I challenged the destiny

di _youngwriter
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La luce del sole filtrava attraverso i raggi della finestra illuminando appena la stanza.

-Forza, si svegli, signorina. Il sole è già alto e lei è in ritardo per la colazione-
la dolce voce di Marilyn mi fece aprire istintivamente gli occhi e realizzare che erano appena le 7:30. Mugolai qualcosa prima di scendere dal letto e trasportare il mio corpo ancora stanco verso il bagno. Mi lavai il volto e mi immersi nella vasca. L'acqua bollente mi sfiorava delicatamente la pelle, mentre gettando la testa all'indietro, la mia mente si riempiva di pensieri: Logan non era a casa, perchè non era venuto a svegliarmi come suo solito, aveva dormito fuori, ancora una volta, probabilmente sempre con quei maledetti ragazzi che non facevano altro che sottrargli tempo prezioso da poter trascorrere con sua sorella. E invece preferiva sprecare il suo tempo con loro, tre ragazzi il cui unico scopo nella vita era quello di divertirsi. Cominciavo a pensare che Logan potesse abbandonare i suoi veri sogni per seguire una stupida passione per il canto, qualcosa che i ragazzi erano riusciti a trasmettergli indirettamente e che ora lo distraevano dal suo progetto di diventare medico. Papà aveva sempre cercato di inculcargli la sua passione per la medicina e Logan si era sempre mostrato propenso ad imparare, ma quando i ragazzi avevano fatto la loro apparizione nella sua vita qualcosa era cambiato, Logan era cambiato. Ora sembrava più distratto e stranamente felice, portava il suo enorme sorriso pieno d'allegria dappertutto. Mi piaceva vederlo sorridere, ma mi preoccupava il fatto che potesse deludere papà. Per quanto non fosse mai presente, papà costituiva una figura incombente nella nostra vita, almeno nella mia. Ero conscia del fatto che facesse continui sacrifici per mantenerci e nonostante ne io ne Logan riuscissimo a tollerare il fatto che, dopo la morte di mamma, avesse intrapreso una nuova relazione, per lo più con una modella squattrinata, ero felice di vederlo soddisfatto della propria vita. Molto spesso lo invidiavo, invidiavo il fatto che potesse vivere liberamente la sua vita senza che nessuno gli ponesse davanti difficili ostacoli da superare o regole da rispettare. Era libero, libero di scegliere il meglio per se stesso, cosa che io non ero in grado di fare, almeno questo era ciò che pensavano i due ''uomini'' di casa. Mi tenevano chiusa in un enorme villa per intere giornate, credendo di proteggermi dal mondo crudele che vi era al di fuori del vetro. Ma io odiavo quell'insulsa vita, trascorsa ad ammirare ,con il naso schiacciato contro il vetro, enormi farfalle variopinte e desiderando di essere come loro, di volare spensierate alla ricerca della libertà, quella libertà che sembrava allontanarsi sempre di più da me. A nulla serviva tendere le braccia verso quella distesa azzurra, mi rifiutava, non mi necessitava. Dovevo rassegnarmi, quella era la mia vita e quello era il mio destino. Potevo forse affrontare una simile forza imprevedibile? Potevo forse raggiungere quella libertà? Potevo forse cambiare davvero il destino?





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