Pairing: Thor e Loki
Rating: Verde, per tutti.
Timeline: Future!Fic (Post
Avengers, post Thor II, post tutto.)
Note: La ficlet non è betata,
quindi siate buoni con la scrittrice che ogni tanto si lascia sfuggire
degli orrori. Inoltre non tiene conto moltissimo della mitologia e,
soprattutto, dell'universo Marvel, che l'autrice ignora gioiosamente.
Diciamo che è ambientata in un futuro ipotetico immaginato dopo la fine
del film Avengers e che tiene conto soprattutto dei personaggi così
come presentati nei film.
Feedback: Yay! Fatemi sapere
cosa ne pensate.
Nota 2: Il titolo della ficlet
- e la citazione iniziale - è anche titolo di una canzone dei Vast. Non
sono capace di inventare titoli e la canzone mi ha ispirata moltissimo
in fase di scrittura. Andatela ad ascoltare, è bella!
Dedico questa cosina a Tom Hiddleston, che con la sua bellezza e il suo
talento mi ha fatta innamorare di Loki.
One More Day
Oh my love,
I´d give anything for one
more day with you
(Vast)
L’edificio indicatogli dallo Shield si trovava nella periferia di una
cittadina californiana soleggiata e sperduta. Camminando dinanzi al
cancello che separava la clinica dall’autostrada statale, Thor annusava
l’aria, respirando il profumo dei fiori, il tepore della primavera
inoltrata.
Oltre le inferriate che segnavano l'inizio della proprietà privata, la
statua di un angelo chino, in lacrime dominava il giardino e la fontana
divenuta uno stagno: pesci morti galleggiavano sulla superficie densa
dell’acqua, offrendosi in pasto a uccelli e topi; lo stemma della
clinica, un tempo famosa, ammuffiva sotto strati di edera resistente.
L’angelo era immobile, chino su
stesso, in lacrime.
C’erano cose che Thor non riusciva a comprendere, soprattutto per
quello che riguardava l’arte midgardiana, così ossessionata dal
pensiero della morte e fragile e disperata al tempo stesso, tanto
diversa dalla maestosa scultura d’oro e platino che ornava i corridoi
dei palazzi di Asgard, le camere del re Odino, padre universale.
“Sei riuscito a trovarmi anche stavolta … è irritante!”
Thor si voltò, spalancando gli occhi che subito cercarono quelli del
fratello Loki, in piedi dietro di lui, pallido e avvolto in un abito
scuro.
“Fratello!” mormorò il
semidio, serrando la presa su Mjolnir, confortante nella sua mano. “Sei
qui.”
Loki fece un cenno col capo e si diresse su una sdraio coperta di sete
preziose, rivolta al sole che splendeva alto in cielo.
“Volevo stare solo.” Disse. “Non ho più neanche questo diritto.”
“Gli umani seguono ogni tuo movimento e segnano le tue dimore nelle
loro mappe. Sei responsabile di molte morti e disastri, gli umani
credono che osservandoti saranno più cauti nel prevedere le tue mosse.”
“Ma tu non lo credi.” Replicò Loki, piegando le labbra in un sorriso
malizioso.
Il suo volto era pallido, molto più scarno del solito, segnato da due
cicatrici rossastre e profonde, che spaccavano il labbro superiore e la
pelle sulla fronte, all’altezza dell’occhio destro. I capelli neri
erano legati sulla nuca, in modo grossolano. Gli occhi chiari
risultavano lucidi, quasi coperti da un velo di lacrime.
“Fratello, come –“
“Non sono tuo fratello, Thor. Non lo sono mai stato.” Fu l’unica
replica di Loki, ringhiata a denti stretti come l'avvertimento di un
animale rabbioso e spaventato, pronto a scattare al primo movimento
dell'avversario.
Thor chinò il capo, paziente.
“Non sono venuto per litigare.”
“No. Sei venuto per controllarmi, per scoprire le mie abitudini e
riferirle agli umani di cui sei divenuto cane da guardia! Non sei
venuto per combattere contro il prigioniero, ma per serrare le corde
che gli stringono la gola.”
“Loki –“
“Ci sono giorni in cui rimpiango la spietatezza di Nick Fury: lui
avrebbe evitato queste inutili pratiche, avrebbe tentato di uccidermi
perché consapevole della minaccia che rappresento. Adesso è tutto così
confuso, assopito … questo nuovo direttore sa di cosa sono capace?”
“Basta.” Tuonò Thor, amareggiato e stanco. “Non una parola in più.”
Loki alzò lo sguardo obliquo, prima di distendersi al sole.
“Come vuoi.” Disse, chiudendo gli occhi. “Non c’è più niente per cui
combattere, quindi …”
Il suo profilo era spigoloso e i piedi nudi, pallidissimi anch’essi, si
sgranchivano lievemente contro la seta.
Thor scrutava il drappo nero che copriva il corpo del fratello con
nostalgia.
“Posso sedermi accanto a te?” domandò, timido.
Un cenno della mano materializzò la sedia di legno distante qualche
metro, tana di una lucertola verde. Thor sorrise alla bestiola,
adagiandola sul prato, e prese un respiro profondo, esitante.
“Non capisco … non capisco ancora questo mondo. Nonostante gli anni
trascorsi e le cose che ho imparato, io non –“
“Siamo in vena di confessioni drammatiche, fratello?” ironizzò Loki, una punta
di divertimento nella voce, un’altra di ira contenuta.
Thor serrò la mascella e i pugni, trattenendo il ringhio da leone che
gli riempiva il petto. Loki espirò rumorosamente.
“Cosa non comprendi, Thor?” chiese, muovendo le dita lunghe sulla
superficie della sdraio, quasi nel tentativo di raggiungere quelle
dell’interlocutore distante.
Thor deglutì.
“L’arte degli uomini.” Rispose sincero. “Il fatto che sia così … cupa,
triste.”
“Gli uomini muoiono.” Spiegò Loki, con la semplicità con cui si
ammettevano le grandi verità.
“La loro arte non dovrebbe essere splendida e luminosa per fugare il
pensiero della morte?”
“Lo è, anche. Solo che è un veicolo d’emozioni e non tutte sono
positive.” Aggiunse Loki, maestro paziente.
Thor nascose il volto nelle grandi mani di guerriero.
“Continuo a non capire. Jane mi aveva insegnato così tanto, ma –“
“Dov’è Jane?” chiese Loki, spalancando gli occhi per la preoccupazione
involontaria.
“Non c’è.” Rispose Thor, pensoso.
“Non c’è più.”
Loki tacque per un lungo istante, gli occhi lucidi come nel pianto, e
la rivelazione sulle ragioni delle visita di Thor che premeva sulle sue
labbra.
“Per questo sei –“ s’interruppe, incerto. “Sei venuto qui per questa
ragione?” chiese, incredibilmente dolce.
La sua mano cercò quella di Thor, la strinse.
“Non capisco, Loki. Ho passato molti anni accanto a lei, sulla Terra, e
ho ricevuto il calore del suo abbraccio, l’amore che riuscivo a sentire
nella casa accanto al deserto. Lei … ha continuato a studiare sino alla
fine ed ha tagliato i capelli. È cambiata: è dimagrita, è ingrassata,
ha smesso di cantare, ha cominciato ad allenarsi. Ha scritto dei libri
che ha portato in casa. E se ne è andata.”
“Thor, mi dispiac –“
“La casa è così fredda adesso.”
Loki strinse le labbra aride, passando la lingua sulla cicatrice.
“Sei tornato ad Asgard?” chiese.
“Sì, per qualche tempo. Ma non sono riuscito a resistere. Sono
trascorsi così pochi anni, eppure sento di non appartenere più alla
casa del Padre Universale.”
Loki annuì consapevole, ricordando il giorno in cui aveva annunciato
una falsa morte al fratello rivale, nella speranza di sentirlo soffrire
quanto lui, di dimostrargli cosa significasse non appartenere più a
nessun luogo.
“Loki, cosa devo fare? Non ho mai provato una sensazione del genere,
uno stordimento così … inconcepibile. Mi sento debole.”
“Devi soltanto –“
“Ho bisogno di te, fratello.” Una mano grande, ruvida di cicatrici di
guerra, strinse quella più sottile di Loki, bloccandola. “Sei mio
fratello, la mia famiglia e la mia casa. Dimmi cosa devo fare.”
Il dio dell’inganno si morse la labbra, celando lo sguardo ferito.
“È incredibile che tu riesca a fare questo dopo tutto quello che
abbiamo passato!” Esclamò, colmo di dolore. “Ci siamo combattuti a
vicenda, abbiamo ucciso e colpito l'altro per odio e vendetta.”
“Tu hai voluto combattere. Ti ho sempre desiderato al mio fianco, Loki.”
Il dio dell’inganno sfuggì alla presa di Thor, sdegnato.
“Non avrei dovuto. Perdonami.”
“Hai ucciso i miei figli.”
Sibilò Loki, pianissimo. “Li hai uccisi col tuo martello ed hai sempre
preferito i mortali a me, che ero la
tua famiglia e la tua casa e tuo fratello! Non ti vergogni a
chiedermi conforto adesso? Non senti di coprirti di ridicolo?”
Thor non rispose e Loki dovette voltarsi di nuovo a guardarlo: nei suoi
occhi colmi di dolore, luminosi e saggi come quelli di un leone adulto,
lesse ancora il calore, la scintilla splendida dell’amore d’infanzia
mai sepolto, mai perduto, nonostante gli anni e le battaglie.
“Sei incredibile Thor, sei incredibile …” sussurrò senza fiato,
rannicchiandosi in avanti, nascondendo le mani del fratello nelle sue e
baciandole come non esistesse nient’altro al mondo.
Nei giorni di pioggia senza fine, quando aveva tentato di soggiogare
Midgard e sterminare i mortali, alla vista dei suoi figli col cranio
fracassato aveva urlato e singhiozzato il suo odio per Thor. Un odio
talmente grande, puro e incontrastato da renderlo forte, entusiasta.
“Li ho amati tutti, uno ad uno,” mormorò Loki, le labbra premute contro
i palmi di Thor. “E tu li hai uccisi con queste mani.”
Il dio del tuono non osò replicare, non tentò neanche di richiamare
alla mente del fratello le stragi di innocenti che i suoi figli
mostruosi avrebbero perpetrato, le fatiche che lui stesso aveva dovuto
sopportare per proteggere Midgard.
“Mi dispiace.” Disse soltanto, e fu sincero. “Devi avermi odiato
moltissimo …”
Loki alzò lo sguardo lucido, addolorato.
“Mi dispiace tanto, fratello.” Ripeté Thor, più gentile. “Ma adesso ho
bisogno di te, di prendermi cura di te. Questo posto, questo deserto
che hai reso il tuo rifugio … non puoi vivere così per sempre, Loki.
Lascia che sia io a prendermi cura di te, a portarti via da qui.
Prometto che non ti lascerò mai.”
Il dio dell’inganno chiuse gli occhi, sospirando.
“Lo prometto, Loki.”
Il fratello si fece più vicino e lo prese tra le braccia con
disinvoltura, quasi non pesasse un grammo. Fu difficile per Loki
ricordare le ragioni del suo odio, sopprimere la contentezza che
sentiva, sepolto nel torace profumato di Thor.
“I mortali … muoiono. Muoiono sempre, costantemente. E ci lasciano
soli. Ti prego, fratello mio, non dividiamoci ancora. Non lasciamoci,
almeno noi due.”
“Thor …”
Il rumore di un ramo spezzato fece voltare gli asgardiani.
Thor prese il martello.
A pochi passi da loro un cerbiatto tremante muoveva le zampe ossute,
avvicinandosi timidamente all’unica fonte d’acqua disponibile. Il suo
pelo lucido rivelava graffi profondi provocati da rovi selvaggi e gli
occhi neri, innocenti, si perdevano in quelli di Thor.
“Dev’essersi fatto largo tra i cespugli.” Mormorò il dio del tuono,
accennando un sorriso intenerito.
Loki rimaneva immobile tra le sue braccia.
Il cerbiatto si mosse ancora, stavolta in direzione degli sconosciuti.
Saltò sulla sdraio del dio esiliato e sfregò il naso contro la sua
veste, lasciandosi accarezzare. Thor vide le sue zampe perdere il pelo
e tingersi di rosa.
“È un bambino …” esalò stupito, studiando con curiosità il neonato che
sedeva tra le braccia del fratello.
“Una bambina.” Corresse Loki, gentile. “È mia.” Specificò inutilmente.
La schiena della piccola sanguinava e Loki aveva già strappato il
mantello per tamponare le ferite.
“Come hai fatto? Cos’è?”
“È figlia di un mortale e di un dio in esilio. È bastato trasformarmi
in donna per una notte per averla. Non è capace di fare del male ad una
mosca, è una creatura innocente. Non ucciderla, ti prego.”
La preghiera finale fu ridotta ad un respiro strozzato.
Thor provò una grande pena per il fratello ed una rabbia feroce contro
se stesso.
“Non lo farò, lo giuro.” Promise solennemente, riconoscendo la verità
nelle parole del fratello.
La neonata lo guardava terrorizzata.
“Avrà bisogno di acqua e vestiti … hai dei cambi in questo posto
abbandonato? Da chi la porterai per guarire le sue ferite?”
Loki scosse il capo, divertito, e agitò una mano cancellando ogni
traccia di sangue. Sua figlia sorrise, abbracciandolo.
“Non è una guerriera, Thor, non farà mai del male a nessuno.” Ripeté
ancora, carezzando il capo della neonata.
“Come si chiama?” chiese allora il fratello, desideroso di guadagnare
un poco della fiducia perduta. “Perché l’hai messa al mondo?”
“Per provare a me stesso … per provare …” Loki si morse le labbra,
esitante. “Per sentire qualcosa che
non fosse odio.” Confessò poi. “Non ha ancora un nome.”
Aggiunse, ridendo. “Puoi chiamarla Primavera o Bambina o come la chiamo
io: Amore.”
“Amore.” Sibilò Thor, e gli fu chiara la ragione per cui l’amore di
Loki fosse un neonato fragile e sanguinante: immagine perfetta. “Posso
portare te e Amore in casa mia? Offrirvi una cena e farvi ascoltare
la musica terrestre, che è veramente molto bella?”
Loki baciò il capo della figlia e prese un respiro, salutando il
panorama desolato che lo circondava.
“Sì.” Rispose, dopo una breve riflessione. “Portaci con te.” Disse,
tendendo una mano pallida.
Il sorriso di Thor era luminoso e infuocato nel calore del mattino.
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