Ecco il mio piccolo
contributo all'atmosfera natalizia che si respira ormai da un po' su
EFP.
E' una storia senza
pretese, che mi è passata per la mente all'improvviso e che
mi sono divertita a scrivere. Prendetela per quello che è,
una piccola favola di Natale che si svolge durante il sesto anno, ma
che non ha nulla a che vedere con le vicende del libro. Come sempre, i
commenti sono più che bene accetti, quindi, arrivati alla
fine, se cliccherete sulla frase verdina che dice “vuoi
lasciare un commento?”, bèh, sappiate che avrete
reso una persona un po' più felice.
Direte: “ti
accontenti di poco!”
ok, si, di molto poco!
Quindi....
Ah, dimenticavo....BUON
NATALE A TUTTI!
Santa
Claus is coming to Hogwarts
La
torre di Grifondoro era animata dalle voci e dagli schiamazzi di
tutti gli studenti che si preparavano a lasciare la scuola in vista
delle vacanze natalizie.
Come
di consueto, pochi ragazzi sarebbero rimasti a popolare le stanze e i
dormitori di Hogwarts, e tra essi, quell'anno, ci sarebbero stati
Harry Potter, i suoi inseparabili amici, Ronald Wesley ed Hermione
Granger, e la sua ragazza, Ginny Wesley.
Non
era la prima volta che decidevano di non tornare a casa, seppure
negli ultimi anni era nata la consuetudine di trascorrere le feste alla
Tana, in compagnia di tutta la chiassosa famiglia.
Quell'anno,
però, rimanere non era stata una loro scelta.
Molly
ed Arthur Wesley sentivano la nostalgia di Charlie, il suo lavoro di
allevatore e addestratore di draghi lo teneva lontano da casa ormai
da molti mesi, e solo raramente, nel corso degli anni, era riuscito a
far visita ai genitori.
Minerva
McGranitt, direttrice della casa di Grifondoro, entrò dal
buco
coperto dal ritratto schiarendosi la voce. “Eh - ehmm...tutti
i
ragazzi che torneranno a casa per le vacanze sono pregati di
scendere, le carrozze aspettano nel cortile. Seguitemi, per
favore”,
ordinò , girando sui tacchi e scomparendo di nuovo al di
là
del ritratto. Sapeva che non ci sarebbe stato alcun bisogno di
controllare, raramente qualche Grifondoro aveva disobbedito ai suoi
ordini, e i tre più riottosi, quell'anno, non se ne
sarebbero
andati.
La
sala cominciò lentamente a svuotarsi, e il chiacchiericcio
che
riempiva l'aria si trasformò presto in un brusio, per poi
dileguarsi in lontananza e sparire completamente dietro l'ultimo
studente.
“Finalmente!”,
esclamò Ronald Wesley, sdraiandosi lungo disteso sul divano
cremisi sistemato davanti al camino e godendo dello spazio ritrovato.
“Senza tutti quei mocciosi si sta meglio, no?”
Hermione
Grenger lo guardò con cipiglio severo. “Sei anni
fa anche tu
eri un moccioso, Ron, e non saresti stato affatto contento di sentire
uno studente più grande chiamarti in quel modo!”
“Rilassati
Hermione, lo sappiamo tutti che ci chiamavano in modi molto peggiori!
E poi siamo rimasti quattro gatti, manda in vacanza la tua spilla da
Prefetto!”, rispose lui, incrociando le braccia dietro la
testa.
“Forse
è la tua, di spilla da Prefetto, ad essere in vacanza da
troppo tempo, Ronald! Non so come Silente abbia potuto riconfermarti
l'incarico, visto il tuo scarso impegno....”
“Oh,
insomma! La finite voi due? Nemmeno a Natale potete dichiarare una
tregua? Scommetto che anche Tu Sai Chi è un po'
più
gentile con i suoi Mangiamorte!”, esclamò
esasperata Ginny
Wesley.
Harry
Potter la stava abbracciando, e nascondendo il viso dietro la sua
spalla cominciò a ridacchiare.
“Harry,
finiscila anche tu! Non c'è niente da ridere, questi due
sono
insopportabili!”, sbuffò Ginny.
Harry,
con qualche sforzo, riuscì a calmarsi e guardò
prima
Ron, che continuava a stare sdraiato sul divano, poi Hermione, che
ora fissava il fuoco con sguardo truce. “Si, ragazzi, Ginny
ha
ragione. Fatecelo come regalo di Natale, ok? Bandiera bianca fin dopo
le feste”.
Cadde
il silenzio sulla sala comune, in attesa del verdetto.
“Ok”,
disse Hermione alla fine, “e poi, in ogni caso, parlare con
lui è
inutile, tanto fa sempre quello che vuole”.
“Forse
perchè non sono il tuo burat....”,
tentò di replicare
Ron, ma l'occhiata assassina di Ginny lo fece desistere.
“Oooh, va
bene!”, sbuffò.
Hermione
si spostò da davanti al camino e si sedette su una poltrona
libera. “E ora?”, pensò. “Come
farò a non
litigare con Ron per una settimana intera?!”
Lui
era lì, ad un metro da lei, e sembrava così
bello, e le
sue labbra avevano un aspetto così invitante.... litigare
con
lui era l'unica cosa che riusciva a trattenerla dal fare quello che
non avrebbe dovuto fare.
Scrollò
il capo, tentando di liberarsi da quei pensieri per sostituirli con
altri più innocui.
“Harry,
non hai mai pensato che Babbo Natale possa esistere
davvero?”,
disse, all'improvviso.
Harry
la guardò stupito, grattandosi la testa. “No, non
ci ho mai
pensato. Cioè, da piccolo, per un pò, ci ho
creduto, ma
poi Dudley mi ha detto che non esisteva, che erano i genitori a fare
i regali. Una volta mi ha costretto a nascondermi con lui e abbiamo
visto zia Petunia e zio Vernon che mettevano i suoi sotto
l'albero.”
“Cos'è
Babbo Natale?”, domandò Ginny, curiosa.
“E'
un vecchio grassone vestito di rosso, con la barba bianca e un sacco
in spalla, che dovrebbe portare regali ai bambini babbani”,
rispose
Ron, mettendosi seduto.
“E
tu come lo sai!”, chiese Ginny, guardandolo stupita.
“Quando
ero piccolo, un anno, in questo periodo, andai a Londra con
papà
e vedemmo un tizio vestito in quel modo per la strada. Ce ne sono
tanti, in giro! E papà mi ha spiegato che i bambini babbani
credono che quello vero arrivi con una slitta volante trainata da
renne, la notte della vigilia, portando doni. Che cavolata!”
“Ron!”,
esclamò Hermione.
“Che
c'è! E' una cavolata, no? O ci credi ancora!”,
esclamò
lui.
Lei
arrossì. “No...cioè, è da
tanto che ho smesso
di crederci ma..... se esiste la magia, perchè non potrebbe
esistere anche Babbo Natale?”
“La
magia è un'altra cosa! Quella è... quella
è
nell'aria, è dentro di noi, tutt'attorno a noi!”,
disse Ron.
“Io
lo so, tu lo sai...tutti, qui, lo sappiamo, ma solo perchè
siamo maghi! I babbani, per esempio, non la possono sentire, quindi,
per la maggior parte di loro non esiste! Io e Harry, per esempio,
pensavamo che non esistesse fino a che non abbiamo ricevuto la
lettera. Per cui, se esiste la magia, perchè non
può
essere lo stesso anche per Babbo Natale?”
“Bèh,
in effetti Hermione non ha tutti i torti...”,
accennò Harry,
a bassa voce. “Io, per esempio, ho sempre ricevuto un regalo
per
Natale. Cose semplici, certo, ma sono sicuro che non provenivano ne
da zia Petunia ne da zio Vernon”.
“E
non ti sei mai chiesto chi fosse a portarli?”, chiese Ginny.
“Eccome!
Ero sicurissimo che fosse Babbo Natale, poi, però, dopo la
cosa di Dudley, ho iniziato a pensare che fosse la signora Figg a
lasciarmeli. Era l'unica persona adulta con la quale avessi a che
fare e che non mi detestasse, dopotutto! Però ora che
Hermione
mi ci fa pensare....”
“Ma
fatemi il piacere! Siete tutti andati fuori di testa?”,
sbottò
Ron. “Da Hermione posso aspettarmele, certe cose,
è
intelligente, ma sappiamo come sono le ragazze, a volte! Amano
credere a certe stupidaggini! Ma anche tu no!”
“Ah
si? Io crederei in stupidaggini, allora?! E' questa tutta la
considerazione che hai di me, Ron?!”, esclamò
Hermione,
scattando in piedi. “Sei uno stupido insensibile!”,
gridò,
e voltandosi sparì di corsa su per le scale che portavano al
dormitorio delle ragazze.
“Hermione!”,
gridò Ron, tentando di fermarla senza successo.
“Sei
il solito idiota, Ron, te lo devo dire!”, lo
rimproverò
Ginny.
Lui
guardò Harry in cerca di supporto, ma il ragazzo scosse il
capo. “Mi sa che ha ragione Ginny, amico”
“Ma
io non volevo...è lei che crede....”,
farfugliò Ron,
rosso in volto.
“Come
fai a non capire che per Hermione quello che dici e pensi di lei
è
più importante di...”. Ginny si bloccò
all'improvviso.
“Più
importante di cosa?”, chiese Ron.
“Lascia
perdere!”, esclamò lei, e divincolandosi stizzita
dall'abbraccio di Harry si dileguò.
“Più
importante di cosa?”, insistette Ron, rivolgendosi ora
all'amico.
Harry
guardò la cima delle scale, poi di nuovo lui.
“Più
importante di quello che dicono o pensano tutti gli altri. Certo che
a volte sei davvero lento!”, disse, e scuotendo il capo
salì
anche lui nel dormitorio dei ragazzi.
Rimasto
praticamente solo, eccezion fatta per due ragazzi del terzo anno che
giocavano a gobbiglie in un angolo della sala, Ron si lasciò
cadere su una poltrona. Ginny aveva detto che era un idiota, ed era
proprio così che si sentiva. Un perfetto, emerito idiota!
Perchè
non riusciva a lasciar perdere, ogni tanto? Perchè
risponderle, ribattere sempre su qualunque cosa dicesse, era
più
forte di lui?
Conosceva
il motivo. La verità era che se non si fosse comportato
così,
assecondando una parte del suo istinto, avrebbe dovuto assecondare
quell'altra parte del suo istinto, quella che gli diceva di fare
tutt'altre cose, con Hermione!
E
poi lei voleva credere a Babbo Natale...e allora? Che c'era di male,
dopotutto? Anche lui voleva credere che un giorno il manager dei
Cannoni l'avrebbe chiamato e, senza alcuna selezione, l'avrebbe
implorato di diventare il loro portiere! E a dirla proprio tutta, se
voleva essere davvero onesto con se stesso, le probabilità
che
accadesse e quelle che esistesse il vecchio grassone erano
esattamente le stesse.
E
poi c'era stata un'altra cosa che l'aveva colpito. Quello che aveva
detto Harry. Hermione teneva alla sua opinione più di quanto
glie ne importasse di quella di chiunque altro.
Per
lui era la stessa, identica cosa, ma nel suo caso non c'era nulla di
cui stupirsi! Chi non sarebbe caduto lungo disteso ai piedi di
Hermione Grenger? Lei era così bella, intelligente,
simpatica.... ok, era anche petulante, saccente e insopportabilmente
precisa, ma questo non cambiava le cose. Era assolutamente perfetta.
Pensandoci
adesso, mentre il senso di colpa cresceva, insieme con la
consapevolezza che forse, anche Hermione provava qualcosa di
romantico per lui, si sentì ancora peggio. Aveva creduto in
qualcosa, da bambina, qualcosa di bello e puro, e in mezzo a tutto
ciò che di male li circondava, questo qualcosa poteva
rinascere nel suo cuore come se fosse una speranza, la
possibilità
che la gioia della vita, quella che sta negli occhi dei più
piccoli, potesse sopravvivere al tempo e alle disillusioni.
Quello
che le aveva detto era imperdonabile, non ci sarebbe stato nulla di
strano se lei si fosse rifiutata di rivolgergli la parola per tutto
il resto dell'anno!
“Devo
fare qualcosa!”, esclamò, alzandosi in piedi in un
istante.
Si diresse di gran carriera verso il dormitorio con tutta
l'intenzione di chiedere aiuto ad Harry, ma si bloccò con un
piede sul primo scalino.
Non
aveva la minima idea di cosa fare, ma soprattutto, qualunque cosa
fosse, almeno per una volta Harry doveva restarne fuori.
Cambiò
strada, e afferrando il mantello e la sciarpa uscì dalla
sala
comune. Scese le scale, e per un pelo non venne colpito da un
calamaio in picchiata lanciato da Pix. Riuscì a scansarsi
all'ultimo momento. “Dannato poltergeist! Andate al diavolo,
tu e
Babbo Natale!”, imprecò.
“Weasleyuccio
è di cattivo umore!”, cantilenò Pix,
svolazzandogli
attorno alla testa. “Ha forse litigato ancora con la ragazza
riccia? O col ciccione rosso, visto che lo odia tanto?”
Ron
si bloccò. “Pix! Che ne sai di Babbo
Natale?”, domandò.
“L'ho
visto qua e là...”, fischiettò.
Ron
spalancò gli occhi, sbigottito. “L'hai
visto?!”
A
quel punto Pix scoppiò un una sonora risata canzonatoria.
“O
forse era solo quello scimmione di Hagrid, devo essermi
sbagliato!”,
esclamò, e volò via pronto a dare il tormento a
qualche
altro povero malcapitato.
“Dannato
poltergeist”, ripetè. Ma un attimo dopo un sorriso
splendente gli illuminò il viso.
“Ma
certo! Ecco chi può darmi una mano!”,
esclamò,
colpendosi la fronte col palmo.
In
men che non si dica corse fuori nel parco, sprofondando nella neve
abbondante che ricopriva tutto il prato e faticando non poco per
riuscire a tirar fuori i piedi dalle profonde buche in cui
scomparivano ad ogni passo.
Con
il fiato corto, arrivò finalmente a destinazione e
bussò
alla porta della capanna del guardiano.
All'interno
Thor abbaiò, e un attimo dopo la voce di Hagrid lo
zittì.
“Buono, cucciolo! Vado ad aprire!”, disse con tono
dolce.
Cucciolo!
Quel cane poteva essere tranquillamente scambiato per un pony, viste
le dimensioni!Era davvero il degno compagno del suo padrone!
Hagrid
aprì e gli sorrise . “Hey! Siete venuti a
trovarmi!”
“No,
questa volta sono solo”, disse Ron, quasi scusandosi.
Hagrid
scrutò dietro le sue spalle, ispezionando i dintorni, ma
alla
fine parve convincersene. “Oh, bèh...vuoi
entrare?”
“Si,
grazie”, rispose Ron, e si fece largo tra lo stipite della
porta e
la mole del mezzogigante.
“Vuoi
del tè e dei biscotti?”, chiese Hagrid.
Ron
spostò lo sguardo sul piatto pieno di informi biscotti che
sapeva essere in grado di scheggiargli un dente. “Solo
tè,
grazie, fa abbastanza freddo fuori”, disse, alitandosi sulle
dita
intirizzite e sfregandole tra loro.
Hagrid
riempì una grossa tazza e glie la porse.
“Allora...tutto
bene lassù?”, domandò, indicando con
gli occhi la
piccola finestra dalla quale si scorgeva il castello.
Ron
inghiottì un sorso e sentì il flusso benefico del
liquido che gli lambiva la gola. “Si, tutto
bene...”, farfugliò,
mandando giù un'altro po' di tè.
Hagrid
lo scrutò, poco convinto. “Sei sicuro?”
“Si”,
rispose Ron.
“Se
lo dici tu....”
“Ok,
non va tutto bene. Anzi, va tutto malissimo!”,
esclamò il
ragazzo, all'improvviso.
“Lo
sapevo che c'era qualcosa! Ho imparato a conoscervi, a voi
ragazzi!”,
esclamò, molto soddisfatto di se. “E visto che sei
tu, provo
ad indovinare anche qual'è il tuo problema!
Hermione!”
Ron
aprì bocca per ribattere. Ma che cavolo! Possibile che ogni
volta che aveva qualcosa che non andava, la prima cosa che veniva in
mente a tutti era che avesse litigato con lei?
Sconsolato
iniziò a sbattere la testa sul tavolo. “Siiii!
Maledizione,
si! L'ho fatta grossa, stavolta!”, piagnucolò, e
raccontò
brevemente ad Hagrid quello che era successo.
“Ok,
ho capito perchè si è arrabbiata”,
disse lui, alla
fine. “Lo sai com'è fatta Hermione, lei
è la prima
della classe, dice sempre cose intelligenti, e tu, prendendola in
giro su Babbo Natale, devi averla fatta sentire una stupida. E poi
c'è anche quell'altra cosa.....”
“Cos'è
quell'altra cosa!”, esclamò Ron, esasperato. C'era
sempre
un'altra cosa, stava imparando a capirlo a sue spese. Quella cosa cui
non riusciva mai ad arrivare da solo, o solo dopo aver combinato il
guaio.
“Sai,
non sono io che dovrei dirtelo, ma lei ha il cuore tenero quando si
tratta di te!”, disse Hagrid, arrossendo. Parlare di certi
argomenti non era mai stato il suo forte!
Ron
sospirò sconsolato. E due! Era il colmo, se se ne era
accorto
anche Hagrid! Forse, aveva seriamente bisogno di dare una scossetta
alla sua sensibilità!
“Ad
ogni modo”, proseguì il guardiacaccia,
“non ho capito come
posso darti una mano”.
Ron
prese un profondo respiro prima di parlare. Non sarebbe stato facile
convincerlo, ma per Hermione doveva almeno provarci.
“Tu
dovresti far finta di essere Babbo Natale”, disse, tutto d'un
fiato.
“Cosa?!
Ma non se ne parla!”, esclamò Hagrid.
“Ti
prego! Sei la mia unica speranza!”, lo implorò
Ron, con la
voce più pietosa che gli riuscì di fare.
“Se tu farai
questo per me io......io verrò a dare da mangiare agli
schiopodi per i prossimi tre mesi!”
Si
pentì un attimo dopo averlo detto, quelle bestiacce
avrebbero
spaventato persino una mandria di ippogrifi, ma ormai era fatta.
“Tre
mesi, eh?”, ripetè Hagrid, pensieroso.
Riluttante,
Ron annuì di nuovo.
“Ok,
affare fatto. Però devi spiegarmi come facciamo a far
credere
ad Hermione che sono Babbo Natale”.
Ron
dovette concentrarsi un attimo per riuscire a spiegare ad Hagrid il
suo piano in maniera tale da farlo suonare meno stupido di quello
che sembrava. “Dunque....”, iniziò,
“Babbo Natale è
un uomo piuttosto grosso, no? E ha la barba, no?”
“Ti
sembro grasso?”, esclamò Hagrid, risentito.
“No!
Assolutamente! Sei in splendida forma, Hagrid, solo che visto che sei
un mezzo gigante, forse qualcuno potrebbe essere ingannato dalla tua
stazza e vederti simile ad una persona....grossa?”
Aspettò
con trepidazione la risposta, trattenendo il fiato.
“Può
darsi”, borbottò Hagrid.
Ron
tirò un sospiro di sollievo e proseguì.
“Dicevo,
questo Babbo Natale ha la barba bianca e un costume rosso. Pensavo
che non dovrebbe essere troppo difficile trasfigurare i tuoi vestiti
in uno di quei buffi costumi e far cambiare temporaneamente colore
alla tua barba!”
Il
guardiacaccia lo scrutò poco convinto, ma annuì.
“Poi
c'è la storia della slitta e delle renne”,
proseguì
Ron.
“Ce
l'ho la slitta!”, esclamò Hagrid.
“Quella che uso per
trasportare le fascine quando vado a far legna nella foresta.”
“Perfetto!
Potremmo rimetterla un po' a posto e andrebbe benissimo. Resta il
problema delle renne, però”.
“Potremmo
usare degli ippogrifi!”
“Hai
ippogrifi a disposizione?”, chiese Ron.
Hagrid
si grattò la barba, poi scosse la testa. “No, sono
molto
restii a farsi vedere, l'unico è Fierob....ehmm....
Alisecco,
ma non ce la farà mai da solo, anche se facciamo alla slitta
l'incantesimo levitante”
“Ok,
che altre opzioni ci sono?”, chiese Ron, sconfortato.
“Ci
potrebbero essere i thestral, da quando è morto Sirius anche
voi potete vederli”, rispose Hagrid a bassa voce.
Era
già passato un anno, ma il pensiero di Sirius era ancora
così
doloroso per tutti che anche solo accennarlo era difficile.
“Già....”
“Però”,
proseguì Hagrid, Hermione sa come è fatto un
thestral,
e sa come è fatta una renna...non sono mica
uguali!”
Ron
ci pensò su un attimo. Era indubbio, renne e thestral non si
assomigliavano nemmeno lontanamente, ma dopotutto, Hermione, questo
Babbo Natale e i suoi animali non li aveva mai visti, davvero. Ne
aveva solo sentito parlare, per cui, le cose potevano anche stare in
maniera un po' diversa rispetto a quello che immaginava!
“Non
ha importanza, i thestral andranno benissimo!”,concluse.
“Deve
essere tutto pronto per domani sera, troverò il modo di
farla
guardare dalla finestra verso la mezzanotte, così, al buio e
da lontano, con un po' di fortuna non riuscirà a
riconoscerti”, disse Ron.
“Se
lo dici tu....”, borbottò Hagrid. “Ora,
però, devo
andare a parlare col professor Silente, vuole aggiungere qualche
albero di Natale dell'ultimo minuto, dice che con i tempi che corrono
un clima un po' più festoso non guasta”.
“Ok,
allora siamo d'accordo. Verrò qui domani pomeriggio per
preparare tutto, e domani sera Hermione avrà il suo Babbo
Natale”, disse Ron soddisfatto, e con un ultimo cenno di
saluto ad
Hagrid uscì dalla capanna per immergersi di nuovo nella neve.
-*-*-*-
Quando
tornò al castello trovò che tutto era silenzioso,
la
mancanza di gran parte degli studenti si faceva sentire, e i passi
rimbombavano cupi negli ampi corridoi. Entrò in sala comune
e
non trovò un'atmosfera migliore, forse solo una temperatura
leggermente più calda.
Salì
nel dormitorio, e quando entrò vide Harry e Seamus giocare a
carte sul letto.
“Ron,
vuoi giocare?”, chiese Seamus.
“No,
grazie”, rispose lui, sdraiandosi sul suo.
“Dove
sei stato?”, domandò Harry, sbirciandolo di
sottecchi.
“A
fare un giro”, rispose Ron.
Seamus
guardò il suo compagno di gioco, e muovendo le sopracciglia
indicò l'altro occupante della stanza. “Che gli
è
capitato?”, bisbigliò.
Harry
roteò gli occhi. “La solita storia”,
sbuffò.
“Hermione?”,
disse l'altro.
Lui
annuì, e tutti e due ridacchiarono.
“Non
sono ancora sordo, se è quello che credete”,
sibilò
Ron, continuando a voltare loro le spalle.
Seamus,
allora, appoggiò le carte sulla coperta e si rivolse
direttamente a lui. “Voi due state facendo andare tutti fuori
di
testa! Volete decidervi una buona volta? Si o no, dentro o fuori! E'
così difficile?”
Ron
si mise seduto, stizzito. “Sentite, tutti quanti! Non so cosa
vi
siate messi in testa, e d'accordo, io ed Hermione litighiamo un po'
troppo spesso, ma da qui a dire che.... a insinuare che....insomma,
da qui a quello ce ne passa!”
“Si,
certo”, sospirò Harry. “Comunque Ginny
mi ha detto che
Hermione è ancora molto arrabbiata, ti conviene starle
lontano, stasera, ma conoscendola penso che domani andrà
già
meglio”.
“Ok”,
borbottò Ron. “Ho fame, andiamo a cena?”
“Andiamo”,
risposero gli altri due, e insieme si avviarono in sala grande.
Harry
aveva ragione, Hermione non gli rivolse nemmeno uno sguardo per
tutto il tempo, si sedette persino lontana da lui, probabilmente per
evitare di dovere anche solo passargli qualcosa, come il sale, o il
burro, per esempio, e appena terminata la cena ritornò in
camera e nessuno la rivide fino al mattino dopo, a colazione.
Quando
Ron e Harry arrivarono, lei era già seduta al tavolo e stava
bevendo un bicchiere di succo di zucca, mentre mordicchiava svogliata
una fetta di pane tostato.
Harry
dette un colpetto col gomito a Ron e si allontanò, andando a
mangiare al tavolo dei Tassorosso, dove aveva adocchiato un solitario
Ernie Mcmillan.
Ron
si sedette accanto ad Hermione, afferrando la caraffa e versandosi
una generosa dose di succo.
“Ciao”,
disse, incerto.
“Buongiorno”,
rispose lei, glaciale.
Non
era un buon inizio. “Senti, per quel che riguarda quello che
ti ho
detto ieri....”, iniziò lui, ma lei lo interruppe
immediatamente.
“Non
voglio tornare sull'argomento, Ron, per favore. Il tuo punto di vista
mi è già abbastanza chiaro”, disse.
“Volevo
solo dirti che mi dispiace, e che il fatto che abbia detto che non
credo che Babbo Natale esista, non significa affatto che pensi che tu
sia una stupida”, disse lui, parlando in fretta per fare in
modo
che lei non riuscisse a fermarlo.
Lei
parve lasciar fissa la sua attenzione sul pudding che torreggiava nel
piatto al centro del tavolo, poi si rivolse a lui. “So che
non
volevi dire questo”, disse, più dolcemente.
“E non avrei
dovuto arrabbiarmi in quella maniera per una simile stupidaggine. E'
una cosa da bambini, mi piaceva l'idea, ecco tutto”.
Ron
si sentì stringere il cuore. Era stato proprio un vero
troll!
Era sicuramente tutta colpa di Fred e George, l'unico modo per
sopravvivere con loro, era stato costruirsi barriere protettive
attorno, e la sensibilità non era stata certo un lusso che
aveva potuto permettersi di coltivare!
Con
Hermione, però, era diverso. Non solo perchè era
una
ragazza, anche Ginny lo era, ma era anche sua sorella, tutta un'altra
faccenda. Il fatto era che in qualche modo, trovava sempre la maniera
di ferirla, e se c'era una persona che odiava ferire, quella era
proprio lei.
“Mi
perdoni per quello che ti ho detto, allora?”, disse lui, con
un
mezzo sorriso.
Anche
lei gli sorrise, e annuì. Non era proprio in grado di
rimanere
arrabbiata con Ron per più di 24 ore!
Dopo
che la pace fu ristabilita, trascorsero parte della mattinata in
biblioteca, e parte in sala comune. Ron e Harry si cimentarono in una
partita a scacchi magici, mentre Ginny ed Hermione si dilettarono in
non meglio definite cose da ragazze. L'ora di pranzo arrivò
in
fretta, e altrettanto in fretta sopraggiunse il pomeriggio.
Ron
guardò fuori dalla finestra. Il cielo era già
quasi
completamente buio, dovevano essere almeno le cinque del pomeriggio.
Doveva sbrigarsi, o non avrebbe mai finito tutto in tempo per la
mezzanotte.
“Ginny,
vieni qui un momento!”, disse.
Ginny
alzò la testa dalla rivista che stava leggendo e lo
guardò
scocciata. “Non ho voglia di alzarmi, vieni qui
tu!”, sbuffò.
“Per
favore, Ginny, devo dirti una cosa!”, insistette lui.
Lei
guardò Hermione e scosse il capo sconsolata, alzandosi dal
divano. “Come sei fortunata ad essere figlia unica!”
Hermione
le sorrise debolmente e guardò Ron, prima di tornare a
rivolgere la sua attenzione al libro che teneva in grembo.
“Che
c'è di così segreto che non potevi venire tu
là?”
Ron
tolse un foglietto dalla tasca e glie lo allungò.
“Quando me
ne sarò andato aspetta un po' e dallo ad
Hermione”.
“Oh
ooooh!! Hai deciso di fare la prima mossa, finalmente!”
“Non
sono affari tuoi! Daglielo e basta, ok?”
“Ok,
ok, stai calmo! E dove vai, adesso? No, aspetta, provo ad
indovinare....non sono affari miei, giusto?”,
scherzò.
Ron
le dette un buffetto sulla guancia. “Bravissima, impari molto
in
fretta! Ci vediamo domani”.
“Domani?
Non torni per cena?”, chiese lei, stupita. Da quando in qua
Ronald
Wesley saltava un pasto?!
Lui,
però, corse fuori dal buco del ritratto senza risponderle.
Tornò
al divano, si sedette e riprese a leggere l'articolo che parlava dei
dieci nuovi incantesimi per perfette
acconciature, stagione
primavera/estate.
“Dove
andava Ron, così di corsa?”, domandò
Hermione.
“Non
ne ho idea, però mi ha detto di darti questo”,
disse Ginny,
e le porse il biglietto. Ok, forse glie lo stava consegnando
leggermente troppo presto, ma dopotutto Ron aveva detto di farlo dopo
un pò, non aveva specificato quando!
Hermione
lo prese e lo aprì.
Ho
bisogno di parlarti....da soli. Per favore, vieni a mezzanotte in
cima alla torre di astronomia, ti aspetterò lì.
E' una
cosa importante. Ron.
Richiuse
il biglietto e in fretta e furia se lo infilò in tasca.
Aveva
un nodo allo stomaco, e il cuore le batteva talmente in fretta, e
faceva talmente tanto rumore, che si meravigliò di come
Ginny
potesse non sentirlo.
“Allora?
Che diceva?”, disse la ragazza, sollevando appena gli occhi
dalla
pagina.
“Cosa?
Ah, diceva...io....Ginny, non...”
“Ok,
ho recepito il messaggio. Non sono affari miei”, disse,
rimettendosi a leggere.
“No,
è solo che è una cosa...personale”,
disse Hermione,
cercando di scusarsi. Ginny era la sua migliore amica, ma non se la
sentiva di parlarle, non finchè anche lei non avesse saputo
con certezza cosa Ron avesse davvero da dirle.
“Non
c'è problema, Herm. E comunque, tu e mio fratello siete
uguali, a volte”.
Affrontando
l'insidia del prato, sommerso da una coltre di neve spessa mezzo
metro, Ron arrivò finalmente alla capanna di Hagrid e
bussò
alla porta, ma nessuno venne ad aprire.
“Accidenti,
non si sarà mica dimenticato!” Poi
sentì l'abbaiare
di Thor provenire dal retro.
Dietro
la capanna, in un punto che rimaneva nascosto alla vista del castello
dalle pareti, vide Hagrid chinato su quella che pareva proprio una
slitta. Poco lontano notò quattro thestral legati ad un
palo,
che mansueti si stringevano l'uno all'altro per riscaldarsi.
“Hagrid....”
Il
guardiacaccia si voltò per salutarlo, e notò che
lo
sguardo del ragazzo rimaneva fisso sui cavalli. “Hanno freddo
anche
loro, poverini. Avevo pensato di fare delle coperte e di mettergliele
addosso come dei vestiti. A Londra ho visto delle donne babbane
mettere cose simili ai loro cani, povere bestie! Però,
forse,
stanno più caldi, no?”
“Forse
si”, disse Ron. “Pensavo che ....può
essere che non siano
animali molto adatti per trainare la slitta di Babbo Natale. Sono un
pò.....”
“Troppo
fieri?”, tentò Hagrid.
“No,
troppo inquietanti, piuttosto. Voglio dire, se fossi un bambino,
regali o no scapperei a gambe levate davanti a loro!”
“Quando
ero bambino avrei dato chissà cosa per avere un thestral
tutto
mio!”, borbottò Hagrid.
“Ad
ogni modo, non credo che disponiamo di nient'altro, quindi andranno
bene lo stesso”, affermò Ron.
“Da
dove cominciamo?”
“Ho
sistemato un po' la slitta, il peso degli alberi l'aveva sfondata su
un lato. Io, però, non posso usare la magia, quindi per le
rifiniture dovrai cavartela da solo”, disse Hagrid.
“Non
c'è problema. Reparo”,
esclamò Ron, e una piccola sbucciatura del legno scomparve.
“Credo che ci vorrà un po' di tempo per fare un
bel lavoro”.
In
effetti ci vollero circa tre ore per completare l'opera, ma alla fine
Ron e Hagrid si guardarono in faccia, soddisfatti.
La
slitta appariva come nuova, solida e dipinta di un bellissimo rosso
sfavillante. “Ci sai fare con quella bacchetta!”,
esclamò
Hagrid.
“Per
tutto questo lavoro dovresti scontare almeno 15 giorni al mio
debito!”, disse lui.
“Vedremo”,
rispose Hagrid.
Non
era la risposta che desiderava, ma era comunque meglio che un no
categorico! “E adesso credo che tocchi ai tuoi
vestiti”.
“Non
me li rovinare, sai!”, esclamò Hagrid,
allontanandosi di un
passo. “Sono quasi nuovi, li ho comperati solo dieci anni
fa!”
Ron
lo squadrò da capo a piedi. Sembrava appena uscito da una
lotta all'ultimo sangue con una manticora! Ma non aveva ne il tempo,
ne la voglia di perdersi con un mezzogigante in una discussione sul
suo abbigliamento, quindi tentò di rassicurarlo.
“Basterà
trasfigurarli... sono pur sempre vestiti, non dovrebbe essere troppo
difficile!”, disse, sperando vivamente di apparire
più
sicuro di quello che era.
“Ok,
allora”, borbottò Hagrid, incerto.
Ron
gli puntò la bacchetta contro. “Feraverto!”,
esclamò.
Immediatamente
gli abiti di Hagrid si irrigidirono in maniera innaturale,
finchè
lui non riuscì più nemmeno a piegare un gomito.
“Cos'è
successo?!”, gridò.
“Ehm,
credo di aver sbagliato incantesimo”, balbettò
Ron,
grattandosi la nuca. “Lo abbiamo usato per trasformare
uccelli in
teiere, ho l'impressione che i tuoi vestiti siano diventati di
metallo!”
L'impresa
non si rivelò affatto facile, ma dopo parecchie ore, durante
le quali Hagrid si ritrovò persino in mutande, con un nugolo
di uccelli che gli svolazzavano attorno e una folta peluria arancione
sulla faccia, finalmente apparve un qualcosa di simile ad un vestito
rosso, e la barba assunse una tonalità bianco panna.
Ron
si sedette su un ceppo, esausto. “Che faticaccia!”
“Tu?!”,
esclamò Hagrid, stizzito. “E io? Non mi sono mai
vergognato
tanto! Io, un insegnante di Hagwarts, circondato da uno
stormo!”
“Non
era lo stormo ad essere imbarazzante, piuttosto le tue mutande!
Snasi?! Si è mai sentito di qualcuno che ha snasi disegnati
sulla biancheria?”
Hagrid
divenne rosso quasi come il suo nuovo costume. “Sono carini
gli
snasi!”, cercò di difendersi.
“Certo”,
ridacchiò Ron.
“Si,
carini”, borbottò Hagrid tra se e se.
“Che
ore sono?”, domandò Ron, alla fine.
Hagrid
estrasse il suo grosso orologio da taschino e strabuzzò gli
occhi. “Sono già le undici e mezzo! Dobbiamo
attaccare i
thestral alla slitta se vogliamo fare in tempo a decollare prima
della mezzanotte!”
“Muoviamoci,
allora”, disse Ron, rialzandosi a fatica e ripromettendosi di
stare
molto più attento, da quel momento in poi, alle lezioni di
trasfigurazione. Hermione ci avrebbe messo dieci minuti a fare
ciò
che a lui aveva occupato ore!
Hagrid
slegò gli animali, che docili lo seguirono fino alla slitta.
Non ebbe difficoltà ad attaccarli, erano abituati a trainare
le carrozze di Hagwarts, e anche per questo motivo, in fin dei conti,
erano molto più adatti al compito degli ippogrifi.
“Perfetto,
adesso devo solo far levitare la slitta, così potranno
trascinarsela dietro senza che sia lei a trascinare loro a terra, in
picchiata!”, disse Ron.
Puntò
la bacchetta ed esclamò, “Slitta
Locomotor!”,
e la vide sollevarsi da terra di quasi mezzo metro.
“E
io dovrei salire lì sopra, adesso?”, chiese
Hagrid,
scettico.
“Il
piano era questo”.
“Non
so se reggerà...insomma, non sono grasso, ma sono pur sempre
abbastanza pesante!”
“L'incantesimo
non è tarato in base al peso. Solleva le cose e basta, non
importa quanto siano grosse o ingombranti”, spiegò
Ron.
Hagrid
si avvicinò con diffidenza, ma appena appoggiò un
piede
sul bordo della slitta, quella oscillò pericolosamente di
lato, facendogli quasi perdere l'equilibrio.
“Eh,
no!”, esclamò. “Io lì sopra
non ci salgo! E se si
rovescia? Non ho mica le ali come loro!”,
protestò,
indicando i cavalli.
“Ma
Hagrid! Me l'avevi promesso! Non posso fare questa cosa senza di
te!”, esclamò Ron, disperato.
“Vorrei
farlo, te lo giuro, ma l'altezza mi ha sempre spaventato a
morte!”,
ripetè lui. “Soprattutto su mezzi poco stabili
come questo!”
“Giochi
con le acromantule come se fossero dei cucciolotti e ti spaventa
l'altezza?!”, protestò Ron. Mancava poco meno di
un quarto
d'ora a mezzanotte, e le speranza di decollo si allontanavano sempre
di più ogni secondo che passava.
All'improvviso,
però, un forte rumore li prese entrambi alla sprovvista, e
quando si voltarono nella direzione da cui era parso provenire
rimasero letteralmente sbigottiti.
Una
meravigliosa, lucida e perfetta slitta rosso fuoco, molto
più
grande rispetto alla loro, era atterrata nel grande prato,
proveniente da chissà dove, e trainata da otto magnifiche
renne.
“Oh,
miseriaccia!”, esclamò Ron, cadendo col sedere
nella neve.
E
fu ancora più stupito quando riconobbe i due uomini che
stavano scendendo.
Il
primo, quello più alto, era senza dubbio Albus Silente, il
preside di Hogwarts. La sua veste color porpora spuntava appena dal
lungo cappotto bordato di pelliccia, gli occhiali a mezzaluna
appoggiati come sempre sul naso, a conferirgli quella sua tipica
espressione sorniona. Ma l'altro....l'altro era certamente.....
“Babbo
Natale!”, mormorò Ron, tentando di rialzarsi.
“Babbo
Natale, o Claus Hallowsson, signor Wesley, come preferisce”,
disse
calmo Silente.
“Io...non
credevo...non pensavo...”, balbettò Ron, riuscendo
finalmente a rimettersi in piedi.
“Non
pensava che esistesse davvero colui che i babbani chiamano Babbo
Natale? Si, ne sono a conoscenza”, disse lui, rivolgendo un
largo
sorriso ad Hagrid.
“Deve
essermi scappato”, borbottò il guardiacaccia,
guardandosi
imbarazzato la punta degli stivaloni neri.
“Ma
allora è tutto vero!”, esclamò Ron,
finalmente
persuaso che quello che stava vedendo non era solo il frutto di
qualche strana pozione allucinogena che poteva avere assunto per
sbaglio, chissà quando. “E come....come
è possibile!”
Per
la prima volta, l'uomo chiamato Babbo Natale parlò.
“Nella
stessa maniera in cui è possibile che tu voli su una scopa,
o
trasformi i vestiti di questo simpatico guardiacaccia in un costume
rosso! Magia!”
“Dunque...dunque
lei è un mago?”, domandò il ragazzo,
stupito.
Dopotutto, Hermione aveva avuto ragione anche questa volta!
“Un
mago potente, che proviene da una famiglia di maghi potenti originari
della Finlandia”, intervenne Silente. “Claus ha
già fatto
da Babbo Natale a tre generazioni di bambini”.
“Ma
non capisco”, disse Ron. “Credevo che esistesse da
molto più
tempo!”
“Infatti,
signor Wesley!”, rispose Silente. “Vuoi
spiegarglielo tu?”,
disse poi, rivolgendosi all'altro.
Sotto
la folta barba bianca, Ron intravide un sorriso gentile. “Da
molte
generazioni, ormai, la mia famiglia ha deciso di svolgere questo
compito. Io sono il quinto Babbo Natale mai esistito, per la
precisione.”
“E
perchè la sua famiglia ha deciso di fare....di fare quello
che
fate?”, domandò Ron, sempre più
curioso.
Lui
sorrise di nuovo. “Tanti e tanti anni fa, i babbani non
avevano
ancora inventato tutte le cose che hanno adesso. Non vivevano
comodamente nelle loro case con la televisione, il riscaldamento, la
radio, l'automobile e il forno a microonde. Ma credevano nella magia,
nel bene e nel male che da essa si generava. Tutti. Così, i
miei antenati, hanno deciso che, almeno una volta all'anno, questa
magia sarebbe andata loro incontro, toccandoli per davvero. Poi le
cose sono cambiate”.
“Cambiate?”
“Piano
piano tutti hanno cominciato a dimenticare, a non credere
più,
a voler spiegare tutto con leggi e formule. E questa è stata
una cosa buona, da un lato, perchè ha permesso loro di
inventare, crescere e migliorare la loro vita. Ma purtroppo hanno
lasciato indietro molti dei loro sogni, hanno messo da parte tutto
quello che non riuscivano a capire”.
“Ma
allora...allora perchè lei continua a farlo?
Perchè lo
fa, se nessun babbano crede più nella magia?”
“Oh,
non ho detto che nessun babbano crede più nella
magia!”,
affermò Babbo Natale. “I bambini ci credono!
Tutti, e
naturalmente! La maggior parte smette di farlo, ad un certo punto, ma
alcuni no. Alcuni si scoprono maghi loro stessi, altri sapranno
semplicemente che quel qualcosa che noi chiamiamo magia è
lì,
da qualche parte. E lo ricorderanno per tutta la vita”.
Silente
guardò l'orologio che portava appeso al collo.
“Mancano
cinque minuti a mezzanotte, signor Wesley. Credevo che avesse un
impegno improrogabile!”
“Si..cioè,
Hagrid doveva aiutarmi ma poi...”, farfugliò Ron.
“Credo
che Hagrid dovrà rimanere qui con me. Ho una voglia
improvvisa
di conoscere tutto sui thestral, questa sera!”, disse
Silente. “Ma
se per lei fa lo stesso, signor Wesley, Claus potrebbe accompagnarla
al suo appuntamento!”
Babbo
Natale salì sulla slitta con movimenti sorprendentemente
agili
per la sua età, e tese la mano a Ron che, riluttante, la
afferrò e vi si isso sopra. “Nasconditi
lì sotto, le
farai una bella sorpresa!”, disse.
Ron
si sedette sul fondo della slitta, e iniziò a sentirla
tremare.
“Oh,
oh! Blitzen, Dasher! Forza!”, gridò, e prima che
se ne
potesse rendere conto stavano virando sulle guglie del castello. Era
sorprendente come un mezzo così massiccio ed impacciato
sulla
terra potesse dimostrarsi così agile e aerodinamico in cielo!
“Dove
dobbiamo andare?”, gridò Claus, per sovrastare il
turbinio
del vento.
“Alla
torre di astronomia”, rispose Ron, sollevandosi un po' per
dare una
sbirciata all'esterno. Si vedevano solo le luci del castello, tutto
il resto era immerso nell'oscurità più assoluta.
Babbo
Natale indirizzò le sue renne verso la torre di astronomia,
e
Ron aguzzò la vista. Per un attimo temette che Hermione non
ci
fosse, poi, però, man mano che la distanza diminuiva,
riuscì
a scorgere, i contorni scuri di una figura, delineati dalla luce che
proveniva dalla porta alle sue spalle.
“Stai
giù, adesso!”, disse Babbo Natale, e un attimo
dopo, tirando
le redini ed emettendo un suono con la lingua, simile ad uno
schiocco, la slitta si bloccò, fluttuando nell'aria
invernale,
proprio davanti alla torre.
“Salve
signorina Grenger”, disse lui, gaio, “ben
ritrovata!”
Per
un attimo Hermione tacque, evidentemente troppo stupita per dire
qualunque cosa, poi Ron sentì la sua voce.
“Ma
tu sei...tu sei davvero Babbo Natale?”, la sentì
domandare.
Tipico
di Hermione, doveva sempre fare domande!
“Credi
che io sia un impostore?”, rispose lui, divertito.
“No!
Assolutamente! E' solo che non ero sicura che.....”
“Pensi
che un impostore potrebbe sapere che nel Natale del 1987, quando
avevi appena otto anni, tra gli altri, hai ricevuto in regalo il tuo
primo libro sulla storia delle streghe?”
Ron
potè solo sentire un sussulto nella voce di Hermione, ma
avrebbe dato qualunque cosa per vedere lo stupore e la gioia dipinti
sul suo viso.
“E
le pantofole a forma di coniglio, l'anno successivo”,
mormorò
lei.
“Ed
un ciondolo di ametista l'anno dopo ancora”,
continuò lui.
“Poi
ho scoperto di essere una strega”, terminò lei, e
per un
attimo calò il silenzio.
Fu
Babbo Natale a spezzarlo di nuovo. “Ma ho ancora un altro
regalo da
farti, Hermione. Forse il più importante di
tutti.”
Allungò
il braccio verso Ron, lui afferrò la sua mano e si
alzò
in piedi.
Fu
allora che Hermione potè solo guardare,
rimanendo,probabilmente per la prima volta nella sua vita, senza
parole.
Ron
le sorrise, arrossendo fino alla punta delle orecchi.
“C...ciao”,
mormorò.
“Ron...”,
disse lei in un respiro.
La
slitta si avvicinò di più al cornicione,
finchè,
con un balzo, il ragazzo atterrò sul piancito della torre.
“Le
piace il suo regalo, signorina Grenger?”, chiese Babbo
Natale,
bonario.
“Io...si.....si!”,
esclamò lei, muovendo un passo verso Ron, ancora incredula.
“Il
signor Wesley desiderava talmente tanto che noi due ci incontrassimo
che non ho potuto fare a meno di accontentarlo!”,
continuò
lui, “e sono molto felice di averlo fatto. Ho sempre saputo
che lei
sarebbe diventata una strega, la magia, attorno a lei, era
nell'aria!”
“La
magia era nell'aria...”, ripetè lei, con gli occhi
che le si
riempivano di lacrime.
“Come
è nell'aria adesso, attorno a voi...dentro di
voi!”, disse.
Ron
guardò Hermione e le tese la mano. I loro occhi si
incontrarono e sorrisero, e lei unì le sue dita a quelle di
lui. “Grazie”, mormorò.
“Bene
ragazzi miei”, disse alla fine Babbo Natale, “Si
è fatto
tardi, e il mondo è vasto, per quanto la bacchetta possa
aiutarmi se non mi sbrigo non finirò in tempo per
l'alba!”
“Io
volevo...volevo ringraziarla per essere venuto”,
iniziò Ron,
ma l'altro lo fermò.
“Non
devi ringraziarmi, ho fatto solo il mio lavoro! Ho consegnato un
regalo a qualcuno che lo meritava! Arrivederci, e buon
Natale!”,
disse, e in una nuvola di vento e neve scomparve, inghiottito dalla
notte.
Hermione
lo vide scomparire, ma il suo cuore era talmente colmo della gioia
più grande e meravigliosa che avesse mai provato che senza
riflettere nemmeno per un momento buttò le braccia al collo
di
Ron e lo attirò a se, baciandolo con tutto il trasporto e la
passione che sentiva per lui.
Fu
un momento, nemmeno un minuto, ma parve durare all'infinito. Quando
si separarono lui era allibito, ma lei gli accarezzò i
capelli, e di nuovo gli sfiorò le labbra. “Nessuno
ha mai
fatto una cosa del genere per me. Sei stato fantastico,
davvero”,
sussurrò, sfiorandogli la pelle.
“Io...non
volevo che tu fossi triste, e invece è quello che faccio
sempre. Mi dispiace di non sapere mai fare la cosa giusta”,
disse
lui, chiudendo gli occhi. “Ma ci proverò, te lo
giuro”.
Gli
bastava sentire il calore che lei emanava, sentire il suo profumo
portato dal vento. Non aveva bisogno di nient'altro.
“Solo
se tu non ci fossi sarei veramente triste. E Babbo Natale aveva
ragione, sai?”
“Su
cosa?”
Lei
sorrise. “Apri gli occhi, voglio guardarli mentre te lo
dico”.
Lui
socchiuse piano le palpebre, finchè il suo sguardo non
incontrò quello di lei. “Ti amo, Ronald Wesley, e
non avrò
mai nessun regalo più importante di te”, disse.
Lui
l'abbracciò stretta, assaporando il Natale più
bello
della sua vita.
“Anche
io ti amo, Hermione”, mormorò, “e la sai
una cosa?”
“Cosa?”,
chiese lei.
“Anche
questa volta eri tu ad avere ragione! Sei sempre la solita so tutto
io”, rise, trascinandola dentro, nel tepore del castello.
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