Disclaimer: I fatti riportati di seguito
non sono fatti realmente accaduti. La maggior parte delle cose narrate
è di mia invenzione. Hayley Williams, Josh e Zac
Farro, Taylor York e Jeremy Davis sono personaggi realmente esistenti
ma con questo scritto non intendo dare un'idea neanche vaga del vero
carattere dei personaggi, e non scrivo a scopo di lucro.
Avvertimenti:
Ho la
febbre, non so che fare, allora mi somo messa le cuffie e ho scritto
questa cosa, spero vi piaccia, ci vediamo a fondo pagina.
***
Siamo scesi dal palco
due minuti fa, e ancora non mi sembra vero. Ho le mani fredde e sento
il cuore in gola battermi all'impazzata.
«
Questo sarà l'ultimo show che faremo, dopodiché
lasceremo la band »
Quelle parole mi
risuonano in testa fredde e spietate, mentre il volto dispiaciuto di
Zac mi fa capire che lui non avrebbe voluto farlo, non avrebbe voluto
finire tutto così.
Mi sono detta di non
impazzire, l'ho promesso a Taylor e a Jeremy, ma nemmeno loro sembrano
troppo in grado di farmi stare bene.
Sono in camerino e
sono da sola, mi guardo allo specchio e non mi riconosco. I capelli
rosso fuoco ci sono ancora, ma gli occhi sono rossi e gonfi: appena
scesa dal palco sono scoppiata in lacrime, e sono corsa qui. Non so se
gli altri mi abbiano visto, ma non mi interessa.
Sto tremando, non ho
mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita; o forse
sì, quando mio padre è uscito di casa per
l'ultima volta; quando mia madre gli urlava dietro di andarsene, ho
provato questa stessa sensazione. Sensazione di abbandono. Di qualcosa
che si rompe ed è destinato a non tornare mai più
come prima.
Mi guardo intorno e
decido in un lampo: ho la mia valigia e il necessario per andarmene da
qui, non so per quanto tempo, non so dove. Ma mi volto e apro la
valigia sopra al piccolo divano giallo a fiori dietro di me, comincio a
riempirla di cose a caso mentre ricomincio a piangere a dirotto. Alcune
lacrime bagnano i vestiti, e sento il fiato mancarmi. Appena ho fatto
la chiudo e tiro la zip. Esco e mi avvio a passo spedito verso l'uscita.
Quando vedo Taylor
avvicinarsi a me con il volto preoccupato, cerco di allungare il passo
e guardo dritta davanti a me. Non voglio che mi veda così,
non voglio che sappia dove vado, non voglio che glie ne importi niente.
« Hayley!
» mi chiama, sta urlando. Accelero.
« Hayley!
Dove stai andando? » Ora è molto vicino.
Mi supera, mi si para
davanti, e mi blocca le spalle con le sue mani ampie e forti,
così sono costretta a guardarlo negli occhi, anche se
dapprima cerco di guardare basso.
Continuo a piangere, e
di solito a questo punto la gola comincia a chiudersi, respiro a
fatica, è come un attacco d'asma, mi succede spesso quando
mi agito troppo, e lui lo sa.
« Calmati
» mi sussurra.
Sente i miei
singhiozzi, e credo che da fuori facciano quasi paura. Mi fanno
spaventare da sola, credo che da un momento all'altro rischi di
soffocare.
Mi divincolo, non
sembro riuscirci. Mi abbraccia, o almeno ci prova. Mi tiene stretta a
sé dentro le sue braccia, e quasi mi sento meglio. Per una
frazione di secondo cedo al tepore di un corpo che cerca di consolarmi,
ma mi dico che tutto quello non esiste. Che in questa vita l'abbandono
è l'ultima fase di ogni ciclo. Tutto, alla fine,
è destinato a morire come è iniziato, con la
stessa facilità. Questo è quello che la vita mi
ha insegnato, e proprio per questo mi divincolo, e lui mi facilita il
lavoro, non oppone troppa resistenza.
Mi libero e riprendo a
camminare, mi blocco sul posto quando lo vedo: Josh. Zac è
poco più distante.
E' uno sguardo che non
riesco a sostenere, ma è come una pugnalata. Così
esco dalla porta sul retro dove sono sicura che non ci siano fans ad
aggredirmi o semplicemente a vedermi in quello stato, ma l'impatto con
quegli occhi è stato così forte che appena mi
chiudo la grande porta blu alle spalle cado contro la parete e striscio
a terra, e la valigia mi scivola di mano. Mi chiudo su me stessa e
piango, piango come non ho mai fatto in vita mia, piango
perché magari è tutto uno scherzo.
La consapevolezza
è troppo forte, quegli occhi erano troppo veri per essere
uno scherzo.
Sto un po'
lì, e mi sento alla deriva.
Sento il rumore della
porta che si apre e mi rialzo di scatto. Credo sia Jeremy, l'ho visto
con la coda dell'occhio, allora inizio a correre.
« Hayley!
Hayley! Frema! » sento che urla e inizia a corrermi dietro.
La stazione
è a pochi metri da qui, l'ho vista quando siamo arrivati, e
ci provo con tutta me stessa a correre più veloce di lui,
anche se so che mi raggiungerà, che sarà troppo
tardi, e che quella sua voce e quel suo calore mi inganneranno di nuovo.
Corro a perdifiato,
questa volta sono sicura di lasciarci la pelle, sento che sto per
morire di crepacuore.
Arrivo alla porta
della stazione, cerco di aprirla più in fretta che posso, ma
un mano mi prende il braccio e mi ferma. Rimango a pochi centimetri dal
vetro della portafinestra e non mi volto. Lui non mi tira via, non
cerca di farmi muovere, e io sto lì impalata, senza provare
ad entrare.
« Dove cazzo
stai andando, si può sapere? » le sue parole sono
dure, ma il tono di voce è dolce come quello di un padre.
Un padre, ecco cosa.
Agli inizi dei
Paramore ero eccitata all'idea di iniziare una nuova avventura. Per
qualche mese sono sta assieme a Jeremy, e la vita era all'improvviso
diventata magnifica. Dopo tutto quel tempo, ero tornata a sorridere
come quando ero una bambina. E tutto per lui, perché avevo
Jeremy. Perché era più grande di me, e
perché quando mi abbracciava mi sentivo al sicuro, meno in
preda al mondo crudele. Perché era il mio principe azzurro.
Era il padre che non avevo mai avuto.
Poi l'avevo capito,
con la psicanalisi, con l'aiuto di gente che questa cose le sa meglio
di me. Allora l'avevo lasciato perdere e mi ero messa l'anima in pace.
La ferita si era rimarginata, avevo riallacciato i rapporti con mio
padre, stavo bene.
Ma ora, ora
è come rivivere tutto da capo, è come vedersi
sconfitti per l'ennesima volta, è come cadere in una baratro
e sapere che stavolta no, non ne uscirò viva.
« Forza,
vieni con me » mi dice, e mi allontana dalla porta.
« No!
» urlo mentre strattono via il braccio dalla sua presa e mi
volto.
Lui mi guarda,
probabilmente guarda i miei occhi gonfi e rossi, e il suo volto mi fa
capire che è spaventato più di me. Non credo mi
abbia mai vista in queste condizioni.
« Ehi,
Hayls.. » mi fa, con tono dolce mentre cerca di attirarmi a
lui.
« No!
» urlo di nuovo, ma lui non molla, ci riprova, ancora e
ancora, finché io sbotto.
« E' sempre
la stessa storia! Siete tutti qui per recitare una parte! Basta!
»
« Hayley,
cosa stai dicendo? »
Abbasso un po' il
tono, e parlo a stento, interrotta dai singulti.
« Mi state
abbandonando tutti... uno per uno. Prima mio padre, poi Josh, e Zac...
forse anche mia madre ha iniziato... a lasciarmi quando mio padre se
n'è andato. E lo farai anche tu... e anche Toaylor. Ma
stavolta non mi faccio fregare... non cedo al bene che vi voglio,
perché so che è sbagliato... volere bene a
qualcuno pur sapendo che... ti abbandonerà, prima o poi! Hai
capito??... Stavolta non mi fregate! » dico, e inizio a
battere i pugni sul suo petto, sperando di fargli male, anche se mi
accorgo di non riuscire neanche ad infastidirlo.
« Non mi
abbindolate, stavolta, no! » continuo a ripetere,
più per me che per lui.
« Hayls...
» mi sussurra e mi abbraccia, e stavolta non oppongo
resistenza perché non ne ho le forze. Mi chiudo nel suo
abbraccio, mi faccio cullare, consapevole di sbagliare, consapevole di
non doverlo fare.
Affondo il volto sul
suo petto e piango, meno forte di prima, meno disperata. Inizio ad
arrendermi un po'.
E' uno di quei momenti
che ho provato poche volte in vita mia: essere confortata da qualcuno,
qualcuno che possa sostituire la figura che ti è mancata per
tutta la vita. Ed esserne consapevoli, ma non poter far niente per
cambiare le cose, forse è anche peggio.
« Certe cose
non devi neanche pensarle. Io sarò qui accanto a te, sempre!
Non me ne andrò come ha fatto tuo padre o come hanno fatto
Josh e Zac. Io non sono loro. Sai che morirei pur di non vederti triste
»
Lui lo dice, e colgo
la bugia nelle sue parole.
Jeremy ha una moglie
dalla quale sta per avere un figlio, e la prima ferita che mi ha
inferto è stata giorni fa, quando Josh ha annunciato il
fatto, e lui, invece che starmi vicino, è dovuto andare da
sua moglie. Non glie ne faccio una colpa, perché non ho
questo diritto. Eppure vorrei tanto poterlo fare.
La sua colpa, proprio
in questo momento, è di dire bugie, come tutti. Non
potrà starmi vicino, è impossibile.
Sto zitta e mi cullo
un po' in quel tepore, lui mi stringe forte come per farmi capire che
rimarrà con me per sempre. Una nuova bugia, una nuova
illusione.
« Forza,
andiamo verso la spiaggia, facciamo quattro passi » dice, e
io lo seguo senza fiatare, ancora stretta nel suo abbraccio.
Facciamo pochi metri e
sentiamo dei passi di qualcuno che ci corre dietro, io non capisco bene
cosa sta succedendo.
« E' Taylor
» mi dice Jeremy. Lo sento voltarsi ed esclamare: «
Oh, merda! », ma non mi volto, aspetto che sia lui a
raggiungerci.
« Taylor ma
che diavolo hai fatto? »
Solo in quel momento
mi volto e lo vedo, Taylor. Quel ragazzino che non voleva crescere,
quello innocente e infantile, con il volto più vecchio di
cent'anni.
Ha un occhio nero e
gonfio, l'altro rosso e irritato per le lacrime, pure il suo. Mi viene
spontaneo avvicinarmi ed abbracciarlo come fosse mio figlio.
Ecco, questa
è una catena: padre figlia madre figlio. E nella
consapevolezza del nostro agire sbagliando, nella consapevolezza del
nostro bene morboso ed eccessivo, ora siamo uniti come in un corpo
solo.
Jeremy si avvicina e
ci abbraccia tutti, e in quel momento credo che anche la mia mente ceda
all'inevitabile. Ora comincio a credere che forse, in tutto questo
dolore e in tutta questa falsità qualcosa di vero ci sia, e
chiamarla amicizia sminuirebbe il significato di quel che è
realmente.
Sciogliamo l'abbraccio
e iniziamo a camminare verso la spiaggia. Ormai è tardi, si
sta per fare giorno, me lo sento.
« Cosa hai
fatto, allora, ce lo dici? » chiede Jermy, imprudente.
Taylor abbassa lo
sguardo e tira su col naso lentamente, stando attento al dolore
sull'occhio. Gli si inumidiscono gli occhi.
« Ho
litigato... con Zac »
E quelle parole, in
quel momento, ci trafiggono tutti. Perché significa che
è davvero finita, perché se Zac e Taylor hanno
litigato, i due inseparabili, allora non c'è speranza per
nessuno.
Non chiediamo altro,
sarebbe eccessivo. Quando le acque si saranno calmate ci
sarà tempo per le domande.
Continuiamo a
camminare, e allora vedo una fontanella. Tiro fuori dalla valigia una
mia maglia a righe gialle e nere e la pongo sotto al getto d'acqua
gelida, poi torno da loro e do la maglia a Taylor, che se la mette
sull'occhio. Fa una smorfia di dolore.
Il cielo si sta
rischiarando, e la spiaggia comincia a prendere forma sotto i nostri
occhi. C'è un pontile, qui ad Huntington Beach, che
è il più famoso del mondo, forse.
Come nelle serie TV,
ci togliamo le scarpe e lo raggiungiamo. Ci mettiamo con i piedi a
penzoloni e guardiamo il mare.
Ci chiediamo cosa ci
sia rimasto da dire.
Ci chiediamo che
giorno sarà domani.
Ci chiediamo cosa ne
sarà di noi e come faremo a rimettere insieme i cocci delle
nostre esistenze.
Ci chiediamo
perché la vita sia così ingiusta.
Nessuna di queste
domande avrà mai una risposta, e questa è l'unica
consapevolezza.
Mentre il sole sorge,
mi dico che forse una speranza c'è. C'è sempre un
modo per andare avanti. Ma è il pensiero di un attimo, uno
spiraglio di luce nel buio della mia vita, e scompare all'improvviso
lasciando cenere, come se non fosse mai esistito.
Guardo gli altri, e m
dico che loro sono la mia famiglia, nonostante tutto.
Alla fine, l'illusione
ha avuto la meglio, e in fondo al cuore, so che non c'è
niente di così sbagliato.
***
Note: Bene, se
siete arrivati fino a qui avete coraggio da vendere! Non so che
pensare, non so se mi piace o no, quindi fatemi sapere la vostra con
una recensione qua sotto, ve ne sarei grata. ^^
|