Westwood

di Ciulla
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“Ho rovinato il tuo Westwood, Jim.”
Sebastian era seduto col suo capo sul divano del soggiorno. Aveva un’aria agitata, come se stesse nascondendo qualcosa a Moriarty, e questi se n’era accorto. Aveva insistito, insistito, e insistito ancora nel chiedere al suo cecchino cosa avesse, e alla fine quella era stata la risposta di Moran.  “Ho rovinato il tuo Westwood, Jim.”
La mano che gli accarezzava teneramente i capelli si fermò improvvisamente. La presa si strinse, tirando verso l’alto e facendogli male.
“Che cosa hai fatto?”
“Mi dispiace, James.”
Già le lacrime pungevano gli occhi di Sebastian, ma non erano lacrime di dolore, no. Un cecchino non soffre mai il dolore, non ne ha la possibilità, non ne ha il diritto. Soprattutto un cecchino che lavora per Moriarty.
Quelle erano lacrime di delusione. Delusione per se stesso, per essere stato così disattento da rovinare quell’abito e far arrabbiare Jim. Delusione perché Jim se l’era presa veramente, come poteva leggere dalla rabbia nei suoi occhi, e perché Seb aveva sperato davvero di essere più importante di uno stupido abito.
Delusione  perché i suoi sogni erano stati infranti. Eppure non erano sogni utopici. Da quando si era accorto di aver rovinato l’abito di Moriarty, il suo unico sogno era di non venire frustato.
E invece Jim lo stava facendo, e ci stava mettendo tutto se stesso.
Dieci colpi secchi risuonarono nell’aria, dieci urla fendettero il vuoto.
“Come hai fatto, Sebby?”
“Ero annoiato, stavo giocando col grilletto della pistola ma avevo tolto la sicura e... Ho colpito il tuo abito e rovinato il muro.”
Altri dieci colpi, altre dieci urla.
“Cosa ci facevi in camera mia?”
“Ti stavo aspettando per riferirti il risultato della missione.”
Altri dieci colpi, altre dieci urla.
“Sei un incapace, Sebastian. Sei un essere inutile, proprio come tutti gli altri.”
E un colpo più forte dei precedenti gli fece perdere conoscenza.



Sebastian si svegliò urlando.
Un incubo, era stato solo un incubo. L’ennesimo incubo da quando Jim era morto, l’ennesimo incubo che non lo lasciava dormire.
Sebastian aveva sessant’anni ormai, ma il dolore ancora non lo aveva abbandonato.
Sebastian aveva sessant’anni ormai, ma ancora si recava ogni giorno al cimitero, alla tomba del suo capo, per posarvi sopra una rosa rossa e togliere quella del giorno precedente.
Sebastian aveva sessant’anni ormai, ma da quando Jim era morto non aveva più maneggiato il fucile con cui era solito svolgere i lavori da lui assegnatigli.
Sebastian aveva sessant’anni ormai, ma ancora dormiva con quel pezzo di stoffa stretto tra le braccia.
Un abito. Un semplice abito che ormai costituiva tutta la sua vita. Un abito che dopo tanto tempo sembrava avere ancora il suo odore, sembrava ancora riportare le impronte del suo tocco.
Un abito in cui dopo ogni incubo seppelliva il volto per asciugarsi le lacrime che copiose scendevano dagli occhi.
Un Westwood.
La sua vita era quel Westwood, adesso. E forse, ragionò Sebastian, quella non era vita. Forse non aveva senso continuare a vivere così. Forse era il caso di riprendere in mano quel fucile. Forse il giorno dopo Jim non avrebbe ricevuto la sua rosa.



NOTA DELL'AUTRICE
Il finale è aperto, ha due possibili interpretazioni. Prendetevi quella che più preferite: Seb decide di raggiungere Jim o Seb decide di dimenticarlo?
Ps. Io preferisco la prima-




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