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MY BEST FRIEND
Molti mi considerano un po' strano e fuori dal comune.
Forse perché dicono che abbia preso dai miei fratelli più
grandi o perchè io sono diverso dagli altri avendo un quoziente di intelligenza
al di sopra del normale, una qualità che però sembra non importare nulla alla
maggior parte dei miei compagni di scuola, che evitano me (ma anche gli altri
miei compagni di classe, quella che molti chiamano “la classe dei secchioni”)
come se avessi chissà quale malattia contagiosa.
Ma fra tutti i ragazzi c’è una sola persona che riesce a
capire,a comprendermi e con la quale vado molto d’accordo: Stevie Kenarban, il
mio migliore amico!
Passiamo insieme molte giornate sia a studiare argomenti
che per molti possono sembrare tosti o incomprensibili o giocare a giochi di
società (i quali pare non abbiano molta attenzione da parte della mia
famiglia),.
Devo tuttavia ammettere una cosa: all’inizio non volevo
assolutamente stringere amicizia con lui. Sembrava quasi un obbligo della mamma
andare a casa sua per la prima volta. Solo perché si era seduto vicino a me un
giorno non significava mica dover conoscerlo, giusto?
Ed è per qusto che non la ringrazierò mai infinitamente:
adesso grazie a lei posso contare su un vero amico (anche se lui è ridotto a
stare su una sedia a rotelle e non può camminare come me!) pronto a mettere in
primo piano il nostro legame e anch’io (tranne in qualche eccezione) riesco a
mettere al primo posto gli stessi sentimenti di amicizia.
Finalmente era tempo di vacanze e questo significava niente
scuola per almeno tre mesi. Dewey si poteva dedicare a comporre della musica con
il piano di una nostra vicina, mentre Reese era ben felice di non fare nulla
tutto il giorno e poteva dedicarsi anima e corpo al suo lavoro di macellaio
(anche se questo significava aver perso l’anno come al solito).
Io invece dovevo dedicare tutte le vacanze a compilare
moduli di iscrizioni ai vari college e a studiare per l’ultimo anno di liceo
prima di laurearmi e far felice la mamma.
Per fortuna che Stevie passava molti giorni a casa nostra,
così, oltre ad avere qualcuno alla mia altezza, potevamo ripassare insieme tutte
le lezioni dell’anno passato che potevano essere utili per quello dopo.
“Sei… sicuro… che questa…. sia utile…per l’anno prossimo?”
mi chiese ansimando come al solito il mio amico guardando una pagina del libro
di algebra.
“Non lo so, Stevie…” gli risposi dubbioso. Non sapevo se
l’argomento che stavamo trattando sarebbe servito o meno, perciò lo guardai
negli occhi “L’algoritmo penso che serva sempre…. Quindi direi di studiarcela!”
e lui fece un cenno con la testa in segno di affermazione.
Non so per quanto tempo abbiamo messo la testa sui libri, e
lo stesso potrei dire di quante volte Reese veniva passava in camera a sdraiarsi
sul letto (in fondo è anche camera sua, no?) e fare quelle cose idiote che solo
lui sa fare. E inoltre, se conto anche le urla di mia mamma poiché dovevo badare
al mio fratellino più piccolo Jamie, alla fine io e Stevie avevamo solo
ripassato 1/3 del libro di algebra. E si era fatto anche un po’ tardi!!
“Forse… è meglio che… io vada…” incominciò a salutarmi il
mio amico “Ci… sentiamo!!!”
“Ok!!! “ ricambiai accompagnandolo alla porta “Ci vediamo
domani!!” e lo vidi allontanarsi e girare per il marciapiede.
Infine tornai dentro, chiudendo la porta.
In seguito arrivò il momento in cui tutta la famiglia si
riunisce allegramente: l’ora di cena!
“Reese, stammi a sentire!!!!!” incominciò ad arrabbiarsi
mamma dando nel frattempo qualcosa da mangiare con la forchetta a Jamie.
Non sapevo esattamente cosa fosse… sembravano funghi in
scatola o qualcosa del genere, ma era meglio per tutti non disturbarla e non
dirle che ai bambini piccoli quelle cose non sono adatte: diventerebbe una
furia!!!
“Si, mamma?” le rispose mio fratello un po’ annoiato per
dire la verità…
“Sembra che per te la scuola non sia solo un gioco e una
perdita di tempo!!!! Ma non è così!!! Serve per costruirti un futuro migliore e
inoltre dà le basi per affrontare questa vita che per adesso sembra dura ma in
verità non lo è affatto… Inoltre tuo padre e io abbiamo fatto molti sacrifici
per mandarvi a scuola voi tre… dico bene tesoro???” e il suo sguardo furente si
indirizzò verso mio padre, che, a dire la verità, non stava affatto ascoltando
le parole della mamma, e questo la faceva ancora arrabbiare più di quanto lo
fosse già. Perciò non, avendo risposta, continuò “Prendi esempio da tuo fratello
Malcolm… lo vedo come studia?? E va perfino nella classe dei geni per questo!!!”
Beh… a dire la verità mi ci ha costretto lei… io non volevo
assolutamente frequentare “la classe dei secchioni”, come la chiama Reese.
“Ma cara…” intervenne finalmente papà, il quale sembrava
volesse immediatamente interrompere il discorso della moglie “… ma non sembra
adesso il caso di esagerare…”
“Non sto esagerando!!!! Ho perfettamente ragione, vero
Malcolm??” e si rivolse a me dando una forchettata (con il mangiare sopra) in
bocca al mio fratellino più piccolo, che sembrava dovesse soffocare da un
momento all’altro…
“Beh… ecco… ” cominciai a balbettare.
Non avevo una minima idea di cosa dire e anche come
comportarmi in quella situazione… non volevo far litigare la mia famiglia
proprio all’ora di cena, e poi… non avevo nessuna intenzione di sentire Reese e
la mamma prendersela con me!!
Per fortuna il telefono squillò improvvisamente facendo
tacere tutti e, per non sentire i due, mi alzai di scatto e alzai la cornetta.
All’inizio non riuscì a capire chi era, anche perchè la
voce dall’altra parte sembrava singhiozzare e preoccupata allo stesso tempo, ma
alla fine riuscì a capire che era il padre di Stevie…
“Malcolm…per caso mio figlio è li a cena con voi?” mi
chiese.
“No… oggi pomeriggio lo salutato e l’ho visto girare dietro
l’angolo…” risposi incuriosito dalla domanda. In effetti: perchè me la chiese?
“Non è con voi??”
“Ma cosa è successo?”
“Non so proprio cosa dirti, Malcolm… se è vero come dici
allora… non è ancora ritornato a casa!!!!”
Rimasi meravigliato: cosa poteva essere successo? Di solito
Stevie rientrava subito a casa dopo un pomeriggio passato con me a studiare.
Forse era passato da un amico e si era dimenticato di avvertire la famiglia (ma
non credo proprio), o forse… non volevo nemmeno pensarci!!!! E se era accaduto
qualcosa di grave?
Perciò, con la faccia visibilmente preoccupato (e tutti a
tavola mi guardavano strano), chiusi immediatamente il telefono e, senza
prendere nulla, uscì di corsa da casa, proprio mentre la mamma mi domandava
della telefonata.
Ovviamente io non risposi dalla fretta.
Oramai il buio era sceso nelle strade e per di più un
leggerissimo filo di vento, dovuto probabilmente dall’atmosfera della sera (che
di solito è più fresca del giorno), soffiava nell’aria, ma in questo momento il
mio unico pensiero andava al mio amico… eppure le nostre case non erano
distante!
Ad un tratto senza neppure accorgermi, notai una vicina di
casa che gesticolava in un modo strano fuori casa: sembrava come se volesse
richiamare la mia attenzione, ma non ci feci caso.
Ma poi pensai: chi stava chiamando? Forse me? Beh… in
effetti guardandomi in giro non c’era nessuno… forse perchè la maggio parte
delle persone erano a cena.
Non feci caso ai strani gesti di quella donna, così mi
avvicinai a chiedere informazioni…
“Mi scusi, avete per caso visto un ragazzo su una…”
“… su una sedia a rotelle??” finì la domanda la donna
lasciandomi di sasso. Non sapevo come facesse a sapere cosa avrei domandato se
solo non avesse continuato “Sei il suo amico? Vi vedevo sempre assieme dalla
finestra della mia piccola abitazione…Comunque adesso lo puoi trovare in
ospedale…”
“Ospedale??”
Mi stupì molto. Ignoravo il motivo per cui fosse andato in
quel luogo, e perlopiù senza suo padre. Sarà successo qualcosa di grave?? Io
speravo di no!!!
Perciò, senza nemmeno salutarla (mi sa che ero stato
scortese, non è vero?), uscì da quella casa (con quella che mi guardò in un modo
strano…) e mi avviai con andatura rapida verso l’ospedale.
In effetti avevo una faccia un po’ stanca quando entrai
nell’atrio della clinica e chiesi alla prima infermiera che trovai dove si
trovava Stevie in quel momento…
“Mi scusi…” domandai con qualche affanno “E’ ricoverato qui
un ragazzo di colore con gli occhiali?”
“Per caso è anche seduto sulla sedia a rotelle???” e, dopo
aver accennato con la testa una risposta affermativa (anche perchè non mi era
rimasta molta voce), continuò “Ma tu chi saresti?”
Ci volle qualche minuto prima di pronunciare qualche
parola.
“Sono il suo migliore amico…”
“Ma non puoi entrare!!! Sei ancora un ragazzino!!!”
“Ma lo devo vedere!!!!” risposi in modo insistente, tanto
che l’infermiera si preoccupò un po’ e si arrese.
“Beh… allora dovrai aspettare qualche minuto… i medici
devono finire di visitarlo, ma pare che non sia nulla di grave… Però… dovremo
telefonare ai suoi genitori!!”
“Non si preoccupi… lo faccio io…” e, una volta indicatomi
il telefono della hall, composi il numero di casa Kenarban.
Non dovetti aspettare molto poiché il padre di Stevie
rispose subito dopo un solo squillo.
Dalla voce sembrava preoccupato e spiegai cosa era successo
e in modo particolare dove suo figlio era in quel momento, con conseguenza che
mi chiuse il telefono in faccia dicendomi che sarebbe arrivato qui in ospedale
fra qualche minuto.
“Mi scusi ragazzo…” intervenne alle mie spalle l’infermiera
“Adesso può andare a trovare il suo amico. Si trova nell’ultima stanza del
corridoio alla sua destra!”
Ringraziai la donna (o era una ragazza? Boh… non lo so… e
in quel momento non mi interessava saperlo) e, dopo averle spiegato che il padre
sarebbe arrivato fra qualche minuto, mi avviai per trovare Stevie. Chissà come
lo avrei trovato…
Giunsi davanti alla porta e la aprì piano per non
disturbare il mio amico nel caso in cui stesse dormendo.
E infatti era così.
Aveva un respiratore vicino a sé e una flebo attaccato al
braccio, ma dava l’impressione di non essere qualcosa di grave. Così mi
avvicinai al letto e mi sedetti sull’unica sedia che in quel momento era
disponibile nella stanza (ed era anche l’unica), poi lo guardai sperando che da
un momento all’altro aprisse gli occhi.
In quei momenti ero molto preoccupato per le condizioni di
Stevie e ancora ignoravo la causa del suo ricovero, quando ad un tratto il mio
sguardo si diresse verso l’uscio che in quel momento si aprì e un uomo di colore
leggermente grasso entrò dentro e mi si avvicinò.
Era suo padre.
“Ciao Malcolm… grazie per avermi telefonato!!!! Ho appena
parlato con i medici e mi hanno detto che una signora li ha chiamati perchè lo
aveva visto a terra svenuto. Pare che sul suo cuore, a causa dell’asma che ha,
si era fermato per qualche minuto a causa della mancanza d’ossigeno…” e
immediatamente lo guardai con faccia preoccupata. Forse era davvero qualcosa di
serio, ma il genitore mi tranquillizzò “Per fortuna non era nulla di
preoccupante, ma dovrà restare qui in osservazione per qualche giorno… al
massimo una settimana!!!”
“Per fortuna…”
Ero tranquillo.
Le mie supposizioni erano esatte, ma il pensiero che il mio
amico doveva stare lì per qualche giorno mi rese un po’ triste, e perciò mi
rivolsi al padre “Mi scusi… se a lei non dispiace, potrei rimanere qui stasera
con Stevie?”
“Beh… non so se i dottori sono d’accordo…. E poi.. cosa
diranno i tuoi?”
“Beh… in questo momento lui è più importante dei miei… e
per quando riguarda i medic…”
“Per me va bene, ma aspetta…vado a chiedere se puoi
rimanere!!” mi interruppe, e a sentire quelle parole fui tanto felice che
pronunciai solo un “grazie” prima di vederlo uscire dalla stanza e ritornare
alcuni minuti dopo.
“Allora??” chiesi impaziente di sapere la risposta.
“Hanno fatto i difficili, ma per te hanno fatto
un’eccezione!! Ma se c’è qualche problema durante la notte, per esempio se
Stevie si dovesse sentir male, dovrai chiamarli immediatamente! Ok?”
Feci cenno di affermazione. Ero estremamente contento e
speravo con tutto il mio cuore che stanotte andasse tutto liscio.
Salutai il padre, il quale promise che avrebbe telefonato
ai miei per informarli di tutto (per fortuna!!! Chissà cosa avrebbe pensato al
mamma!!!! Non voglio nemmeno pensarci!!), e rimasi solo in camera sveglio quasi
tutta la notte vegliando su Stevie e pregando che la passasse tranquillo e
sereno, poi il sonno prese il sopravvento e mi addormentai.
Il giorno dopo, quando il sole entrò attraverso la finestra
della stanza (era quasi mezzogiorno), una voce mi svegliò all’improvviso…
“Ehi… Malcolm…Cosa… ci fai… qui?”
Quella voce un po’ affannata sembrava di riconoscerla, ed
ebbi la conferma una volta aprendo gli occhi: Stevie si era svegliato!
“Tuo padre mi ha chiamato ieri a casa poiché non eri
ritornato a casa, poi, dopo averti cercato quasi tutta la notte, una signora mi
ha detto che ti trovavi qui!!! E così… eccomi qui!!” risposi tutto felice.
“Ma… sei stato sveglio… tutta la… notte??”
“Certo!!! Tu sei il mio migliore amico e non ti avrei certo
lasciato qui tutto solo!!”
“Beh… grazie!!” e sul suo viso un sorriso si stampò.
All’improvviso in camera entrarono un mucchio di persone: i
suoi genitori, i medici, le infermiere e anche la mia famiglia.
“Sai Malcolm… ero molto arrabbiata con te per essere
scappato di casa, ma non appena il padre di Stevie ci ha telefonato è passato
tutto!!!” mi precisò la mamma che si era avvicinato a me.
“Non darle retta…” mi disse Reese allontanandomi “Non lo
ammette ma è ancora arrabbiata con te…”
Ad un tratto il medico disse a tutti di andare un po’ a
casa (naturalmente tranne i parenti)… in fondo doveva continuare le visite e non
potevamo stare là! Sennò saremmo stati tutti quanti d’impiccio!!!!
Per questo motivo mi alzai e, prima di allontanarmi (con la
promessa dal padre di Stevie di chiamarmi non appena ci fosse qualche novità),
mi rivolsi al mio amico…
“Ehi Stevie!!! Ti verrò a trovare, ma spero che tu guarisci
presto, così potremo continuare a studiare e giocare insieme. Siamo intesi?”
“Ci puoi… scommettere!!!!” e con questa promessa ci
separammo.
Naturalmente lo andai a trovare ogni tanto, poiché mia
madre mi costrinse a continuare a compilare tutte le iscrizioni ai college
(penso che Reese avesse ragione) e, insieme al lavoro al supermercato e allo
badare ai miei fratelli (e quindi è compreso anche il cambiare il pannolino a
Jamie) avevo pochissimo tempo libero!!!
Per fortuna Stevie uscì una settimana dopo il ricovero e
tutto si risolse per il meglio, e noi due mantenemmo la promessa!
Chissà se un giorno potremo frequentare lo stesso
college!!! Sarebbe bello, non credete? Continueremo ad essere grandissimi amici
e se ci continuano a chiamarci strampalati… beh… sapete che vi dico? Non mi
importa nulla di tutte quelle persone!
Ma forse, prima, sarà cosa migliore passare l’ultimo anno ,
anche se immagino che non avremo nessun tipo di problema!! Almeno in campo
scolastico…
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