I diari del dottore

di Bethesda
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Apologia delle mani.

Mani di chimico.

La prima volta che mi si presentarono davanti agli occhi vennero ostentate con fierezza nonostante fossero coperte di cerotti e macchiate dagli acidi. Giocavano con le provette, miscelavano con lentezza. Se quelle mani non fossero state abili il nostro appartamento non avrebbe resistito per tutti quegli anni a causa della pericolosità di certi esperimenti.

Mani di musicista.

Veloci, leggiadre. L’archetto nella destra volteggiava con incredibile maestria mentre la sinistra reggeva il prezioso violino. Melodie note, melodie nuove. Strumenti di idee folli dettate dal momento. Quando pensava pizzicavano le corde fino ad irritarmi, costringendomi ad abbandonare la stanza. Si facevano perdonare in seguito, suonando i miei pezzi preferiti.

Mani di amante.

Correvano sulla mia pelle, accarezzavano i capelli. Trasmettevano lussuria o dolcezza a piacimento. Mi facevano ammattire. Imprigionavano le spalle e vi conficcavano dolorosamente le unghie nel momento di massimo piacere. Ma quando il loro intento era quello di prendermi il volto e portarlo alle labbra di lui diventavano le mie amiche più care.







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