B
Era uscito di casa quel giorno, con un cuore immenso di preoccupazioni
e ansie.
C'era stato un terremoto, un terremoto violento, vicino Bologna, gli
aveva riferito in fretta il suo collega al telefono.
Degli edifici erano crollati. Edifici di attività, quasi
annientati. Bisognava mettersi al lavoro, unire le forze e sperare che
non mancasse nessuno all'appello.
Che nessuno fosse disperso, o peggio.
Mentre ascoltava, una ruga gli increspava la fronte e si dimenticava
del caffè che aveva in mano.
Aveva cercato di rassicurare la moglie, sicuramente non c'era stata
nessuna vittima: l'avevano percepito in modo molto leggero, loro.
L'uomo cercò di lavare le ultime tracce di sonno sul suo
viso e si mise addosso l'ormai familiare divisa blu e rossa.
Diede una veloce carezza alla moglie ed uscì di casa.
Come ogni volta, pregò in cuor suo, che non dovesse
capitargli
di avvistare una mano o un piede che sbucavano dalle macerie.
Sperò in cuor suo, che se così fosse, riuscisse a
tirarli
fuori di lì con ancora un flebile, ma pur sempre vivo,
respiro
in petto. Persone che stavano vivendo la loro vita di sempre fino a
qualche ora prima...
Tre giorni dopo da quelle ultime preghiere, gli attimi e la paura si
erano susseguiti in sincrono, come un ordine già
prestabilito.
L'ordine dei terremoti.
L'ordine delle scosse che non accennavano ad assestarsi
definitivamente.
L'ordine del caos. Quello negli occhi della gente, che perdendo la loro
dimora, un tempo accogliente e protettrice, aveva perso tutto.
Avevano perso le loro origini e ora sembravano venire al mondo di
nuovo: visi persi, desolati, impotenti.
Impotenti.
Impotente. Così si era sentito lui. Ancora una volta.
C'erano stati dei morti. Non valeva più di tanto adesso la
rassicurazione fatta a sua moglie, quel mattino.
Ma come poteva solo prendere forma, un pensiero del genere? Come
avrebbe potuto evitare di non rassicurare la donna della sua vita,
anche se con parole apparentemente vuote e inutili?
E così continuò a lavorare e dare una mano dove
ne
serviva una, con la mente occupata da pensieri tutt'altro che semplici.
Perché?
Per
chi?
La gente lo vedeva come un eroe, ma lui era soltanto un altro disperato
che non riusciva a darsi una spiegazione a tutto quel dolore, ancora,
dopo tutti quegli anni in cui aveva vissuto in mezzo alle macerie.
Mai avrebbe trovato la risposta a quel perché, che porta gli
uomini a impazzire dal dolore.
Ringraziò segretamente, ancora una volta, il casco santo e
caparbio che gli cingeva la testa. Ringraziò l'ombra scura
che
cadeva sui suoi occhi, invisibili al mondo. Perché seppure
non
potesse fermare un muro che ha tutta l'intenzione di schiacciarti come
un insetto insignificante, grazie a quell'ombra che teneva lontano gli
altri occhi dai suoi, poteva piangere.
Come hanno pianto da sempre i grandi uomini come lui, grati a quella
scura ombra che gli copriva gli occhi. Che li circondava di un alone
quasi di riverenza, come una cosa intima e privata che si
stava
dispiegando nel buio e allora chi vedeva quell'ombra scura
sugli
occhi, distoglieva lo sguardo addolorato.
Con rispetto.
Ci aiuti instancabilmente. Meriti di piangere anche tu l'insignificante
cosa che siamo tutti in confronto alla natura, ed essere lasciato in
pace col tuo dolore: questo pensava la gente quando succedeva che anche
gli eroi piangessero.
In mezzo alle crepe, alle frane, alla morte e alla vita.
Sempre.
Instancabilmente.
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