Cri e Burke 1
Ti Farò del Male
“Hai intenzione di evitarla per sempre?” sorrise
senza nemmeno alzare gli occhi dal foglio “Ha ucciso
qualcuno?” ma l’ironia le scivolò addosso
costringendola a sorridere “Allora non ho bisogno di
vederla” “Perché?” “Teddy cosa
...” “Non vuoi vederla? È tua moglie! Potrebbe
essere morta o avere un tumore o ammazzare con il bisturi chiunque e
non te ne importerebbe niente!” “No”
puntualizzò ridendo “Credi davvero che se stesse male io
non ..” “Dov’è?” sbottò gelida
piantando gli occhi nei suoi, avrebbe voluto risponderle davvero ma
qualsiasi tentativo era vano, il cervello continuava a urlare
“Esci dall’ufficio e evita il discorso!” sarebbe
stato facile, dopotutto, bastava solo muovere un passo e poi
un’altro e invece continuava a restare inchiodato lì,
accanto a quella scrivania con la speranza più folle che Teddy
gli raccontasse qualcosa di sua moglie “Non sai
dov’è, non sai come sta, non sai niente Owen! Credi che
vedere la mia studentessa arrancare per colpa tua mi faccia stare bene?
Credi che costringerla a dormire un po’ dopo giorni folli in sala
operatoria possa giovare alla sua formazione?” “Mi dispiace
d’accordo? Non so cosa farci se passa tanto tempo qui
dentro!” “No!” sbottò gelida picchiando i
pugni sulla scrivania “Non funziona così! Non ti lascio
libero di distruggerla Owen! Ha gli esami tra pochi giorni e non ha
bisogno di altre distrazioni! Che diavolo hai fatto per ridurla in
questo stato?” scosse la testa sospirando mentre la biro
picchiettava ritmicamente sulla cartellina, non riusciva nemmeno ad
accettarlo lui come poteva pretendere di spiegarlo a lei? Fece un bel
respiro cercando di stamparsi in faccia un sorriso idiota “Direi
che questi non sono affari tuoi sai?” “Oh io invece direi
di si!” esclamò giocherellando con i lunghi capelli chiari
“Sono affari miei da quando l’hai assegnata a me! Sono
affari miei da quando ha operato con me la prima volta, sono affari
miei da quando ha operato mio marito e lui è morto! Ha talento,
più talento di qualsiasi altro specializzando qua dentro, non ti
permetto di buttarla all’aria chiaro?” “Cosa?”
ribatté ironico lasciando cadere la cartellina sulla scrivania
“Tu non hai alcun diritto di metterti in mezzo Teddy! È
mia moglie! La mia famiglia e quello che accade tra noi non sono affari
tuoi!” ma lei sorrise incrociando le braccia sul petto
“Non funziona così sai? Non più da quando i
problemi che avete si riflettono sul lavoro!” “Ha sbagliato
qualcosa?” “No ma ...” “Ha ucciso qualcuno? Non
mi pare né tanto meno è scappata piangendo!”
“È questo che aspetti?” urlò piantando gli
occhi nei suoi, la conosceva bene, troppo bene per fingere che quello
sguardo non nascondesse milioni di parole “Aspetti che scappi?
Perché se è questo, se davvero stai aspettando una cosa
del genere non ci vorrà molto!” “Oh andiamo!”
“Mi credi davvero una scema?” si bloccò di colpo,
paralizzato da quella vena ironica che le traspariva dalla voce
“È stato solo sesso oppure sei innamorato di quella
donna?” il cuore mancò un colpo mentre il respiro
accelerava “Tu come ...” “Le gemelle siamesi si
proteggono a vicenda non lo sapevi? Credevi davvero che Meredith
fosse rimasta a guardare mentre le facevi del male?” “Oh
andiamo! Meredith è sempre sull’attenti! “Se vuoi
dare la colpa a lei va bene, non mi interessa ma ti dico una cosa
...” gli occhi concentrati nei suoi e un leggerissimo sorriso a
colorarle il volto “ ... se la vedo piangere ti faccio del
male” “Hai voglia di scherzare vero?” ribatté
sarcastico “Sei arrabbiata con me? Tuo marito è morto! Non
è stata colpa di nessuno, era malato ed è morto! Smettila
di incolparmi per ogni cosa! Te l’ho lasciato fare fino ad ora
perché ne avevi bisogno, perché ti voglio bene e non
voglio vederti triste e se incolparmi ti faceva sentire meglio allora
andava bene, ma ora, ora basta!” “Credi davvero che sia per
questo? Non mi importa più niente Owen, non voglio riportare a
galla il passato ma sto semplicemente pensando al presente. Lo sai
perché non riesci più a sapere niente di tua
moglie? Perché le do turni estenuanti, la costringo a
dormire qui, lontano da casa, lontano da tutto il caos che ha dentro!
Vive in ospedale e tu nemmeno te ne accorgi! Cosa credi che
accadrà quando si fermerà a riflettere? Quando
avrà un attimo per riordinare le idee?” “Quando
arriverà il momento allora ci penseremo” Teddy scosse la
testa sospirando “Non stavo scherzando prima. Se la vedo piangere
allora ti farò male Owen perché lei è la mia
allieva e proteggo i miei allievi!” non disse una parola di
più, abbandonò il suo ufficio lasciando solo il silenzio
a fargli compagnia.
“Tempo?”
sollevò lo sguardo dal paziente soffermandosi pochi secondi
sull’orologio “Un’ora e dieci” Teddy sorrise
“D’accordo, siamo in perfetto orario” ma lei non
rispose, si limitò a concentrarsi di nuovo sul cuore del
paziente, un cuore malato che aveva bisogno di tutta la sua attenzione
“Inizia a suturare, tira bene il filo altrimenti avremo
l’effetto opposto” afferrò l’ago e senza dire
una parole iniziò le suture.
C’era solo gelo lì
dentro, gelo e niente di più ma lei cosa poteva farci? Era
stanca, sfinita eppure, nonostante questo, continuava a stare in piedi,
a cercare interventi lunghi e complicati, continuava a ritirare esami,
a preparare interventi con al sicurezza di avere affianco il suo
mentore “Hai mangiato qualcosa?” “Come?”
domandò confusa sollevando appena lo sguardo “Oggi hai
mangiato qualcosa?” “Si, prima, in mensa”
“Cristina!” “Ho mangiato e ho anche dormito
ok?” ribatté ironica “Lo sai, queste domande
continue non sono tranquillizzanti! Ho già una madre, purtroppo
per me ce l’ho, non ho bisogno di un’altra ...”
“Divertente” mormorò ridacchiando “Davvero
divertente ma vedi, siccome sei la mia speranza per il futuro mi prendo
cura di te quindi, continuerò a romperti le scatole in questo
modo” “D’accordo” tirò il filo posando
l’ago “Perfetto, le suture tengono” il cercapersone
iniziò a suonare “Dottoressa è il suo”
Cristina annuì appena “Viene dal pronto soccorso, ha un
trauma in arrivo” “Oggi non sono in traumatologia”
Teddy la fissò guardinga “D’accordo vai, qui posso
finire da sola” “Ma che ..” “Cristina vai! Se
è importante e chiamano te probabilmente vogliono il
meglio” “Si ma ...” “No” esclamò
ridacchiando “Niente scuse, vai e poi fammi rapporto
soldato” sbuffò abbandonando gli strumenti
“D’accordo, ma se è una perdita di tempo me la
prendo con te” scoppiò a ridere divertita da
quell’improvviso colpo di ironia mentre guardava la sua
specializzanda lottare per restare sé stessa.
“Dottoressa Yang” la
ragazza sorrise passandole una busta chiusa “Mi avete chiamato
per questo?” domandò gelida ma l’infermiera scosse
leggermente la testa indicando con la mano la sala traumi tre.
Era uscita dalla sala operatoria,
aveva abbandonato un intervento pazzesco per cosa? Uno stupido caso da
pronto soccorso? “D’accordo, meglio che sia ...” il
cuore mancò un colpo mentre due occhi scuri come la notte la
trapassavano da parte a parte “Tu cosa ... perché sei
...” “Potresti iniziare con il salutarmi e poi potresti
chiudere la porta, cosa ne pensi?” scosse leggermente la testa
cercando di ricordare come respirare mentre la porta si chiudeva
lentamente alle sue spalle “Ehi ...” la mano
dell’uomo si posò sulla sua spalla mentre un sorriso
delicato prendeva il posto dello stupore “ ... guarda che se
continui così dovrò chiamare un’altro medico per
prendersi cura di te” “Tu sei, hai ...” “Ho
bisogno che tu mi aiuti a fare una cosa” annuì appena o
almeno, era quello che avrebbe voluto fare ma rivederlo lì,
rivivere quel ricordo tanto a lungo celato faceva un male terrificante
“Perché sei qui?” l’altro sorrise tornando a
sedersi sul lettino “Beh dottoressa Yang, direi che il motivo
è semplice” un leggero cenno della testa ad indicare la
busta che reggeva tra le mani “Puoi aprirla sai? Non te
l’ho data per ricordo” “So già cosa
c’è qui dentro” mormorò tremante “So
cosa dice questa lettera e se ora la stringo tra le mani so che ...
Burke non hai ...” “Ho un angiosarcoma Cristina, non
può essere operato e non voglio essere operato insomma, a che
pro?” si sedette di fronte a lui, le mani strette così
forte attorno alla busta da far scricchiolare la carta chiara “Ho
sempre avuto paura di questo” “E io no secondo te?”
ribatté ironico sollevandole il viso “Hai tra le mani il
mio futuro dottoressa Yang” un debole sorriso a colorargli il
volto “Ricordi? Non importa dove saremo, non importa quando
accadrà, non importa in che modo” “Già”
si passò una mano in viso cercando di sorridere o almeno,
cercando di fingere di farlo ma non riusciva nemmeno a convincere il
cervello “Va tutto bene Cristina, è tutto ok”
“Morirai! Va davvero tutto bene?” “Non è
quello che ...” “No!” esclamò alzandosi di
colpo “Non puoi chiedermi di odiarti anche per questo! Ho passato
mesi interi a farlo solo per quelle stupide nozze! Ho cercato in tutti
i modi di cancellarti dalla memoria e non ci sono mai riuscita e ora,
ora vieni qui e mi chiedi di prendere questa decisione per te, mi
chiedi di aprire questa busta e fingere che tutto vada bene e io ... io
non voglio farlo!” le mani dell’uomo si strinsero con forza
attorno alle sue spalle mentre, oltre i vetri, gli sguardi curiosi
delle infermiere ne studiavano i movimenti “Non ti chiedo di
scegliere per me Cristina! L’ho già fatto io, non ho
bisogno che qualcuno scelga al posto mio, sono grande sai? Ti sto
chiedendo solo di essere qui, di essere con me quando accadrà
perché nonostante tutto resti sempre la persona di cui mi
fido!” la sentiva tremare, ansimare per quell’esplosione di
rabbia giusta e naturale “Mi dispiace” sussurrò
sfiorandole il volto “Mi dispiace averti fatto soffrire, mi
dispiace averti costretta ad essere qualcosa che non sei e,
probabilmente, la rabbia e l’odio che hai provato e provi per me
mi accompagneranno per sempre ma ora, ora ho bisogno che torni ad
essere la persona di sempre, ho bisogno che tu sia la donna che per
anni ho avuto vicino” chiuse gli occhi qualche secondo lasciando
che quelle parole le entrassero nell’anima “Io non ti
odio” sospiri regalati all’intimità di
quell’attimo “Non ti odio perché farlo mi distrugge
e ora, in questo momento non ... tu sei ... Hai bisogno di cure”
“Ho bisogno che la stessa donna che firmò quel foglio sia
vicino a me alla fine di questo percorso” la guardò negli
occhi, gli stessi occhi che per anni si erano svegliati insieme a lui,
le mani strette più forti attorno alle sue spalle “Sarai
qui?” “Da quanto lo sai?” “Come?”
domandò confuso “Sei venuto qui con una diagnosi, da
quanto lo sai?” ma l’uomo sorrise “Questo non
è importante” “Ah no?” esclamò in
lacrime sciogliendosi da quella presa bollente “Sono sempre stata
qui Burke! Non mi sono mai allontanata da Seattle, sapevi che ci sarei
stata nonostante tutto e vieni qui solo ora! Che diavolo ti passa per
la testa?” “Perché?” ribatté ironico
“Mi avresti salvato? Avresti operato un miracolo? Perché
se è così allora mi darò dell’idiota per
l’eternità!” forse incolparlo l’avrebbe fatta
sentire meglio, forse, lasciare che scaricasse su di lui ogni fottuto
sentimento l’avrebbe aiutata a capire “Pensi che non sia
terrorizzato? Pensi che morire sia quello che sognavo da quando ero
bambino? Non posso cambiare il futuro Cristina! Non posso farlo e
credimi, non c’è altra cosa al mondo che desidererei ma
non posso!” si passò una mano in viso ridendo “Avevo
dei piani! Avevo deciso ogni cosa, sapevo come sarebbe stata la mia
vita e ora, ora sono qui a supplicarti di essere forte! Ti sto
chiedendo di essere quella di sempre!” “Tu non hai diritto
di chiedere niente! Non puoi ... tu non puoi ...” la tirò
a sé stringendola con forza, voleva liberarsi da
quell’abbraccio forzato, voleva allontanarsi il più
possibile da lui, da quella stanza maledetta e invece, tutto quello che
riusciva a fare era restare immobile, paralizzata in quel calore che da
troppo tempo le mancava “Sarai qui per me?” non rispose,
non si mosse, nascose il viso sul suo petto mentre le mani si
aggrappavano con forza a lui.
Era fragile, distrutta da un marito
che al momento sembrava più lontano di Burke, non riusciva a
respirare, non riusciva nemmeno a pensare, stretta tra le sue braccia
lasciava che quel dolce senso di protezione le rinfrescasse
l’anima allontanandola da tutto il resto, da Owen e
dall’odio che leggeva nei suoi occhi.
|