IL FUTURO
ESISTE ANCHE PER NOI
Un incontro speciale
Volava.
Volava a velocità inaudita.
Volava da più di un’ora alla ricerca dei cyborg.
Si bloccò improvvisamente a mezz’aria quando
scorse in lontananza una nube di fumo che si ergeva da un palazzo mezzo
distrutto. Di certo, quella era opera di c-17 e c-18.
Riprese a volare, vivamente intenzionato a salvare i superstiti di
quell’esplosione e forse a battersi con i due androidi per
tastare i progressi dei suoi rigorosi allenamenti.
Tutto ciò era ormai diventato una routine.
Il giorno in cui morì suo padre, Gohan si era ripromesso che
avrebbe lavorato sodo per diventare forte come lui e prendere il suo
posto nella difesa della Terra. Dopo l’arrivo dei cyborg, i
suoi obiettivi erano cambiati radicalmente: giurò a
se stesso che avrebbe vendicato la morte dei suoi amici
causata dai due androidi e che un giorno avrebbe messo fine a quella
realtà di guerra e morte che quei mostri dal viso angelico e
dal cuore di ghiaccio erano riusciti a costruire in pochissimo tempo.
Aumentò nuovamente la sua velocità, sfrecciando
in quel cielo limpido e azzurro così diverso dalla dura
realtà alla quale la Terra si era ormai rassegnata da anni.
Man mano che si avvicinava, tra gli edifici distrutti e la folla in
delirio, Gohan cominciava a intravedere i due cyborg
incenerire tutto ciò che incontravano sul loro cammino
attraverso semplici sfere d’energia e togliere di mezzo, con
solo l’aumento della propria aura,
ogni umano tentasse di sfuggire alla loro attenzione.
Quelle scene era così maledettamente familiari che il
ragazzo le rivedeva nella propria mente in ogni momento della giornata
e credeva di impazzire quando ricordava le urla disparate di quelle
madri che avevano perso i loro piccoli, il pianto esasperato di quei
bambini innocenti che capitavano per caso sulla strada dei cyborg, la
paura e lo sgomento negli occhi di chiunque cercasse di contrastarli
invano, la crudeltà e la malvagità impressa nello
sguardo di quei due pazzi omicidi senza controllo. Non avevano
pietà per nessuno, si divertivano a provocare morte e
distruzione, godevano di ciò che avevano fatto fin dal
momento della loro attivazione.
Con la mente pervasa da questi pensieri, Gohan atterrò
silenziosamente e lentamente sull’asfalto sbriciolato e
solcato dalle crepe che continuava a tremare sotto le potenti scosse
provocate dai due androidi. Davanti a lui, regnava il caos
più totale: il palazzo appena colpito crollava velocemente a
pezzi, l’incendio cominciava a propagarsi in tutte le
direzioni, la gente correva di qua e di là senza sapere
esattamente dove andare o cosa fare, le urla
disumane e i rumori dei veicoli contribuivano a rendere ancora
più maligna e funesta quell’assurda situazione, i
due cyborg facevano strage di persone senza alcuna distinzione. Uno
spettacolo orribile.
Gohan si fece largo tra i corpi privi di vita stesi per terra, i
superstiti della strage in subbuglio, le automobili e gli edifici
distrutti, raggiungendo con coraggio e determinazione gli spietati c-17
e c-18. Lei era in piedi sul furgoncino e guardava incantata alcuni dei
meravigliosi vestiti appena comprati in una delle poche boutique della
città rimaste ancora intatte, spedendo di tanto in tanto
qualche raggio di luce o sfera d’energia in diverse
direzioni. Lui invece era al centro della strada e teneva per la gola
una ragazza dall’aria tremendamente spaventata, ma al tempo
stesso arrabbiata, che continuava a divincolarsi dalla presa ferrea
dell’androide con le lacrime che le rigavano le guance e il
corpo sfregiato da lividi e bruciature.
In un attimo, Gohan raggiunse c-17 e gli strappò la ragazza
dalle mani con un movimento svelto e audace che fece sorprendere e
contemporaneamente infuriare l’androide dai capelli neri.
Gohan, intanto, si era già allontanato dai cyborg e volava
alla velocità della luce con la ragazza stretta a
sé. Arrivato sui monti Paoz, la poggiò
delicatamente sull’erba fresca del prato e poi si
voltò. “Torno subito, non muoverti.” le
disse prima di scomparire nuovamente tra le nuvole e tornare in
città.
Videl aprì gli occhi per la prima volta da quando era stata
trascinata via dai cyborg.
Era da sola. Ma, cosa più importante, era lontana dai cyborg
quindi poteva considerarsi salva!
Si scrutò dalla testa ai piedi, constatando di essere ancora
viva. Fortunatamente.
Sbuffò percependo un terribile mal di testa e un estenuante
bruciore alle ferite.
Ma il dolore fisico non era niente confrontato a ciò che la
logorava dentro.
Si guardò intorno, estremamente perplessa e confusa.
Dinnanzi a lei, si estendeva un’immensità
verdeggiante e rigogliosa che sembrava essere isolata dalla distruzione
e dal panico seminato dai cyborg.
Erano di certo i monti Paoz, una delle poche aree rimaste fuori dalla
modernizzazione della città.
Si stiracchiò per bene e si lasciò cadere a peso
morto sul prato.
Inspirò profondamente l’aria fresca e pulita,
lasciando che la sua mente fosse invasa dai pensieri più
recenti. Allora vide due bellissimi occhi color antracite, incastonati
in un volto dal colorito chiaro e dai lineamenti
decisi e una massa di capelli corvini piuttosto corti con un paio di
ciuffi lasciati liberi sulla parte destra.
Riaprì improvvisamente gli occhi e si mise a sedere.
Era stato lui a portarla in quel luogo, ne era sicura!
Ma perché l’aveva fatto? E, soprattutto, come era
riuscito a contrastare i cyborg?
Ora ricordava anche ciò che le aveva detto prima di andare
via.
“Torno subito, non muoverti.”
Più che un consiglio, appariva come un ordine.
Videl non aveva altra scelta. Lo avrebbe aspettato lì, ferma
e in silenzio, per ottenere le risposte che cercava.
I minuti passavano, ma del misterioso ragazzo nemmeno l’ombra.
Intanto la sua mente volava verso i cyborg e ciò che
causavano da anni alla povera gente indifesa.
Pochi anni prima, aveva perso suo padre: il grande Mr Satan,
l’ex campione del mondo di wrestling, l’unica
persona cara alla ragazza, il suo solo punto di riferimento e
l’unico in grado di poter contrastare i cyborg. E invece era
passato subito a miglior vita: la stessa Videl aveva constatato quanto
i due androidi fossero forti e veloci. Nessuno aveva speranze contro di
loro, eppure il ragazzo che l’aveva salvata dimostrava una
certa esperienza e un certo coraggio.
“Ehi”
Videl alzò lo sguardo e rivide il suo salvatore. Era ferito.
Si alzò in piedi con un po’ di fatica e si
avvicinò al ragazzo.
“Tutto bene?” le chiese Gohan, con un sorriso.
“S-si...” rispose Videl, un po’
intimorita e incerta.
Quel ragazzo era piuttosto alto e muscoloso. Le sue intenzioni erano di
sicuro buone: Videl lo capì subito scrutando quel suo
sguardo che appariva “innocente” e quel sorriso
dolce e affettuoso.
“Come ti chiami?”
“Oh, scusami, non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo
Gohan, piacere.” la informò lui, porgendole la
mano.
La ragazza ricambiò subito il saluto. “Sono
Videl”
A quel punto cadde un silenzio imbarazzante. I due si scrutavano a
vicenda, senza sapere cosa dire o cosa fare.
Ma Videl interruppe quell’atmosfera di quiete e
tranquillità.
“Perché mi hai salvata?”
Gohan si grattò la testa, un po’ imbarazzato.
“Avresti preferito rimanere lì?”
Videl cambiò espressione. Da intimidita e spaventata, a
indispettita e confusa.
“Ma non hai risposto alla mia domanda!”
esclamò con i pugni lungo i fianchi, sollevandosi sulle
punte dei piedi per arrivare al viso di Gohan.
Il saiyan indietreggiò di qualche passo.
“Non potevo mica lasciarti tra le mani di quegli assassini!
Eh eh...” spiegò agitando nervosamente le mani.
Videl allora cominciò a girargli intorno con le mani dietro
la schiena e uno sguardo particolarmente inquisitorio. Gohan si sentiva
tremendamente in imbarazzo.
“Mmm... e dimmi... hai combattuto contro i cyborg
prima?” gli chiese, senza smettere di
ronzargli intorno.
Gohan annuì con la testa.
“Ma stai scherzando?! Hai idea di quanto siano forti quei due
mostri?! Nemmeno mio padre, l’ex campione di wrestling,
riuscì a contrastarli!”
Ed ora cosa le avrebbe detto Gohan? Non poteva di certo spiegarle che
lui apparteneva ad un razza aliena dotata di poteri sovrannaturali.
“Infatti io non li ho fermati! Volevo solo salvare la gente
che fuggiva... E’ così, credimi.”
Videl si fermò davanti a lui e incrociò le
braccia al petto.
“Un’altra cosa: com’è che sai
volare?” chiese curiosa.
Gohan ne aveva abbastanza di quello stupido interrogatorio.
“Mi ha insegnato mio padre”
Ma Videl appariva sempre più confusa e
insospettita.
“Se mi dici dove abiti, posso riportarti a casa!”
concluse Gohan.
Videl abbassò lo sguardo e sospirò sconsolata.
Lei non aveva più una casa.
“I cyborg me l’hanno distrutta. Io... io non so
dove andare, ora”
Quello era un problema serio e Gohan non sapeva proprio cosa dirle o
come consolarla.
Ma poi ebbe un’idea.
“Se ti va, puoi stare da me finché non trovi una
sistemazione!”
Videl sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia,
incredula.
Un perfetto sconosciuto la invitata a casa sua.
“Io... io non vorrei dare fastidio alla tua
famiglia...”
Gohan le sorrise.
“Non preoccuparti, siamo solo io e mia madre...”
In fondo, non vi erano altre alternative.
“Ok, ci sto, ma non ti conviene provarci con me!”
ammiccò la ragazza con un sorriso malizioso.
Gohan scosse la testa completamente rosso in volto.
Non sarebbe stato affatto facile convivere con quella strana ragazza.
Note dell'autrice:
A scuola mi hanno selezionato come giudice per un concorso
di poesie, alcune delle quali scritte in inglese. Spero di essere
abbastanza giusta e imparziale, quindi fatemi gli auguri ^.^
Lo so che questa cosa non c'entra niente con la storia, ma ci tenevo
tanto a dirlo XD
Spero che come primo capitolo vi sia piaciuto. Ho dato il meglio di me
e gradirei una recensione, come sempre!
A presto
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