Sono
sette mesi che ‘covo’ questa fic nelle mie bozze. E finalmente
mi sono decisa a finirla! *_*
Oggi,
invece, che sono a casa malata, trovo il tempo di postarla. U_U
Questo racconto contiene
spoiler sulla puntata 4x04 “Aithusa”.
La storia prende spunto dagli
eventi della puntata; tuttavia, essi sono stati rimaneggiati verso un’altra
direzione dal minuto 25 circa in poi. Diciamo che
nella mia fic non entreremo nella grotta e prenderemo
un’altra strada. Ah! Ho anche usato le parole di Kilgharrah
a mio uso e consumo. XD
Come ho spiegato ad alcune
autrici a suo tempo, ho scelto di non leggere nessuna fic
su Aithusa, per non venirne
influenzata mentre scrivevo questa storia. Chiedo perdono se, in qualche modo,
questa fic può assomigliare ad altre, la cosa non è affatto voluta ed è del tutto casuale.
In minima parte, è anche un
omaggio a Saphira di Eragon,
anche se è passato un secolo da quando l’ho letto.
La storia è composta da 5 capitoli ed è già finita, è in fase di betareading.
ATTENZIONE: Merlin & Arthur,
friendship (o pre-slash
SOLO AD INTERPRETAZIONE PERSONALE).
Grazie.
Ai vecchi e ai nuovi lettori.
A chiunque vorrà lasciare un
parere.
Grazie.
Aithusa
[Our Egg, Our Mascot]
Capitolo I: La
Compagnia del Drago (Impossibile way, just way)
“Dobbiamo dirigerci verso Est.”
Quando Merlin aveva espresso quell’indicazione precisa,
tutti i cavalieri lo avevano guardato stupiti, ma solo Arthur aveva manifestato
le loro perplessità, chiedendogli come facesse a saperlo.
Avrebbe mai potuto
dirgli che gliel’avevano rivelato i Druidi, quella notte, mentre lui dormiva?
Il mago si era morso le labbra, arrabattando
una risposta verosimile, o quantomeno decente.
“Sento che è andato in quella direzione.” Motivò frustrato,
sapendo che il re avrebbe criticato la sua spiegazione; ma, per fortuna, Elyan aveva trovato giusto in quel frangente dello sterco
di cavallo, segno che effettivamente il servo aveva visto giusto e l’uomo che
li precedeva era diretto da quella parte.
Quindi, senza indugiare oltre,
Merlin aveva ripreso per primo il cammino incitandoli a proseguire, senza
aspettare che gli altri, concretamente, lo imitassero.
Ancora una volta, Arthur sollevò un regale sopracciglio,
stupito dal comportamento del suo servitore, divenuto così impensabilmente
zelante verso questa missione.
Pur avendo sulla punta della lingua un’osservazione pungente
nei suoi confronti, egli preferì – all’ultimo momento – tenersela per sé e non
chiedersi come mai il suo scudiero fosse diventato talmente volenteroso da fare
da apripista.
Il semplice fatto che quell’idiota non si lamentasse ad ogni sospirar di vento di avere fame, sete o le ossa
doloranti, era già di per sé una cosa eccezionale. Perciò se lo sarebbe tenuto
più che volentieri silenzioso e ligio, anche se – da esperto cacciatore e
guerriero qual era – il re avrebbe continuato a diffidare delle sue dubbie
capacità di seguire una traccia. Probabilmente
Merlin aveva scelto a caso uno dei punti cardinali e – sempre casualmente –
aveva indovinato.
***
Dannazione!, avrebbe dovuto dare retta a Gaius!
Da che era partito, Merlin continuava ad
imprecare contro se stesso.
Benché lui non condividesse appieno le convinzioni del suo
mentore, riconosceva che questi aveva avuto ragione su Julius Borden e i suoi intenti illeciti. E lui si era fatto abbindolare come un allocco!
Ancora ricordava il senso di rabbia e impotenza che erano sopraggiunti dopo lo smarrimento iniziale, quando si
era risvegliato, all’alba, fra la postierla semiaperta e le mura perimetrali.
Julius si era approfittato
della sua buonafede! Lo aveva usato per i suoi scopi – appropriarsi della terza
parte della Triscele – e poi si era disfatto di lui.
Quel che era peggio, secondo lui,
era che quel mascalzone non aveva scrupoli e avrebbe potuto usare quell’uovo di
drago per i suoi scopi malvagi.
Su questo, Gaius ci aveva visto giusto e poi aveva espresso
una grande verità. Quell’uovo era rimasto
nascosto al sicuro per quattrocento anni, e forse nessuno avrebbe dovuto
appropriarsene.
Ma Merlin non era solo un mago, era anche un Signore dei
Draghi, forse l’ultimo di essi, e – come gli aveva
rammentato il drago, tra un ruggito e l’altro, neanche tanto velatamente – lui
aveva un compito di fondamentale importanza da portare a termine.
Era suo dovere
prendersi cura di quella creatura non ancora nata. Glielo imponeva il suo
ruolo, quel ruolo
che suo padre gli aveva tramandato, sacrificandosi per salvargli la vita.
Kilgharrah era stato perentorio, a
riguardo. E anch’esso, riconobbe
Merlin a malincuore, aveva le sue giuste
ragioni. E ottime argomentazioni.
Alla fine, gli aveva promesso che avrebbe fatto tutto ciò
che era in suo potere per recuperare l’uovo, l’ultimo della sua specie, anche se sinceramente non sapeva come
fare: avrebbe dovuto raggiungere Borden e impedirgli
di fare qualche sciocchezza e, al contempo, avrebbe dovuto trattenere Arthur dal
distruggere quella cosa tanto preziosa.
E, poiché preparare piani d’azione era
impossibile – troppe erano le varianti impreviste – come sempre, avrebbe dovuto
improvvisare.
***
Avevano cavalcato per buona parte
del giorno, seguendo le tracce di quel furfante con intenti malvagi, scendendo
di tanto in tanto dalle loro cavalcature per verificare le orme lasciate e
studiare le tracce fuorvianti del terreno. E, ogni volta, il servo risaliva in
groppa per primo e ripartiva senza indugi per non accumulare ulteriore
ritardo.
Ma, essendo una corsa contro il tempo, a Merlin sembrava che
la distanza tra loro e colui che inseguivano non
diminuisse mai e che, da un momento all’altro, avrebbe percepito in qualche
modo di essere arrivato troppo tardi.
Nel suo animo sensibile, i sensi di colpa per aver deluso
Gaius, tradito Kilgharrah e soprattutto la memoria di
suo padre, se ne stavano in un cantuccio inquieti, pronti ad
essere sguinzagliati.
Quando Gwaine gli si era
affiancato, trotterellando allo stesso passo per chiedergli come mai fosse così
silenzioso, lo stregone si impose di stiracchiare le
labbra in un tentativo di sorriso.
“Prima arriveremo e prima torneremo a casa!” aveva risposto,
fingendo un’aria annoiata.
“Dubito che arriveremo a Camelot per cena!” aveva ironizzato l’altro, credendo
che l’amico si fosse un po’ offeso per lo scherzo che gli avevano architettato
lui e gli altri cavalieri la sera addietro.
“Ma stavolta non ti nasconderemo il piatto.
Promesso!” gli garantì, per cercare di rimettere a posto le
cose.
Merlin apprezzò la sua gentilezza, e anche se non poteva
dirgli quali erano i suoi reali crucci, gli fu grato per l’amicizia che l’altro
gli dimostrava.
“Sarà meglio, altrimenti metterò il doppio del pepe nei
vostri piatti… oppure delle bacche di sambuco!” minacciò, per stare al gioco,
mentre Arthur – che in quel momento li stava superando, per mettersi a capo
della piccola carovana – gli diede uno scappellotto sulla nuca come
ammonimento.
“Non puoi avvelenare il tuo re, Merlin.” Gli intimò, con l’inflessione arrogante di quando voleva sottolineare il suo potere.
“Ahi!” guaì il servo, rispondendo con un’occhiataccia, a cui il giovane Pendragon replicò
con un ghigno.
Un istante dopo, anche Elyan imitò
il sovrano, passando accanto al valletto reale e dandogli una lieve scoppola.
“Non puoi avvelenare neppure il fratello della tua migliore amica!” gli
rammentò, sorridendo e ammiccando.
“Ehi!, ma-” si lamentò lo stregone,
voltandosi indietro per controllare che nessun altro cavaliere avesse
intenzione di colpirlo, però – nel farlo – non si accorse che anche Leon si era
avvicinato e aveva ripetuto il medesimo gesto dei due uomini che lo avevano
preceduto.
“Sir Leon!” sbottò il mago, massaggiandosi, indignato.
“Anche voi?!”
“Io ti ho sempre trattato bene Merlin, non troverei giusto che tu mi avvelenassi…” gli spiegò, complice
degli altri cavalieri.
Fu a quel punto che il servo ruotò il busto sulla sella, verificando
la posizione di Percival, che era poco dietro di lui.
“No! Voi no! Non
ci provate neppure!” esclamò, incassando il collo nelle spalle per sicurezza.
“Potreste staccarmi la testa di netto, con la vostra forza!” strillò,
fingendosi esageratamente preoccupato.
Gli altri risero di lui, e Percival
si limitò a sbuffare, con condiscendenza.
“Se mi metterai le bacche nel piatto,
potrei colpirti quando meno te lo aspetti. Stai in
guardia!” lo ammonì, gonfiando i muscoli per sembrare ancor più intimorente di
quanto già non fosse.
L’avvertimento fece scoppiare una seconda ondata di risa,
mentre lo scudiero rinunciava a futuri propositi di ritorsione culinaria.
***
“Solo quando la via
che ti si porrà davanti sembrerà impossibile, allora vorrà dire che è quella
giusta.”
Le parole del capo dei Druidi echeggiavano dentro di lui, fintanto che Merlin osservava, desolato, il
crepaccio di venti iarde che divideva il terreno fra loro e la presunta meta.
Vi era una alta e stretta valle con un fiume, che
serpeggiava una ventina di aste più in basso.
Assieme ai suoi compagni, anch’egli si sporse per guardare
giù e nel farlo urtò una piccola pietra che cadde nel vuoto. Fu solo dopo un tempo terribilmente infinito
che si udì il tonfo del sasso nell’acqua.
Lo sguardo che tutti si scambiarono
fu alquanto eloquente.
“Eppure le sue tracce finiscono qui.” Aveva ripetuto Leon,
per l’ennesima volta.
“Ehi, Perce!
Niente di nuovo?” chiese Elyan al
cavaliere silenzioso, che faceva ritorno da una breve perlustrazione. La
sua espressione frustrata rispose per lui.
“Non può essersi buttato nel vuoto!” sbottò Gwaine, sbattendo le mani guantate
contro le cosce per scaricare il nervosismo. “Oppure sì?”
“Nessuno riuscirebbe a sopravvivere a quel salto.” Aveva
risposto Arthur, pensieroso. “E nessuno riuscirebbe a risalire una parete così
scoscesa.” Specificò, per puntiglio.
“Eppure un modo c’è. Deve esserci.” Aveva bofonchiato Merlin,
tra sé e sé, tastando il terreno attorno a dove comparivano le ultime impronte
del fuggiasco.
“Solo quando la via che
ti si porrà davanti sembrerà impossibile, allora vorrà dire che è quella
giusta.”
“E se il ladro fosse un mago?” riprese Gwaine,
dando voce ad un dubbio lecito. “Magari ha usato
qualche stregoneria ed è volato di là!”
Mentre sussultava vedendo Arthur impallidire per l’idea del
suo sottoposto, Merlin sentì stringere le viscere. E si sentì un po’ più colpevole. E traditore.
“La magia è il male.”
Aveva risposto il re, incrociando le braccia, applicando i paterni
insegnamenti. “E comunque ritengo improbabile che un uomo riesca a volare…” concluse infine, esprimendo stavolta il proprio pensiero.
In quell’esatto istante, fintanto che il suo signore
terminava di parlare, lo stregone fu colpito da un’idea e sussurrò un incanto
di disvelamento e, come dal nulla, comparve davanti a
loro un ponte malandato, che tuttavia collegava inequivocabilmente le due
sponde.
Tutti i presenti sgranarono gli occhi contemporaneamente,
stupefatti da quell’apparizione.
Un attimo prima non
c’era, e un attimo dopo era lì, sotto al loro naso.
“Ma come diamine-!” imprecò Arthur,
sondando ora i suoi uomini impalati ora il ponte. L’unico fuori posto era…
“Merlin!” ruggì, rivolto al suo servo. “Cos’hai combinato?!”
“Io? Io niente!”
si difese il valletto, con foga, mentre ancora a carponi si risollevava seduto
sui talloni. “Ho solo sfiorato questa pietra!” spiegò, additando la
piccola sporgenza.
“E’ senza dubbio stregoneria…” considerò Sir Leon,
preoccupato.
“Non me ne importa.” S’intromise il mago, accostandosi alla passerella
con l’intento di salirvi. “Non c’è tempo da perdere!”
“No, Merlin, aspetta!” lo fermò Sua Maestà, afferrandolo per
il braccio con l’intenzione di trattenerlo.
“Che avete?” sbuffò lo scudiero, senza nascondere
l’impazienza nella voce. Avevano perso fin troppo tempo, offrendo un
involontario vantaggio a quel farabutto di Borden.
“Sei forse impazzito?!” lo sgridò
Arthur, rafforzando la stretta. “Non è altro che un ammasso di tavole malridotte
e corde marce!” considerò. “Non è sicuro!”
Merlin si liberò dalla sua presa con un piccolo strattone.
“Beh, finché non si tenta, non lo sapremo mai. Mi offro come
volontario per attraversarlo per primo.” Dichiarò. “Sono il meno pesante fra
noi.”
Il re strabuzzò gli occhi, riacciuffandolo per gli
avambracci.
“Ma ti sei ammattito?!” domandò,
scuotendolo quasi per svegliarlo da quello stato. “Merlin, che diavolo ti
prende?! Ritorna in te!” gli ordinò.
O forse lo pregò.
“Sire… non sono uscito di senno.”
Lo rassicurò, sorridendo per corroborare la sua risposta. “Voglio solo concludere al più presto questa dannata missione, così
potremo tornarcene a casa! Non è forse ciò che desiderate anche voi?”
Arthur non parve del tutto persuaso della sua replica, ma lo
lasciò andare.
“Comprendo. Tuttavia
quel ponte-” non ebbe modo di finire la frase, che già il suo servo si era
lanciato verso le assi sospese nel vuoto, arrivando dalla parte opposta, incespicando
e barcollando un paio di volte sulla passatoia ciondolante, mentre egli – con
tutti i suoi uomini – tratteneva il fiato per la paura di vederlo inghiottito
nel vuoto da un momento all’altro.
“Tu! Stupido
idiota!” ruggì il giovane Pendragon, esprimendo
nell’ira il terrore che lo aveva paralizzato, incurante del sorriso del suo
valletto personale. “Aspetta che ti raggiunga e vedrai!” minacciò.
“Sire, mi dispiace, ma non potevo fare altrimenti!” si
scusò, senza darsi pena di sembrare realmente contrito. Poi ripuntò
l’attenzione sulle vere priorità. “Per prudenza, è preferibile oltrepassarlo
uno alla volta!” si raccomandò. “Sembra reggere bene
il peso di una persona sola! Non fate caso agli scricchiolii!”
Purtroppo per lui,
Merlin non poteva sapere che Julius aveva manomesso le corde del ponte, per
eliminare possibili inseguitori e che lui, al primo passaggio, aveva
involontariamente indebolito la struttura.
“D’accordo, ci vado io.” Si risolvette Arthur, per dare il
buon esempio. Quindi si tolse parte dell’armatura per essere più leggero e si sistemò il mantello e la spada al fianco. “Lasciate i
cavalli al pascolo e poi seguitemi.”
I suoi sottoposti eseguirono all’istante quanto suggerito, prendendo
dalle rispettive cavalcature ciò che sarebbe potuto
servire loro e togliendo le selle e le briglie dalle bestie.
Successivamente, col fiato sospeso,
assistettero all’avanzata del monarca verso il centro del burrone, mentre
Merlin, dall’altro lato, faceva altrettanto.
Mancava meno di una iarda per toccare il suolo al di là,
quando il nobile udì un rumore improvviso, sordo, come di uno strappo, una lacerazione e – con un piccolo
ansito di sorpresa – si sentì mancare il sostegno sotto ai
piedi.
Fu per istinto che egli riuscì ad afferrare una delle corde,
mentre andava a sbattere di peso contro la parete rocciosa dello strapiombo e
soffocava un grido di dolore, rimanendo a penzoloni
nel vuoto, intanto che le assi di legno cadevano inermi verso la loro distruzione.
“Maestà!” urlarono in coro tutti, spaventati dalla
situazione di estremo pericolo, e Merlin si chinò verso di lui.
“Arthur, reggetevi!” gli comandò, cercando di issare la fune
a cui era aggrappato, ma il suo peso robusto rendeva
difficile l’operazione.
Il re guadagnò un pollice alla volta, strisciando verso
l’altro, arrancando coi piedi contro le rocce
appuntite, incurante delle abrasioni, ma scivolando a causa della parete
sdrucciolevole.
Appena sopra di sé, sentiva il suo servo ansimare per l’immane
fatica e tuttavia non lo vide cedere, fino a quando, con un ultimo sforzo, egli
non raggiunse l’orlo del burrone.
“Arthur, afferrate la mia mano!” lo supplicò Merlin, con un
tono quasi disperato e il viso contratto in una smorfia di tensione.
Il nobile gli si affidò, aggrappandosi a quelle dita così
esili e così forti, nel momento esatto in cui la funicella a
cui era attaccato si strappò, sotto al suo peso, cadendo anch’essa nel
vuoto.
Sostenuti dagli incitamenti dei cavalieri, servo e padrone raggranellarono
l’ultima oncia di energia e, finalmente, si ritrovarono entrambi in salvo,
appena oltre il ciglio del baratro.
Adesso che la sua vita non era più in pericolo, Arthur si
prese il tempo di rimanere lì, sdraiato riverso sulla terra umida, a respirare
a pieni polmoni, mentre il cuore impazzito minacciava di scoppiare.
Sentiva Merlin accanto a sé fare altrettanto, il calore del
suo corpo vicino al proprio.
“Grazie.” Ansimò, cercando un contatto con la mano che era
fra loro.
“Dovere.” Rispose
il servo, stringendogliela come vera risposta.
Fu solo qualche istante dopo che il nobile si accorse di quanto era ruvida e scorticata a causa del salvataggio.
Del resto, egli non
versava in condizioni migliori.
“Maestà! Va tutto bene?!” si sentì urlare, poiché gli uomini oltre il dirupo
cercavano rassicurazione.
Arthur allora si rialzò a sedere, e successivamente
si mise in piedi, mugugnando un po’ per il dolore e Merlin prontamente gli fu
accanto.
“Siete ferito?” si preoccupò il servo, scrutando i tagli
sulla sua tempia e sulla guancia, la tunica e le braghe strappate in più punti
dagli spuntoni di roccia.
“E’ una sciocchezza, ho sbattuto contro la parete.” Garantì,
gonfiando il petto e raddrizzando le spalle, benché avesse una fitta costante
alla scapola destra. E forse una costola incrinata.
Gli faceva male respirare.
Gli faceva male un po’ dappertutto, ad
essere sincero. Ma questo non poteva dirlo.
“Siete sicuro?” insistette lo scudiero, nient’affatto
persuaso dalla sua bugia.
Ma perché diamine quell’idiota lo conosceva
così bene?
“Sì, Merlin.”
Ripeté, strascicando il nome per indispettirlo e distoglierlo dalla sua apprensione.
E, senza attendere oltre, si rivolse ai suoi sottoposti in attesa: “Stiamo
bene!”
Anche da lì, poteva chiaramente scorgere il loro sollievo.
“Vostra Altezza, cosa possiamo fare?!”
chiese Sir Leon, riferendosi ora al passaggio distrutto.
“Maestà, noi dobbiamo proseguire… trovare l’uovo di drago…
il ladro ha già troppo vantaggio…” gli rammentò lo stregone, intromettendosi
fra loro.
Alla fine, scegliere il da farsi fu tutt’altro che
complicato.
“Perlustrate la zona, andate verso valle per vedere se la spaccatura
si restringe, forse sarà più semplice ricongiungersi. Se così
non fosse, ritornate indietro e provate a legare tra loro saldamente le funi,
ricostruiremo un transito di corde!” ordinò, sapendo che gli altri gli
avrebbero obbedito ciecamente. “Nel frattempo, io e Merlin proseguiremo
nella missione!”
Appena ottenuto un: “Ai vostri ordini, Maestà!” il re e il
mago ripresero il cammino.
Continua...
Disclaimer: I
personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di
essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Ringraziamenti:
Un abbraccio a Tao, che sopporta i
miei scleri. X3
E a Giuls, che mi coccola col suo entusiasmo!
Note: Pur
preferendo abitualmente i nomi originali, ho scelto di utilizzare Triscele anziché la versione grecizzata Triskelion,
usata nell’episodio in inglese. Ho adoperato un paio di frasi della puntata,
avvalendomi delle traduzioni, ma modificandole un po’ a mio piacere.
Colore del titolo ‘dovrebbe’ richiamare le gradazioni
dell’uovo, purtroppo non è possibile farlo in modo realistico. U_U
Le bacche di sambuco a cui Merlin
accenna non sono mortali, bensì un potente purgante. X°D
Ho usato il termine ‘asta’ per tradurre ‘rod’,
l’unità di misura inglese. 1 rod corrisponde a circa 5 metri.
Lo dico ora per sempre. Per me Aithusa
è una femmina. E’ una convinzione che ho dal primo momento in cui l’ho vista.
*_*
Da spoiler confermati della 5^ stagione, (evidenziate per leggere) sembra che la cosa sia confermata: è una dragonessa!
^^
Avviso di servizio: Linette arriverà tra qualche
giorno; scusate il ritardo, ma se mi concentro solo su di lei, non riesco mai a
postare nient’altro delle mille fic che ho in bozza. Ç_ç
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice
milioni di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio
crede)
Come sempre, sono graditi commenti,
consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz