Old loves they die
hard;
Old lies they die
harder.
Capitolo
I : disaster date.
Alexander
Can
anybody find me
somebody to love?
[Somebody to
love, The Queen
Infilai
la camicia nei pantaloni e presi la cravatta dal comò sotto
allo specchio; la
girai intorno al collo iniziando ad avvitarla per fare il nodo.
Alzai un po' il mento, stringendo bene e lisciandola sul petto; presi
il
panciotto e la giacca e li indossai guardando il risultato.
Andavo bene, mi ero abbigliato come avevano ordinato i miei genitori
per
apparire perfetto alla cena di quella sera.
Un'altra inutile cena per trovarmi una moglie, un altro stupido modo
per
cercare di intrappolarmi in un matrimonio che -per il mio buon senso-
non mi
avrebbe mai mandato in guerra.
Maledetto quel giorno in cui avevo accennato a mia madre che solo una
cosa
avrebbe potuto fermarmi dall'entrare nell'esercito,
ovvero l'avere una
moglie o dei figli a casa.
Con
l’avvicinarsi della maggiore età e con essa il
permesso di arruolarsi, i miei
genitori cercavano in tutti i modi di farmi legare a qualcuno.
Per prima c'era
stata Janine Costance, poi Catherine Brown e sua cugina Candice, Laura
Turner e
sua sorella Lise, Sabrina Dowson, Beatrice Jefferson, Sarah Vidal, e
quella
sera toccava a Regina Miller, figlia dell’avvocato Gregory
-collega di lavoro
di mio padre- e di sua moglie Danielle.
Sinceramente,
non avevo la più pallida idea di chi fosse
quella ragazza: non ne
avevo mai sentito parlare, finché mia madre non mi
aveva annunciato di
aver combinato l’appuntamento.
Passai una mano tra i capelli neri e mossi, tanto per
poter dire di
averli
toccati per sistemarli, e poi uscii dalla mia camera, chiudendo la
porta dietro
di me.
Percorsi il corridoio del piano superiore della casa,
scesi le scale ed
arrivai
nel salone dove vidi mia madre seduta al pianoforte.
Sorrisi nel sentirla suonare e la affiancai.
«Alex» sussurrò quando
posai le mani
vicine alle sue, rafforzando la melodia.
«Oh, i miei due artisti preferiti»
scherzò mio padre entrando in salone,
arrivando dalle scale.
Mia madre rise, facendoci sentire il suono cristallino
più
bello che noi, i
suoi due uomini, avessimo mai sentito.
Spostando lentamente le dita da un tasto all'altro,
mettemmo fine alla
melodia,
suscitando un applauso da mio padre e uno sguardo ammirato dalla nostra
governante, Chelsea, che entrava in quel momento per aprire la porta al
suono
del campanello che, mi accorsi solo in quel momento, stava suonando.
«Oh, i Miller!» esclamò
mia madre,
alzandosi in piedi e lisciandosi con le mani
il vestito. «Dai, Alex, alzati!» aggiunse rivolta a
me.
Sbuffai leggermente, seguendo lei e mio padre
all'ingresso del
salotto
dove Chelsea avrebbe accompagnato gli ospiti, dopo aver preso i loro
soprabiti.
Arrivarono dopo qualche secondo, anticipati dalla
governante che li
salutò con
un inchino del capo prima di andarsene in cucina.
«Gregory, Danielle, Regina...
Benvenuti!» li
salutò mio padre, stringendo la
mano dell'uomo e baciando quella della donna accanto a lui.
«Grazie mille per l'invito, George»
disse il signor
Miller a mio padre, «Amelia,
che piacere...».
«Piacere mio, Gregory. Danielle, che gioia
rivederti!» esclamò poi, baciando
sulle guance l'altra signora.
Poi mi prese per mano, facendomi avvicinare a loro
«questo
è il nostro Alexander»
mi presentò.
Li salutai come aveva fatto mio padre, aggiungendo un
bacio sul dorso
della
mano della ragazza nascosta dietro ai signori ospiti.
«E lei è la nostra
Regina» sorrise
Gregory, nel presentarla.
«Molto piacere» aggiunsi.
«Anche per me» replicò
prima di salutare
i miei genitori.
A cortesie concluse, mio padre fece strada verso il
salotto,
invitandoli ad
accomodarsi per prendere un drink.
I nostri genitori iniziarono a parlare tra di loro; io
e Regina,
invece,
restammo in silenzio intervenendo solo se interpellati.
I discorsi politici dei nostri padri si confondevano
con le chiacchiere
più
frivole delle due signore, ed io guardavo la ragazza seduta
accanto alla
madre.
Era carina, ma aveva qualcosa che la faceva sembrare
quasi sfiorita.
Forse il
portamento rigido, forse i capelli, biondi e ricci, tenuti in una
crocchia
seriosa sul capo o gli occhi castani che parevano quasi tristi.
Nella mia
mente, una croce rossa si sovrappose al nome "Regina Miller":
non sembrava proprio il mio tipo.
La serata, che già mi sembrava inutile,
perdeva sempre di
più il mio interesse.
«Alexander, perché non ci allieti
suonando
qualcosa al pianoforte?» chiese mia
madre sorridendomi, improvvisamente.
«Certo,» annuii, alzandomi in
piedi, «con
permesso...» mormorai prima di
allontanarmi.
Notai Regina seguire i miei movimenti verso lo
strumento, forse le
interessava
la musica classica.
Appoggiai le mani sui tasti ed iniziai a muoverle dando
vita a "Per
Elisa" di Beethoven, una delle prime melodie che avevo
imparato a
comporre.
Quando finii, mi alzai e sorrisi all'applauso scherzoso
delle due
signore.
«Oh, Alexander, sei molto bravo.
L’hai riprodotta
benissimo, vero, Regina?»
aggiunse Danielle Miller.
«Sì, è vero»
annuì
lei, imbarazzata e con le guance rosse, abbassando il capo.
«Quest'estate, a Parigi, abbiamo avuto
l'onore di assistere
ad uno spettacolo
di musica classica dato da un conservatorio. Non hai nulla da invidiare
loro,
anzi, potrebbe essere il contrario! Pensi mai di darti
alla musica?»
domandò la signora, interessata.
«No, suonare il pianoforte è solo
un piacere, per
me, signora, ma la ringrazio»
risposi, invidiandole il fatto di essere stata a Parigi e di aver
persino
ascoltato dal vivo un concerto classico.
«Quindi cosa pensi di fare del tuo
futuro?» si
intromise Gregory Miller.
«Io...» iniziai.
«Alexander vorrebbe arruolarsi, ma io ed
Amelia non siamo
molto d'accordo»
rispose mio padre.
«L'esercito...» mormorò
Gregory.
«Tutta colpa di questa... pubblicità! Giovani
che non sanno nemmeno cosa li aspetta...».
«Sinceramente, signore, desidero solo servire
il mio Paese.
Non è forse il
dovere di ogni uomo?» domandai piccato.
«Sì, certo» sorrise.
«Ma credi
davvero di essere pronto a tutto quello che ti
si presenterà? E non parlo del sangue, dei tuoi amici morti
o del tuo stesso
rischio di morire. No, non solo di quello. Parlo del dover prendere
decisioni
difficili in momenti critici, parlo del dover decidere di uccidere un
uomo, un
ragazzo come te, con una famiglia a casa, magari dei figli, solo
perché lui
o i suoi superiori hanno idee differenti dalle tue»
concluse con sguardo
lontano.
«Io... Io so cosa mi si
presenterà...»
mormorai.
«Oh, ma perché dobbiamo parlare di
queste cose
poco prima di cena? Spostiamoci
nella sala da pranzo, invece» intervenne mia madre parlandomi
sopra.
«Sì, è vero. Scusami,
Amelia, mi sono
fatto prendere dai discorsi» si
giustificò l’avvocato Miller.
«Non preoccuparti, Gregory» sorrise
mia madre,
alzandosi e facendo strada agli
ospiti verso l'altra stanza.
«Stai bene?» mi chiese una voce.
Alzai gli occhi dal mio bicchiere e lanciai uno sguardo
a Regina, in
piedi
davanti a me.
«Sì,» annuii,
«sto
bene» aggiunsi alzandomi, arrivando di una decina di
centimetri più in alto rispetto a lei.
«Scusa mio padre, davvero»
mormorò.
«Lui... è stato in guerra e... a volte
esagera.»
«Non importa, non preoccuparti»
risposi.
«Seguiamo gli altri.»
Ci accodammo ai nostri genitori, raggiungendo la sala
da pranzo e
sedendoci.
I miei genitori si misero a capotavola, da un lato si
accomodarono i
signori Miller
mentre dall'altra io e Regina.
Presi la bottiglia di vino rosso davanti a me e me ne
versai un po'.
«Vuoi?» chiesi alla ragazza.
«Sì, grazie»
annuì.
La cameriera entrò con le portate di arrosto
e contorni
vari, servendo le
porzioni già preparate nei piatti.
Non vedevo l'ora che quella serata finisse: era un
disastro.
~
«Grazie
mille,
è stata davvero una bella serata»
commentò mia madre mentre i Miller indossavano
i propri cappotti.
«Sì, è vero. Ma grazie a voi, per
averci invitato» annuì Danielle.
Trattenni un'espressione ironica, del tutto in disaccordo con quelle
parole e
sorrisi cortese ai saluti, ricambiandoli.
Non appena la porta si chiuse, sospirai.
«Alex!» mi rimproverò mia madre.
«Scusa, mamma. Ma per me, non è stata per niente
una bella cena. Quella ragazza
non ha spiccicato parola! Quasi preferisco la Brown...!»
esclamai, ricordando
una delle ragazze che, al contrario, non la
smetteva un attimo di parlare.
I miei genitori risero «Oh, beh, è molto
timida, Alex...» la giustificò
mia madre.
Sbuffai «Sì, ma... neanche una parola!»
ripetei facendoli sorridere.
«Comunque, Danielle mi ha detto che sta aiutando ad
organizzare la Maratona
annuale[1]
che partirà da Grant Park[2].
Mi ha proposto di
darle una mano, ed io ho
accettato» spiegò.
«Oh,» mormorò mio padre, «sei
stata molto cortese, Amy».
«Beh, sai che mi piace dare una mano. Non ho mai organizzato
feste sportive.
Sono così curiosa!» esclamò facendoci
ridere per il suo tono entusiastico.
Due parole...
[1] La Chicago
Marathon è nata nel 1905, ed
è una manifestazione
che esiste tuttora, anche se sotto il nome di Bank of America
Chicago
Marathon . Non conosco il percorso dei primi anni, ma so che
ora partono
proprio da Grant Park.
[2] Grant
Park è
realmente un
parco di Chicago, uno tra i più importanti.
Dopo
avervi spiegato le due annotazioni più
importanti, passo alle mie considerazioni in merito alla storia.
Praticamente è la prima originale che scrivo, avrei fatto un
altro tentativo
tempo fa ma è stato sospeso e mai ripreso.
Questa storia inizialmente era stata creata come una fanfiction sul
paring
Edward/Bella di Twilght. L'avevo anche iniziata (ora
provvederò a cancellarla,
però) e anch'essa sospesa a causa di problemi personali.
Adesso avevo pensato di riprenderla, ma poi con il sostegno di LyraWinter
(sì,
è grazie a te e lo sai) ho deciso di trasformarla in
un’originale.
Sono terrorizzata, sì.
Spero davvero di riuscire a portarla a
termine perché significherebbe molto per me sapere di aver
potuto creare una
storia totalmente mia, con personaggi ed intrecci solo miei.
Nello stesso
modo, spero vi piaccia e che mi seguirete fino alla fine.
Ho molte idee
in testa per questa storia!
Per chi non mi conosce, vi avverto già che io aggiorno una
volta a settimana
(credo al giovedì adesso) e che dopo due-tre giorni dal
post, nel mio blog
metto un piccolo spoiler.
Se avete
domande contattatemi tranquillamente, anche se volete dirmi che questo
capitolo
è orribile (spero di no, dai!)!
Ora scappo a
mangiare la mia torta di compleanno,
a presto!
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