Dedico
questa nuova fanfiction a capitoli alla mia adorata Momo chan, che mi ha
aiutata e seguita passo passo in questi 10 anni di amicizia… ti voglio bene!
Sakura chan
-Sei sicuro che non saremo di
disturbo?-
-Ma state scherzando? Certo che non disturbate, anzi! Mi
terrete compagnia, i miei coinquilini non ci sono, quindi potremo passare un
mese di completo relax mentre io farò la riabilitazione…-
-Ho sempre sognato di visitare il
Brasile!!- esclamò Sanae, sorridendo mentre scaricava la valigia dal taxi.
-Mi è sembrato carino invitarvi,
e dato che siete liberi da impegni vi farà bene passare una bella vacanza!
Dopotutto San Paolo è meravigliosa! Ci divertiremo, vedrete!-
Calcandosi il berretto bene in
testa, il SGGK, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, prese due
valigie (la sua e quella di Tsubasa), e le trascinò davanti al cancello del
condominio, bofonchiando qualcosa riguardo al fatto che lui non voleva essere
al servizio del gioiello del Sao Paulo solo perché si era infortunato.
-Non ti preoccupare Genzo, non
sono invalido: anche in queste condizioni potrei segnarti un goal!- e sorrise
alzando la stampella.
-Sì, come no…- rispose il portiere
del Bayern München, incrociando le braccia.
Tsubasa sorrise: gli faceva
piacere avere lì con lui i suoi più cari amici, ovvero Taro, Genzo e Sanae, non
solo perché era da tanto che non li vedeva, ma anche perché così non si sarebbe
rimbambito di televisione dalla mattina alla sera. Roberto era infatti partito
per un viaggio in Messico con la sua attuale compagna, Santana era a Rio de
Janeiro con dei suoi amici, e Pepe era tornato a casa. Estrasse le chiavi di
casa dal marsupio e aprì il portone, dopodiché fece strada agli amici. Salì a
fatica i tre gradini per arrivare nell’atrio, dove fortunatamente trovò una
vicina di casa che, dopo averlo salutato calorosamente, gli aprì la porta a
vetri. Salirono tutti e 4 nell’ampio ascensore, dove Tsubasa premette il
pulsante del quinto piano.
Mentre salivano, Sanae si guardò
nello specchio: i lunghi capelli castani erano legati in una coda di cavallo
alta, gli occhi marroni erano leggermente truccati con un filo di matita nera,
e la carnagione nivea la faceva sembrare una bambola di porcellana. Guardò
l’orologio: le 8 e 40… non aveva dovuto spostare le lancette, ma sapeva bene
che in Giappone in quel momento erano le 20 e 40. Entrarono in casa:
l’appartamento era molto grande. Era solo su un piano ma, come Tsubasa spiegò,
in realtà erano due appartamenti confinanti che erano stati uniti. I
proprietari precedenti, una coppia con due figli, avevano avuto due gemelli,
così avevano deciso di allargare la casa, prima di trasferirsi definitivamente
a Bahia.
-Io, Pepe e Francisco abbiamo
colto l’occasione al volo: ognuno aveva la propria stanza e…-
In quel momento sentirono una
chiave girare nella porta, poi ci fu un’imprecazione e la porta blindata si
aprì: ne sbucò una ragazza alta, mora, con gli occhi azzurrissimi e la
carnagione molto abbronzata. Indossava un paio di jeans neri e una succinta
canottiera dello stesso colore, e ai piedi portava un paio di scarpe da
ginnastica azzurre.
-Tsubasa! Che diavolo ci fai qui?
Credevo fossi a casa!- disse, in un giapponese privo di inflessioni straniere.
-Devo fare riabilitazione…-
rispose freddamente il ragazzo.
-Beh, meno male…- continuò la
giovane, noncurante del tono di voce del giovane, chiudendosi la porta di casa
alle spalle –Credevo di aver lasciato la porta di casa aperta ed ero già pronta
a trovarmi l’appartamento svaligiato: sai te Santo che scenata che mi faceva??-
Dopo aver buttato le chiavi in
una scodella di metallo sul tavolino del telefono si diresse in cucina.
-Quanto si fermano i tuoi amici?-
chiese, sbucando con un bicchiere di latte fresco.
-Per tutto il mese…-
-Davvero? Ma è fantastico! Ci
faremo compagnia! A proposito, io sono Miki, lieta di conoscervi!- e porse la
mano ai tre sconosciuti.
-Io sono Misaki Taro…- si
presentò l’altra metà della Golden Combi -E questi sono Nakazawa Sanae e
Wakabayashi Genzo…- continuò poi, notando che gli altri due non proferivano
verbo.
-Mi ha parlato molto di voi, sono
felice di conoscervi! Ora però, se volete scusarmi, vado a riposarmi: sono
appena rientrata dal lavoro e sono un po’ stanca… ci vediamo a pranzo!- e si
diresse verso una delle 4 porte delle camere –Ah, Sanae, se vuoi puoi dormire
nella mia stanza! Ho due letti. Entra ed esci pure senza problemi, ok?-
-Gra… grazie…-
La mora sorrise e si richiuse la
porta alle spalle. Su di essa c’era attaccata una targhetta, di cui gli altri
si accorsero solo in quel momento:
-Cos’è?- chiese Taro.
-Quella? Ce le ha regalate
Roberto!- e mostrò che anche sulle altre porte ce n’era una. Su ognuna di esse
c’era il nome del proprietario della stanza, e accanto c’era dipinto un
oggetto: su quella di Tsubasa, ad esempio, c’erano due ali, su quella di Pepe
uno smile e su quella di Santana un piccolo robot.
-E quelle cosa sono?- chiese
Sanae, indicando l’oggetto sulla targhetta di Miki.
-Sono due scarpette da danza
classica: Miki danzava, fino a pochi anni fa…-
-Da quanto convivete, voi
quattro?-
-Io, Francisco e Pepe da 7 anni,
Miki è arrivata l’anno successivo… -
-Non ci avevi mai parlato di
lei…-
-Non credevo fosse qui, avevo capito
che sarebbe andata a Las Vegas per tutta l’estate… comunque ora andate pure a
sistemarvi, io vado a vedere cosa c’è nel frigo!-
Sanae entrò nel bagno per darsi
una rinfrescata, e rimase stupita: era enorme, c’erano una doccia e una vasca
da bagno idromassaggio che poteva contenere tranquillamente tre persone, una
specchiera enorme con quattro mobilini molto spaziosi. Di fronte alla
specchiera c’erano altri due mobiletti da due ante e due cassetti ciascuno, e
su ogni anta, come per i mobili della specchiera, c’erano delle iniziali.
La P sicuramente sta per Pepe… la T per Tsubasa… la F per Francisco… e la
M… per Miki…
Le faceva uno strano effetto
pensare che da quando si era trasferito in Brasile, a 14 anni, Tsubasa
convivesse con una ragazza… soprattutto conoscendolo!
La curiosità la spinse ad aprire
l’anta del ragazzo: era semivuota, a parte per una confezione di lamette da
barba, del ghiaccio spray e…
Oh mio Dio!!!
Richiuse l’armadietto e si voltò
imbarazzatissima: dallo specchio poté notare che le sue gote si erano colorate
di un bel rosso vivace. Sotto alla confezione di lamette c’era una scatola di
preservativi!
Per lo meno fa sesso sicuro… constatò
con amarezza mentre si lavava il viso. Lo asciugò delicatamente col proprio asciugamano,
che posò sul portasciugamani, anch’esso diviso in quattro parti e anch’esse con
le iniziali sul pomellino finale (era uno di quello con quattro barre di ferro
a varie altezze, che ruotano di 360° e che partono da un’altra barra di ferro
più spessa, alta circa un metro, che a sua volta poggiava su una base piatta a
forma di cerchio).
-Sanae tutto ok?- chiese Genzo,
bussando alla porta.
-Sì, sto uscendo!-
-Che hai? Stai poco bene?-
-No, sono solo accaldata…-
rispose la giovane, uscendo velocemente e recandosi in camera, cercando di fare
il più silenziosamente possibile.
Miki era sdraiata sul proprio
letto che dormiva: Sanae poté intravedere il petto della ragazza che si alzava
e abbassava lentamente. La camera era in semioscurità, ma la giapponese poté lo
stesso darsi un’occhiata intorno: era ampia e ben tenuta. I due letti singoli
si trovavano addossati a pareti opposte, uno accanto alla porta e l’altro
esattamente di fronte. Lungo la parete di destra c’era un enorme armadio a 3
ante, alto come tutta la stanza, color noce. Sulla sinistra c’era una scrivania
su cui erano posati un portatile, uno stereo grigio metallizzato e varie
riviste. Sopra alla scrivania erano sistemate tre mensole sulle quali erano
accuratamente appoggiati vari oggetti, tra cui candele, incensi e numerose
foto. Accanto al letto di Miki, vicino alla scrivania, c’era un piccolo
comodino con sopra una lampada a forma di cigno rosa, un portafoto e una
piccola sveglia. Sopra al suo letto, invece, Sanae notò una mensola con una lampada
a forma di coniglietto, sempre rosa. Appoggiò la valigia ai piedi del letto e
si sedette, guardandosi attorno: forse per la poca illuminazione, forse per la
stanchezza, quella stanza le faceva uno strano effetto… era come se si sentisse
soffocare, così uscì velocemente.
Tsubasa, Taro e Genzo erano in
sala. Anche lì, tutto sembrava sistemato per quattro persone: quattro poltrone
nere, un divano a quattro piazze, quattro sedie attorno al tavolo…
-Non ci avevi mai parlato di
Miki, anche quando tornavi a casa…- Sanae iniziò il discorso, avvicinandosi al
mobile a vetri posto sulla parete di fronte alla porta –Come mai ce l’hai
tenuta nascosta?-
-Non ve l’ho tenuta nascosta…-
rispose Tsubasa, sorseggiando una birra –Semplicemente non ho mai avuto niente
da raccontare su di lei…-
-Eppure sembrate molto legati: ci
sono molte foto di voi due…-
-Ci sono molte foto di noi
quattro…- corresse il ragazzo, quasi seccato -Miki adora le fotografie, vuole
immortalare qualsiasi momento…- si alzò facendo leva su un bracciolo della
poltrona, e si avvicinò alla ragazza saltellando sulla gamba sana –Questa-
disse, prendendo una foto che ritraeva i quattro coinquilini –l’ha scattata
dopo il suo ultimo saggio di danza classica.-
Infatti, indossava un tutù rosa
antico e un paio di scarpette dello stesso colore. Si trovava tra Tsubasa e
Francisco, mentre Pepe era accanto al nipponico. Miki era sulle punte, così
risultava più alta.
-Questa, invece, è l’ultimo
giorno di scuola…-
Stesse persone, ambiente diverso:
tutti e quattro bagnati fradici, e un’ondata d’acqua che si sta per abbattere
su di loro.
-Mentre stavamo scattando la foto
a un nostro compagno di classe è venuta la bella idea di tirarci l’ennesima
secchiata d’acqua…- spiegò sorridendo. Posò la foto al suo posto e chiuse l’anta
vetrata –Dobbiamo andare a fare un po’ di spesa, in cucina non c’è molto…-
Quando tornarono, Miki stava
passando l’aspirapolvere in salotto:
-Ah, eccovi! Immaginavo che foste
andati a prendere qualcosa da mangiare… ne ho approfittato per dare una pulita
alla casa! Non aspettando ospiti ho un po’ trascurato le pulizie…- ammise
sorridendo dolcemente.
-Abbiamo preso un po’ di riso, ti
va bene?- chiese Tsubasa, mentre Sanae appoggiava le borse della spesa in
cucina.
-Perfetto, ora lo preparo! Tu
apparecchia… anzi, è meglio se ti fai aiutare… Sanae, ti va di aiutarmi in
cucina?-
-Certo!- rispose la giovane: le
piaceva quella ragazza, era allegra e solare!
Pranzarono a mezzogiorno e mezza,
dopodiché si sistemarono in salotto con una birra a testa in mano.
-Parli un giapponese perfetto,
sai Miki?-
-Beh, io sono giapponese…-
Sanae, Genzo e Taro per poco non
si affogarono con un sorso di birra.
-Lo so, sembra strano…- sorrise
Miki –Ma io sono nata e cresciuta a Okinawa fino all’età di 11 anni, poi mi
sono trasferita a Porto Alegre e infine sono venuta a vivere qui con Tsubasa,
Santo e Pepe.-
-Ma… non hai i tratti
giapponesi…- notò Taro.
-Mia madre è brasiliana, infatti:
ho preso il meglio dalle due nazionalità! Da mio padre ho preso i capelli neri
e lisci, il taglio degli occhi, anche se leggero, e la passione per la danza
classica; da mia madre invece ho preso il colore degli occhi, la carnagione
scura e il menefreghismo.-
-Il menefreghismo?-
Questa cosa interessava molto il
SGGK.
-Sì, non mi interessa niente di
quello che pensa la gente di me, o di quello che dice. Io vivo la mia vita
senza disturbare nessuno, e sono felice così. Ho un carattere molto calmo…-
-Fin troppo, oserei dire… una
volta una signora l’ha accusata di…- si bloccò immediatamente.
-Beh?- disse Sanae.
-Mi aveva accusata di essere una
ragazza senza morale, mettiamola su questo piano…- continuò Miki –Perché abito
da sola con tre ragazzi… la gente a volte non capisce che tra uomo e donna può
esserci anche solo una forte amicizia…-
Il silenzio calò sul gruppetto. Nessuno sapeva più cosa
dire. Continuarono a sorseggiare le loro birre in silenzio.