Premessa: Se
avete aperto questa one-shot, significa che siete
pronti alle lacrime. Personalmente io ne ho versate a palate ad ogni frase che
mi balenava in testa, perché io amo Dave e mi fa male
scrivere su di lui. Dio, mi manca troppo! A scatenare tutto, però, è stata “I was here”. È stato un flash. Stavo ascoltando la versione
di Rachel e la scena è apparsa nella mia testa. E poi
nulla: “I was here” a palla, cuscino stretto tra le braccia, lacrime
ed eccomi qui a propinarvela.
Ringrazio
infinitamente la mia Robs
che, come al solito, mi ha rassicurata, dato che io autostima zero, e tutti voi che leggerete,
recensirete e via dicendo. Spero davvero che vi piaccia, ci ho messo l’anima
per scriverla.
Ed
è così che finirà la terza stagione nella mia testa, quindi… enjoy!
Vale
~
In a flutter of wings
Quando
un bruco diventa una farfalla, si lascia indietro tutto un mondo. La sua vita,
lo strisciare a fatica sulla terra, cercando di raggiungere un punto sicuro da
cui poter spiccare il volo, una volta fuori dal bozzolo… Quella non esiste più.
E
quando un paio di ali spuntano sulla sua schiena, l’ebrezza della novità si fa
strada dentro di lei, finché non si rende conto che, anche se è andata via,
tutto il resto continua a vivere senza di lei.
E
le manca, le manca da morire…
Da: Blaine ♥
Mi dispiace, Kurt. Non
ce l’ho fatta a venire. Scusami.
Kurt sollevò lo sguardo dal display del suo cellulare e lo spostò
su suo padre.
‹‹Allora?›› chiese Burt, con fare impaziente.
Il figlio abbozzò un sorriso amaro e rispose: ‹‹Non viene››.
Il padre si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla
spalla, scuotendolo leggermente, in un goffo tentativo di tirarlo su di morale:
‹‹Del resto, basto io per allagare l’aeroporto con le lacrime››.
Il ragazzo lo ringraziò con uno sguardo, mentre gli occhi gli
si facevano lucidi. Si sporse verso suo padre e lo abbracciò, al che Burt
ricambiò quasi in maniera disperata.
Era stupendo vedere il proprio bambino spingersi un po’ più
in là per afferrare i suoi sogni, ma allo stesso tempo così doloroso. Dal canto
suo, Kurt si rendeva conto solo adesso di cosa sarebbe stata la sua vita
lontano da Lima, lontano da suo padre, l’unica persona al mondo che c’era
sempre stata… E poi lontano dal Glee Club, dai suoi
amici, dal suo ragazzo e da…
‹‹Kurt, hanno appena annunciato il volo›› esclamò Finn, lasciando la mano del signor Berry e salutando
velocemente sua madre, ‹‹Inizio a portare su i bagagli››.
Kurt annuì, lasciando andare Burt, mentre Finn
e Rachel iniziavano ad avviarsi su per le scale
mobili. Il ragazzo dagli occhi chiari afferrò il suo bagaglio a mano, col nodo
alla gola che si faceva sentire sempre di più. Diede un ultimo sguardo a suo
padre e gli disse con voce tremante: ‹‹Mi mancherai, papà››.
‹‹Mi mancherai anche tu, figliolo›› replicò Burt e non
aggiunse altro. Temeva che sarebbe crollato e lui doveva mostrarsi forte, far
vedere a suo figlio che andava tutto bene.
Kurt deglutì e poi abbracciò Carole, che si era accostata a
loro.
‹‹Vai›› gli disse la donna, prima di andare a stringere la
mano del marito, sapendo quanto ne avesse bisogno.
Il ragazzo annuì e poi si avviò verso la scala mobile. Ma
proprio quando stava per poggiare il piede sul primo gradino, una voce lo
indusse a fermarsi. Solo il suo nome urlato, che echeggiava nell’atrio
dell’aeroporto… Nient’altro.
L’intera folla di persone si zittì, mentre Kurt si voltava
indietro, tutto un fremito. Il cuore aveva iniziato a tamburellargli nel petto
e, quando vide l’autore di quella voce farsi spazio tra la gente, si sentì
mancare il respiro.
Che ci faceva Dave lì?
Non ebbe neanche il tempo di domandarselo e di riprendere a
respirare, che il ragazzo in questione fu a una spanna da lui, in un paio di
passi, al che lo tirò a sé e lo strinse forte.
‹‹Kurt›› ripeté di nuovo, stavolta in un sussurro affannato a
causa della corsa, e una sua mano tremante si andò a poggiare dietro la nuca
del più piccolo, avvicinandolo ancora con delicatezza.
‹‹David›› soffiò l’altro, un formicolio allo stomaco a
privarlo della propria voce.
Burt osservò quella scena immobile e basito, per qualche
secondo, poi fece per avvicinarsi ai due per separarli, ma Carole lo trattenne
stringendo un po’ di più la sua mano e rassicurandolo con un sorriso.
Circondato da quell’abbraccio, Kurt sentì tutto il calore di Dave ed il suo petto andare su e giù per l’emozione. In un
gesto quasi istintivo, lo ricambiò, posando le proprie mani sulla sua schiena
ed il mento sulla sua spalla. La sentì scuotersi leggermente e temette che Dave stesse piangendo. Cercò di scostarsi per poterlo
guardare negli occhi, ma la stretta del ragazzo era così salda e disperata da
impedirglielo.
‹‹Non potevo lasciarti andare via così›› gli bisbigliò
all’orecchio, tant’è che Kurt ne avvertì il respiro caldo e serrò le dita
attorno al tessuto della sua polo, in uno scatto. Sentì le guance andargli in
fiamme, mentre le parole di Dave continuavano a rimbombargli
in testa, con quel tono di voce basso e rauco.
‹‹Dovevo assolutamente trovare il coraggio›› aggiunse. Kurt
rimase in attesa, ma del resto, non poteva fare altrimenti. Aveva perso le
parole, non sapeva cosa dire e fare. Se ne stava semplicemente così, tra le sue
braccia, e gli sembrava tutto fuorché sbagliato, quel momento. Anche se la sua
mente aveva immaginato una partenza totalmente diversa, un abbraccio con una
persona completamente diversa, lui stava bene, anzi, forse stava anche meglio
di quanto avesse potuto immaginare. Tutte quelle sensazioni, la pelle d’oca, il
battito del suo cuore, Dave… Era come vivere in uno
strano sogno, uno di quei sogni che non comprendi appieno, ma che ti lasciano
comunque il buon umore addosso.
Era così che si sentiva e poco importava che suo padre gli
stesse facendo il terzo grado con lo sguardo. Sentiva la guancia di Dave sfregare contro la sua, i loro petti comprimersi l’uno
contro l’altro, i loro cuori battere all’unisono, e tanto gli bastava per
desiderare che quel momento non terminasse.
Con quella consapevolezza e il respiro di Dave
a sfiorargli il collo, Kurt si aggrappò maggiormente a lui, dandogli, in tal
modo, la forza per proseguire.
‹‹Non mi aspetto niente da te. Voglio solo che tu lo sappia››
sussurrò quello, quasi impercettibilmente, ma data la vicinanza, Kurt riuscì
comunque ad udirlo. Aspettò, ascoltando l’agitazione crescere nel suo petto ad
ogni secondo. Dave avanzava con cautela, forse per
consentirgli di metabolizzare ogni parola con calma o forse temendo che
determinati ricordi potessero riempire la mente del più piccolo. Quel bacio,
del resto, era stata l’unica volta che si erano ritrovati troppo vicini. Ma ora
non poteva permettersi di avere paura. Non avrebbe avuto altra occasione,
doveva dirglielo.
Inspirò profondamente, tentando di scacciare il groppo in
gola che impediva alle parole di uscire dalla sua bocca, ma quando le
pronunciò, la sua voce risultò comunque stridula e tremante, e si scoprì
sull’orlo del pianto.
‹‹Ti amo… davvero››.
Fece una pausa e si costrinse a darsi un contegno e a
trattenere quelle stupide lacrime. Kurt smise di respirare per qualche istante
e Dave approfittò del suo silenzio per aggiungere,
prima di crollare definitivamente: ‹‹E mi mancherai da morire…››.
La sua voce scemò all’ultima sillaba, al che sfogò quella sua
frustrazione aumentando la presa sul fragile corpo di Kurt, il quale si
concesse di tornare a respirare più velocemente, onde evitare di soffocare.
‹‹Dave, io…›› farfugliò, ma Dave sapeva già cosa stava per ricordargli.
‹‹Lo so…›› lo interruppe, dopo aver ingoiato un’altra
manciata di angoscia, ‹‹Ma voglio che tu la smetta di pensare che io confondo i
sentimenti con la gratitudine. Cazzo, non è vero. Non mi sentirei così altrimenti…››.
Si fermò di nuovo, sperando che Kurt non si liberasse dalla
sua stretta e se ne andasse, ma quello non si mosse e non disse nulla.
‹‹Mi dispiace di aver infranto la promessa›› continuò Dave, a quel punto.
‹‹Quale promessa?›› riuscì a chiedergli Kurt, dettato dalla
curiosità. Aveva la gola secca e le mani fredde per l’ansia, ma non voleva che Dave pensasse di stargli facendo del male. Voleva che
continuasse a sussurrargli quelle parole all’orecchio e, allo stesso tempo, non
voleva lasciarlo andare, non con quel peso sul cuore, non con quella voce
tremante a rimbombargli in testa. Lo avrebbe lasciato lì, a Lima, solo se fosse
stato sicuro che stesse bene.
‹‹… Che saremmo stati amici e basta, ma io… non ce la faccio.
Non è qualcosa che posso comandare›› rispose Dave, apparendo
più calmo e sospirando, ‹‹Spero mi perdonerai›› aggiunse ancora.
E di nuovo Kurt non comprese e fu costretto a domandargli: ‹‹Perdonarti
per cosa?››.
‹‹Per averti scombussolato un’altra volta›› rispose l’altro e
Kurt fu certo che avesse assunto la sua solita smorfia, simile a un sorriso.
‹‹Non mi hai scombussolato›› lo rassicurò.
‹‹Forse ho scombussolato soltanto me stesso… più di quanto
già non fossi››.
Kurt sorrise a quella rivelazione, chiuse gli occhi e si
lasciò andare alla marea di sensazioni che gli riempivano il petto. Non si era
mai accorto, fino a quel momento, di quanta cura avesse Dave
nei suoi confronti. Ogni volta che aveva cercato di fare un passo verso di lui
e di aprirgli il suo cuore, lo aveva fatto in maniera perfetta e scrupolosa,
come se Kurt fosse, per lui, un oggetto prezioso e delicato da trattare con
riguardo. Troppe volte, prima della sua presa di coscienza, lo aveva visto
soffrire, a causa sua, e si era detto che mai più avrebbe fatto un passo falso
a suo discapito. Eppure stavolta era diverso. Stavolta era “tutto o niente” e il tempo stringeva e
Kurt non sembrava spaventato dalle sue parole. Non lo aveva allontanato e
questo valeva più di qualsiasi altra cosa per Dave.
‹‹Credo che tu debba andare›› disse, il tono di voce un po’
più stabile e sereno. Allentò la stretta in cui l’aveva avvolto e Kurt riuscì
finalmente a guardarlo in viso. Notò l’imbarazzo colorargli il volto, ma non si
prodigò a commentare, non con suo padre ad un paio di metri da loro. Si limitò
semplicemente ad annuire e a lasciare andare la polo di Dave.
Burt si schiarì la voce, mentre i due continuavano a
guardarsi negli occhi, senza trovare il coraggio per sciogliere completamente
il loro abbraccio, e solo in quel momento il ragazzo più alto si accorse della
sua presenza. Lasciò andare Kurt, con uno scatto, e il rossore sulle sue guance
si espanse anche alle orecchie. Borbottò delle scuse senza senso sia al signor Hummel che a suo figlio, al che quest’ultimo cercò di
nascondere con una mano il ghigno divertito che gli spuntò sul viso.
‹‹Credo che mi mancherai anche tu, David›› ammise,
trasformando la risata in un sorriso radioso e sincero, che Dave
ricambiò all’istante.
Si scambiarono ancora un paio di sguardi, imprimendo nella
mente tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno quando non sarebbero più stati
così vicini da potersi sentire, dopo
di che Kurt si voltò, sistemandosi meglio la tracolla sulla spalla, e salì
sulla scala mobile.
Dave respirò a fondo. Già sentiva
la terra mancargli sotto i piedi, nel vederlo allontanarsi, e non riusciva ad immaginare
come sarebbe stato quando la figura di Kurt sarebbe scomparsa per sempre. Si
domandò se lo avrebbe chiamato, se si sarebbero sentiti o visti e, mentre il
baratro spalancava le sue porte, una mano si poggiò sulla sua spalla.
Il signor Hummel stava guardando
davanti a sé. Non disse una parola, ma nei suoi occhi Dave
lesse ciò che voleva dirgli.
Sorrise, mentre sfuggiva via dall’oscurità.
Non era finita. Anche lui sarebbe riuscito ad uscire dal
bozzolo.
Fine.