Ma Soeur
- Ma Soeur
... -.
Quelle parole quasi brillano, nella fresca oscurità della
cella, annientano il silenzio, crepitando come scintille di fuoco e
bruciandolo come la stoffa ruvida delle loro vesti. Germaine
può percepire la risata cristallina che le segue ancora
prima di sentirla.
Se sulla labbra di qualsiasi altra suora quelle poche sillabe
suonerebbero neutre e incolori – forse là fuori,
sulla terraferma, qualcuno perfino ci crede – su quelle rosse
come il sangue di Clémente sono un insulto, una beffa, un
riso sguaiato trattenuto e trasformato in qualcosa di più
elegante. Uno scherzo crudele rivolto a lei, alla Reverenda Madre, al
mondo intero – come il soggolo abbandonato nei campi
lasciando i lunghi capelli dorati ad intrappolare la luce calda del
sole ed oscurarla, come lo sguardo impertinente negli occhi color del
mare e i sacrilegi sussurrati durante le preghiere.
Germaine non sa a chi sia veramente rivolta la noncurante
crudeltà di Clémente. A volte, con
l’egoismo di un vecchio avaro e
l’ingenuità di una bambina, pensa che sia solo per
lei. Ma nel profondo dell’animo – là
dove le quindici coltellate sono penetrate oltre la carne e
l’osso e l’hanno infettata per sempre –
sa che niente, in quella donna, è suo: ha visto il modo in
cui guarda Auguste, la curiosità e la fame nel suo sguardo
quando la osserva lavorare nelle paludi salmastre con la pelle scurita
dall’estate e i capelli come selvagge lingue di fiamma uscite
da un passo delle Scritture sullo Spirito Santo.
Forse quell’astio innocuo e infantile, da ragazzina annoiata,
è rivolto anche verso quella donna che – lo sanno
tutte tranne forse la stessa Clémente – non
sarà mai la sua amante. Forse è dedicato al
convento e a loro, piccoli animali selvatici costretti dalla paura
nella loro tana. Forse al Dio che dovrebbero amare, che dovrebbe amarle.
Forse, invece, anche lei si è ritrovata con una lama
conficcata nella carne, anche se la sua pelle è perfetta e
Germaine lo sa meglio di chiunque altro: forse anche lei è
arrivata ad odiare tutto, alla fine.
- Ma Soeur
... – miagola di nuovo Clémente nel buio, la voce
ancora impastata di sonno ma calcolatamente beffarda, sensuale.
Torbida, come quei pensieri di cui non l’ha mai fatta
partecipe ma che l’altra ha sempre intuito, come le acque
troppo blu e troppo profonde dei suoi occhi.
Germaine le sfiora il viso con una mano fredda, delicata come un
sospiro sulla pelle della sua amante. Le sue dita seguono lente e
inesorabili le forme che l’oscurità le nasconde.
Ma Soeur.
Di chi potrebbe essere sorella, Clémente? Del Demonio in
persona, se mai esistesse: eccola, l’ipotesi più
probabile. Ma secondo molti uomini – e il luccicare argenteo
della lama e il puzzo di vino del suo
fiato invadono la sua mente, a questo pensiero – anche lei lo
sarebbe.
La sua compagna non fa nulla per aiutarla a scacciare quei pensieri
amari, non l’ha mai fatto. Ma Germaine può quasi
illudersi che stia facendo un tentativo mentre risponde al suo tocco
sfiorando appena con i polpastrelli le quindici cicatrici che deturpano
il suo volto, può quasi crederla capace di provare emozioni
più complesse della lussuria e della noia mentre sussurra
dolci oscenità al suo orecchio.
Può quasi – quasi
– essere certa di amarla, mentre osserva il riflesso dei suoi
occhi incolori in quelli blu di Clémente animarsi di una
luce ormai sconosciuta, accesa solo una volta da una ragazzina ormai
perduta in una notte di sesso e di sangue.
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