Hey,
pretty girl!
Rebecca
odiava i suoi compleanni. Da sempre.
Odiava essere al
centro
dell’attenzione, odiava che le cantassero tanti auguri,
odiava persino scartare
i regali, sebbene fosse più che grata alla propria famiglia
e alle proprie
amiche del tempo che spendevano per organizzarle, ogni santissimo 23
Marzo, una
festa di compleanno a sorpresa, dove la trascinavano a forza.
E finiva sempre nello
stesso modo: lei che ringraziava, si commuoveva (o nessuno sarebbe
stato
pienamente realizzato) e arrossiva quando iniziavano a cantare tanti
auguri. In
realtà, avrebbe solo voluto sprofondare trenta metri sotto
terra e non uscirne
più fino al 24 Marzo dell’anno successivo.
Quel 23 Marzo non fu
tanto
diverso, se non per il fatto che Savannah, la sua migliore amica, aveva
deciso
di trascinarla in un locale un po’ più conosciuto
perché, be’,
vent’anni non si compiono mica tutti i giorni!
Perciò si
era presentata a
casa sua in primo pomeriggio, con un pacco enorme tra le braccia esili.
Rebecca
l’aveva guardata, scettica e un po’ spaventata, poi
aveva alzato gli occhi al
cielo, l’aveva fatta accomodare in salotto e
l’aveva ringraziata per gli auguri
che probabilmente avevano sentito anche a Piccadilly Circus.
«Fila a
farti la doccia,
al resto penso a tutto io.» le aveva intimato, raccogliendo i
lunghi capelli
castani in una crocchia disordinata. Dopodiché, aveva
iniziato a frugare nello
scatolone in cui Rebecca raccoglieva tutti i suoi trucchi, selezionando
quelli
che più le piacevano e che probabilmente avrebbe usato.
Rebecca si era chiusa
in
bagno, rassegnata all’idea di passare un pomeriggio sotto le
grinfie dell’amica
e aveva fatto in modo che quella doccia fosse la più lunga
della sua vita.
«Non cercare
di affogarti,
baby, tanto è
inutile.» aveva urlato
Savannah. Rebecca aveva ridacchiato, suo malgrado divertita, e aveva
lasciato
che l’acqua calda le distendesse la muscolatura un
po’ contratta per il
nervoso. Incredibile, come un semplice compleanno riuscisse a farla
agitare
tanto. Una volta finita la doccia, si era avvolta
nell’asciugamano azzurro e
aveva frizionato i capelli rossi con un altro più piccolo.
«Ho la
ricrescita lunga
due metri.» aveva annunciato, plateale, entrando in camera
per cercare un paio
di mutandine pulite e un reggiseno in coordinato.
«Ma se hai i
capelli
lunghi venti centimetri!» aveva ridacchiato Savannah,
lanciandole reggiseno e
mutandine nere.
«Non
è vero! Ora mi
arrivano sotto le spalle.» aveva protestato Rebecca,
indignata. Insomma, mica
era colpa sua se i capelli non le crescevano in fretta come a Savannah.
Ogni
volta che la vedeva, sembrava li avesse più lunghi.
«Quanto sei
pignola, santo
cielo.»
Rebecca aveva fatto la
linguaccia all’amica, poi era tornata in bagno per finire di
vestirsi ed era
uscita di nuovo, coperta solo dalla leggera vestaglia lilla.
«Sono
pronta.» aveva
borbottato, con un’aria melodrammatica che aveva fatto
sghignazzare Savannah
per quasi dieci minuti.
Dopodiché,
Savannah aveva
afferrato il phon, la spazzola e un numero indefinito di mollettoni e
aveva
cominciato a farle la piega. Rebecca era rimasta con gli occhi chiusi
per tutto
il tempo, perché non ci teneva affatto a vedere in che
condizioni l’avrebbe
ridotta l’amica, fin troppo fantasiosa ed esuberante,
rispetto a lei.
Savannah, infatti,
adorava
letteralmente stare al centro dell’attenzione. E poteva
permetterselo,
d’altronde, perché aveva quegli occhi grandi e
scuri ed era minuta,
dell’altezza perfetta per ogni ragazzo e in più
era spigliata, allegra e
perennemente in movimento. Rebecca era il suo esatto contrario: un
po’ più in
carne, alta un metro e settanta e con un carattere per niente facile.
Era
ingestibile, spesso fin troppo sarcastica, introversa, diffidente e
lunatica.
Per non parlare, poi, di quanto fosse testarda e refrattaria ad aprirsi
nei
confronti di sconosciuti.
In un certo senso, lei
e
Savannah si completavano, essendo l’una l’opposto
dell’altra.
Dopo quasi
un’ora – ora in
cui Rebecca aveva fatto di tutto per non pensare a cosa stava
succedendo ai
suoi poveri capelli – Savannah aveva terminato di torturarla
e le aveva
concesso di guardarsi allo specchio.
Incredibilmente,
Rebecca
si piacque. I capelli rossi scendevano perfettamente lisci fin sotto le
spalle
e la frangetta, che di solito lasciava scomposta e spettinata su tutta
la
fronte, era stata allisciata e ordinata sul lato destro della fronte.
«Ti ho
stupita, eh?
Ammettilo.» aveva ridacchiato Savannah, sventolandole la
spazzola sotto gli
occhi come se fosse un trofeo che si era duramente guadagnata.
«D’accordo,
d’accordo. Sei
stata brava. Pensavo peggio.» aveva concesso Rebecca, prima
di schioccarle un
bacio sulla guancia.
«Ora viene
il bello,
baby.»
Alla fine –
circa un’ora e
mezza dopo – Rebecca era pronta. Il regalo di Savannah era
una camicia a
quadri, lunga nemmeno fino a metà coscia, con un cinturino
di pelle intrecciata
stretto sotto il seno. Insieme alla camicia, Rebecca aveva messo un
paio di
leggins neri e il suo paio di tacchi alti preferiti. Si era guardata
allo
specchio, soffermandosi sul trucco accurato (che consisteva in una
linea nera
di eye-liner, rossetto rosso acceso e mascara) e aveva storto il naso,
un po’
insicura. Non era un granché convinta e poi, quel rossetto,
era troppo
appariscente, per lei.
«Stai
benissimo, Becca.»
le aveva assicurato Savannah, sorridendole incoraggiante. Rebecca aveva
annuito, ancora un po’ incerta, poi aveva scosso le spalle:
chi se ne fregava.
Dopotutto, non avrebbe mica incontrato l’amore della sua
vita, no? E poi,
accanto a Savannah, nessuno l’avrebbe guardata.
«Si può sapere dove
stiamo andando?» aveva chiesto
Rebecca, mentre Savannah svoltava a destra in una strada piuttosto
affollata e
si infilava nel primo parcheggio libero che trovava.
«Andiamo da
qualche
parte.» era stata la simpatica risposta della ragazza, che
era scesa dalla macchina
solo dopo essersi infilata le scarpe col tacco.
«Grazie,
quello l’avevo
capito anche da sola.» aveva borbottato Rebecca,
affiancandosi all’amica.
Teneva lo sguardo basso, come al solito, cercando di evitare di
incrociarlo con
quello di qualcun altro.
Savannah aveva
sbuffato,
seccata e spazientita.
Aveva strattonato
Rebecca
per un braccio, poco delicata e l’aveva costretta a fermarsi.
Poi si era
avvicinata ai due ragazzi che camminavano davanti a loro e li aveva
chiamati,
picchiettando con il dito indice sulla spalla di uno dei due.
Quello si era voltato,
un
po’ stranito.
«Secondo te,
la mia amica
è bella?» gli aveva chiesto, incrociando le
braccia sotto al seno. Rebecca, che
ancora non riusciva a credere che quella psicopatica di Savannah avesse
davvero
fatto una cosa del genere, aveva alzato gli occhi al cielo,
infastidita, poi
aveva guardato il ragazzo, che ancora la stava osservando con
attenzione, e
aveva inarcato un sopracciglio.
«Puoi anche
non
rispondere, davvero. E scusala, purtroppo la droga fa brutti
effetti.» aveva
sibilato, prima di spingere lievemente Savannah, che aveva ridacchiato
divertita.
«Devi per
forza farmi fare
‘ste figure di merda, Sav?» l’aveva
accusata, imbronciata.
«Si,
finché non la
smetterai di comportarti così.»
«Non
ricominciare, per
favore.»
«Io
ricomincio eccome,
baby, perché lo devi capire una volta per tutte.»
«Piantala e
cammina.»
«Tu.»
«Smettila.»
«Sei.»
«Finiscila.»
«Bella.»
«Basta,
d’accordo? Non ti
sopporto, quando fai così!» aveva ringhiato
Rebecca, sul punto di prendersi
un’incazzatura coi fiocchi.
Dio, che giornata del
cazzo.
Zayn e Niall erano entrati nel
locale passando dal
retro, per evitare di ritrovarsi in mezzo all’ormai consueta
orda impazzita di
fan. Volevano un sabato sera tranquillo, senza nessun impiccio e quel
pub gli
era sembrata la soluzione migliore. Era frequentato, si, ma non
trovandosi
proprio in centro, era più probabile che li avrebbero
lasciati in pace.
Harry, Liam e Louis
erano
già lì, seduti al tavolo. Harry e Liam stavano
ridendo: di sicuro Louis aveva
già iniziato a sparare cavolate come al solito.
«Non potete
capire cosa ci
è successo!» aveva esordito Niall, accomodandosi
accanto a Liam. L’attenzione
si era immediatamente concentrata su di lui e Niall aveva cominciato a
raccontare
dell’incontro con quelle due ragazze.
Zayn aveva
ridacchiato,
ripetendo le parole esatte della ragazza tirata in causa. In
realtà, aveva
pensato subito che fosse bella e gliel’avrebbe detto, se solo
lei non se le
fosse filata così velocemente. E poi sembrava simpatica. Non
era il suo tipo,
quello era vero, però non gli sarebbe dispiaciuto parlarci
un po’. Insomma,
aveva l’aria di una che non ha nessun problema a dire le cose
come stanno.
Niall si era bloccato
all’improvviso, fissando l’entrata con aria
sbigottita e decisamente
entusiasta.
«Eccole!
Eccole, sono
loro!» aveva urlato, attirando su di sé
l’attenzione di metà locale e delle
dirette interessate. La prima, quella che li aveva fermati, aveva
ridacchiato e
aveva sventolato la mano in segno di saluto. La seconda, invece, si era
schiaffata una mano sulla fronte, incredula e, a giudicare dalla sua
faccia,
avrebbe preferito sprofondare.
«Sono
carine.» aveva
sostenuto Liam, con il suo solito tono gentile. Louis aveva annuito,
Harry,
invece, aveva sorriso. Sapeva già qual’era il
gioco che quelle due cercavano di
portare avanti: volevano fingere di non conoscerli, così da
spingerli ad
avvicinarsi.
Ma se Niall era
così
ingenuo da cascarci, lui di certo non avrebbe commesso lo stesso
errore.
«Ma ti sei
bevuta il
cervello?» aveva urlato all’improvviso la ragazza
dai capelli rossi. L’altra
aveva fatto spallucce poi si era incamminata con decisione verso il
loro
tavolo, falciando la folla nemmeno fosse un panzer. La rossa si era
limitata a
seguirla, con un’espressione mortalmente infastidita.
«Scusate se
vi disturbo,
ma volevo chiedervi scusa per poco prima.» aveva sorriso,
mettendo in mostra
una fila di denti bianchi e perfetti. Avevano ricambiato il sorriso,
tranquilli, quasi aspettandosi che da un momento all’altro
lei avrebbe tirato
fuori carta e penna per supplicarli di firmare un autografo.
«È
stato divertente!»
aveva riso Niall, facendo storcere il naso alla ragazza con i capelli
rossi,
che gli aveva rivolto un’occhiata in tralice.
«Mi sa che
qualcuno qui
non la pensa allo stesso modo.» aveva affermato Harry,
riferendosi a Rebecca,
che si voltò verso di lui repentinamente.
«La cosa ti
crea problemi,
per caso?» gli aveva chiesto, acida.
«Tranquilla,
dolcezza, non
c’è bisogno di scaldarsi tanto. Lo firmo lo stesso
il tuo autografo.» le aveva
risposto Harry, tranquillo. Lei si era immobilizzata, aveva preso un
respiro
profondo e si era voltata dall’altro lato, ignorandolo alla
grande.
«Be’,
noi andiamo. Scusate
ancora per il disturbo.» aveva detto la prima, afferrando
l’amica per mano.
«Se vi
và, potete restare
qui.» le aveva invitate Niall, con un sorriso incoraggiante.
«Ti
và, Becca?»
Rebecca aveva
letteralmente fulminato l’amica con gli occhi, poi si era
accomodata accanto a
Niall senza dire una parola.
«Io sono
Savannah, lei è
Rebecca.»
«Io sono
Niall, piacere di
conoscervi.» Niall aveva stretto la mano ad entrambe le
ragazze. Rebecca gli
aveva sorriso debolmente.
«Lo sanno
già, chi siamo.
È tutta scena.» aveva detto Harry, guadagnandosi
le occhiatacce degli amici e
quella ancora più infastidita di Rebecca. A nessuno
sfuggì il modo in cui Savannah
osservava l’amica. Forse si aspettava che da un momento
all’altro azzannasse
Harry alla giugulare. Invece Rebecca non fece niente e non disse
niente,
cominciando a guardarsi le unghie smaltate di azzurro con evidente
interesse.
«Stasera non
è di buon
umore, perdonatela.» aveva ridacchiato Savannah, alzando la
mano per catturare
l’attenzione di un cameriere.
«Grazie al
cazzo.» aveva
borbottato Rebecca. «Già non volevo venirci, in
questo cazzo di posto, in più…
lascia stare và. Portami qualcosa di forte.» aveva
ordinato al cameriere, che
aveva annotato velocemente sul block notes.
«Senti,
Becca, non ho
nemmeno organizzato niente di che. Ti ho solo portato il regalo, quindi
non
farmi girare i coglioni.»
I ragazzi avevano
osservato lo scambio di battute delle ragazze con evidente attenzione,
senza
fare a meno di trovarle uno spasso.
«Fate sempre
così?» aveva
chiesto Liam, divertito.
«No, solo
quando è il suo
compleanno.» aveva celiato Savannah.
«È
il tuo compleanno?
Auguri!» Niall aveva abbracciato Rebecca e le aveva
schioccato un bacio sulla
guancia. Lei era arrossita vistosamente, presa alla sprovvista da tanta
estroversione e aveva farfugliato qualche ringraziamento.
Il cameriere era
ritornato
qualche secondo dopo, sostenendo un vassoio argentato tra le mani.
Aveva
consegnato il primo drink a Savannah, rivolgendole un sorriso
amichevole,
dopodiché si era voltato verso Rebecca e si era bloccato un
secondo.
«Sei sicura
di essere
maggiorenne?» aveva chiesto.
Savannah aveva
distolto lo
sguardo, fingendosi più che concentrata sul proprio drink.
Becca, invece, si
era irrigidita parecchio e le sue guance si erano leggermente colorate
di
rosso. Tuttavia, il suo non era imbarazzo, ma rabbia. Poi, quando tutti
si
aspettavano uno scoppio d’ira, aveva sorriso.
«Qualcuno ti
ha mai tirato
un calcio con un tacco di quindici centimetri?» aveva
chiesto. Il cameriere
aveva scosso la testa in segno di diniego, un po’ confuso.
«Allora, se
non vuoi
provarlo, ti conviene darmi quel maledetto drink.
Immediatamente.» aveva
precisato, facendogli cenno di mollare il bicchiere esattamente davanti
a lei. Il
ragazzo aveva deglutito, poi si era affrettato a fare come gli era
stato
chiesto e si era allontanato.
«Molto
gentile.» aveva
borbottato Becca, prima di bere un lungo sorso di alcolico.
«Ti vuoi
ubriacare?»
l’aveva rimproverata Savannah, con un sopracciglio inarcato.
Becca aveva fatto
spallucce. «Tanto lo reggo.» aveva affermato. E poi
non era nemmeno tanto
alcolico, quindi non correva proprio alcun rischio.
«Come
no.»
«Vuoi
proprio farmi
incazzare, stasera?»
«Si.»
Zayn aveva posato la
mano
sul braccio di Becca, distraendola dal battibecco in corso. Lei
l’aveva guardato,
un po’ confusa. Si era quasi dimenticata di trovarsi al
tavolo con loro.
E si, Harry aveva
ragione,
in parte: lei gli aveva riconosciuti e probabilmente anche Savannah.
Non si era
trattato di una tattica per avvicinarsi, però. Semplicemente
non volevano
passare per delle ragazzine attratte dalla popolarità.
«Allora…
quanti anni
compi?» aveva chiesto Zayn, mettendo fine alla discussione.
«Venti.»
aveva borbottato
Rebecca, con le guance un po’ arrossate. Zayn era
così bello che si stupiva
anche solo del fatto che potesse parlare con una come lei. Insomma, era
così
insignificante, perché avrebbe dovuto perdere tempo
così?
«Becca!»
aveva urlato
Savannah, all’improvviso. Poi le aveva tirato uno
scappellotto e aveva scosso
la testa.
«Dì
un po’, Sav, ma ti sei
bevuta il cervello? Santo Dio, oggi mi stai perseguitando!»
aveva brontolato,
lanciando occhiate d’accusa all’amica, che aveva
scosso le spalle.
«Lo so cosa
stai pensando,
Becca. Perciò, se non vuoi che lo sappiano anche gli altri,
smettila
immediatamente.» l’aveva minacciata, puntandole
contro la cannuccia verde
fosforescente. Rebecca aveva farfugliato qualcosa di incomprensibile,
ma che
sembrava tanto simile ad una lunga sfilza di insulti, poi aveva
annuito.
Soddisfatta, Savannah aveva ricominciato a parlare con Harry, Louis e
Liam.
Zayn e Niall, invece,
non
le levarono gli occhi di dosso.
«A cosa stai
pensando?»
aveva chiesto Niall, curioso. Becca era arrossita un’altra
volta e aveva scosso
la testa.
«Sapete, la
domanda di
prima è ancora valida.» si era intromessa, di
nuovo, Savannah. Rebecca aveva
promesso a sé stessa che, se la serata fosse continuata in
quel modo, la sua
migliore amica non avrebbe avuto vita lunga. Insomma, era proprio
necessario
farle fare una figura di merda dietro l’altra? Non bastava
che era già di
cattivo umore perché il compleanno non voleva festeggiarlo,
no, Savannah doveva
trapanarle le ovaie fino a farla impazzire.
«Credo di
non averti mai
odiata tanto come in questo momento.» aveva affermato,
quindi, incrociando le
braccia sotto il seno e mettendo il broncio.
Harry aveva riso.
«Sai, anche
se non sei
tanto simpatica sei carina.» Rebecca aveva boccheggiato, in
cerca di qualcosa
di abbastanza acido da dirgli, ma non gli era venuto in mente niente.
«Non
è carina, è bella.»
l’aveva corretto Savannah. Becca avrebbe voluto sprofondare
dieci kilometri
sotto terra, per non uscirne mai più. Invece si era limitata
a nascondere il
viso tra le mani, imbarazzata oltre ogni dire.
«La state
mettendo a
disagio, ragazzi.» l’aveva difesa Zayn, guardando
con rimprovero sia gli amici
che Savannah. Rebecca l’aveva guardato con gratitudine, prima
di scusarsi,
alzarsi e annunciare che sarebbe uscita a fumarsi una sigaretta.
Savannah
l’aveva osservata
con attenzione mentre si dirigeva verso l’uscita del locale:
si sentiva un po’
in colpa, ma forse era ora che Becca la smettesse di farsi tante
paranoie per
qualcosa che non aveva ragione d’esistere. Era bella, punto.
E non importava a
nessuno che avesse qualche chilo in più, o che fosse
introversa. Quando passava
la gente si girava a guardarla e non perché fosse
così orribile, ma perché
aveva un incedere sicuro e aggraziato.
Perché lei
non riusciva a
vedere tutte queste cose?
Pochi istanti dopo, Zayn si era
alzato per seguire
Becca.
L’aveva
trovata seduta sul
marciapiede, con le gambe incrociate. Aveva mollato le scarpe dal tacco
vertiginoso in un angolo e sembrava incantata a fissare la strada
davanti a sé.
Le si era seduto
accanto,
in silenzio.
«Non credo
che Savannah
avesse cattive intenzioni.» le aveva detto. Rebecca era
rimasta in silenzio per
un po’, senza sapere bene cosa rispondere.
«Lo
so.» aveva sospirato,
infine. «Solo che a volte si ostina a non capire che non
tutti sono come lei.»
aveva spiegato. Zayn aveva annuito, capendo dopo volesse andare a
parare. Anche
a lui era sembrato piuttosto evidente che le due amiche fossero
l’una l’opposto
dell’altra. E se Savannah sembrava più che
abituata ad avere le attenzioni di
tutti addosso – e le piaceva anche – Rebecca
preferiva essere invisibile.
«Io penso
che tu sia bella,
Rebecca.» aveva mormorato. Becca era arrossita di brutto,
questa volta.
«Non lo
pensi davvero. Lo
dici solo per tirarmi su il morale.»
«No. Sei
bella. Il tuo
problema è che non vuoi accettarlo.»
Zayn le aveva passato
un
braccio intorno alle spalle, protettivo. Becca aveva lasciato che la
stringesse, anche se era quasi un completo estraneo, anche se tutto
quello che
le stava dicendo probabilmente era solo per farla sentire meglio.
Tuttavia, si
sentiva così bene accanto a lui che per un momento mise da
parte ogni paranoia,
ogni complesso e si costrinse ad essere sé stessa.
C’era ancora, da qualche
parte, la vera Becca?
«Perché
lo fai?» aveva
chiesto.
«Cosa?»
Zayn era sembrato
confuso.
«Perché
sei qui con me,
anziché con i tuoi amici? Perché sei
così gentile?»
«Perché
le donzelle in
difficoltà risvegliano il cavaliere che
c’è in me…» aveva ridacchiato
Zayn,
gettando il mozzicone della sigaretta per terra.
«Ma io non
sono in
difficoltà. Sono incazzata.» aveva risposto Becca,
sorridendo divertita. Aveva
calzato di nuovo le scarpe, poi aveva accettato di buon grado la mano
tesa di
Zayn per tirarsi su.
«Buono a
sapersi, allora,
perché le donzelle incazzate sono le mie
preferite.»
***
Questa One-Shot
è... be', non lo so. Fatto sta che l'ho scritta un paio di
mesi fa e mi ero stancata di lasciarla ad ammuffire nella sua cartella.
Perciò eccola qua.
Non è un
granchè, però un pò mi piace. E
magari, chi lo sa, potrebbe piacere anche a voi!
Fatemi sapere che ne
pensate, se vi và.
Con affetto,
Fede.
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