazzante.-
Duncan
si alzò e si ripulì il viso con la mano sinistra.
-Beh,
ma si potrebbe sempre fare un'operazioncina che_
Non
riuscì a finire la frase, poiché Alejandro gli aveva
tirato altra sostanza gialla in pieno petto.
-Burromuerto,
questa è guerra seria!- proferì, prendendo poi tutta la
busta e correndo in direzione di Alejandro.
Qualcuno,
quel giorno, sarebbe tornato a casa fin troppo sporco.
*la
Drew a cui fa riferimento Duncan è Dawn, solo che lui non si
ricorda il nome :)
Note
dell'autore.
Potrebbe
esservi non piaciuta, mi sembra ovvio: non abbiamo tutti gli stessi
gusti u.u
Vorrei
fare qualche cenno, tuttavia, ad alcune mie particolari scelte.
Iniziamo
proprio dal titolo: Di stanzini e blackberry con la fotocamera
non è propriamente un'imperfezione grammaticale, è anzi
un latinismo riflettuto nell'Italiano arcaico, in quanto in Latino i
titoli dei libri o, comunque, dei racconti iniziavano con De..,
che poi in Italiano è diventato Di.
La
cosa doveva nascere inizialmente come una fanfiction demenziale e
devo ammettere che per un attimo ho pensato ad una DuncanxJo, ma poi
l'istinto mi ha suggerito una comica del genere, e non ho resistito
>.>
La
mia colonna sonora, per questa storia, è stata l'intera
playlist di Glee (sì, mi sono convertita xD), e.. Niente,
questa volevo dirvela e basta xDD
Un'ultima
cosa, poi mi dileguo: chiedo perdono a tutti i lettori di I'm Duncan
Again se non la ho più continuata, ma in questo mese mi sono
dovuta concentrare su questa storia qui, e di certo so di rischiare
il linciaggio se vi dicessi che non ho ancora iniziato a mettere per
iscritto il terzo capitolo.. *please don't kill me!*
Detto
questo, mi auguro che la storia sia stata di vostro gradimento, e vi
invito a lasciarmi una recensione, anche piccola piccola.. Mi farete
felice :3
Alla
prossima ♥
Dikastèrion.
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