Feuersturm

di Dernier Orage
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Feuersturm





Amburgo, Settembre 1981

Una notte splendida, tersa e macchiata da milioni di stelle non disturbate dal piccolo spicchio di luna. Una musica aveva guidato Immanuel attraverso le canne e gli arbusti fino ad uno slargo sulla riva dell’Alster, i riflessi sull’acqua increspati dal falò e dalle ombre che danzavano attorno. Vagava tra la gente, salutando qualche ragazzo del corso di Storia Contemporanea, schivando una fotografa punk dai capelli ossigenati che avrà avuto al massimo sedici anni. Aveva afferrato una birra immersa nel ghiaccio da uno scatolone in polistirene espanso, una ragazza gli aveva passato un apribottiglie legato con un nastro al polso, per non farlo rubare.
Immanuel si era già pentito della scelta di passare il mercoledì sera prima dell’inizio dell’anno accademico in quel posto sperduto ad una festa deprimente. Escludeva di poter portarsi a letto qualcuno, i ragazzi apparivano tutti troppo presi dalle ragazze e l’amico che l’aveva accompagnato in macchina lo aveva abbandonato adducendo ad un mal di testa improvviso.
Una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alla vita lo aveva stretto improvvisamente e aveva agguantato l’orlo della gonna per danzare con maggiore fluidità. Dandole le mani, un cerchio immaginario tra le loro braccia, avevano ballato, saltellando, vorticando attorno al fuoco, seguendo il ritmo convulso e scoordinato della fisarmonica e delle chitarre.
L’estrema riva gli era parsa il posto perfetto dove riprendere fiato e finire di bere la birra, strascicò le gambe fino ai sassi di fiume, dove si lasciò cadere al suolo e trasse un sospiro lento e stanco, in attesa di qualcosa di indefinibile.
- Parlami dei tuoi demoni.- Aveva mormorato una voce proveniente da una macchia indistinta di ombre, sterpaglie e rovi. Piano piano che gli occhi di Immanuel si abituavano all’oscurità, si delineava il profilo di un giovane dagli occhi incavati e le labbra morbide.
- Dubito che tu sia uno psicologo.- Rispose dopo qualche secondo Immanuel. Aveva osservato lo sconosciuto sorridere in un baluginio di denti e poi aggrottare le sopracciglia.
- Li sento, dobbiamo mandarli via.- Continuò il giovane aprendo le mani e fissandosi i palmi.- Mi disturbano.-
- Cosa? Stai scherzando?- Immanuel immaginò di trovarsi affianco ad un tossico nel mezzo del trip.
- No, affatto. Li percepisco, ti annebbiano gli occhi, dobbiamo mandarli via.- Insistette il ragazzo con un tono che non ammetteva repliche.
- Tu sei strafatto.- Borbottò Immanuel sbuffando e stringendo dei sassolini tra le dita, pronto a lanciarli nella corrente del fiume che lungo gli argini rallentava e accumulava detriti.
- E’ il mio metodo.- Lo sconosciuto si voltò e mostrò il volto squadrato accigliarsi, il collo tremendamente erotico, con la depressione sotto il pomo d’Adamo e i tendini delineati sotto la pelle dorata da fine Settembre. I capelli spettinati e aggrovigliati come corde di un biondo scuro confuso. Gli occhi verdi e miele lo guardavano senza espressione.
L’attenzione di Immanuel venne catturata all’altezza dello sterno del ragazzo, due piume rigate, marroni e caffèlatte, infilate in una perla di legno, sulla t-shirt bianca. Era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulle labbra e le ginocchia scontrarsi.
- Beh, certamente, se è il tuo metodo…- Balbettò Immanuel; improvvisamente non riusciva a pensare a nient’altro che l’acqua vicino alle suole delle scarpe, la festa dietro le spalle, il soffio di uno sconosciuto troppo vicino e lui ne era attratto, fatalmente attratto.
- Il mio nome è Egon.- Mormorò il ragazzo mordendogli il labbro prima di dargli un bacio lungo, lento.- E sono venuto per salvarti.-





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