A prima vista

di La Mutaforma
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Si odiarono dal primo momento. Non seppero mai il motivo.

Erano bambine, andavano a scuola insieme.

Lei disse che aveva dei capelli brutti e gonfi e quella le piantò uno schiaffo sulla guancia.

Solo lei però venne punita dalla maestra.

Per quei cinque anni lei fu sempre l’adorata dell’insegnante, quella che faceva bene i compiti, quella che sorrideva sempre con quei dentini dritti e bianchissimi, con le efelidi sulle guance.

L’altra fu sempre quella imbronciata, quella violenta, quella che gli altri evitavano, perché era strana, era diversa. 

 

Si rincontravano dopo molti anni.

Lei era ancora bella, con i lunghi capelli neri, le lentiggini, gli occhi brillanti. L’altra aveva sempre tenuto per tutti quegli anni i capelli legati, gli occhi bassi, la mente vuota. L’aveva cambiata. Era infelice. Da sempre.

Lei, quella bella, quella brava, era pensierosa. Quel giorno suo padre era stato arrestato.

Nessuna delle due si chiese il perché.

Passarono per strada ma non si videro per davvero. Lei stringeva la mano a sua madre.

L’altra camminava a passo lento, la schiena curva, il capo chino. Ormai era da quando si erano incontrate la prima volta che non guardava più le persone negli occhi.

Odiava tutti. Odiava lei. Quando lesse sul giornale dell’arresto e riconobbe il cognome, non fermentarono in quella né rancore né solidarietà. Quella, che avrebbe dovuto passarci sopra, ma non ci riusciva. Quella, che stava male quando passava davanti la scuola. Quella sola. Quella, che ancora allora era per tutti l’altra.

Anche in questa storia.

 

 

Non era cattiva. Era solo che non poteva dimenticare.

 





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