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Ringrazio Fiorels per
il fantastico banner, i ragazzi delle immagini
sono proprio 'i miei bambini'.
"I'll never be the same,
if we ever meet again"
Il fastidioso rumore
di una lampada al neon. Non ci era ancora
abituata nonostante lo sentisse da sei mesi a quella
parte, tutti i dannati venerdì pomeriggio mentre attendeva. Eppure ogni cosa in
quello squallido ospedale per lei, era nuova. Non
si capacitava ancora di tutto il tempo passato tra quelle mura bianche
scolorite, profumate di disinfettante medico e infestate da anime
vaganti. Quello non era il suo
mondo. E non lo sarebbe mai
diventato. Purtroppo
però, anche se non sarebbe stato il suo mondo,
sarebbe stata la sua seconda casa…non poteva fare
altrimenti. Le crisi erano diventate più frequenti e per
ogni sciocchezza dovevano correre in clinica e fare esami su esami. Patetico. Come se avesse davvero
qualche speranza di sopravvivere. Come se potesse
davvero azzardarsi a ritornare quella che era. Come se potesse
davvero illudersi che fosse solo un sogno. Ma non poteva, non
più. Forse prima avrebbe
potuto. Ma non ora. Non ora che tutto
stava andando a rotoli, un declino lento e
impossibile da evitare. Avrebbe voluto con tutta se stessa saper
chiudere gli occhi e immaginare l’ultimo periodo della sua
vita in modo diverso.
Eppure non ci riusciva. Era così
deprimente. Neanche immaginandolo
e lavorando con la fantasia era
possibile…neanche nella sua mente c’erano desideri
abbastanza forti da creare un’immagine di lei sana. La sua vita le faceva
schifo. Ma non era sempre
stato così: prima aveva ottimi voti a
scuola, amiche pronte a sostenerla in tutto anche se non aveva mai
provato l’amore vero… era felice. Ovvio…prima. Prima che scoprisse di
essere malata, prima che mandasse tutto a
puttane, prima che si rinchiudesse nel suo mondo e si lasciasse
deperire. Era davvero ridotta
male. Se qualche mese prima
le avessero detto che avrebbe fatto pensieri
così depressivi, li avrebbe squadrati da capo a piedi e
ridendo avrebbe offerto loro un bel gelato magari, invece ora sorrideva
amara. Una mano posata
gentilmente sulla sua spalla la riscosse e la convinse
ad alzarsi senza neanche guardare in faccia il suo interlocutore. -Stanza numero 36 al
secondo piano, repart... -Lo so- proruppe
brusca. Lo sapeva dannazione, lo sapeva! Ogni singola
volta glielo ripetevano; avrebbe voluto urlare che ormai conosceva
l’ospedale come se fosse casa sua, ma poi si tratteneva, non
le sarebbe servito a niente. Aggirò
l’infermiera e si incamminò con
passo pesante verso la sua meta, stando attenta a non sforzarsi troppo;
l’avrebbero portata sulla sedia a rotelle ma si era rifiutata
categoricamente, non era una malata terminale, a differenza di quello
che pensavano tutti. Seguì le regole: non affaticarsi e
respirare piano, niente scale e solo ed esclusivamente ascensore. Arrivò
dinanzi alla stanza 36 ed entrò senza
pensarci due volte, spalancando annoiata la porta. Si diresse al suo
solito armadio e ci buttò dentro la borsa con il cambio per
quei cinque fottutissimi giorni. Poi si gettò a peso morto
su uno dei tre letti e chiuse gli occhi, fece ripartire la musica
dell’ ipod che aveva precedentemente stoppato e si
estraniò da tutti, come sempre.
**
-Cara...cara
sveglia...- qualcuno le scosse timidamente le spalle e lei
si stiracchiò girandosi e si attorcigliò con i
fili dell' ipod spento. Si
stropicciò gli occhi e li aprì piano per
abituarsi alla luce artificiale. Mugugnò e
guardò male l'infermiera assottigliando
gli occhi. Perché diavolo l'aveva svegliata? Stava dormendo
così bene... solo nell'incoscienza riusciva ad essere
serena, perché dovevano privarla anche di quelle poche ore? Ecco, un semplice
gesto le aveva rovinato il resto della giornata,
doveva iniziare a dare una regolata ai suoi fastidiosi sbalzi d'umore. -Si?- chiese con voce
annoiata, rivolgendosi alla vecchia signora dal
viso gentile. -Il dottore Ruggeri ti
vorrebbe vedere- spiegò appoggiandosi
ad una sedia a rotelle che aveva notato solo ora, troppo addormentata. Una visita il giorno
stesso che era arrivata? Oh bene. Si alzò dal
letto controvoglia e si diresse verso il bagno: -Aspettami qui- secca
e lapidaria come aveva imparato ad essere. Si
rinfrescò velocemente e si lavò il viso,
togliendosi tutta la cipria che aveva applicato la mattina per celare
le pesanti occhiaie. Afferrò la
spazzola dal beauty e se la passò
velocemente per dare volume a quella massa bionda informe. Era
presentabile ora. Più o meno. Senza aspettare che
l'infermiera dicesse niente aprì la
porta e sbucò nell'ampio corridoio. La signora si
sbrigò a inseguirla, non aiutata affatto dall'ingombrante
sedia dalle ruote cigolanti. -Dovresti... -No. Evitò gli
inservienti che camminavano veloci: -Ma il dottore... -Ho detto di no, non
mi serve. -Mi è stato
ordinato di... -Capisci l'italiano?
No? Te lo ridico con calma allora: non me ne frega
un cazzo di quello che ti ha detto il dottore, mio corpo, mia
decisione- sputò acida e si girò, andando a
sbattere contro qualcosa; rialzò lo sguardo e
incontrò quello marrone di un ragazzo immobile davanti a lei
che la stava fissando. -Che hai tu da
guardare?- lo spostò malamente- vado da sola-
e continuò a camminare velocemente per seminarla. Certo, velocemente per
quanto le fosse concesso. Si fermò in
sala d'attesa e bevve un bicchiere d'acqua preso
dal distributore per riprendere fiato, faceva schifo e non sapeva di
niente. Che
palle.
**
L'infermiera si
fermò e sospirò pesantemente
guardandola allontanarsi e si rivolse al ragazzo davanti a lei: -Che ci fai qui tu?-
lo apostrofò. -Mi annoiavo-
alzò le spalle- piuttosto...chi era quella? -Ah...si scusala
è un carattere difficile da quanto mi hanno
detto- disse pettegola. -Voglio sapere il suo
nome- ribatté. -Perché non
glielo chiedi tu?- un lampo di malizia
passò negli occhi stanchi. Lui sospirò: -Margherita ti ho solo
chiesto il nome di quella ragazza!- iniziava ad
innervosirsi davvero. -E' bella eh?!-
ridacchiò. -Senti, fa niente-
assottigliò gli occhi stanco di quel
giochetto. -Lavinia Rocci,
starà qui cinque giorni per degli esami- si
affrettò a riferire l'infermiera. Lavinia
Rocci... -Bene, ciao- secco e
lapidario. -Ma come?! Non vuoi
sapere nient'altro?- disse delusa la signora. -Mh... no-
perché mai avrebbe dovuto interessarsi ad una
ragazza che aveva visto per pochi secondi? Aveva già
abbastanza problemi di suo. Le aveva solo chiesto il nome, non aveva
detto di volerla sposare. Scosse la testa con
forza, come per scacciare un'idea malsana e riprese
a camminare seguendo la sua strada. Addio
sconosciuta.
********************************************************************** Inizio
con il dire che sono EMOZIONATISSIMA, visto che è la
mia prima originale. Non avrei mai pensato di poterne
scrivere una, ma semplicemente guardando un'immagine questi due ragazzi
si sono fatti spazio nel mio cuore e non se ne sono più
andati. Questa specie di prologo può risultare un
po' depressivo,
diciamo ma vi assicuro che la storia non sarà
così. Mi scuso per la brevità ma i prossimi
saranno decisamente più lunghi ;) Vi
ringrazio per aver letto, per essere arrivati fin qui e se vorrete
posterò il primo capitolo esattamente la settimana
prossima. Ci
tengo a dire che dedico
questo primo capitolo a quella stronza della mia migliore amica che mi
ha assillato affinchè lo postassi oggi. Ringrazio
inoltre quella trota di Tati
Yeah che ha
letto ogni cosa in anteprima e mi ha spennato
viva. Okay
mi ritiro e aspetto qualche vostro parere, sia positivo che
critico ovviamente. So
che la canzone non ci dice molto, ma il titolo è perfetto
'Non
sarò
più lo stesso se ci rincontreremo ancora'. Se
avete consigli sono sempre ben accetti e se volete contattarmi
potete trovarmi qui: Il
contatto su facebook:Athena Efp Il
gruppo su facebook:My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O
semplicemente per spettegolare un pochino ;)