Atterrerò sulle tue spine
Fera
nascose il volto tra le mani, arrendendosi
all’evidenza: non si sarebbe tolta la nomina di
“biografa ufficiale di Percy
Weasley” tanto facilmente. Certo non se l’intero
popolo di EFP continuava a
parlare di quanto lo conoscesse a fondo, di quanto amasse scrivere di
lui, di
quanto… tutto.
Sapeva
ogni cosa sul suo conto? Naturale, era stata lei
stessa a tracciare la sua vita su un foglio – o
su un documento di Word. Per cui, razionalmente, avrebbe
dovuto
essere considerata una sorta di Molly Weasley o J. K. Rowling: in tal
caso,
avrebbe anche accettato un legame con lui; tuttavia, c’era
ancora chi, irritantemente, si
ostinava a vederla
sposata al più vile dei Weasley. Percy aveva Audrey,
maledizione! C’era già una
donna disposta a prendersi una rogna del genere!
Scosse
la testa e si diede della scema: era solo stanca, lo
studio non la lasciava in pace e aveva sempre mille idee per la testa;
in altri
momenti non se la sarebbe presa così tanto.
Si
alzò per prendere un bicchiere d’acqua prima di
riprendere a scrivere, ma inciampò su un libro caduto a
terra.
Harry Potter: che
ironia.
Quando
riaprì gli occhi, una luce ben diversa da quella
fioca che proveniva dallo schermo del computer – se fosse stata più intensa,
probabilmente Fera non sarebbe inciampata a
terra con la leggiadria di Bella Swan – la
investì in pieno volto, tanto da
farle pensare di essere finita dritta in Paradiso.
O all’Inferno. In
Paradiso lui non ci sarebbe stato.
Qualcosa
si era appena frapposta tra Fera e il sole estivo:
la testolina di un bambino che non dimostrava più di sette
anni. Era secco,
pallido e con la fronte più aggrottata che lei avesse mai
visto; fu anche
quell’espressione, insieme ai capelli rossi e i vestiti noiosi – per quanto fosse
possibile per dei vestiti essere noiosi
–, a spingere Fera a riconoscere quel bambino. E a scappare
via, se solo avesse
potuto.
-
Da dove vieni? – chiese il
marmocchio.
-
Ehi, almeno uno “Stai bene?” sarebbe…
Fera
si bloccò ascoltando la propria voce: era acuta,
sembrava quella di una bambina.
Anche questa ora.
Si
guardò le piccole mani, si toccò i capelli
magicamente –
era proprio il caso di dirlo – più lunghi e
sospirò; non si chiese nemmeno
perché parlasse la stessa lingua del bambino, si
limitò a darsi un pizzicotto sul
braccio nella speranza di risvegliarsi nella propria stanza, ma non
accadde
niente.
-
Sei strana.
-
Senti un po’, tu, - esclamò Fera, rimettendosi in
piedi
sul prato, - non osare dare della strana a me solo perché mi
hai trovata
svenuta in un… Dove siamo?
-
Ottery St. Catchpole, - rispose prontamente il bambino. –
Presumo che tu voglia sapere il mio nome.
-
Andiamo, hai sette anni: non puoi usare parole come
“presumo”!
-
Sette anni e cinque giorni, - precisò.
Quindi oggi è il 27
agosto 1983…
Fera
scosse la testa, facendo ondeggiare non proprio
elegantemente i capelli castani: non poteva ricordare esattamente la
data di
nascita di quel… marmocchio!
-
Il mio nome è Percy Ignatius Weasley, - si
presentò il
bambino, tenendole la pallida manina. – Abito qua vicino.
-
Suppongo di doverti fare gli auguri per il compleanno in
ritardo, - disse Fera, togliendosi l’erba dalla gonna e
afferrando la sua mano
per non urtare troppo la sua sensibilità. Era un bambino,
dopotutto; la
peggiore specie di bambino, saccente e pedante –
già lo sapeva –, ma pur sempre
un maghetto di sette anni.
Percy
aggrottò ancora di più la fronte, sollevando il
mento
per potere continuare a guardare la bambina sconosciuta
dall’alto. – Ti sei
Smaterializzata con qualcuno?
-
Vorrei proprio capirlo. Ragazzino…
-
Hai la mia età,
- precisò Percy, gonfiando il petto, - se non un anno di
meno: non dovresti
chiamarmi “ragazzino”.
-
Ehi, ragazzino, io faccio quello che voglio, - replicò
Fera portandosi le mani ai fianchi e sentendosi un incrocio tra la
madre del
bambino e un personaggio dei fumetti.
Percy
non ebbe il tempo di ribattere, perché i contorni
della sua figura e del paesaggio circostante cominciarono a svanire,
lasciando
il posto a una locomotiva fumante e agli strepitii di ragazzi in
partenza per
Hogwarts.
Beh, almeno farò questa
esperienza!
La
gonna pastello aveva lasciato il posto ad un paio di
jeans decisamente più comodi; Fera si ritrovò a
stringere un carrello con un
baule e diversi libri, ma dei suoi genitori nessuna traccia: dovevano
averla
appena salutata. Senza indagare oltre – era
tutto strano, perché soffermarsi su ogni particolare?
– salì sull’Espresso
per Hogwarts e si mise alla ricerca di uno scompartimento libero.
Ringraziò
Merlino di essere sola, anche se si aspettava l’irruzione
della persona che
meno avrebbe voluto vedere.
Poco
dopo la partenza, infatti, la porta dello
scompartimento si aprì, rivelando un ragazzino allampanato
con gli occhi
nascosti da un paio di spesse lenti; trasportava il proprio baule e
aveva tutta
l’aria di avere trovato l’unico posto libero in
tutto il treno.
-
Salve, io mio chiamo Percy Ignatius Weasley. Posso
sedermi?
Evidentemente
non doveva ricordarsi del loro incontro di
qualche anno prima; Fera decise di non aiutare la sua memoria,
perché –
conoscendolo come lo conosceva lei – avrebbe sicuramente
cominciato a chiederle
come mai fosse caduta dal cielo, quando nemmeno la ragazza lo aveva
capito.
-
Fera, - si presentò.
-
E?
-
Basta. Fera e basta.
Non ti aspetterai
certo che ti dica il mio nome?!
Percy
sollevò un sopracciglio, ma non aggiunse altro;
notò
solo la copia del libro di Trasfigurazione che Fera stava leggendo.
-
Anche tu sei del primo anno?
-
Sì, Corvonero.
-
Come fai a sapere che andrai a Corvonero?
-
Perché voglio andarci.
Il
ragazzino non sembrava molto convinto. – E dove credi che
capiterò?
Fera
si strinse nelle spalle. – Non sono mica una veggente.
-
Sei curiosa, però.
-
Grazie. Lo dici a tutte le persone che incontri?
Fu
il turno di Percy di alzare le spalle; prese il proprio
libro e cominciò a leggere dalle pagine centrali: non doveva
avere fatto altro
tutta l’estate che spulciarsi i nuovi volumi. Fera, su quel
fronte, era
d’accordo con lui, ma forse era il suo essere una Nata
Babbana – era una Nata
Babbana? – a spingerla a conoscere il più
possibile sulla magia.
Si
stupì, tuttavia, quando passò la signora del
carrello
chiedendo se volessero qualcosa, ma entrambi i ragazzi erano talmente
presi
dalla lettura da fare cenno di no con la testa senza togliere gli occhi
dal
libro; in quel momento Fera, gettando un rapido sguardo oltre le
pagine, si
accorse di essere nella stessa posizione di Percy – un libro
in mano, la testa
china e le gambe poggiate sul sedile davanti.
Inquietante.
Dopo
qualche minuto Percy chiuse il libro, che ormai aveva
finito di leggere, e cominciò a fissare la sua compagna di
viaggio.
-
Che c’è? – gli chiese Fera, infastidita.
-
Da dove vieni?
-
Per la barba di Merlino, perché non mi lasci leggere e non
vai dai tuoi fratelli?
Domanda sbagliata.
-
Come fai a sapere che ho dei fratelli? – si
insospettì
Percy, corrucciando la fronte proprio come quando aveva sette anni:
probabilmente era nato con quell’espressione.
-
Ti… ti ho visto parlare con loro al binario, -
tentò di
giustificarsi Fera.
Percy
sembrò ancora più sorpreso. – Mi avevi
visto?
-
Beh, eravate identici, non potevo non notarvi!
-
In realtà Bill ha qualche centimetro più di me,
mentre
Charlie…
Fera
non sapeva da dove fosse scaturita quella parlantina,
ma mise il libro da parte e incrociò le braccia al petto per
ascoltarlo;
dopotutto, era interessante scoprire particolari su una famiglia che
credeva di
conoscere alla perfezione. Scoprì che i gemelli erano ancora
più pestiferi di
come fossero stati descritti nei libri, che Ginny era perfino peggio di
loro,
che Ron non faceva che piangere in continuazione, che Charlie aveva
dovuto
allenarsi per un’intera estate prima di riuscire ad
acchiappare una Pluffa, che
Bill amava essere ammirato dalle studentesse più
giovani…
Percy
non aveva ancora finito di raccontare quando il profilo
di Hogwarts si stagliò all’orizzonte. Prima che
Fera potesse entusiasmarsi,
però, le venne un improvviso colpo di sonno… E
non era più sul treno.
Qualcuno
la urtò correndo, facendole cadere i libri.
Maledizione!
Fondamentalmente,
il problema di Fera non era il ritardo a
lezione – dove altro sarebbe potuta andare con i libri?
– né la rabbia verso quello
sconosciuto studente sprovvisto di
cervello, ma era rendersi conto che non si stava trattando di
un sogno: se
così fosse stato, ormai avrebbe dovuto essersi risvegliata,
dal momento che il
viaggio in treno era durato un’intera giornata; tuttavia si
trovava a Hogwarts,
indossava la divisa di Corvonero e non aveva nessuna idea di come
tornare a
casa. Amava trovarsi in quel mondo, ma avrebbe preferito ricevere
qualche
chiarimento.
Come
mai era lì?
In
che modo avrebbe potuto tornare, se e quando
lo avesse desiderato?
E
soprattutto perché
continuava a incontrare Percy Weasley in ogni situazione?
-
Serve aiuto?
-
Ah, meno male, hai imparato.
-
Scusa?
Fera
detestava il modo in cui Percy aggrottava la fronte: le
davano fastidio quelle rughe, quello sguardo tipico di chi la credeva
una
pazza, le labbra arricciate. Lo odiava.
Anche
mentre la aiutava a raccogliere i libri.
-
Grazie, - bofonchiò, - ma non vedo perché
dovresti perdere
tempo con me.
-
Sei la mia migliore amica, no?
-
Oh, cielo! – esclamò Fera, lasciando che i libri
si
sparpagliassero di nuovo a terra.
-
Ma si può sapere cos’hai oggi? – le
chiese Percy, confuso.
– Non è da te essere in ritardo per le lezioni.
-
E per te non lo è gironzolare per la scuola, -
ribatté
lei, puntandogli un dito sul petto.
Per
tutta risposta, Percy mise in mostra il distintivo da
Prefetto. – Ho due ore libere, per cui devo pattugliare i
corridoi. Ci vediamo
alle quattro in biblioteca, come sempre?
-
Come sempre?
Fera
non riusciva a credere che, in quella dimensione, fosse
davvero amica di Percy. Che studiassero insieme. Che forse si facessero
perfino
i regali di Natale. Avrebbe voluto dirgli di scordarsi il loro
“appuntamento”
di quel giorno, perché lei aveva di meglio da fare, ma
ancora una volta non
ebbe il tempo di parlare.
Si
aspettava di vedere ancora le mura di Hogwarts o almeno
di un edificio riconoscibile – la Tana, il Ministero della
Magia –, ma si
accorse di essere immersa nel verde. E nel rosa. E nel bianco.
In
ogni caso, in niente di buono.
C’erano
sedie e tavoli decorati da fiori e tovaglie di pizzo
rosa, fontane di Burrobirra, ragazzi e adulti vestiti elegantemente; e
felicità, tanta felicità.
Non un matrimonio, per
Priscilla!
Si
specchiò in un lucido vassoio d’argento e
scoprì di avere
i capelli legati in un’apparentemente inestricabile
pettinatura, mentre il
corpo – da diciottenne? Non le sembrava molto cambiato
rispetto alla scena
precedente – era nascosto da un lungo abito azzurro.
Si
guardò intorno, ben sapendo che, prima o poi, avrebbe
avvistato “ il suo migliore amico”. Ancora non
riusciva a crederci, le sembrava
perfino più strano del mondo in cui era finita.
Lo
cercò e lo cercò, per non farsi prendere alla
sprovvista,
e infine lo trovò appoggiato a un albero, il vestito da
cerimonia senza una
piega in contrasto con l’espressione cupa; Percy si tolse gli
occhiali, li pulì
con un fazzoletto di stoffa e poi se li rimise, sospirando.
Per
Fera fu perfettamente normale rivolgergli la parola: era
la sua migliore amica, dopotutto, no?
-
Ciao.
-
Oh, - esclamò Percy, accorgendosi solo in quel momento
della sua presenza. – Ciao.
-
Cosa fai qui?
-
Niente. Io… pensavo.
Arrossì
leggermente, come se fosse lei l’argomento delle sue
riflessioni; tossicchiò, coprendosi la bocca con il pugno
chiuso, e cercò di
evitare il suo sguardo.
-
Immagino che Paul e Catherine siano lieti di come sta
andando la cerimonia.
Così
era quello il nome degli sposi: faceva un po’ effetto
essere al matrimonio di due sconosciuti che probabilmente erano in
realtà loro
compagni di scuola, campioni di Quidditch o amici di infanzia.
Fera
non riuscì a trattenere una risata. –
“Lieti”?
Percy
sbuffò, accennando un sorriso. – Lo so, non ami il
mio
modo di esprimermi. Non lo hai mai fatto.
“Non
lo hai mai fatto”: fu strano per Fera, sembrava che si
conoscessero da anni. E in quell’universo, in effetti, era
così.
Si
sentiva a disagio, per cui gli propose di tornare tra gli
invitati; lui accettò controvoglia, ma, non appena il gruppo
ingaggiato per la
cerimonia cominciò a suonare una canzone decisamente
melensa, guardò Fera e i
suoi occhi si illuminarono.
-
Vuoi ballare?
Si
sarebbe aspettata di tutto, tranne una richiesta del
genere; sbatté le palpebre, confusa, però
l’idea di vedere Percy su una pista
da ballo la incuriosiva troppo per rifiutare.
-
Va bene, - acconsentì. – Fammi vedere che sai fare.
Finalmente
Percy sorrise e per un momento – un
istante, mezzo secondo, neanche il tempo
di accorgersene – Fera fu contenta di vederlo
felice. Afferrò la sua mano e
mise l’altra sulla sua spalla, preparandosi: come aveva
immaginato, Percy era
un pessimo ballerino.
-
E’ la mia canzone preferita, - esclamò.
– “Mi hai stregato
il cuor”.
-
Non ci credo: questa è Celestina Warbeck? E a te piace?
-
Ma non dirlo a Fred e George, mi prenderebbero in giro
fino alla morte!
Percy
era simpatico.
Forse non proprio simpatico, semplicemente… tollerabile. Le
pestava i piedi in
continuazione e non era certo il ragazzo più bello della
festa – a malapena il
meno brutto –, però non era poi così
male ballare con lui; Fera si ritrovò a
ridere più di quanto avesse mai pensato di fare con lui, ma
Percy cercava di
mantenere un contegno, tenendo il mento ben sollevato, le spalle dritte
e la
bocca serrata, nonostante si concedesse qualche fugace, timoroso
sorriso.
Non
era poi tanto male, Fera poteva sopportare di averlo
come migliore amico.
Ma
cosa facevano i migliori amici? No, cosa faceva Percy
da migliore amico?
La
aiutava nei compiti?
La
invitava alla Tana per le vacanze estive?
Le
inviava Hermes in continuazione?
Di
certo non si chinava verso le sue labbra per baciarla: un
migliore amico non lo avrebbe mai fatto. Ma forse Percy versione
“migliore
amico” sì, perché era esattamente
ciò che stava succedendo.
Non
capì perché rimase immobile invece di dargli uno
schiaffo su quell’odiosa faccia lentigginosa –
dopotutto non aveva ancora
capito niente da quando aveva lasciato la propria stanza – e
nemmeno per quale
motivo rispose al bacio. Era curiosa si sentire il sapore delle sue
labbra? Il
sapore di un personaggio di carta?
Ma
le labbra screpolate non somigliavano granché a carta
riciclata. Nuova. Tenuta ad ammuffire in soffitta.
Sapevano
di Percy.
Il che, forse, era anche peggio.
Avvertiva
la sua mano dietro la nuca, il tocco impacciato
della dita che con un po’ di paura cercavano i suoi capelli;
il respiro
fastidioso – ma forse non troppo
–
del ragazzo le arrivava sul viso, mentre Fera apriva gli occhi,
lentamente.
Ancora
un cambio di scena e nel momento meno opportuno: maledizione,
voleva sapere in quale punto esatto il suo pugno avrebbe colpito il
volto di
Percy!
Fortunatamente,
però, non sembrava passato molto tempo.
Entrambi indossavano vestiti diversi e sul volto del ragazzo
c’era un accenno
di barba, segno forse che l’agitazione gli aveva impedito di
radersi nei giorni
successivi al bacio. Era ancora estate? Non poteva dirlo, si trovavano
all’interno di un appartamento – forse la sua casa
in quell’universo?
Percy
era nervoso, probabilmente il motivo era ciò che era
successo tra di loro al matrimonio.
-
Non so perché l’ho fatto.
Sicuramente. A
meno che non stesse per parlargli del tradimento verso la famiglia; in
tal
caso, Fera avrebbe finalmente avuto l’opportunità
di dirgli, nei minimi
dettagli, ciò che pensava di lui.
-
Quel bacio… è stato uno sbaglio, non è
vero?
Ti sei salvato, Percy
Weasley.
-
Sì.
Percy
serrò la mascella, come se avesse sperato in
un’altra
risposta.
-
Penelope aveva appena rotto con me, ero a pezzi. E tu eri
l’unica persona che mi fosse stata sempre vicina. L’unica. Per cui avevo
pensato…
-
Ti eri sbagliato, - lo interruppe Fera, avvertendo uno
strano movimento nello stomaco.
Percy
rimase in silenzio, poi alzò lo sguardo e
incontrò il
suo: sembrava ostile, come se fosse stata lei ad averlo illuso! Non che
Fera si
fosse sentita illusa o usata da lui, però. Assolutamente no.
Un bacio tra
amici, niente di importante. Mentre decine di coppie volteggiavano
attorno:
rabbrividì a quel pensiero.
-
Me ne vado, allora, - mormorò Percy con un sospiro.
–
Mandami tutto.
Per
la prima volta, fu Fera ad aggrottare la fronte: tutto
cosa?
Inutile
a dirsi, non fece in tempo a formulare la domanda
che si ritrovò al Ministero della Magia. Percy le stava
venendo incontro,
l’espressione dipinta sul volto che indicava il massimo della
gioia.
Ma
quella volta fu diverso.
A sette anni cadeva da
un albero altissimo e non si faceva male grazie alla magia.
A undici i suoi
genitori – una coppia di avvocati Babbani – la
salutavano davanti all’Espresso
per Hogwarts.
Veniva Smistata a
Corvonero, tutti erano a conoscenza del suo vero nome.
Incontrava Percy in
biblioteca dopo una settimana di scuola e gli dava una mano con il tema
di
Incantesimi – forse era stata solo una scusa per
parlarle.
Percy continuava a
chiamarla Fera, era l’unico a non usare il suo nome completo.
Andavano a Hogsmeade
insieme, si scrivevano lettere, si aiutavano a vicenda con la
preparazione agli
esami.
Paul e Catherine erano
loro grandi amici, avevano festeggiato i M.A.G.O sposandosi dopo una
relazione
lunga cinque anni.
Percy aveva confessato
a Fera di sentirsi un verme dopo la rottura con la famiglia e aveva
accettato
ogni suo rimprovero, per merito suo si trovava a Hogwarts la notte del
2
maggio.
Erano cresciuti
insieme, erano stati amici inseparabili nonostante litigassero in
continuazione; erano stati l’uno accanto all’altra,
sempre, tranne in quel
periodo dopo…
-
FERA! – urlò Percy.
-
Siamo al Ministero!
– lo sgridò lei con un sussurro.
Il
ragazzo respirò profondamente, cercando di riprendere
fiato, e la guardò raggiante.
-
Audrey ha detto di sì.
Qualcosa
le diceva che avrebbe dovuto fare salti di gioia,
essere partecipe alla felicità del suo amico; tuttavia, i
ricordi
improvvisamente riaffiorati – come
se in
quel mondo avesse avuto una vita, come se non si fosse trattato solo di
poche
scene – avevano portato a galla anche sensazioni
dolorose, spiacevoli. Si
era resa conto di quello che aveva fatto.
Il
bacio al matrimonio si era trasformato in una relazione,
erano stati insieme per quasi due anni, avevano convissuto quando Percy
aveva
deciso di allontanarsi dal resto dei Weasley; lei aveva tentato
continuamente
di fargli cambiare idea riguardo la lealtà al Ministro e
ciò aveva portato fine
alla loro storia.
- Quel bacio… è stato
uno sbaglio, non è vero?
- Sì.
E
se avesse risposto in un altro modo, conoscendo
l’intensità di quello che c’era stato
tra loro?
- Per cui avevo
pensato…
- Ti eri sbagliato.
Se
non fosse stata così crudele, se avesse saputo che non si
era trattato solo di un bacio?
Non
riusciva a capire l’ordine degli eventi, niente aveva
senso. Non lo aveva di certo il pugno nello stomaco che stava ricevendo
da
quando aveva avuto quel ricordo.
Erano
passati anni da allora, erano tornati amici e ora
un’altra donna era comparsa nella vita di Percy. Forse una
donna più adatta a
lui.
Si
sforzò di sorridere. – Sono felice per te.
Le
faceva male la testa.
-
Ahia…
Si
alzò lentamente, massaggiandosi la zona su cui aveva
sbattuto. Possibile che in tutto quel tempo nessuno l’avesse
notata distesa a
terra?
Guardò
l’orologio.
Tre quarti d’ora.
In
tre quarti d’ora lei aveva sognato una vita intera?
Sapeva che il tempo scorreva più lentamente nel sonno,
però… O era più
velocemente? Si sedette sul pavimento freddo, chiedendosi se per caso
non
avesse avuto un trauma cranico.
Beh, sicuramente,
visto che…
Arrossì
violentemente e serrò le palpebre, cercando di
scacciare quelle immagini.
Percy. Percy. Percy.
Era
stato solo un sogno, solo un sogno: quello che aveva
visto non era il vero Percy, ma una ridicola invenzione della sua mente
per
farlo apparire meno detestabile. Perfino amabile.
Notò
il libro di Harry
Potter a terra, era aperto e Fera intuiva su quali pagine. Lo
sapeva.
Sospirò.
-
Ti odio, Percy, - esclamò, rimettendosi in piedi e
afferrando il libro, - però…
____________________________________________________________________________________________________________________________________________
E
questa è per Ferao
- ma non si direbbe
xD
Ho
scritto una Fera/Percy. Wow, una Fera/Percy! E ha perso una scommessa
(si può chiamare così?), per cui posso
pubblicarla. E lei non può farla togliere.
*Med
gongola*
Bene, a parte girare con un sorriso soddisfatto per casa non ho niente
da aggiungere, per cui spero che la storia vi sia piaciuta! :D
Ah,
il titolo è una citazione di Laphroaig
dei Follow The Mad ♥
Medusa
Grammatica: 10\10
Ovviamente non avevo dubbi. Perfetta, a dir poco perfetta. Non
c’è una svista, un errore… niente.
Perfetta, punteggio pieno.
Titolo: 5\5
Ah, l’ho amato. Titolo perfetto, originalissimo, che
rispecchia perfettamente la situazione di cui parli. Conoscevo
già la tua passione per i Follow the mad, quindi non mi
stupisco.
Quello che mi ha stupita è stata la tua ottima scelta:
titolo più perfetto non potevi trovarlo.
Caratterizzazione: 5\5
Partiamo da Percy, così poi posso sentirmi libera di
sproloquiare sull’altro personaggio. Percy è
perfettamente IC, serio e noioso come piace a me. Come piace anche ad
una persona innominabile.
E sottolineo l’ultima affermazione xD
Mi piace moltissimo il progressivo cambiamento in Percy, il suo
affezzionarsi all’altro personaggio.
Parliamo dell’altro personaggio. Probabilmente la cara Fera
ci ucciderà entrambe, ma sorvoliamo.
Non c’è che dire, Fera è caratterizzata
alla perfezione. È fantastica, con la sua ossessione per
Percy.
Davvero geniale.
Originalità: 10\10
Una Perao è il massimo
dell’originalità, su questo non
c’è niente da dire. La situazione è
quasi verosimile, Fera migliore amica\amata di Percy è
fantastica.
La prima volta che l’ho letta sono rimasta stupita per
l’originalità della trovata, davvero. Ora,
rileggendola attentamente sono rimasta senza parole. Fossi in Fera non
mi lamenterei di essere shippata con Percy (non dirglielo).
Gradimento personale: 10\10
Fra me e la tua OS è stato amore a prima vista. È
bellissima, scritta divinamente. Se devo essere sincera, quando ti sei
iscritta, mi aspettavo una Draco\Pansy con Astoria bisastrata (e sai
che il mio radimento personale sarebbe sceso sotto terra xD), invece
hai deciso di sfidare Fera e permettermi di giudicare questa
meraviglia.
E l’adoro, davvero, non si può non amarla.
Perché? E’ scritta bene, è un tripudio
di originalità e tratta una relazione particolare, una
relazione scrittore\personaggio preferito.
Complimenti.
Totale: 40\40
|