SYn comet
Vi è mai capitato d’incontrare una persona in grado di cambiare la vostra vita con un solo incontro?
Di quelle persone che dopo il primo incontro ti cambiano qualcosa nel
petto e col passare del tempo, ti fanno pensare sempre “Ma come
ho fatto prima a vivere senza?”
A me sì e ho passato quasi vent’anni spalla a spalla con
questa persona e posso assicurarvi che non c’è niente di
meglio di vivere con una stella cometa con gli occhi colore del cielo.
Una persona fantastica che lasciò un buco nero nel mio petto che
non si sarebbe mai richiuso e con cui, a due anni e tre mesi di
distanza, stavo imparando a convivere.
Anche se non avrei mai capito come vivere senza di lui. Avevamo passato
troppo tempo insieme e avevo completamente dimenticato com’era la
vita senza.
Era una nuvolosa giornata di marzo e io ero a New York, quando mi
accadde un evento strano. E se sono io a dire che è strano,
credetemi. Più che strano forse, sarebbe meglio dire insolito.
Resta il fatto che mi cadde dal cielo. Un po’ come una stella, ma
più come un angelo, solo che non credo che gli angeli sappiano
fare salti di tre metri o che indossino felpe nere.
Una ragazza mi planò davanti da sopra il tendaggio
d’ingresso dell’Hotel da cui stavo uscendo e assunse una
posa quasi felina per atterrare.
Jeff, la mai guardia del corpo, mi si parò davanti e lei si
voltò a mala pena, incrociò per un secondo il mio sguardo
e poi riprese a correre, inseguita da due della polizia che mi
passarono di fianco.
I suoi occhi.
Quegli occhi avrebbero rischiando di uccidermi con un solo secondo di più.
Erano azzurri, come il ghiaccio, come il mare dei caraibi, solari e
spaventati, di chi ne aveva viste troppe nella propria vita, ma che
continuava a tirare avanti con le migliori intenzioni.
Proprio come gli occhi di Jimmy, come gli occhi di una stella cometa.
Rimasi di sasso fino a che non vidi anche la sagoma del poliziotto cicciotto che le correva dietro, sparire.
A quel punto scossi la testa e ripresi a camminare.
Nah, mi ero sbagliato.
No, col cazzo che mi ero sbagliato. Quegli occhi erano identici,
fottutamente identici, peggio della sorella di Jimbo e la cosa
m’inquietava e incuriosiva.
Non ricordavo nessun altro particolare del viso della ragazza, tranne i
suoi occhi e dei lunghi capelli neri con forse un paio di ciocche blu,
non ne ero sicuro.
Mio Dio…… New York è una città piena di sorprese.
Ma quella non fu l’unica volta che mi trovai davanti quella
piccola cometa spaventata e fuggitiva, accadde anche qualche giorno
dopo, forse tre o quattro, non ricordo.
Stavo entrando nella limousine ed ero solo perché gli altri
avevano tutti da fare con le proprie ragazze, mentre Michelle mi aveva
mollato per andare in vacanza con le sue amiche.
Una macchia nera mi strusciò di fianco e si buttò nella
limousine in cui stavo entrando, prima di me. Rimasi un tantino
interdetto, ma non dissi niente e m’infilai pure io.
Chiusi la porta e guardai al figura. Respirava a fatica e stava
incollata sul sedile. Si tolse il cappuccio nero e saltarono fuori di
nuovo quegli occhi di qualche giorno prima.
“Prego accomodati pure..” feci sarcastico sorridendole. Lei
prese un respiro profondo e mi guardò. Mio Dio, era
agghiacciante.
“Scusami, ma sto scappando” “Che hai combinato?” rise distrattamente fra sé.
“Troppo per passare impunita” Le offrii la mano.
Era giovane e piena di casini, si leggeva in quelle iridi fantastiche, proprio come Jim alla sua età.
“Io sono Brian” Guardò un po’ titubante la mia
mano, ma poi sul suo viso si aprì un grosso sorriso e la strinse.
“Vera” Lasciai la sua mano e mi spaparanzai comodamente sul seggiolino, osservandola.
Era dannatamente giovane, troppo per dover scappare così dalla polizia.
Vera era una bella ragazza, dall’incarnato pallido, le labbra
rosse, dei lunghi capelli neri con delle sfumature blu e una croce
tatuata su una tempia.
Una versione moderna, incasinata e newyorchese di Biancaneve.
“Quanti anni hai?” chiesi dopo un po’ che la osservavo, divertito.
“Mai abbastanza per fare quello che voglio” “Allora
immagino minorenne…. sedici? Diciassette?”
“Sedici” asserì annuendo leggermente con la testa.
“Beh, i tuoi genitori saranno in pensiero…” azzardai e lei fece una faccia scocciata.
“Nah, non credo” “Perché?” “Non so
se sottoterra si possa ancora pensare” fece lei distrattamente.
Oh diamine, che figura di merda.
“Oh, mi dispiace” “Tranquillo, non lo sapevi. Tu?
Devi essere pieno di soldi se hai le guardie del corpo e giri in
limousine…”
Davvero non mi aveva riconosciuto? Wow, era un secolo che non succedeva.
Scrollai distrattamente le spalle “Un po’. Dove devo
accompagnarti?” “Lo faresti davvero?” “Certo,
perché no? Sai, non ho avuto sempre trent’anni”
“Spero anche che tu non sia sempre stato così triste”
Rimasi di sasso.
“C-come?” “Si insomma, sembri un guscio vuoto. A
giudicare dalle tue braccia e dal tuo petto non credo proprio che tu
sia un imprenditore. La mano che ho stretto era piena di calli da
chitarra elettrica o forse basso e hai le dita storte, quindi
decisamente suoni uno strumento, a corde, forse. Hai la fede quindi sei
spostato e a giudicare dall’età che dimostri, non è
da molto, quindi perché un eventualmente fresco sposo dovrebbe
avere il tuo aspetto distrutto? Non ha senso” fece lei ovvia,
scrollando le spalle.
Prima ero rimasto di sasso? Bene, adesso facciamo proprio di marmo.
“Ah…. dov’è che devo accompagnarti?”
ripetei, provando ad ignorare quello che aveva detto. Lei fece una
smorfia e mi diede un indirizzo che poi comunicai all’autista.
Come da manuale eravamo semplicemente fermi nel traffico, avanzando un metro ogni mezz’ora.
“Allora? Proprio non vuoi parlare?” chiese dopo un
po’, aprendosi la felpa e mo-strando una maglietta lunga nera con
delle sottili righe orizzontali bianche, sotto un leggins nero pieno di
buchi sulle ginocchia che arrivava a metà polpaccio e ai piedi
un paio di Dr. Martens color vinaccia che avevo anche io nella mia
vasta collezione.
Mi guardò a lungo.
“Con me puoi parlare, sai?” fece spostandosi i capelli
tutti su un lato del collo, mostrando meglio la croce tatuata sulla
tempia e una piccola mera rossa dietro l’orecchio.
Che fosse davvero Biancaneve?
“Non ti conosco” “Proprio per questo, che mi frega e
poi con chi potrei mai sputtanarti?” Feci un sorriso amaro.
“Posso assicurarti che ci sono parecchie persone con cui potresti
farlo” “Quindi sei pure famoso…. uhm… Che
suoni? Metal? Rock? Se dici pop mi butto fuori dalla limo in
corsa” risi distrattamente prima di risponderle.
“Metal” “Bello, anche se non è il mio
genere” “Che ascolti?” “Stai sviando?”
“Leggermente” “E’ così brutto?”
presi un respiro profondo.
“L’unica persona di cui mi fidavo, l’unica a
conoscermi davvero e il miglior amico che avessi mai potuto desiderare
e che mi era capitato, è morto due anni fa” “Oh, mi
dispiace, come si chiamava?” “Jimmy” “Oh, mio
padre si chiamava James, sai? Morto molto tempo prima
però” sembrava parlasse di cosa aveva mangiato il giorno
prima, non dei genitori morti.
“Oh.. wow” “Già, dicevi? E’ stato
così terribile?” fece preoccupata. “Si, la nostra
vita andava alla grande, stavamo preparando un nuovo album e qualche
giorno dopo Natale lo hanno trovato i pompieri in casa sua, morto nel
suo letto”
Rimasi un po’ in silenzio prima di guardarla mentre armeggiava
col cellulare. Aspettai che si rendesse conto del mio sguardo e la
guardai in quelle iridi spettacolari. Quanto mi erano mancati quegli
occhi felici e velati di malinconia.
“Hai i suoi stessi occhi” lei fece un sorriso triste prima di scrutare a lungo le mie iridi scure.
“Cosa ne è rimasto dei tuoi occhi, Brian?” non mi
guardava negli occhi come se volesse carpire le mie emozioni, guardava
proprio i miei occhi, come a studiarne ogni particolare e sfumatura.
Era una strana sensazione e mi metteva soggezione, ma non era
così male.
“C-come?” feci non capendo cosa intendesse dire.
Fece una smorfia e mi mostrò il suo cellulare.
Google immagini, parole chiavi: Brian e Jimmy, terza foto.
Io con una fedora e una maglia bianca che faccio le corna e Jimmy di fianco che fa una faccia di cazzo.
Oltre a noi c’erano un po’ di volte Brian May o Jimmy Page.
“Non la vedi la differenza?” fece guardandomi “Vedo
solo il tempo che è passato e che non tornerà più
indietro” “Io vedo i tuoi occhi svuotati, Bri, ed è
triste vederti così…”
La guardai e lo sguardo, le sopracciglia corrucciate, le mani giunte e
le labbra strette in quel particolare modo di ricordarono Jimmy come
mai niente al mondo.
“Mi spaventi” sospirai guardandola, per niente intimorito o forse troppo per rendermene conto.
Scrollò distrattamente le spalle e rimise il cellulare in tasca.
“Lo dicono sempre tutti, ma non li ho mai ascoltati: se fossi
stata così spaventosa mia avrebbero già ucciso” e
mi fece un sorriso tranquillo.
“Dove sei stata per sedici anni?” “Sempre qui, in attesa che qualcosa cambiasse”
Prima che potessi dire o fare altro, controllò l’orologio
e dopo aver decretato “Si sta facendo tardi”, aprì
il tettuccio della limo e salì sul tettuccio, facendo piovere
dentro perché si, ci si era messo pure il tempo.
Diluviava, stava venendo giù a secchiate e lei mi lasciò
con un “Torna a vivere e fai quello che ti rende felice; sii
felice Brian, nessuno merita di soffrire così”
E via, scomparsa nello stesso modo in cui era arrivata.
Coma una carezza da adolescenti, il sorriso di un passante o un cane
randagio che si acciambella vicino ai tuoi piedi e ti fa sentire meno
solo in quei momenti tristi, ma che poi se ne va.
Effimera ed eterea, come una bolla di sapone.
Vera era scomparsa, e forse era meglio così.
Chissà cosa ne avrebbe fatto della sua vita, se ne avrei sentito più parlare.
Speravo fosse felice il doppio di quanto lo ero stato io e triste nemmeno un ottavo.
Richiusi il vetro e continuai il mio viaggio in auto, fino all’albergo.
Eravamo a New York per una mostra/spettacolo di Cam Rackam, artista
nostro grande amico, erano i primi di marzo dell’anno in cui,
secondo i Maya, il mondo sarebbe finto e da un po’ speravo che
avessero ragione.
Quel giorno invece tornai a pensare semplicemente che i popoli antichi dicevano un sacco di stronzate.
Synyster Gates non sarebbe mai tornato lo stesso di due anni e mezzo
fa, e le speranze per Brian Haner si esaurivano ogni secondo che
passava, ma almeno continuavo a vivere.
Già, continuavo a vivere, anche se con un nuovissimo taglio di
capelli che aveva fatto accapponare la pelle a molte fan e esaltato
altre, un paio di nuove consapevolezze e troppo dolore per andare
avanti così.
Scesi dall’auto ed entrai nella Hall dell’albergo, assediato dai fan.
Maledetto Zack e quel fottutissimo Twitter. Ancora un po’ e ci
scriveva pure quante volte andava al cesso, quindi perché non
informare il mondo della sua pisciata nella Grande Mela?
Giusto per renderci impossibile mettere il naso fuori, sai com’è.
Era quasi mezzanotte quando tornai in camera. Lo spettacolo di Cam era
stato eccezionale e adesso mi aspettava una bella dormita.
Certo, bella dormita se prima non mi fosse pigliato un infarto.
“Ma porca puttana!” urlai quasi “Ti ho
spaventato?” “Nno, hai solo provato ad uccidermi, tutto
regolare” scrollò distrattamente le spalle, seduto
comodamente sulla poltrona della mia stanza.
“Ok, allora sto tranquillo” Schioccai la lingua e richiusi
la porta alle mie spalle. Buttai la giacca sul divano di fronte a lui e
gli lanciai un’occhiata distratta.
“Che vuoi Matt?” bofonchiai mollando la fedora che avevo in
testa sul cassettone e dando una sistemata con le mani ai miei capelli
corvini.
“Evitare la mia diBenedetto. Da quando è incinta, russa
come una motosega” “Wow” feci scettico e
disinteressato “Già, non ti dico le nottate insonni che mi
sto facendo….” “Beh, vorrei dire ‘Ti
capisco’ ma fortunatamente non posso”
Matt fece una smorfia.
“Sai che prima o poi toccherà anche a te?” “Oh
certo, e quando avverrà, ben venga, ma non ora” “E
se fosse proprio quello di cui avresti bisogno?” alzai la
testa e lo guardai truce.
“Tu sai bene io di cosa avrei bisogno” “Già,
peccato che Gesù Cristo che faceva i miracoli fra cui
resuscitare i morti è andato un po’ di tempo fa”
“Sempre delicato e simpatico come un calcio in culo, eh
Matt?” feci acido, mentre cercavo nella valigia il pantalone
della tuta che usavo per dormire.
Sentii la sua mano grande e calda posarsi sulla mia spalla e carezzarmi
lungo l’incavo della schiena, per poi scivolare languidamente sul
mio fianco.
“Ehi Bri, non ti alterare. Anche a me piacerebbe riavere Jim qui
con noi” Spostò anche l’altra mano sul mio fianco e
il viso sulla mia spalla. Voltai appena il viso di lato.
“Perché non te ne torni dalla motosega, eh? Oh, giusto,
viste le sue condizioni non può dartela e quindi torni dalla tua
puttana, vero? Altrimenti che ci sto a fare io?” Feci acido.
Lui mi guardò accigliato, lasciò cadere le braccia e
alzò il viso dalla mia spalla. Così mi voltai a guardarlo
con il beauty e i boxer puliti in mano, diretto verso il bagno.
“Quando però sono io la tua puttana va tutto bene, eh?” schioccai la lingua e alzai gli occhi al cielo.
“Adesso non fare la vittima, eh? Scopiamo domani, ok? Stasera lasciami in pace, diamine, voglio stare da solo”
Inarcò un sopracciglio e fece una faccia scocciata.
“Per ubriacarti come tuo solito e vomitare ovunque?”
“Anche se fosse, non sono affari che ti riguardano”
“Non mi pare” “Hai deciso che non ti riguardavano
quando hai preferito questa vita di merda e di facciata alla
felicità, quindi adesso non venire a farmi la paternale proprio
tu su quello che e giusto e quello che non è giusto. Hai sposato
una donna? E adesso veditela tu con la sua gravidanza e tutte le
cazzate varie”
Matt serrò la mascella e alzò il mento.
L’avevo offeso pesantemente, ma Matt è peggio di un
bambino: gli dai la caramella e passa tutto e non credo di dovervi
spiegare io che caramella si aspetta Matt Sanders.
“Bene, ci si vede, Gates” fece freddo e distaccato
“Good bye Matty!” feci a pigliata per culo, salutandolo con
la mano in modo ridicolo prima che sbattesse pesantemente la porta.
Il nostro non era amore come s’intende si solito questo sentimento del cazzo di cui tutti sono alla disperata ricerca.
La nostra era più un’affinità fuori dal comune,
condita da un’attrazione fisica non indifferente che ci portava a
stare alla grande insieme, meglio di molte coppie che si dicevano dei
vuoti “Ti amo” una ventina di volta al giorno da oltre
trent’anni.
Io non gliel’avevo mai detto, non ce n’era bisogno, lo
sapeva già e andava benissimo così. Lui lo diceva quando
voleva farsi perdonare, ma non mi sembrava poi tanto convinto.
Era sempre andato bene così, per anni, fin quando Matt non portò una lieta novella.
-Mi sposo-
Che dite, ci sono rimasto di merda? La risposta e no (piccola bugia, lo ammetto. Un po’ me n’era fregato).
Alla fine lui stava con Val anche da prima che “ci mettessimo
insieme noi” (se quella….. cosa che c’era fra di noi
si poteva definire insieme) e sinceramente ero anche abbastanza
convinto del fatto che lei lo sapesse, ma tenesse la bocca chiusa per
qualche strano motivo.
Non era la relazione con Val il problema, ma il matrimonio.
Matt aveva paura, aveva una paura fottuta dei pregiudizi, peggio di un campagnolo a nord della Russia.
E la copertura per evitare i pregiudizi era Val e la fede che teneva al dito.
Così pretendeva che anche io fossi soffocato da questa farsa di
cui le diBenedetto erano nostre complici silenziose e accondiscendenti
senza dire una parola ed era stata una fortuna, vista la
stupidità di quell’uomo.
M’infilai nel bagno e dopo aver buttato a terra tutti gli abiti
m’infilai sotto la doccia, aprendo l’acqua bollente, come
piaceva a me. Se pensavo a tutte le volte che Matt aveva rischiato di
ustionarsi per farmi una “sorpresa” mentre ero sotto la
doccia……
Alla fine Matt era così: spontaneo, pervertito, con un cazzo da cavallo, ingenuo e dolce.
L’uomo perfetto per tante di quelle persone che il pensiero che abbia solo due persone sembra quasi egoista.
Sto scherzando ovviamente, non diciamo stronzate.
Un’altra grande cosa di Jim era che lui sapeva tutto, sin dall’inizio di quello strano rapporto fra me e Matt.
Non che Zack o Johnny ne fossero all’oscuro, ma lui c’era stato dagli albori fino alla fine.
La sua, di fine.
Era stato lui a sopportare le seghe mentali di Matt, i miei momenti di
scazzo e tutto quello che era stato il nostro “rapporto” e
di questo non gli sarò mai grato abbastanza, come di ogni giorno
passato insieme.
Finita la doccia, mi asciugai e tornai in camera, spensi tutte le luci
a e aprii le tende della finestra, lasciandomi illuminare dalla
vitalità e dai neon dell’ennesima città che non
dorme mai.
Afferrai il mio zaino e mi misi ad armeggiare con una pacchetto di cartine e dell’erba.
Sono un cultore delle droghe leggere, lo ammetto, e di tanto in tanto
faccio anche uso di qualcosa di più pesante, ma è raro.
Rollata alla perfezione la mia canna, afferrai l’accendino a
benzina e passai la nottata a guardare il panorama e riempirmi la gola
di fumo denso e dolciastro, mentre vedevo le luci farsi brillanti e
colare lungo il profilo scuro dei grattacieli che riempivano quella
zona.
Nella mia mente risuonava “Life is Beautiful” dei Sixx: AM e non mi sembrava avessero mai avuto così ragione.
La vita è bellissima, sono gli eventi che ti fottono e te la rovinano.
«Non c’e’ niente di meglio del sangue, per ritrovare la strada di casa»
Mi pare che Nikki Sixx all’inizio del video dicesse qualcosa del
genere, con quel suo vocione da ultra quarantenne che se la intendeva
con quella figa di Kat Von D. Ok, sto divagando.
Personalmente preferisco le stelle, al sangue. Jim mi aveva insegnato a
trovare il Nord grazie alla Stella Polare e un sacco di altre stronzate
da lupo di mare che si divertiva a trasmettermi.
Era il tipo che nel bel mezzo di una conversazione ti guardava con aria
a metà fra il trasognato e l’onnisciente e ti diceva cose
del tipo: «Sai che ogni anno, gli ippopotami fanno molte
più vittime degli squali?» o «Sai che le formiche
non dormono mai? Non ti sa un po’ di minaccia? potrebbero farci
un film, no? Le formiche non dormono mai» Anche nel bel mezzo di
un’intervista.
Che ti faceva venir voglia di guardarlo e dire -Ma che cazzo me ne
fotte degli ippopotami e delle formiche?- eppure non lo facevi mai,
perche dal suo sguardo, improvvisamente, sembrava la cosa più
importante del mondo che un insetto insignificante come una formica non
dorme mai o che gli ippopotami sono letali e violenti.
Oppure come quando, anche se ci eravamo lasciati da due minuti, giusto
il tempo di andare a pisciare, quando tornavi nella sua stessa stanza
ti abbracciava e accoglieva come un reduce di guerra tornato in patria
dopo anni di dura battaglia.
Ci scherzavo sempre un sacco, con uscite del tipo -Ehi! Ho vinto contro
il gabinetto pure sta volta!- o cagate così, mai avrei pensato
che tutte quelle piccole stranezze di quell’uomo mi sarebbero
mancate così tanto.
Era un tipo più unico che raro e avere a che fare con persone così è un onore non concesso a tutti.
Potevo ritenermi fortunato, in pratica.
Avevo conosciuto un genio.
Amavo un uomo sposato.
Ero sposato con una donna di cui non m’interessava praticamente niente.
Si, poteva andarmi peggio.
Potevo avere la stessa vita, ma essere Johnny Christ, ad esempio.
Battute a parte, mi ritenevo fortunato. Quante persone potevano dire di
aver passato l’adolescenza e di essere cresciuto con Jimmy
Sullivan? Quanti potevano dire di essersi scopati/fatti scopare da Matt
Sanders?
E quanto potevano dire di essere stati negli Avenged Sevenfold?
Basta guardare dalla giusta prospettiva e in questo, occhi azzurri e canne aiutano.
Forse di più gli occhi azzurri delle comete, che quelli rossi delle canne.
Sta di fatto che la vita è bellissima e, come mi diceva mia
madre, per quanto male possa andarti, tirati su pensando che un modo
per cambiare le cose c’è sempre e che di certo qualcuno se
la passa peggio di te.
Egoista, certo, ma funziona.
Quindi, grazie Jim della tua breve e intensissima esistenza, grazie
Vera del tuo breve incontro e grazie ai miei genitori, perché
esisto.
OKOKOKOKOK v.v
non chiedetemi cosa sia, perché proprio non lo so.
So solo che ho visto le foto degli ultimi live dei sevenfold e mi è preso lo sconforto.
No, non per il nuovo tagli di
capelli di Gates (sei sexy sempre e comunque, Gates) quanto per i suoi
occhi che si fanno più tristi e vuoti ogni giorno che passa. [if
you want……
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo1_250.jpg
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo3_250.jpg
http://25.media.tumblr.com/tumblr_m4jke5TSPS1r2qzuxo6_r1_250.jpg ]
Davvero, non posso sapere cosa
abbia passato e questa schifezzuola qui di certo non è un
tentativo di capire, ma non so cosa possa svuotare così lo
sguardo di una persona.
O forse lui sta alla grande e io devo smetterla di drogarmi v.v (lo dico sempre, ma non lo farò mai)
Un annuncio importante: HO SMESSO DI FUMARE!
Non ve ne fotte un cazzo, lo so,
ma volevo condividere con voi la giuoia dei miei problemi respiratori
che m’impediscono di portare avanti la mia «carriera»
da fumatrice v.v (me ne sono sempre fottuta, ma rischiare lo svenimento
sul marciapiede, da soli, alle 7 e 30 di mattina non è
divertente)
Dopo avervi annoiato con i cazzi
miei, forse nessuno arriverà a leggere questa parte, ma si
mormora che il figlio di Val e Matt (si, se non lo sapevate, Val
è incinta) sia maschio e che forse sia già nato.
I saluti sono più lunghi del capitolo e vabbè.
Lay ti amo (e di ‘sto coso non ne sapevi niente v.v)
See you next time!
The Cactus Incident
|