« Devi sempre vivere al
massimo
più delle altre persone, ti piace rischiare. Vuoi provare
tutto come se il
tempo non ti bastasse.»
Il sole al tramonto era una di quelle poche cose che faceva sentire
Axel a
casa.
Non era la madre che gli apriva la porta di casa dopo che bussava a
tarda notte
e completamente ubriaco.
Non era il padre che il mattino seguente gli porgeva una tazza di
caffè e gli
faceva la solita ramanzina, ricordandogli che la vita non era tutta
“ sballi e
sigarette”.
Non era quel
dannato cane pulcioso che
gli saltava addosso appena afferrava una fetta biscottata e osava
metterci
sopra della marmellata.
Non erano nemmeno i suoi amici che quando lo rivedevano la mattina a
scuola gli
davano pacche sulle spalle con enormi sorrisi quando invece dentro di
loro non
erano altro che esseri composti da invidia e rabbia.
Lui era fatto per brillare nel più alto
dei cieli ed esplodere, trascinando tutti con se e creando un buco nero
capace
di risucchiare tutto nel raggio di kilometri; non era destinato a
spegnersi nel
silenzio più totale e in uno squallido appartamento di
periferia dove i
netturbini si dimenticavano perfino di passare a prendere la pattumiera.
Eppure c’era il tramonto.
L’unica cosa che ancora lo tratteneva li, in quella che
doveva essere casa sua,
era proprio quella meravigliosa sfumatura del cielo che preannunciava
la fine
di una giornata e che lo faceva sorridere in un modo dannatamente
infantile
eppure così spontaneo.
Perché il tramonto a Twilight Town era meraviglioso.
Quando Axel alzava lo sguardo, dall’alto del terrazzo di casa
sua, e puntava
gli occhi al cielo si sentiva come il protagonista di un film che
tratteneva il
respiro davanti a quella meraviglia naturale.
Axel era un ragazzo maturo infondo, anche se adorava
le feste di
qualsiasi tipo e non c’era una serata che
passava fuori di casa.
Beveva, faceva sesso
e quando aveva voglia
si metteva a vendere ai più fidati qualche pasticca oppure
del fumo, ma non
riusciva a non adorare il tramonto come un bambino adora le caramelle.
Quindi il ragazzo, nei suoi diciannove anni compiuti già da
qualche
mese,avrebbe preso volentieri una tanica di benzina e avrebbe dato
fuoco a
tutta quella merda che gli stava intorno, ma non se ne sarebbe mai
andato
finché un tramonto come quello che aveva di fronte gli
avrebbe illuminato la
serata.
Ogni
volta che la sveglia suonava Roxas
sospirava, si rigirava nel letto una decina di volte e solo dopo
l’ennesimo
trillo spacca timpani tirava fuori la mano e cercava a tentoni la
radiosveglia
per metterla a tacere.
La mattina era un’agonia, peggio delle torture cinesi che
ogni giorno la sua
migliore amica gli faceva leggere.
Avrebbe pagato nemmeno lui sapeva quanto pur di rimanere ancora per
qualche
minuto nel letto e riprendere fiato, svegliarsi per bene e ragionare su
quello
che lo aspettava.
E invece no. Ogni giorno, dopo che puntualmente la sveglia suonava
ripetutamente per un minuto, doveva alzarsi e vestirsi tutto di corsa,
ignorando il mal di testa dovuto alla sera prima e le occhiaie che
sembravano
essersi annidate sotto ai suoi occhi ora mai da mesi.
Ma alla fine quando si ritrovava davanti
allo specchio e sorrideva al suo riflesso scordava tutto
l’astio per la scuola,
la sveglia alla sei di mattino e la sera prima passata a fare
l’idiota.
Si accarezzava una guancia e le sue labbra si sollevavano quasi
automaticamente, mostrando all’altro se stesso riflesso i
denti bianchi e la fossetta
che gli si formava sul lato destro della guancia.
La giornata aveva inizio e il biondo sapeva già che cosa lo
aspettava: ore di
lezioni, un incontro occasionale con qualche ragazza e se era fortunato
qualcuno che gli vendeva qualcosa di buono per la serata.
Roxas adorava come
giravano le cose in
quella cittadina che vista da fuori sembrava il posto più
placido del mondo ma
una volta girato nei posti giusti ti faceva capire quanto marcio ci
poteva
essere sotto gli occhi di tutti.
Se eri fortunato in quella città potevi risplendere ogni
giorno e vivere nel
migliore dei modi.
Per fortuna Roxas sembrava brillare di
luce propria, specialmente quando aveva la possibilità di
fumarsi qualche canna
e di trovarsi qualche bella ragazza disposta a divertirsi con lui.
Roxas era tremendamente gettonato, non c’era persona che non
lo conoscesse e
non lo seguisse con lo sguardo in ogni suo passo.
Aveva soldi, giovinezza e bellezza. Non sapeva nemmeno lui che altro
poteva
esserci nella vita se non quelle tre cose che gli semplificavano tutto.
Gli andava bene essere usato se a sua volta poteva usare,
perché questo era il
mondo per lui, come realmente girava e non aveva senso andare
controsenso.
«Quanto
vuoi?»
Un sorriso sbieco fu la risposta che
seguì, seguito subito dopo da una pacca sopra alla testa
bionda e da un braccio
premuto sopra le fini spalle.
«Roxas, Roxas, Roxas, quante volte ti devo dire di salutare
prima di domandare.
Avanti, un po’ di educazione.»
Il biondo assottigliò gli occhi e scrollò le
spalle, allontanando il braccio di
Axel da se e facendo poi un passo indietro.
«Non
rompere i coglioni e dimmi quanto vuoi.»
Il rosso allargò ancora di più il suo sorriso e
si passò una mano tra i
capelli, scuotendo la testa.
«Dipende da quello che vuoi, biondo.»
«Il solito.»
«Ah già, “ il solito” eh? Sei
così presuntuoso. Pensi davvero di essere così
importante da farmi tenere a mente quello che compri
solitamente?» fece Axel
leccandosi i denti e ridacchiando lievemente, mentre con una falcata si
parò
nuovamente davanti a Roxas.
L’altro sorrise in risposta, passandosi lentamente una mano
sopra al petto fino
a farla scendere lungo i fianchi in maniera volutamente calma.
«Tu non ti dimenticheresti mai nulla che mi riguardi,
no?»
In risposta il rosso scoppiò a ridere,
battendo le mani con enfasi. Una volta finito lo scoppio di
ilarità scosse
la testa e si morse il labbro
inferiore, ritornando a guardare con fare lascivo il corpo di Roxas e
la sua
mano appoggiata con cura poco sopra la vita.
«Sicuramente non potrei mai dimenticarmi la tua lingua, baby.
In pochi la sanno
usare così.»
«Quindi se vuoi ancora vedere la mia lingua ti consiglio di
dirmi quanto vuoi
per il mio solito.»
Axel sospirò, arricciando il naso e scuotendo la testa come
a dire “ questa
ragazzo impossibile”. Si portò la mano destra
dentro la tasca e frugò in cerca
della bustina di plastica che si portava sempre dietro.
Dopo qualche secondo di ricerca scandito solo dal ronzio delle moto che
saettavano lontano e dal parlottare in lontananza degli studenti,
finalmente il
rosso tirò fuori dalla sua giacca un busta tutta rovinata e
piena di chissà che
cosa.
L’aprì con tutta calma e lasciò che il
suo sguardo smeraldino guizzasse da una
parte all’altra in cerca di qualche grammo di cocaina.
Dopo un attento esame – anche se a lui bastavano solo pochi
secondi- risollevò
la testa e sbuffò.
«Mi spiace ma a quanto pare il tuo
adorato solito è
già stato preso.»
Senza dire una sola parola Roxas fece
spallucce e diede le spalle all’altro, scuotendo la testa e
mandandolo a
‘fanculo con un sibilo innervosito.
Possibile che quel fottuto spacciatore dovesse vendere
l’unica cosa a cui era
interessato?
Ma la cosa che più lo innervosiva era il non essere stato
considerato; se Axel
sapeva che era lui a volere la
cocaina che cazzo la vendeva al primo sfigato che gli girava intorno?
Completamente preso dai suoi pensieri tutt’altro che delicati
non si accorse
del fulvo che gli camminava affianco silenziosamente finché
non si ritrovò una
sua mano sopra la spalla che lo intimava a fermarsi.
«Che minchia vuoi, Axel!?» sbottò il
più piccolo, guardando l’altro quasi
schifato.
«Ti offro una canna, che ne dici?»
«Oh wow, quella sì che mi sballerà da
paura eh?»
Il rosso ridacchiò e si chinò verso
Roxas, appoggiandogli la bocca sopra l’orecchio.
«Magari anche più di una, eh?»
Il biondo aprì la bocca, pronto a
rispondere, quando pensò che l’idea di scroccare
qualcosa non era affatto male.
Quindi annuì e con una gomitata scostò Axel da se.
«Non pensare che solo perché te l’ho
succhiato una volta questo faccia di me un
finocchio, chiaro? L’ho fatto solo perché volevo
provare, quindi stammi
lontano.»
Axel ridacchiò sommessamente e gli si
affiancò, iniziando a frugare dentro alle tasche in cerca di
qualche cartina.
«Continuo a sperare che ti venga voglia di sperimentare anche
altro, cherì. »
«Allora continua a sognare, coglione.
Oppure fatti crescere un paio di tette e ne riparliamo.»
Erano
passate oramai più di due ore dal
quando Axel aveva acceso con tutta tranquillità la prima
canna.
Si era seduto a terra scompostamente, aveva appoggiato sopra il
terrazzo di
cemento i dieci drum appena preparati e aveva atteso, le braccia
incrociate al
petto e un sorriso sulle labbra, che anche Roxas si accomodasse accanto
a lui.
E da allora erano passate due ore tra poche parole e tanti sospiri.
Axel di tanto in tanto scoppiava a ridere senza motivo per poi
ritornare serio,
ma lo sguardo faticava lo stesso a nascondere il divertimento del
momento.
Trovava fottutamente spassoso
osservare Roxas mentre si destreggiava nel fare i cerchi con il fumo
per aria.
Axel rimaneva li ad osservarlo attentamente, spostando il suo sguardo
dalle
sopracciglia aggrottate per il lieve sforzo alle labbra aperte a
“o” da cui
usciva il fumo.
Al contrario Roxas non si stava divertendo, non più di tanto
per lo meno.
Si limitava ad aspirare quanto più fumo poteva, cercando di
trattenerlo nei
polmoni per sentirne di più l’effetto.
Solo di tanto in tanto lasciava scivolare gli occhi lievemente
arrossati alla
sua sinistra, ma appena si accorgeva che il suo sguardo era ricambiato
ritornava ad osservare il nulla.
Axel, con tutta la calma del mondo, si lasciò scivolare a
terra fino a far
toccare la testa contro al cemento caldo, mentre il braccio sinistro
andava
automaticamente ad intrecciarsi dietro alla nuca.
L’ennesima canna della giornata in bocca e il fumo che gli
usciva dal naso
erano le uniche cose che potessero accertare a Roxas che sì,
quell’idiota del
suo conoscente era ancora vivo e vegeto.
E la mano destra del rosso che gli andava a toccare una gamba era
l’ennesima
conferma.
«Levala.» il più piccolo
ispirò un po’ di
fumo e poi fulminò con lo sguardo l’altro ragazzo,
indicandogli con un cenno
del capo la propria gamba.
Axel ridacchiò pacamente e tirò un piccolo
schiaffo sopra la coscia, giusto per
fargli capire che l’aveva sentito.
«Perché dovrei?»
«Perché mi infastidisci.» fece Roxas,
distaccato. Con una mano si portò la
canna alla bocca e inspirò tranquillamente, socchiudendo gli
occhi.
«Non sto ancora facendo nulla…»
mormorò in risposta l’altro mentre la sua mano
lasciava una carezza lungo l’intera coscia.
«Ancora?»
«Uh-Uh» mormorò Axel in risposta,
strisciando leggermente verso l’altro così da
rimanergli praticamente attaccato.
Roxas sbuffò dal naso, lasciando uscire anche un
po’ di fumo, e scosse la
testa.
Si lasciò scappare un lieve sorriso e chiuse gli occhi,
sdraiandosi a terra con
tutta tranquillità.
«Se mi dai un’altra canna potrei anche darti il
permesso di toccarmi la gamba.»
«Che egoista.» frignò il rosso,
imbronciandosi. «Come minimo dovresti farti toccare il
culo.»
Il più piccolo non rispose a
quell’affermazione, come spesso faceva d’altronde,
e riprese a fumare nel più
completo silenzio.
Solo dopo un paio di minuti pieni di
sospiri annoiati di Axel e qualche colpo di tosse da parte di Roxas
quest’ultimo decise di rompere quel silenzio, deciso
più che mai a stuzzicare
Axel.
«Sai Axel, mi stavo chiedendo …»
«Cosa?»
«Come fanno due uomini a fare sesso.»
Una risata scaturì fuori dalla bocca di Axel, mentre le
labbra si tendevano
verso l’alto e lasciavano scoperti i denti bianchi. Una mano
passò tra i
cappelli rossi e li scompigliò un po’, cercando di
mascherare insieme alle
risate il lieve stimolo che provava nel sentire Roxas domandargli una
cosa del
genere.
«Perché me lo chiedi?»
Roxas si morse il labbro inferiore e
ruotò di qualche centimetro la testa, appoggiando la guancia
contro il
pavimento e osservando l’ammasso di capelli che copriva in
gran parta la faccia
dell’altro.
Sospirò un paio di volte e allungò una gamba a
terra, mentre l’altra di piegava
verso l’alto.
«Così, tanto per. »
Axel scosse il capo, continuando a
ridacchiare di tanto in tanto.
«Queste non sono cose che si chiedono “ tanto
per”, non trovi?»
«Sei l’unico gay che conosco, a chi altro
dovrei chiederle?»
«Wow, non mi hai chiamato “ finocchio”.
Questa roba deve essere davvero forte, eh. »
mormorò qualche secondo dopo Axel,
voltando anche lui il volto per poter guardare negli occhi
l’altro.
Roxas fece spallucce, indifferente. « Per una volta ho solo
pensato di essere
gentile.»
«Solo perché vuoi fare sesso con me.»
«Sogna.»
«Me l’hai praticamente chiesto. Ti manca
solo l’invito scritto. Uhm, ma effettivamente qui non
c’è carta e penna quindi
se vuoi scopare puoi semplicemente allargare un po’ le gambe
e io potrei
prenderti – letteralmente-
in
considerazione.»
Il biondo rimase in un muto stupore per qualche secondo, sorpreso da una frase
così lunga detta in un
momento del genere. Probabilmente se dovesse dire lui una frase lunga
in quel
momento gli uscirebbe solamente una cosa tipo: “ Mi chiamo
Roxas e mi piacciono
i carciofi”, nulla di più sensato.
«Quindi se mi slacciassi i bottoni che cosa
capiresti?»
«Che vuoi farlo violentemente con me sul
terrazzo della scuola.» fece Axel, appoggiandosi una mano
sopra le palpebre per
ripararsi dal sole. «Oppure che sei totalmente
fumato.»
Il biondo annuì mentre un lieve sorriso
furbo gli si formò sulle labbra; la mano che fino a poco
prima teneva appoggiata
placidamente a terra adesso andava
ad accarezzare la pancia piatta fino a scendere verso i pantaloni,
giocando con
il bottone.
«Chi lo sa …»
Lo sguardo di Axel seguiva con attenzione
la mano dell’altro ragazzo, mentre la bocca si dischiudeva e
la gola si seccava
dall’eccitazione.
Dopo qualche secondo in cui lo sguardo smeraldino rimase puntato contro
il
ventre del biondo Axel si mise a ridere, scuotendo la testa e
grattandosi il
capo.
«Diavolo, così mi farai impazzire
ragazzino.»
Roxas ridacchiò per un secondo a sua volta, afferrando tra
l’indice e il
pollice il bottone di metallo.
«E’ il mio intento.»
«Potresti trovarti un altro hobby, Mr. “io non sono
gay ma voglio
sperimentare”.»
Il biondo arcuò un sopracciglio e scosse la testa.
«Nella vita bisogna provare
di tutto.»
«Anche il sesso con il tuo spacciatore preferito?»
la voce di Axel aveva una
nota speranzosa che fece quasi ridere l’altro ragazzo, che
però si limitò a
sorridere ancora più ampiamente e a slacciare
definitivamente il bottone.
«Forse sì»,
mormorò osservando Axel. «Forse
no.»
Il rosso grugnì e arricciò il naso.
«Tu mandi dei segnali contorti.»
«Magari sei solo tu che non sai
coglierli.»
Axel rise per l’ennesima volta, la gola
che raschiava leggermente a causa del fumo e gli occhi appannati.
Con un movimento felino sollevò la schiena e subito dopo si
ripiegò sopra
Roxas, appoggiando i palmi aperti delle mani
all’estremità dal volto del più
piccolo.
Chinò il volto verso quello dell’altro
finché i loro respiri non si unirono in
uno solo e i loro nasi si sfiorarono, solo allora si permise uno
sguardo serio
e il sorriso si spense dalla sua faccia.
«Io colgo ogni cosa che ti riguardi, dalla prima volta che
sei venuto da me a
chiedere una canna a oggi. Ogni-singola-cosa.»
Roxas rimase fermo sotto di lui, osservando l’iride
smeraldina quasi del tutto
scomparsa a causa delle pupille dilatate.
Ascoltò con poca attenzione le parole di Axel e solo dopo
qualche secondo di
puro silenzio si morse il labbro inferiore, fingendosi imbarazzato.
Allungò una mano e l’appoggiò sopra la
guancia destra del maggiore, donandogli
una leggera carezza.
«I-Io … Sono … Sono felice di sentirti
dire una cosa del gen-»
«Taci, so che stai mentendo.» sibilò
Axel
mentre un ghigno gli si formava sulle labbra.
Roxas sbuffò dalla bocca e riprese la sua solita espressione
innervosita e
fredda, mentre il suo piano di prendersi gioco del rosso andava a farsi
benedire.
«Con te non è divertente.»
«Non sono come gli altri, che gli basta
un tuo sorriso dolce per cadere ai tuoi piedi. »
dichiarò fissando il ragazzo
dritto negli occhi. «E se proprio vuoi saperlo mi piace
più questo lato stronzo
del tuo carattere rispetto a quello dolce che usi con chi ti fa
comodo.»
Roxas sogghignò lievemente, le mano ancora appoggiata sulla
guancia di Axel si
mosse verso l’alto fino ad artigliare i capelli rossi.
«Oh, a quanto pare il nostro cattivone si è preso
una cotta per me?»
Il rosso grugnì un insulto e scosse la testa, sfiorando
più volte il naso di
Roxas quasi ci stesse giocando volutamente. «Cotta
è una brutta parola, diciamo
che mi intrighi.»
«Perché quella sì che è una
bella parola, eh?» esclamò in risposta Roxas,
assottigliando
gli occhi e tirando una ciocca di capelli rossi verso il basso.
Gli occhi azzurri del ragazzo vagavano per tutto il volto del maggiore,
osservavano
la sua fronte lievemente aggrottata, le sopracciglia fini e corte, gli
occhi
persi quasi nel vuoto, il naso un po’ a punta che sentiva
contro il suo e
infine le labbra, contratte in un sorriso sardonico.
E alla fine erano delle belle labbra, pensava.
Roxas sollevò anche l’altra mano e
appoggiò anch’essa sopra la testa di Axel,
afferrandone altre ciocche .
Con un movimento veloce tirò i capelli dell’altro
verso il basso e sollevò a
sua volta la testa, così da far scontrare le loro bocche.
Axel sgranò gli occhi a quel movimento improvviso e quasi
gelò quando sentì la
consistenza soffice delle labbra dell’altro contro le sue.
Erano … strane.
Si sentiva benissimo che erano quelle di
un ragazzo: erano più ruvide e sottili, ma questo non
significava che le
trovava meno attraenti, anzi…
Senza farselo ripetere due volte, Axel, premette le sue labbra con
ancora più
forza contro quelle dell’altro; si spinse contro di lui con
tutto il corpo
finché non sentì Roxas cedere e scivolare
definitivamente a terra.
Gli morse il labbro inferiore con forza finché il biondo non
mugolò e aprì le
labbra, lasciando spazio alle loro lingue che subito si incatenarono.
Il più piccolo sollevò il bacino fino a sfiorare
quello del’altro, le mani
continuavano a vagare tra i capelli di Axel e quando sentiva il fiato
mancargli
non faceva altro che strattonare qualche ciocca con forza.
Il rosso a sua volta baciava il ragazzo sotto di lui quasi con
voracità, mentre
malediceva le sua mani appoggiate al terreno che non poteva usare per
accarezzare il corpo dell’altro.
Cioè, poteva anche lasciarsi cadere con tutto il suo peso
sopra al corpo del
biondo, certo, ma non gli andava di fare una frittata di Roxas.
Continuarono a baciarsi per un tempo indefinito, finché Axel
provò a
sorreggersi con solo la mano sinistra.
Con la destra libera fece scivolare il palmo lungo il fianco di Roxas,
fino ad
intrufolare le dita dentro ai pantaloni dell’altro,
l’ingresso facilitato dal
bottone che aveva slacciato il biondo poco prima.
Ah, toccare finalmente Roxas gli sembrava quasi un sogno. Erano secoli
che
desiderava vedere com’era fatto, saggiarne la belle e
sentirne le urla, e a
quanto pare era vicino nel suo intento.
Allungò il braccio per quanto poté e fece
scorrere la mano sopra ai boxer del
biondo, godendo a sua volta del lieve gemito che scaturì
dalle labbra fini di
Roxas.
Oh, meglio del nettare degli dei. Al
diavolo la droga, era di gran lunga meglio quello.
Axel giocherellò con i boxer ancora per
qualche minuto, giusto quando bastava per godersi un lungo e
appassionato
bacio, ma non appena provò a superare l’ultima
barriera di stoffa Roxas sollevò
una gamba, avvicinando pericolosamente il ginocchio contratto alle
parti basso
del rosso.
Axel corrugò le sopracciglia e si staccò dalla
bocca di Roxas, osservandolo
malamente.
«Beh?» era il massimo che poteva dire, mentre il
fiato corto e l’impazienza si
facevano sentire nella sua voce roca.
L’altro ragazzo arrossì lievemente, questa volta
non per
finta, e sospirò pesantemente.
«Non ho mai detto di voler far sesso con te, Axel.»
Il rosso per poco non si lasciò cadere a terra, mentre
sentiva la voglia di picchiare quel ragazzino spocchioso farsi sempre
più
forte.
«Ah no?»
«No.» rispose piattamente Roxas, districando le
mani dai capelli di Axel e riportando
le braccia a terra lungo i suoi fianchi. «Ti ho solo baciato
perché ne avevo
voglia, ma non ho mica detto “ oh Axel, ti prego,
scopami”.»
«Beh, pensavo che -»
«Pensa di meno, allora. E adesso alzati,
avanti.»
il biondo sollevò una mano e la puntò contro il
petto dell’altro, spingendolo
lievemente verso l’alto.
Axel si spostò di lato e si lasciò cadere di
fianco al biondo, scuotendo la
testa e maledicendo il suo cervello che gli aveva fatto credere
chissà che
cosa.
Era stato preso per il culo in pratica.
Digrignò i denti e si voltò di scatto, pronto a
dirne quattro a Roxas, quando trovò
la terrazza di fianco a lui completamente vuota.
Allora sollevò la testa e vide il biondo in piedi, mentre
con tutta calma di
allacciava i pantaloni e si sistemava la camicia bianca della divisa
scolastica.
«Sei una merda.» sibilò rivolto al
più piccolo.
«E tu un idiota, è la vita.»
Axel strinse i pugni per la rabbia e si
alzò a sua volta, fregandosene altamente della camicia in
disordine e dei
capelli sparati da tutte le parti.
Semplicemente si avvicinò a gran passo a Roxas e lo
afferrò per la spalla,
facendo in modo che si voltasse verso di lui e lo guardasse dritto
negli occhi.
«Mi hai preso per il culo.»
Il biondo ruotò gli occhi al cielo e
scosse la testa.
«Ti ho già detto che sei tu che hai
frainteso.»
«Porca puttana, ti sei slacciato i pantaloni! Era ovvio che volessi fare sesso.»
Roxas fece spallucce e si scostò dalla presa di Axel,
passandosi una mano tra i
capelli e dandogli la loro solita piega un po’ sparata verso
l’alto.
«Come ti ho già detto non sono gay e
…» abbassò lo sguardo verso il
pavimento
della terrazza e osservò i mozziconi dei drum a terra.
«Se mi avessi venduto
quello che davvero volevo magari avrei anche accettato di farmi mettere
le mani
nelle mutande.»
Axel sollevò un sopracciglio, spiazzato. «Insomma,
se ti vendevo della cocaina
avresti fatto sesso con me?»
Roxas sorrise e scosse la testa, osservando divertito l’altro
ragazzo, che
sembrava essersi rinvigorito alla sola idea.
«Sbagliato. Vedi che sei te che non mi ascolti? Ti ho detto
che ti avrei
permesso di toccarmi, non di scoparmi.»
Il rosso si lamentò e sbottò una o due parolacce
a mezza voce, esasperato.
«Che devo fare per fare sesso con te?»
Il più piccolo sorrise ancora più ampiamente e
gli diede le spalle, sollevando
una mano in aria e scuotendola con noncuranza.
«Conquistami come si deve.»
Axel sgranò lievemente gli occhi e osservò le
spalle del biondo – ok, non è
vero. Osservava il suo sedere- mentre si allontanava.
«Ah, quasi dimenticavo: mi piace il tramonto.
Prendilo come un punto di inizio, neh?»
Quella fu l’ultima parola che Axel sentì
pronunciare da Roxas quel giorno,
prima di vederlo sparire dalla terrazza e raggiungere, probabilmente,
la sua
aula.
Il rosso sospirò e si passò una mano tra i
capelli, mentre lo sguardo si
puntava verso il cielo.
«Il tramonto, eh?»
Sorrise e si chinò a terra, raccogliendo tutti mozziconi da
terra e
mettendoseli in tasca.
«Piace anche a me …»
-
Oh, wow.
Non ho mai scritto nulla così... così, punto. Non
ho nemmeno un aggettivo per descrivere questa storia.
Solitamente mi piace parlare di piiiiccoli momenti e basta, ma questa
volta avevo voglia di provare a descrivere una storia un po'
più forte dove i carattere dei personaggi sono cozzanti li
uni con gli altri e non possono fare altro che scontrarsi.
Roxas è sicuro di sé e finge pur di avere quello
che vuole. Mente e inganna, ma non se ne pente.
Al contrario del solito ho voluto fare Axel quello più "
buono". Spaccia e odia la sua città, ma nonostante tutto
è ancora attaccato come un bambino al tramonto e cerca
diperatamente una persona con cui condividerlo: Roxas.
Poi ho aggiunto la questione droga, che molto spesso riguarda i
giovani. E Axel e Roxas lo sono, quindi perché non scriverci
sopra?
Boh, sono relativamente
felice di averla finita, visto che girovagava per il mio
pc insieme alle altre millemila storia AkuRoku incomplete.
Bye, alla prossima.
Mel.
|