Prologo:
le gallerie
La
galleria ricordò al bambino il sapore della montagna. L'aria
gli
pungeva la pelle come quando d'inverno lui e il suo amico Michele
creavano pupazzi informi, poi arrivava Miriam e come per magia i
cumuli assumevano sembianze riconoscibili.
Il
buio gli ricordò i suoi compleanni, quando la mamma gli
copriva gli
occhi e il papà tirava fuori il regalo impacchettato
nascosto dietro
la schiena.
Tutte
sensazioni piacevoli ma in quel momento il bambino aveva paura.
Stringeva convulsamente la mano del nonno, deciso a non far trapelare
lo spavento che gli attanagliava le viscere fin dal primo scalino.
«E'
un segreto segretissimo», gli aveva bisbigliato il nonno.
«Ma se
non sei coraggioso non posso dirti niente».
Alex
sapeva di possedere il coraggio di un agnello di fronte a un leone ma
non aveva resistito allo sguardo misterioso del nonno. Se c'era una
cosa che lo contraddistingueva da sempre era la curiosità:
quando la
vicina dai capelli bianchi veniva a trovare la mamma e le chiedeva
come stesse Alex lei rispondeva sempre: «Sta bene.
È un bambino
curioso e a volte si caccia in qualche guaio». Era vero, Alex
sfiniva la mamma a forza di domande su questo e su quello e non
accettava mai i “perché sì”
come risposta. Per questo non
poteva restare indifferente davanti alle allusioni del nonno, specie
se si trattava di un segreto segretissimo.
Il
nonno aveva messo su un'espressione divertita quando Alex aveva
dichiarato con tono serio di essere il più coraggioso di
tutti, e
aveva condotto il bambino giù in cantina. Gli aveva fatto
indossare
il giubbotto nonostante fosse giugno inoltrato e gli aveva messo in
mano una torcia. Poi ne aveva presa una in mano anche lui e aveva
spalancato una porta in fondo alla stanza che aveva tutta l'aria di
non essere stata aperta da un bel po'. Roteò sui cardini con
un
acuto scricchiolio e quando Alex vide cosa c'era oltre si
sentì
tremare le ginocchia.
La
porta dava sul niente.
«È
un burrone, nonno?»
L'altro
aveva sorriso incoraggiante.
Dalla
porta si snodava una scalinata modellata direttamente sulla terra,
che scendeva in picchiata per qualche metro e portava a un cunicolo,
una galleria scolpita con minuzia che diede ad Alex un senso di
claustrofobia. Il bambino era bravo con le unità di misura e
calcolò
che la galleria misurasse circa due metri e mezzo d'altezza e almeno
tre in larghezza, ma stabilire quanto fosse lunga gli fu impossibile.
Aveva rivolto la torcia davanti a sé ma il risultato fu lo
stesso di
quella volta che l'aveva puntata sul cielo aperto nel tentativo di
vedere meglio le stelle.
Ora
Alex sentiva che l'ansia aveva raggiunto il suo punto di stallo e
iniziò a recuperare il controllo di sé.
Deglutì e chiese: «Che
cos'è questo posto, nonno?»
Camminavano
da quasi dieci minuti ma al bambino quel tempo sembrava enormemente
più lungo.
«Ti
piacerebbe trovare un tesoro?»
«Un
tesoro!» strillò il bambino. «Come
quello dei pirati?»
Il
vecchio rise e la torcia gli tremò in mano, illuminando le
pareti
nude di terra e pietra sempre uguali.
«È
un po' diverso, figliolo» rispose con uno strano tono basso.
«Stiamo
andando in un posto che non conosce nessuno, ma che per me è
molto
importante», dichiarò solennemente.
Alex
tremò.
Camminarono
ancora qualche istante poi il nonno riprese: «Quand'ero
giovane ho
combattuto in guerra, te l'ho raccontato, vero?»
«Oh
sì!» trillò il bambino. «Hai
mandato via i cattivi dall'Italia,
mamma lo dice sempre»
«Non
è stato facile, sai» sospirò.
«Ma avevamo un posto dove
nasconderci e potevamo coglierli di sorpresa»
«Ed
è lì che stiamo andando?»
«In
un certo senso ci siamo già»
Il
vecchio si schiarì la voce e domandò:
«Secondo te dove siamo?»
«Sottoterra»
rispose prontamente Alex.
«Sottoterra,
certo» approvò il nonno. Poi sembrò
ripensarci e si arrestò, si
inginocchiò con fatica e si trovò faccia a faccia
con suo nipote.
«Erano tempi terribili quelli della guerra,
figliolo» Alex deglutì.
«Ma tra questi cunicoli io, tua nonna e tutti quelli che
lottavano
per la libertà riuscivamo a sognarne la fine e immaginare
tempi
migliori. I tempi migliori sono arrivati, ma noi stiamo scomparendo.
Sono rimasto l'unico a sapere dell'esistenza di questi posti e ora
voglio che li veda anche tu»
Alex
sentiva l'urgenza nella voce del nonno e annuì senza sapere
bene
cosa pensare.
«Anche
la nonna veniva qui?»
«Lei
ci ha abitato per un certo periodo» sorrise il nonno.
«I cattivi ci
avevano invaso e chi non li voleva veniva ucciso. Quindi si doveva
sottostare a loro o scappare e combatterli» spiegò
con una punta
d'orgoglio. «Le donne non combattevano quindi restavano qui
tutto il
giorno. Noi uomini invece entravamo e uscivamo»
«Tutto
il giorno qui al buio?» domandò Alex incredulo e
vagamente
spaventato.
«Non
al buio, c'erano fuochi e lampade e candele» rispose e si
rialzò
lentamente. «Noi portavamo cibo da cuocere, vestiti e tutto
quello
che riuscivamo a trovare» raccontò. «Una
volta a settimana i
cattivi avevano una riunione importante e cercavamo di far uscire le
donne per lavarsi giù al fiume. È andata avanti
così per un po'»
«Ma
quanti eravate, nonno?»
«Tra
uomini e donne almeno trecento»
«Trecento?»
esclamò Alex. Non aveva mai contato fino a trecento, era un
numero
davvero grande.
«Ecco»
disse il nonno alzando lievemente la voce.
Alla
luce delle torce Alex distinse un altro cunicolo che si incontrava
col loro e formava una strada appena più stretta e dal
soffitto più
basso. Trattenendo il fiato il bambino la percorse aggrappato al
nonno e si ritrovò all'improvviso in uno spazio enorme, una
sala dal
soffitto altissimo e così larga che non riusciva a
immaginarla.
Illuminò tante assi di legno sparpagliate sul pavimento e
forse un
tavolino.
«Questo
era il nostro quartier generale, figliolo» disse il nonno con
gli
occhi lucidi. «Era la nostra libertà. Ho bisogno
che alla mia morte
rimanga almeno una persona testimone della vita clandestina che
abbiamo vissuto»
Alex
non era certo di aver compreso a pieno le parole del nonno, ma
avvertì una sensazione che per qualche motivo gli fece
balzare in
mente il momento in cui, a educazione fisica, il compagno che correva
prima di lui lo raggiungeva e gli passava la staffetta. Sentiva che
il nonno gli aveva consegnato le chiavi di quel luogo segretissimo, e
ora toccava a lui correre per il suo tratto e prendersene cura.
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