Di nuovo in carreggiata... Non mi dilungo perchè
devo andare a lavoro. Ringrazio, come sempre chi segue la storia, un
bacio. Buona lettura.
***
Naruto dormì per due giorni interi e Sasuke lo
seguì sempre, seduto sul davanzale della finestra di quella
camera ospedaliera.
Tsunade gli aveva assicurato che entrambi i pazienti si stavano
riprendendo, e stavano rispondendo bene al trattamento.
Konoha era sempre viva. E questo, a Sasuke non andava. Loro potevano
vivere felici e lui doveva tenersi stretto con le unghie la sua
felicità.
Le risate dei bambini sotto la fine pioggia lo fecero incupire ancora
di più.
Avrebbe mai sentito la risata di suo figlio?! Avrebbe mai assaporato la
gioia di essere padre?!? Di amare quella piccola e fragile creatura.
Sasuke sospirò, un’ennesima volta, fissando il
cielo plumbeo.
-Aniki?!
La voce del piccolo
Sasuke riecheggiò nel corridoio della villa Uchiha, mentre i
passi veloci rimbombavano sul tatami di legno, e la madre, Mikoto,
ridacchiava e scuoteva il capo, chiudendosi alle spalle la porta
d’entrata.
Una testa mora
sbucò dalla stanza da letto, e il viso del dodicenne Itachi
si fece largo nell’oscurità del corridoio.
-Sasuke?! Ti sei fatto
male?
Chiese il maggiore,
uscendo dalla stanza, andando incontro al fratellino che con un sorriso
spensierato, si tuffò nelle braccia di Itachi.
La piccola testa mora si
mosse velocemente.
-No, no…
Però… Sai…
Itachi
ridacchiò sommessamente, portando quel turbine del suo
fratellino nella stanza da letto e lo fece sedere sul letto.
-Che
c’è allora?
Gli occhietti vispi di
Sasuke s’intristirono per un momento.
-Oggi, in accademia, ho
visto un bambino che piangeva. Sembrava così triste.
Biascicò,
fissando i piedi che dondolavano sul bordo del letto.
Itachi
corrucciò le sopracciglia sedendosi accanto al bambino.
-Perché?
Sasuke lo
guardò, scrollandosi con le spalle.
-Non lo so. Non
gliel’ho chiesto. Però sono rimasto con lui
finché Ooka-San non mi è venuta a prendere. Dopo
mi ha sorriso… perché era felice, se prima
piangeva?
Domandò.
Si era solo seduto
accanto al bambino piangente, e questo lo aveva fissato un
po’ spaventato e un po’ sorpreso con i suoi
bellissimi occhi azzurri.
Itachi piegò
il capo di lato, accarezzando la testa di Sasuke che
ridacchiò, chiudendo gli occhi.
-Forse perché
la felicità è andata da lui.
Rispose.
Il bambino corruccio le
sopracciglia, fissando Itachi con un’espressione sconcertata.
-Che… La
felicità?
Itachi annuì
alzandosi.
Sasuke
spalancò gli occhi, balzando già dal letto.
-Aniki..
Aniki… anch’io voglio che la felicità
venga da me… la invitiamo per il mio compleanno??
Domandò
Sasuke, appendendosi alla tuta del maggiore che si voltò con
aria divertita, alzandoselo in braccio.
-Ma la
felicità arriva solo quando si è pronti a
proteggerla.. Tu sei pronto per farlo, Otouto?
… sei pronto
per farlo…?
Sasuke chiuse gli occhi, immaginandosi il sorriso fraterno di Itachi e
deglutì.
Gli angoli delle labbra tremarono appena.
Abbassò il capo, fissandosi i palmi delle mani e poi
fissò la figura dormiente di Naruto, osservandogli a lungo
il ventre e poi il viso.
È
così dura proteggerla… tu ci saresti riuscito.
Un altro sospiro si fece largo tra le labbra del moro, che
ritornò a fissare il cielo, appoggiando la testa contro il
bordo della finestra.
Le iridi nere, si persero nel cielo di Konoha, così come i
pensieri si persero nel passato.
***
-Tsunade Sama… cos’ha?
Chiese Shizune alla donna che, leggendo il rapporto del team Taka e
Sette, sospirava in continuazione.
-Un intero villaggio massacrato. La crudeltà umana
è davvero senza limiti.
Rispose la donna, depositando il foglio sulla scrivania, appoggiandosi
di peso contro lo schienale della poltrona.
La ragazza abbassò appena lo sguardo, triste e strinse
l’animale tra le sue braccia ancora di più.
-Non ci sono sopravvissuti?
Domandò con voce bassa.
Tsunade scosse il capo, alzandosi e girò intorno alla
poltrona, appoggiando la mano sulla vetrata dell’ufficio, e
guardò Konoha sotto di lei, mentre delle piccole gocce di
pioggia si abbattevano sul villaggio.
-Non lo so. Ho mandato una squadra ANBU per sotterrare i corpi, e
cercare qualche sopravvissuto.
La castana annuì, pensosa.
-Ma quel ragazzo che aveva trovato Jugo?!
Tsunade strinse la mano in un pugno.
-Quelli del suono gli anni iniettato nel sistema circolatorio il virus
del sigillo di Orochimaru. Ma al secondo stadio, secondo Jugo, il virus
ha corroso gli organi interni e il ragazzo è morto. Stava
già morendo dolorosamente… quei bastardi.
Ringhiò la donna, stringendo le palpebre e digrignando i
denti.
La castana si avvicinò di un passo.
-E’ quello che hanno fatto a Naruto kun?!
Tsunade la fissò per un tempo che sembrò eterno e
poi guardò fuori dove la pioggia cominciava a scendere fitta.
-Umhh.
Rispose solo. Gli occhi nocciola che si fermarono verso i volti degli
Hokage.
***
Sakura e Sai si ripararono dentro il chiosco, mentre la pioggia si
abbatteva furiosa sulla strada di Konoha.
Alle narici dei ragazzi gli arrivò il profumo del cibo e si
guardarono negli occhi.
-Ti offro del ramen, se ti va!
Propose il moro con un serafico sorriso e Sakura annuì,
sorridendo di rimando.
Insieme si accomodarono a un tavolo, dentro il locale, e il caldo della
cucina rilassò loro le membra infreddolite
dall’acqua.
Sakura sospirò di piacere e si strizzò i capelli,
ravvivandoseli un po’ con le mani.
-Che stanchezza… arrivo a casa e mi faccio una bella doccia
calda.
Sussurrò e Sai sorrise ancora.
-Dopo questa pioggia, è quello che ci vuole.
Concordò il moro.
-’Sera ragazzi.. Cosa vi porto?
Sakura guardò il signor Teuchi e sorrise, ricambiando il
saluto.
-Faccia lei... Ho talmente tanta fame che mi andrebbe anche la ciotola
di ramen che solitamente mangia Naruto.
Rispose Sakura, sospirando.
Teuchi, al nome del suo cliente preferito si accigliò non
poco.
-Sta bene il ragazzo? È da un po’ di tempo che non
lo vedo qui… non gli piace più il mio ramen?
Si preoccupò, fissando la ragazza che ridacchiò,
muovendo la mano in aria.
-Naaa... Non si preoccupi. Naruto amerà sempre il suo ramen,
che quando diventerà Hokage ha minacciato di aggiungere una
festività per il piatto... Perciò non si preoccupi.
Teuchi sembrò calmarsi e sorrise scuotendo il capo.
-Vi porto a entrambi la ciotola extra…
Sorrise il vecchio, facendo l’occhiolino e scomparendo in
cucina.
Sakura ridacchiò, scuotendo il capo e si appoggiò
con le braccia sul bancone chiaro.
-Alla fine Tsunade non ci ha detto che cos’ha Naruto. E ci ha
proibito di andarlo a trovare… alcune volte non
la capisco.
Brontolò la ragazza, fissando accigliata davanti a se.
Sai si passò una mano dietro alla nuca, scrocchiando il
collo e poi si rilassò.
-Secondo Jugo, il capo dei ninja del suono ha provato ad applicargli il
sigillo del cielo.
Sakura si voltò di scatto verso il moro.
-E Jugo come fa a saperlo?
Il moro socchiuse le palpebre, scuotendo il capo.
-Forse ha aiutato Tsunade-Dono con il sigillo…
Le labbra di Sakura si storsero appena nello stesso momento in cui
appoggiò il capo alla mano, col braccio posto verticalmente
al bancone.
-Mhh... Forse hai ragione. Però non mi capacito del fatto che
non possiamo andarlo a trovarlo, e che abbia chiesto a Karin di
aiutarla.
Borbottò, offesa.
Era sempre stata lei la preferita della donna. Quella dalle grandi
abilità nel controllo del chakra.
-Non sarai gelosa, Sakura-San.
Il cipiglio della ragazza s’intensificò, mentre
un’espressione indignata si faceva largo sul suo viso.
-Gelosa?! Io… pff... Figurati.
Rispose stizzita.
Sai sorrise, fissandola con le palpebre socchiuse.
-Secondo un rotolo che ho avuto piacere di leggere, questi sono sintomi
del sentimento chiamato gelosia…
-Sai?
Il moro la guardò curiosa.
-Si, Sakura-San.
Il sorriso che increspò le labbra della rosa, non era un bel
segno.
-Smettila, se non vuoi che ti dia un pugno sul tuo bel faccino, e che
al posto del ramen, ti faccia ingurgitare i tuoi stupidissimi rotoli.
Sai annuì, e il sorriso tremò appena sotto quella
velata minaccia di morte.
Naruto aveva proprio ragione che non bisognava far arrabbiare Sakura.
Era peggio di un demonio.
Deglutì rumorosamente e si voltò in avanti,
intravedendo Ayame con la ciotola fumante.
Sarebbe stato il suo ultimo pasto?
Si domandò stupidamente sempre con il sorriso a ornargli il
volto.
***
Mugugnando di disapprovazione, Naruto si ridestò dal mondo
dei sogni, fissando stralunato il soffitto dell’ospedale.
Ansimò, stanco, e si portò lentamente una mano
allo stomaco, sentendo quel gonfiore abituale.
Le iridi chiare si spostarono verso la pancia, fissandola cupamente e
la mano si strinse in un pugno sulla stoffa bianca del
lenzuolo.
Tra morfina e dormiveglia, era riuscito a capire che il battito del
bambino si era stabilizzato lentamente, fino a migliorare.
Eppure, non era felice.
Non riusciva a essere felice.
La sensazione che aveva provato quando quella linea era diventata
piatta, lo investì ancora più forte di prima e
gli mancò il fiato.
Aveva avuto paura, si era terrorizzato e poi, era impazzito per il
dolore della perdita.
Era stato peggiore di quello che aveva provato, quando era venuto a
mancare Jiraija. Era stato molto peggio.
Si era sentito vuoto, svuotato sia nel cuore sia nel ventre.
Sentendo un fruscio di stoffa si voltò verso la finestra
della camera e fissò sorpreso il viso di Sasuke, mentre quest'ultimo si faceva largo nella stanza, fino a fermarsi al suo fianco.
Naruto spostò lo sguardo da quello del moro, corrucciando le
sopracciglia bionde.
-Che vuoi?
Sussurrò, acidamente, fissando storto il maggiore.
Non si spiegava perché era così arrabbiato con
Sasuke, ma quando vedeva il suo volto, una rabbia incontrollata si
faceva largo nelle sue viscere.
Era come se tutto quello che fosse successo, era colpa sua.
Era di Sasuke.
Se si fosse fermato quella sera. Se non lo avesse convinto a tenere
il bambino,ora…
Deglutì e socchiuse le palpebre.
Il moro alzò un sopracciglio, sorpreso.
-Come ti senti?
Domandò, allungando una mano verso il viso del biondo, ma
tempestivamente, prima che le dita di Sasuke sfiorarono la sua guancia,
Naruto schiaffeggiò via la mano, cercando, con fatica, di
alzarsi in una posizione seduta.
Sasuke sembrò ferito dal gesto e ritirò il
braccio, facendolo scivolare lungo il fianco.
Naruto deglutì facendo una faccia schifata, e, mettendosi
seduto con la schiena contro la testiera di legno del letto, strinse le
coperte bianche sotto i suoi pugni.
Il silenzio che li avvolse, fu più pesante di molti altri.
Naruto teneva costantemente il viso basso, lo sguardo puntato sul
bianco delle coperte, seguendo le increspature della stoffa chiara.
Non riusciva a guardare le iridi di Sasuke, che, imperterrite lo
fissavano dall’alto.
Sasuke sospirò, portandosi una mano sul viso e si
massaggiò le palpebre doloranti per la mancanza di sonno.
Con passi leggeri uscì dalla camera, mentre allo stomaco
sentiva un fastidioso bruciore, che non lo abbandonò fino al
palazzo dell’Hokage.
Entrando nella stanza, scorse Tsunade intenta a sonnecchiare tranquilla
sulla scrivania scura e, stizzito, sbuffò, avanzando e
chiamando la donna.
-… mh.. Si… non stavo dormendo.
Sbiascicò con gli occhi ancora chiusi.
Strofinandoseli con le mani, sbadigliò, per poi fissare
stanca la figura austera di Sasuke davanti a lei.
-Si è svegliato.
Disse solo, e sparì in una nuvola di fumo diretto
all’ospedale.
La donna spalancò gli occhi, sbattendo le ciglia
più volte e poi balzò in piedi quando
assimilò appieno le parole di Sasuke e, di corsa, si diresse
da Naruto.
Sasuke entrò nella camera del biondo con sguardo basso e lo
alzò lentamente verso Naruto.
I loro sguardi s’incontrarono per pochi, interminabili
secondi, e poi Naruto spezzò il contatto visivo, ritornando
a fissare il tracciato dell’elettrocardiogramma.
Uno sbuffo stanco si fece largo tra le labbra del moro, che
ritornò accanto alla finestra, appoggiandosi con la schiena
al davanzale.
Si portò le braccia al petto, incrociandole mentre voltava
il capo verso l’esterno, fissando il cielo.
Perché…?!
Tsunade capì subito che qualcosa non andava, nello stesso
momento che mise piede nella camera di Naruto.
L’aria che albergava intorno ai giovani era tesa e pesante,
piene di domande nascoste.
Naruto la fissò con gli occhi azzurri, persi in pensieri
difficili, e le labbra ferme in una linea piatta.
-Come ti senti?
Domandò la donna, leggendo la cartella clinica e studiando
poi i nuovi risultati sulla macchina.
-Bene.
Raschiò Naruto.
Tsunade alzò lo sguardo verso di lui, assottigliando gli
occhi in cerca di qualche risposta più convincente e poi
mugugnò.
-Umhh… tra pochi giorni potrai andartene a casa. Ma
bada…
Disse la donna, assicurandosi l’attenzione del biondo.
-Di non fare sforzi. Ti ho già messo in malattia e fino alla
fine della gravidanza non andrai più in missione…
La donna alzò un braccio, facendo tacere le prediche di
Naruto.
-Abbiamo già rischiato un aborto.
Disse ferma, mentre Sasuke la fissava cupamente.
Naruto sbuffò stizzito, fulminandola con lo sguardo.
-Devo rimanere a casa, a poltrire. È questo che mi stai
dicendo?
Disse rabbioso Naruto.
-Esatto.
La mascella di Naruto si serrò, e lo sguardo si macchio di
rosso per pochi secondi.
Inconcepibile. Lui, il ninja più forte del villaggio, a casa
per una stupida gravidanza.
Un suono contrariato uscì dalle labbra rosse così
come uno sbuffo infastidito.
Tsunade sbuffò, posando la cartella, e cambiando la flebo.
-Riposati… domani faremo un prelievo del sangue per vedere
se il virus è scomparso definitivamente.
Disse la donna, appendendo la sacca di sangue all’appendino
di ferro.
Naruto storse le labbra, sentendo un fastidioso prurito dove
l’ago della flebo scompariva sotto la sua pelle e
annuì alla donna.
-Bene… ti faccio portare qualcosa da mangiare.
Tsunade accarezzò il capo di Naruto, tirandogli appena in
dietro la frangia dorata e, dopo uno sguardo a Sasuke, dietro di lei,
uscì dalla stanza.
Sasuke la seguì in silenzio, chiudendosi la porta alle
spalle, appoggiandosi sopra.
-Allora?
Chiese la donna in tono serio.
Sasuke sbuffò, muovendo le spalle, come a togliersi un fastidioso peso.
-Non lo so!
Rispose affranto.
-Non preoccuparti, deve essere stato lo shock di qualche giorno fa. Si
stanno riprendendo bene nel corpo, ma ti devi assicurare che si
riprenda anche psicologicamente.
Lo sguardo della donna divenne persistente e profondo e Sasuke
annuì, fissandola con decisione.
-Bene. Portagli qualcosa da mangiare. Carne rossa.
Il moro annuì, fissando le spalle della donna e poi si
diresse verso l’uscita dell’ospedale.
Sotto l’acquazzone, Sasuke pensò a lungo.
Ripensò a quei mesi.
Agli alti e bassi e alle difficoltà che avevano superato a
fatica, ma con successo.
Stanco, si domandò se sarebbe sopravvissuto anche a questo.
Alcune volte pensava di non farcela più, di abbandonare
tutto, e allo stesso tempo si malediva per la sua debolezza e
stupidità.
Era suo figlio.
Era Naruto.
Con che coraggio li avrebbe di nuovo traditi, lasciati indietro.
Per gli anni che susseguirono la guerra, rinchiuso a forza nelle
segrete del paese del fulmine e poi dentro la sua villa, si era dato
dello stolto, per tutto il male che aveva fatto provare alle uniche
persone che lo avevano accettato come Sasuke e non come Uchiha.
La fredda pioggia gli bagnò il viso, tracciando quelle
lacrime di oppressione che, per tutta una vita si era tenuto dentro.
Digrignò i denti e strinse i pugni.
… sei pronto
a proteggerla, Otouto?
Alzò lo sguardo al cielo nero.
Sono pronto.
Fradicio, entrò nell’ospedale e poi nella camera
di Naruto con una busta di cibo preso dal ristorante dei genitori di
Choji.
Un brivido lo colse, mentre chiudeva la porta e, non facendosi caso, si
voltò verso Naruto che lo guardava con gli occhi larghi di
sorpresa.
-Sei fradicio.
Sussurrò sconvolto il biondo.
Sasuke si accigliò e lo fisso sbiecamente, mentre allungava
la busta verso il comodino.
-Non me ne ero accorto.
Rispose atono, spostandosi con la mano la frangia che gli ricadeva
davanti al viso.
E quel gesto fece provare a Naruto una strana sensazione.
Le sue palpebre si aprirono ancora di più, guardando -
ammirando - come le gocce di pioggia illuminavano il volto serio del
moro. Di come rendevano quella pelle chiara come diamante.
Deglutì, scuotendo il capo e, nervosamente, si
grattò la guancia sfregiata.
Che diamine gli prendeva?
Sasuke notò distrattamente le guance di Naruto colorarsi
appena, dopo che il più piccolo lo aveva fissato entrando, e
corruccio le sopracciglia nere, aprendo un contenitore con la carne.
2 giorni dopo.
-Il sangue è pulito, Naruto.
Tsunade fissava la cartella clinica e poi il biondo seduto sul bordo
del letto, intento a cambiarsi d’abito.
La testa di Naruto sbucò dal collo della maglietta nera, e
annuì pensoso, sistemandosi l’indumento addosso.
-Posso mandarti a casa, ma per qualsiasi cosa, giramenti, mal di testa
o altro, vieni subito da me, ok?
Il biondo annuì ancora, afferrando la felpa larga.
-Ho capito, non ripeterlo un’altra volta.
Sbottò infastidito.
Tsunade, stizzita, strinse la cartella troppo forte, lasciandoci i
solchi delle dita.
-Hmmm… Uchiha ti aspetta di sotto.
Borbottò, uscendo dalla camera rabbiosa.
Naruto aprì la bocca per dire qualcosa, ma corrucciando le
sopracciglia, la richiuse, e piegò il capo di lato sbuffando
infastidito.
Dopo il piccolo scambio di parole con il moro, avvenuto giorni fa, non
avevano più parlato.
Sasuke se ne restava semplicemente seduto sul cornicione della
finestra, guardandolo o fissando il cielo, e lui, semplicemente aveva
passato quei giorni sbuffando e dormendo.
Sospirò, affranto e dispiaciuto, e uscì dalla
stanza, dirigendosi verso le scale dell’ospedale.
Giunto di sotto, trovò semplice individuare Sasuke, sia
perché non era invisibile, sia per gli urli eccitati delle
infermiere o delle kunoichi di passaggio.
Geloso, e si sorprese di esserlo, si diresse da solo verso
l’uscita, fissando accigliato Sasuke che, guardandolo lo
raggiunse, affiancandolo.
Silenziosi oltrepassarono la via dell’ospedale, entrando in
quella principale, dove la gente li guardavano.
Naruto si sentì oppresso, scoperto e intimorito.
Non si sentiva così, da quando era solo un bambino, e girare
per il villaggio lo infastidiva e spaventava.
Respirò a fondo, chiudendo appena gli occhi.
Non lo sanno…
non lo sanno, ancora.
Un calore, piacevole e confortevole gli sfiorò il dorso
della mano e poi la spalla e sorpreso mandò una veloce
occhiata al suo fianco, incontrando solo la figura di Sasuke che, con
mento alto, fissava in avanti, fregandosene di quegli sguardi
d’odio, che, dopo distanza di anni, la gente gli mandava
ancora.
Interiormente sorrise per la premura del maggiore e, sentendosi grato,
cercò di ringraziarlo.
-Ehi… Naruto, Uchiha..
Entrambi i ragazzi si voltarono verso quella voce squillante e
fastidiosa, incontrando la figura di Kiba e Akamaru.
-Ciao… Kiba.
Salutò Naruto, sorpreso e anche spaventato quando Akamaru
prese a odorarlo.
Sasuke s’infastidì, schioccando
un’occhiata al castano.
-Kiba… richiama Akamaru.
Lo pregò Naruto, indietreggiando sempre di più a
quel naso curioso.
Il castano lo fissò e poi annuì richiamando
l’animale che non lo ascoltò, preferendo annusare
il corpo del giovane.
-Akamaru…
Chiamò ancora il padrone, afferrando il cane per il
guinzaglio e tirandolo indietro.
Il cane oppose resistenza.
-Non si comporta mai così, che strano… deve
trovare curioso il tuo odore.
Borbottò Kiba, guardando dispiaciuto Naruto e grattandosi il
capo.
Il biondo spalancò gli occhi, afferrando le braccia, da
dietro, di Sasuke e mettendoselo davanti, usandolo come scudo.
-Richiamalo… mi da fastidio.
Lagnò Naruto, affacciandosi dietro alle spalle grandi del
moro che, infastidito, guardò il cane con lo sharingan.
Akamaru mugolò, abbassando la coda e si nascose dietro a
Kiba.
Sospirando, Naruto uscì dal suo nascondiglio, fissando Kiba.
-Allora… perché ci hai chiamato.
Domandò.
Il castano ridacchiò, massaggiandosi il capo.
-Tra due settimane do una festa al ristorante di Choji e vi volevo
invitare. Ci terrei molto perché è importante per
Hinata-chan.
Borbottò imbarazzato alla fine.
Sasuke alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al
petto e si voltò verso Naruto.
Per lui non faceva né caldo ne freddo andarci, gli era del
tutto indifferente, ma avrebbe seguito come un’ombra Naruto e
ogni sua decisione.
Le iridi chiare erano in dubbio, e il moro se ne accorse. Un velo di
paura attraverso gli occhi azzurri e poi il biondo di prese a torturare
un labbro con i denti.
-Per favore… pensa a come ci starà male Hinata se
non vieni.
Naruto lo fissò e poi aprì le labbra. Le richiuse
e le aprì ancora.
-… ok! Ci saremo.
Rispose abbattuto.
Kiba sorrise raggiante, dando una pacca forte sulla spalla di Naruto
che, sorpreso, sospirò di dolore.
Sasuke ringhiò.
-Bene… allora ci vediamo tra due settimane. Ciao.
Urlò, avviandosi e salutando i giovani che lo guardarono
correre via per la strada.
Naruto si massaggiò la spalla, girandosi e proseguendo verso
casa.
Voleva rinchiudersi in posto sicuro, dove poteva essere se stesso
tranquillamente e riposarsi. Si sentiva già stanco.
Sbuffò e aumentò il passo, seguito come sempre da
Sasuke.
Scaraventò la borsa per terra, seguita poi dai vestiti e
dalla sedia presente nella camera.
Aveva una voglia matta di urlare, di distruggere qualcosa.
Gemette, stringendosi i capelli biondi tra le mani e si
lasciò cadere sul pavimento della camera, al centro,
afferrandosi le gambe e portandosele al petto.
Era stanco di tutto, di tutti.
Un singhiozzo gli squarciò il petto, seguito poi da un
altro, finché non divenne un pianto trattenuto e doloroso.
Naruto era stanco.
Non si mosse quando sentì dei passi leggeri, ma si morse un
labbro per celare i singhiozzi e si strinse ancora nel suo abbraccio.
Sentì il rumore dei vestiti, di un piccolo botto e poi due
braccia gli avvolsero il corpo, attirandolo indietro e, disperato,
Naruto si appese alla maglia di Sasuke, nascondendo il capo nel petto
del maggiore.
Non lasciarmi solo. Ho
paura del buio.
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