FIGURINE
L’acqua
della doccia aveva appena cominciato a scrosciare dietro alla porta
chiusa del bagno, e avrebbe continuato a farlo per una decina di minuti
buoni, forse anche di più. A Jen il discorso del risparmio
dell’acqua proprio non andava giù;
l’acqua la pago e ne uso quanta mi pare, diceva.
Phil
recuperò la sua giacca, appesa ordinatamente sullo schienale
di una sedia, e tirò fuori le figurine di Capitan America.
Si sentiva insieme stupido e contento, mentre lisciava il copriletto e
gliele stendeva sopra in ordine, lasciando uno spazio dove ce
n’era una mancante.
Erano
così… come aveva detto Pepper?
“Deliziosamente vintage”. La prima (ossia la numero
11), quella che aveva dato il via alla collezione, era di suo padre.
L’aveva comprata e poco dopo era partito per la guerra, a
liberare l’Europa dai nazisti, e si era trovato a Mauthausen,
nel ‘45. Lì i racconti di suo padre si
interrompevano. “Non potete nemmeno immaginare cosa ho
visto”, diceva, e basta.
Phil
pensava che, se adesso faceva il lavoro che faceva, era
perché suo padre era tra quelli che erano finiti a liberare
Mauthausen; sospettava che, se invece che là suo padre
fosse finito a Montecassino, anche la sua vita sarebbe andata
diversamente.
Non si accorse
che l’acqua aveva finito di scrosciare; se ne rese conto solo
quando sentì aprirsi la porta del bagno e vide Jenna uscire,
avvolta in un asciugamano e bella come il sole, e fissarlo con un
sorriso e il sopracciglio alzato. Phil abbassò gli occhi
sentendosi vagamente colpevole.
Era in mutande
sul letto disfatto di una ragazza bellissima, e guardava figurine.
-Non ci posso
credere… Capitan American Pie? Ancora?
Si strinse
nelle spalle, imbarazzato.
-Potresti far
finta di non avere visto niente, io adesso le rimetto nella tasca della
giacca e sarà come se non fosse mai successo. Eh?
-E se io non
volessi farlo cosa faresti, Agente Phil Coulson? Mi sparaflasheresti in
modo che dimentichi quello che ho visto?
-Ti confondi,
Jen. Quelli sono i Men In Black, io lavoro per la SHIELD.
Lei rise.
Com’era bello il suo viso quando scoppiava a ridere
così, senza preavviso. Aveva provato a descriverlo a Pepper,
si era impappinato, ma lei aveva detto che aveva capito e Phil non ne
dubitava, Pepper capiva sempre tutto. Jenna saltò sul letto,
scompigliando l’ordine delle figurine e rischiando di
schiacciarne un paio; Phil trasalì leggermente.
-Fammi
vedere… ooooh, ma guardalo, quanto è
meravigliosamente WASP! Chissà cosa deve aver pensato uno
così di mio nonno, quando arrivò a Ellis Island
con la sua valigia di cartone!
-Niente,
perché tuo nonno è arrivato dopo la guerra e lui
era ancora ibernato nei ghiacci polari.
-Ma spiegami
un po’ questa faccenda che l’avete ritrovato e
sghiacciato? Ma cos’è, una fetta di petto di
pollo? Amò, escimi Capitan America dal freezer!
Quando si
metteva a fare l’accento italiano Phil l’avrebbe
presa, rovesciata sul letto e fatto cose che voi umani, altro che i
bastioni di Orione. Come in “Un pesce di nome
Wanda”, ma al maschile.
Le
scostò i capelli bagnati dalla spalla e la baciò
sul collo.
-Non posso
spiegarti questa faccenda, quello che sarà reso pubblico
entro breve già lo sai, il resto non posso rivelarlo. Sai
che ogni tanto vado a vederlo dormire?
Lei lo spinse
via facendo una faccia disgustata. Alzò le sopracciglia.
-Lo sai che
c’era uno in un libro che faceva la stessa identica cosa, e
che questo libro è “Twilight”?
Phil si
sentì arrossire.
-Ma…
ma non è che lo vado a guardare in quel senso lì!
Comunque devo ancora capire cosa c’è che non ti
piace in Capitan America, voglio dire, che cos’ha di male?
Lei
sbuffò, sventolandogli una figurina (la 34) sotto il naso.
Con una posa da Discobolo greco nella sua tutina attillata e
l’espressione agguerrita, Capitan America si preparava a
lanciare il suo scudo contro qualche cattivone teutonico.
-Ma insomma,
Phil… questo non è un uomo, è un
cliché! È un po’come se mio nonno
avesse la coppola, la lupara, mangiasse limoni tutto il giorno e
volesse ucciderti per avere attentato alla mia virtù!
Lui
ridacchiò. -Guarda che tuo nonno è
così. Me l’hai detto tu!
-...No. La
lupara non ce l'ha. Credo. Ha una pistola normale, come tutti. Tu,
piuttosto, non tremi davanti alla minaccia della possibile lupara di
mio nonno?
A Phil venne
da ridere; cercò di trattenersi ma non ci riuscì
molto bene.
-No,
non direi-, disse soltanto. Lei roteò gli occhi al cielo e
trattenne con una mano l’asciugamano che stava cadendo.
Poteva lasciare che l’entropia facesse il suo dovere,
pensò Phil.
-Oh, cielo,
certo, scusa, dimenticavo… tu lavori per la SHIELD e non mi
puoi dire quello che fai perché-, scimmiottò la
sua espressione, -è un segreto governativo e poi dovresti
uccidermi. Suppongo che sconfiggeresti un uomo armato di lupara usando
solo una graffetta e una gomma da masticare, come Mc Guyver.
-Jenna…
-…Non
essere irragionevole, se potessi te lo direi, è anche per il
tuo bene, credimi, sia mai che ti catturino e ti torturino e allora
sveleresti tutti i segreti che ti ho rivelato, compresa chi
è la mamma in “How I meet your
mother”… ok, ho capito.
Phil tacque.
Non voleva dirle che ci era andata parecchio vicina, aveva paura che
poi lei si spaventasse, fuggisse e non tornasse più.
Però se continuava con tutti quei segreti si sarebbe
stancata e se ne sarebbe andata lo stesso; valutò la
possibilità di dirle almeno chi era la mamma, visto che
nello SHIELD si vociferava che Maria Hill lo sapesse.
Lei gli diede
una leggera gomitata e si appoggiò alla sua spalla.
-E allora,
questo Meraviglioso e Fantasmagorico Capitan America?
Phil le fu
immensamente grato per il cambio di argomento. Fissò le
figurine, pensieroso.
-Senti,
Jen… tuo nonno era povero, no? Me l’hai detto tu.
È arrivato in America e le uniche cose che possedeva le
aveva indosso. Poi si è impegnato e ha fatto un sacco di
soldi, e come li ha usati?
-Ah, quindi ti
ricordi quando ti racconto le storie della mia famiglia! E io che
pensavo di essere noiosa!
Phil sorrise.
Jen avrebbe potuto leggergli l’elenco del telefono e nemmeno allora gli
sarebbe sembrata noiosa; comunque non lo era.
-Ci ha fatto
studiare tuo padre e gli altri figli. Ha fatto investimenti oculati. Ha usato il suo
denaro nella maniera migliore, perché sa cosa significa
essere poveri e conosce il valore di quello che ha. Ricordo male?
-Sono
stupefatta. Nella SHIELD non scherzano, eh, quando assumono personale!
-Scema.
Capitan America in un certo senso è come lui. Solo che
è americano.
Jenna, con le
sue mani da violoncellista con le dita lunghe, che lui aveva cercato di
descrivere a Pepper ma poi aveva trovato più semplice farle
vedere una foto e via, scombinò qualche figurina.
-Nel senso che
era povero?
-Nel senso che
era debole. Prima di… Jen, non posso scendere nei dettagli,
ma era davvero debole. Faceva domanda per entrare
nell’esercito, era il ’42, accettavano tutti, e lui
l’hanno respinto nove volte.
Lei prese una
figurina in cui Capitan America figurava in tutta la sua muscolatura
fasciata di azzurro, mentre sollevava un carrarmato tedesco (la numero
7).
-E poi? Gli
hanno dato da mangiare tantissimi spinaci?
-Diciamo di
sì. Il punto è che è diventato forte.
Poteva usare la sua forza per fare il bullo in giro, e invece no.
Poteva dimenticare di essere stato debole, ma non l’ha fatto.
Ha sempre fatto ciò che era giusto.
-Ha sempre
fatto quello che gli dicevano di fare. È un soldato.
Obbedisce agli ordini. Signorsì signore.
-Non
è questo il punto. Capitan America sa cosa vuol dire essere
una vittima, non sarà mai un prepotente. È un
buono. Forse è meno astuto di altri, perché
è semplicemente un buono. Però lui è
uno che sa qual è la cosa giusta. Non vedo l’ora
che si svegli, sai? Gli chiederò di autografarmi le figurine!
Lei
roteò gli occhi al cielo.
-Insomma,
Phil, ma in sintesi… mi vuoi dire cos’ha il tuo
Capitan America di così speciale?
Lui le
sorrise. –Niente. È un ragazzo di Brooklyn.
La
zittì per un attimo (era difficilissimo zittirla.
L’aveva detto a Pepper e lei, che stava insieme a Tony Stark,
gli aveva detto che sì,
capiva perfettamente, con
un’espressione di finta disperazione) e ne
approfittò per cambiare argomento.
-Invece tu?
Come sono andate le prove?
Lei fece un
espressione grave. –Non posso dirtelo, Phil. Cerca di capire,
sono segreti di stato. Poi il direttore mi pianta la bacchetta nel
cuore, sai? Non c’è da scherzare, su queste cose!
-Jenna…
Si
alzò dal letto. Phil sentì freddo alla spalla
sinistra, quella contro cui lei era stata appoggiata fino a quel
momento.
-Va bene,
Phil, tu riordina pure le figurine del ragazzo di Brooklyn. Io riprovo
il pezzo di Vivaldi, non sono soddisfatta del risultato…
Fece scivolare
a terra l’asciugamano, rimanendo completamente nuda e no,
questo non l’avrebbe descritto a Pepper. La fissò
come ipnotizzato mentre lei andava verso il violoncello, apriva le
gambe per poi nascondere tutto con lo strumento, abbracciandolo come si
abbraccia un amante.
Pensò
che Jen faceva vibrare i suoi nervi come le corde di quel violoncello,
quando stavano insieme. Pensò che doveva dirle di venire
lì a letto, subito. Pensò un attimo a chi poteva
essere quel tizio vestito di azzurro sparso in mille pose sul
copriletto, e perché ci fosse lui e non lei.
Le figurine di
Capitan America volarono tutte sul pavimento, come volantini lanciati
da un aeroplano.
Qualche giorno
dopo Jenna ne trovò una che si era incastrata sotto una
delle gambe del letto; pensò di dirlo a Phil, ma prima si
dimenticò e poi fu troppo tardi.
Grazie al
cielo il concerto commemorativo in onore delle vittime
dell’attacco alieno a New York, organizzato e sponsorizzato
interamente dalla Stark, nella torre di Stark, con presente Stark e
tutti gli altri Vendicatori, era finito. Jenna aveva avuto dei seri
problemi a portarlo a termine, a volte le si annebbiavano gli occhi di
lacrime e aveva difficoltà a vedere il direttore
d’orchestra.
Ora stava
stritolando la pochette da sera come se al suo posto ci fosse il collo
dell’uomo con cui stava parlando; era davanti a una corda
rossa, ma tanto valeva che fosse davanti a un muro di cemento armato.
-Lei non ha
capito: sono una delle musiciste dell’orchestra, ho appena
suonato, devo solo vedere il signor Rogers!
-Signorina,
lei può anche essere il Presidente degli Stati Uniti, ma io
qui ho l’ordine di non fare passare nessuno. Abbia pazienza e
mi faccia lavorare.
Jenna
trattenne l’impulso di battere un piede a terra per la stizza.
-Allora faccia
finta di non avermi visto. Si volti un attimo, si allacci una scarpa,
solo mi faccia passare!
-Senta,
signorina, adesso però…
-Lei deve
essere Jen… Jenna La Rosa, vero?
Jen si
voltò di scatto. A parlare era stata una donna alta,
elegante, con i capelli rossi.
-Sì,
ma lei chi…
-Phil mi
parlava sempre di lei, avrò visto un centinaio di sue
foto… Virginia Potts. Mi chiami Pepper-, le disse la donna,
tendendole la mano.
Per un momento
Jen si sentì girare la testa. Cercò di non
scoppiare in lacrime e si sforzò di tendere la mano alla
donna. Aveva una stretta ferma e decisa.
-Diceva che
voleva parlare con Steve? Mi segua, sono tutti al buffet. Grazie
Anderson, sei stato impeccabile.
La guardia
fece un rumore a metà tra un grugnito e uno sbuffo, poi le
lasciò passare.
Jen
seguì Pepper, quasi in trance.
-E quindi Phil
le parlava di me?
-Sì,
lo faceva. Io tifavo tantissimo per voi due. Mi dispiace tanto.
-Non ha detto
“è morto da eroe” o “ha fatto
ciò che era giusto”… credo sia stata la
prima, sa?
Pepper si
girò un attimo a guardarla. Con i tacchi e tutto la
sovrastava di venti centimetri buoni.
-Ha fatto
entrambe le cose, signorina La Rosa. Ma suppongo che lei avrebbe
preferito che fosse stato meno eroico ma vivo. Mi creda, la capisco.
Jenna non
credeva ai “la capisco” della gente. Le stavano
anche parecchio sul cazzo. La sua espressione doveva essere stata
rivelatrice, perché Pepper si strinse nelle spalle e
aggiunse –Sono fidanzata con Tony Stark, sa. Iron Man.
Jen
sospirò. –Mi scusi. Suppongo che capisca,
sì.
Pepper prese
un ascensore scintillante. Rimasero in silenzio.
Quando
l’ascensore arrivò con un
“plin”, Jenna parlò.
-Non so come
ringraziarla, Pepper.
-Non mi
ringrazi, Jen. Ecco, guardi, quello laggiù è
Steven Rogers, alias Capitan America. Steve, la signorina ha bisogno di
parlare con te!
Tutto il
gruppo di quelli che venivano chiamati “I
Vendicatori” si girò verso di lei. Jen si
costrinse a fare un passo dopo l’altro, ricacciando indietro
le lacrime che le appannavano lo sguardo. Urtò appena Thor;
si rese vagamente conto che l'avrebbe trovato di una bellezza
sconcertante, prima. Ma adesso no. Adesso non lo vedeva neppure.
Deglutì
quando arrivò di fronte a Steven Rogers. Aveva degli occhi
azzurri molto seri, e non sorrideva.
-Cosa posso
fare per lei, signorina?-, le chiese con una gentilezza
d’altri tempi.
Lei
aprì la borsetta con mani tremanti. Ci frugò
dentro fino a trovare quello che stava cercando.
Nella figurina
numero 52, Capitan America si stagliava contro una bandiera a stelle e
strisce e guardava verso l’infinito con sguardo fiero. Jenna
la allungò verso di lui.
-Me lo farebbe
un autografo?
Note: Jenna è la
violoncellista di cui parlano Phil e Pepper nel film; non ho trovato
nulla di più preciso su di lei, così me la sono
inventata, nome, antenati e tutto. Nel film, Phil accenna al fatto che
si siano lasciati; ho immaginato una situazione di incomprensioni varie
dovute al lavoro di lui, più che a una mancanza di
sentimento.
Mauthausen
è il tristemente noto campo di sterminio nazista, liberato
dagli Alleati nel ’45. A Montecassino, nel tentativo di
sfondare la Linea Gustav, sono state combattute quattro battaglie
sanguinose e fondamentalmente inutili, che costarono agli Alleati una
quantità enorme di perdite umane e furono seguite da episodi
di stupri di massa, assassinii, furti e amenità varie da
parte delle truppe vincitrici.
Ellis Island era
l’isola di New York in cui sbarcavano gli emigranti.
Phil sarebbe davvero
in grado si sconfiggere un uomo con la lupara con una graffetta e una
gomma da masticare, visto e considerato quello che fa qui.
Maria Hill
è la seconda in comando dello SHIELD, interpretata nel film
dalla stessa attrice che fa la parte di Robin nel telefilm
“How I meet your mother”.
Lo scambio di battute
tra Jenna e Phil in cui lei gli chiede cos’abbia capitan
America di speciale e lui le risponde “niente, è
un ragazzo di Brooklyn”, è ripresa pari pari dal
film “Capitan America”: il Teschio Rosso chiede a
Steve “Cos’avevi di così
speciale?” e lui risponde “Niente. Sono un ragazzo
di Brooklyn”. Non ho apprezzato particolarmente il film, ma
quella battuta era veramente riuscita.
Detto questo, ammetto
di non apprezzare particolarmente Capitan America. Però
apprezzo Phil (PHIIIIIIL!), e Phil me l’ha fatto un
po’ rivalutare: dovevo farglielo difendere, e ha finito per
convincere un po’ anche me.
Se la storia vi
è piaciuta il merito è di vannagio, che ha insistito tanto per
vederla finalmente scritta; se non vi è piaciuta, la colpa
è solo mia.
In ogni caso, se siete
arrivati fin qui, grazie mille per aver dedicato il vostro tempo a
Phil… RIP, Agente Coulson, ti ricorderemo con affetto.
Grazie di
nuovo a tutti!
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