Un corpo debole

di Rostislav
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Quest'aria notturna l'ho sempre considerata un'amica cara, da tenere stretta vicino a me. Forse è un problema di solitudine, forse è un problema mio. Dopo due anni di breve conversazioni con altri umani mi sento solo e in un certo senso abbandonato a me stesso, ma ogni moneta ha due lati. Il lato positivo? Raggiungere le vette di questa carriera, obliqua come la pioggia invernale. Davanti a questo schermo non c'è un umano, ma una sorta di cyborg. Il caldo è forse un brutale nemico, ma mi permette di vivere senza accendere il riscaldamento, dandomi un'opportunità di mangiar sano per un giorno.

Con l'aroma del caffè riesco a stare qui, davanti allo schermo a scrivere frasi sconnesse tra loro, che però insieme compongono un quadro astratto come le opere di Van Gogh. I tasti ormai battono in automatico sulla tastiera e sembra che le parole escano senza una minima riflessione, ma non è cosi. Il cervello lavora come un supercomputer Core 20 solo per decidere una successiva parola da inserire in questo breve post.

Alzandomi capisco che c'è qualcosa che non va, forse è questa puzza che mi dice “vai a farti la doccia”, forse è la barba che copre il volto o forse è solo la debolezza che procura la fame, ma chi se ne fotte. Vorrei restare seduto tutto il giorno, ma ho dei bisogni fisiologici.

Le scale del mio appartamento sono sempre deserte, i muri dipinti dai ragazzini che si credono pittori, come io mi credo scrittore. Apro il cassetto delle poste e ci ritrovo un assegno per il mio libro, un assegno che non potrebbe mai sfamarmi, ma sono gli unici soldi che mi rimangono... vado a prendere la birra e torno... voi restate qui.





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