Like
A Diary
Premessa:
ho
cominciato questa storia quasi 2 anni fa, lasciandola poi incompiuta
per mesi. Adesso ho deciso di finirla e di pubblicarla, come faccio
solitamente con le fic che completo.
A
causa di mancanza di tempo, dovendo sostenere molti esami, ho deciso
che la pubblicherò tutta oggi, dividendola in capitoli che
facilitino la lettura.
Il
primo capitolo è un po' introduttivo e forse il
più noioso, ma
d'altronde dovevo cominciare in qualche modo.
Da
quando ho iniziato a scrivere questa storia la mia amicizia con la
mia migliore amica è finita, ma mi sembrava stupido e una
faticaccia
immensa modificarla completamente per questa sola ragione.
Soprattutto considerando il fatto che era quasi finita. Ho deciso
solo di cambiarle nome, in modo da non dare troppo fastidio
utilizzando il suo vero.
Questo
è tutto. Un saluto e buona lettura =)
P.S.
Ovviamente questo è uno scritto di pura fantasia. Tutto
ciò che ho
scritto circa gli attori che fanno parte di questa storia è
falso.
Inventato tutto di sana pianta. Spero di non offendere nessuno.
Questa è un'opera di puro diletto. Anzi, non sono nemmeno
realmente
stata a Los Angeles, quindi anche quello che ho scritto sulla
città
è immaginato. Spero di poterci andare realmente un giorno.
Un bacio
=)
La
notte in cui intrapresi il viaggio che avrebbe cambiato la mia vita,
e non solo, non chiusi occhio ma la trascorsi svegliandomi ogni ora
per colpa dell’adrenalina che mi scorreva in corpo. D'un
tratto
sentii il rumore di qualcosa che cadeva a terra. Aprii gli occhi e
lessi sulla sveglia che erano le 5.07, tirai un sospiro di sollievo:
potevo alzarmi, finalmente! Scesi dal letto, notai che il rumore era
stato causato da un libro che avevo lasciato in bilico fra i tanti
sulla scrivania, lo raccolsi, indossai la vestaglia e andai a farmi
una bella doccia rilassante. Restai per parecchi minuti sotto
l’acqua, solo a godermi il lento scivolare delle gocce sulla
mia
pelle, poi mi lavai bene i capelli, usai il nuovo shampoo che avevo
comprato all’odore di fragola di bosco che aveva il tappo
così
duro che quando riuscii ad aprirlo lo ruppi. Cercai per tutto il
bagno il phon salvo trovarolo poi in camera di mio fratello, sepolto
dai vestiti del giorno prima. Lo lasciava sempre dove capitava.
Inutile dire che appena accesi il phon per asciugare i miei
lunghissimi capelli, svegliai mezza casa.
-Claudia!
Perché diavolo hai acceso quello stupido oggetto! Sono le 6
del
mattino! L’aereo non parte prima delle 10!-
-
Ti adoro anch’io fratellino caro, ma quella che deve partire
sono
IO, non sei tu quello che rischia di perdere l’aereo. E poi
chi è
che dice che io non l’abbia acceso a posta il phon?!-
Dopo
questo scambio di battute tornai, spazzola in mano, a prendermi cura
dei miei capelli ma, ora che ci penso, non mi sono nemmeno
presentata. Salve, mi chiamo Claudia, ho appena compiuto 20 anni,
vivo a Napoli, e sto per raccontarvi ciò che mi è
capitato durante
il mio primo viaggio da sola, in America, in compagnia della mia
migliore amica Titti!
Subito
dopo essermi vestita e aver fatto colazione, corsi a mettere le
ultime cose in valigia, se così la si poteva definire. Avrei
potuto
cambiarmi per un mese e non indossare mai gli stessi abiti, tanta la
roba che avevo portato! Proprio mentre la stavo chiudendo, mentre
finivo di urlare ai miei che si dovevano sbrigare che si era fatto
tardi, squillò il telefono e corsi a rispondere.
-Ehi,
Clà. Come va? Tutto a posto? Sei pronta? Io ho appena finito
di
mettere a posto.-
-Ehi,
Tì. Qui tutto bene, mi hai battuta per un pelo, stavo giusto
chiudendo la valigia e mi stavo preparando ad affrontare il mio
solito attacco di
oddio-sono-certa-di-aver-dimenticato-qualcosa-a-casa-! Tu?
-Io
sto a posto. Mi ero preparata una lista di cose da portare,
così
sono sicura di non dimenticare nulla.-
-Ah,
si? E quanto è lunga?- Feci con un tono da “tanto
conosco già la
risposta”
-Non
troppo… Solo 3 pagine a quadretti. Però ho
scritto in colonna!-
-Si,
e scommetto anche fronte-retro. Almeno hai visto se pesa meno di
25kg?-
-Ovvio
che ho controllato: 21. Poi ho nella valigia anche un borsone da
portare a mano al ritorno pieno di belle cose.-
-Idem.
Però ci pensi che palle 9 ore di aereo?-
-Eh
già, meno male che… Maledizione, Clà!
Sono le 7 e siamo ancora a
casa!-
-Oh
Gesù! E’ tardissimo! Ci vediamo lì.
Baci. Ciao a dopo.- E
attaccai senza nemmeno aspettare risposta. Poi corsi urlando per
tutta la casa che era tardissimo e in appena 5 minuti eravamo
già in
macchina diretti all’aeroporto. Con un balzo scesi dalla
macchina
mentre mio padre ancora stava parcheggiando e presi subito la valigia
senza l’aiuto di nessuno: è incredibile quali
azioni
“straordinarie” riesca a farti compiere il
desiderio di partire!
Il tempo di aspettare che i miei mi raggiungessero e vidi Titti che
correva come una pazza verso di me. Quando si avvicinò
abbastanza
lasciò la valigia, mi abbracciò e insieme
iniziammo a saltare e
urlare dalla felicità “Andiamo a Los Angeles!
Andiamo a Los
Angeles!”, facendo girare tanta gente che ci guardava
incuriosite
(e secondo me speranzose che non capitassimo nello stesso aereo).
Ci
recammo subito al check-in, dove dopo pochi minuti di attesa,
prendemmo due posti vicini, di cui uno vicino al finestrino.
Salutammo i nostri genitori che continuavano a chiederci se eravamo
sicure di voler andare e a farci tremila raccomandazioni:
“Non
andate in macchina con degli sconosciuti”, “Non
fate tardi la
sera”, “Se andate a ballare non lasciate il
bicchiere che possono
metterci qualcosa dentro. Anzi, non uscite proprio la sera che
è
meglio.” E tante altre che conoscevamo già. Ci
accompagnarono fino
al metal detector e aspettarono che facessimo la fila. Proprio non
volevano lasciarci andare! Ovviamente nonostante mi fossi tolta tutte
le cose metalliche da dosso mi suonò il metal detector, e
così mi
perquisirono. Alla fine fu tutta colpa di quegli stupidi bottoni dei
miei adorati jeans! Passate dall’altra parte li salutammo e,
avendo
ancora più di mezz’ora di tempo libero, ci recammo
al bar a
prendere un caffè e un giornale enigmistico che ci tenesse
occupate
per almeno un po’ del lungo tragitto che ci aspettava. Il
tempo
passò in fretta e dopo quelli che ci sembrarono pochi minuti
eravamo
già sull’aereo a cercare il nostro bel posticino.
-Dai
Titti, voglio stare io vicino al finestrino! TI PREGO!-
-No,
Claudia. Tu hai preso l’aereo tantissime volte, io quasi mai.
Fammi
stare a me!-
-Eh
va bene! Che rompi che sei! Però mi devi firmare un
documento che
attesti che all’andata sei stata tu e quindi al ritorno ci
starò
io.-
-Cosa?
Claudia, ma sei impazzita! Cosa credi, che menta?-
-No,
però sono abituata con mio fratello, quindi firma e ricorda:
fidarsi
è bene e non fidarsi è meglio.- E le feci una
linguaccia. Quello
era il nostro modo di scherzare, anche se la lingua mi rimase in gola
quando vidi chi si stava sedendo vicino a me: un ragazzo a prima
vista americano davvero bello, il mio tipo ideale. Biondo, alto,
occhi verdi. Ci mettemmo a chiacchierare e scoprimmo che era venuto
in vacanza a Napoli per l’estate e ora che era settembre
tornava a
casa per riprendere il college. Frequentava il terzo anno.
Chiacchierammo per moltissimo tempo mentre ringraziavo mentalmente
Titti che mi aveva costretta a truccarmi per il viaggio in aereo,
così non potei sfigurare. A metà del volo misero
un bel film che
conoscevo fin troppo bene: Il Padrino, il mio film preferito, in
inglese con i sottotitoli in italiano. Lo seguii attentamente per
circa mezz’ora, poi il sonno-da-mezzi-di-locomozione prese il
sopravvento e mi addormentai. Mi svegliò Michael, il ragazzo
americano, quando era già finito il film. Quando mi accorsi
che
tenevo la testa sulla sua spalla feci un salto all’indietro e
diedi
una gomitata alla povera Titti che si tenne il braccio con la faccia
offesa, mentre Michael rideva sommessamente. A guardarlo ridere ci
contagiò e scoppiammo anche noi in una lunga risata
liberatoria. Ci
fermammo quando una voce ci disse che in mezz’ora saremmo
arrivati
a destinazione.
Erano
già passate 9 ore! Guardai fuori dal finestrino aspettandomi
di
vedere il sole che calava quando invece notai che il sole era alto
nel cielo, probabilmente non era nemmeno mezzogiorno. Guardai
stranita Titti prima di rendermi conto che questo strano fenomeno era
dovuto semplicemente al fuso orario. In pratica saremmo atterrate a
Los Angeles più o meno alla stessa ora di quando eravamo
partite da
Napoli!
L’ultima
mezz’ora sembrava non finire mai. Iniziai a dare i primi
segni di
nervosismo quando notai che erano passati solo 5 minuti
dall’avviso,
anche se a me sembravano 20. Mi mangiai un pacchetto di Ringo e al
diavolo la dieta di mantenimento e bevvi il mio solito tè
freddo
alla pesca. Poi noi e Michael ci scambiammo i contatti e decidemmo
che ci saremmo rivisti due giorni dopo al Vogue, una delle discoteche
più in della città.
Dopo
mezz’ora di attesa nell’area del ritiro bagagli e
aver fatto
storie con una vecchietta che era sicura che la mia valigia fosse in
realtà la sua, uscimmo dall’aeroporto e prendemmo
uno splendido
taxi giallo che ci portò subito in albergo. Mentre
arrivavamo
scoprimmo che il tassista era di discendenze italiane e che per le
vacanze veniva a trovare i genitori a Firenze. Certo che è
proprio
buffa la vita. Finalmente arrivammo in albergo, lo salutammo e ci
recammo nella nostra stanza. Era enorme, con un letto matrimoniale.
Passai due ore lunghissime a svuotare la valigia e mettere tutto nei
capientissimi armadi di cui era fornita la stanza. Con piacere mi
ricordai che quella stanza era dotata di bidet; avevamo scelto a
posta quell’albergo, ma d’altronde non avrei mai
resistito 3
settimane senza, maniaca del pulito come sono.
Subito
dopo aver svuotato le valigie andammo a mangiare un panino e a
comprare un paio di cartine della città. Per quel giorno
avremmo
fatto semplicemente un giro, ma dovevamo ancora organizzare il
viaggio vero e proprio, quindi verso le quattro ce ne tornammo in
albergo con due splendidi frappuccini di Starbucks e due
caffè
macchiati grandi. Quando iniziai a bere il mio non resistetti alla
tentazione e mi feci fare una foto col bicchiere, visto che mi
ricordava troppo NCIS, il mio telefilm preferito.
-Dunque
Clo, cosa vogliamo visitare domani?- mi disse Titti dopo che ci
eravamo buttate sul letto circondate da cartine, guide della
città,
fogli, penne, pc portatile con connessione e quant’altro.
-Non
saprei… Io vorrei andare a vedere il prima possibile la Wall
of
Fame e il Kodak Theatre, poi dobbiamo anche vedere che fare domani
sera. A me piacerebbe tanto andare a vedere un film in americano.-
-Allora,
abbiamo tre settimane, 19 giorni per la precisione se escludiamo oggi
e il giorno in cui dobbiamo partire. Cosa
vogliamo visitare?-
-Hollywood,
Walk of Fame, Kodak Theatre, Universal Studios, Beverly
Hills…-
-California
Science Center, Venice, Disneyland, Getty Center e Paul Getty Museum,
L.A. Country Museum of Art…
-Museum
of American West, Norton Simon Museum, Rodeo Drive, Griffith
Observatory…-
-Griffith
Observatory e Griffith Park, Page Museum at La Brea Tar Pits,
Petersen Automotive Museum, Angels Flight Railway…-
-Bel
Air, Malibu, Paramount, Greystone Mansion & Park, Sunset
Boulevard, Santa Monica…-
-Perfetto,
adesso cerchiamo di dividere tutti questi posti in maniera
intelligente e scegliamo l’ordine in cui visitare questi bei
posti.-
Passammo
tutto il pomeriggio a organizzare la nostra vacanza tanto che appena
tramontò il sole ci buttammo nel letto: d’altronde
eravamo sveglie
da quasi 24 ore! La mattina dopo ci svegliammo che sembravamo due
zombie, ma dopo esserci vestite e truccate eravamo due ragazze
completamente diverse da quelle che si erano svegliate. Scendemmo e
dopo aver fatto una velocissima colazione da Starbucks -
finché
c’era, era meglio goderselo, questo era il nostro motto - e
macchina fotografica in mano ci recammo subito al California Science
Center che ci tenne impegnate per tutta la mattinata e poi andammo al
Kodak Theatre dove ci facemmo tantissime foto e a Beverly Hills. Ma
fu il giorno successivo quello più importante per noi. La
mattina
successiva ci recammo agli Universal Studios, dove rimanemmo
strabiliate dalla bellezza di quel posto e il pomeriggio percorremmo
tutta la Walk Of Fame. Alle sei con i piedi distrutti mangiammo un
trancio di pizza in una pizzeria napoletana vicino l’albergo
e ci
andammo a preparare per recarci al Vogue, dove ci saremmo incontrare
con Michael e dei suoi amici. Inutile dire che per prepararci ci
impiegammo quasi tre ore. Prima si fece la doccia Titti, poi mentre
lei si faceva i capelli io mi facevo la doccia, così dopo li
fece
anche a me. Uscirono liscissimi: era una maga con un phon e una
spazzola in mano! Poi ci vestimmo e io decisi di indossare una mini
nera con scarpe nere col tacco, una maglietta scollata argentata e
vari accessori come collane, orecchini e bracciali. Mi truccai con un
trucco leggero ma deciso, cercai il copri spalle nero, presi la
borsetta argentata e con Titti, uscii dall’albergo. Quando
arrivammo al Vogue c’era un sacco di gente, ma subito notammo
Michael che ci venne in contro e ci fece entrare subito dando giusto
il suo nome che era su una lista.
Quel
locale era davvero in, niente a che vedere con le discoteche
italiane: luci colorate e non psichedeliche da mal di testa, una
pedana su cui ballare e tantissimi divanetti per sedersi con tanto di
tavolini, la zona bar era fornitissima, anche se non potevamo bere
alcolici, e la musica era ottima; senza contare la zona
privè
nascosta da tantissime tende d’orate. Trascorremmo tutta la
sera a
ballare e scatenarci e riuscimmo anche a bere alcolici, in quanto
tutto il gruppo di Michael era formato da ultra ventunenni e dopo
aver consegnato da bere non controllavano molto. Io non bevvi molto,
giusto un paio di Mojito, ma Titti invece bevve assai più di
me;
meno male che reggeva bene l’alcool altrimenti sarebbe come
minimo
svenuta. Ad ogni modo ce ne andammo presto poiché era
comunque
brilla e pensai che camminare un poco e respirare aria fresca le
avrebbe fatto bene. La discoteca si trovava vicino Beverly Hills,
poco lontana dalle ville dei vip. Vi era un’altra strada
più breve
per arrivare all’albergo, ma era molto buia, così
decisi che
cinque minuti in più non ci avrebbero cambiato molto la
vita, quello
che non sapevo era che in California si faceva uno strano gioco
inerente quei braccialetti fosforescenti che danno spesso nelle
discoteche. Praticamente ogni colore aveva un significato e la
ragazza che lo portava doveva fare quella cosa che
“diceva” il
colore, per esempio se rosso voleva dire dare un bacio sulla guancia
la ragazza che aveva il braccialetto rosso dove dare un bacio sulla
guancia a chi glielo chiedeva. Io per mia fortuna non indossavo mai
quegli stupidi cosi, ma Titti ci andava pazza, se riusciva ne
indossava anche tre o quattro insieme e ciò ci
causò non pochi
problemi.
Mentre
camminavamo per Beverly Hills 3 ragazzi che si trovarono
dall’altro
lato della strada ci videro, erano visibilmente ubriachi e
sfortunatamente notarono il braccialetto di Titti che era verde, e si
avvicinarono a lei. Uno si mise affianco a me e gli altri due la
circondarono mentre lei, annebbiata dall’alcool, non si
rendeva
conto di cosa stesse succedendo.
-Ehi
bella, lo sai che ci devi una toccata di tette?- fece uno dei tre
indicando con il capo il braccialetto
-Scusa,
ma lei non ti deve proprio niente, quindi lasciateci in pace per
favore.-
-La
tua amica indossa un braccialetto verde, quindi noi le possiamo
toccare le tette.- Fece lui guardandomi male. Al che io presi con
forza il braccialetto di Titti e lo legai al polso di uno dei tre.
-Adesso
mi sa che è a lui che dovete toccare le tette, quindi noi
andiamo.
Buona serata!- dissi e prendendo Titti per un braccio cercai di
andarmene.
-Ehi
tu, puttanella. Non ti permettere di insultarci.- Mi fece quello
più
grosso tenendomi stretta per un polso.
-Per
il tuo bene, l-a-s-c-i-a-m-i.-
-Avete
sentito ragazzi? La puttanella vuole essere lasciata.- Fece e
scoppiarono a ridere. A quel punto, reduce dalle infinite lotte con
mio fratello, chiusi la mano e gli mollai un pugno sul naso con tutta
la forza che avevo in corpo. Appena lo feci un terribile bruciore mi
invase la mano.
-Brutta
stronza, mi hai rotto il naso! Ora te la faccio pagare!-
urlò
quello. Poi, dopo pochi attimi intravedemmo una figura di un uomo che
minacciava di chiamare la polizia. A questa minaccia i tre se la
svignarono e io non potei far altro che benedire il nostro
benefattore.
-Grazie
mille, non so cosa sarebbe successo se non fosse arrivato lei.- dissi
cercando di mantenere calmo il tono di voce e non dare a notare che
mentalmente pregavo che non fossimo incappate in un altro maniaco.
-Non
c’è di che. Ma voi non dovreste essere in giro da
sole a quest’ora
della notte, non credete?- fece gettando a terra quella che immaginai
fosse la cicca di una sigaretta
-Già,
ha perfettamente ragione signor…?-
-Penso
mi conosciate, almeno di vista.- disse avvicinandosi a noi entrando
finalmente nella zona illuminata da un lampione poco distante da noi.
-SEAN
PENN? LEI È SEAN PENN?!- urlai io colta da un improvviso
senso di
euforia, del tutto inappropriato date le circostanze.
-Si
cara, sono io. Ma posso sapere cosa vi è successo?-
-Bè,
prima di tutto mi presento, mi chiamo Claudia Esposito, e questa
è
la mia amica Titti Rossi. Siamo in vacanza qui ma viviamo a Napoli in
Italia. Stasera siamo andate in discoteca, ma la mia amica ha bevuto
troppo e così speravo che un po’ d’aria
le potesse fare bene.
Mentre tornavamo in albergo, però, quei tre ragazzi ci hanno
fermato
a causa del braccialetto di Titti e così gli ho mollato un
pugno e
quello si è incazzato. Penso che il resto lo sappia.- dissi
tutto
d'un fiato, rimanendone priva.
-Certo,
ho sentito l’urlo fino a fuori casa, ma se non fossi uscito a
fumare una sigaretta adesso voi avreste potuto fare davvero una
brutta fine. Questa non è una bella zona la notte. Le ville
sono
tanto grandi che è quasi impossibile sentire un urlo che
proviene da
fuori. Ma come vi sentite?-
-Io
penso bene, lei mi sa che ha bisogno di stendersi…- risposi
cercando di sorreggere Titti per la vita, ma a quel gesto sentii una
fitta alla mano con la quale avevo picchiato il ragazzo e mi
sfuggì
un gemito.
-Cos’hai?
Ti fa male la mano? Fammi dare un’occhiata…- e mi
guardò bene la
mano. -Potrebbe essere una semplice contusione, ma per sicurezza io
andrei al pronto soccorso. Vieni entriamo in casa mia che prendo la
macchina.-
-Lei
pensa che sia una buona idea portare Titti con noi? Non potrebbero
chiedersi come mai una ragazza che non ha il permesso di bere
è
ubriaca?-
-Si,
hai ragione. Facciamo così, se per voi non è un
problema potete
passare la notte qui, così possiamo mettere lei a letto e
intanto
andare al Pronto Soccorso, che ne pensi?-
-Signor
Penn, io non voglio essere di alcun disturbo, davvero. Lei ha
già
fatto molto per noi. Non voglio darle altre noie.-
-Prima
di tutto nessuna noia, secondo dammi del tu che altrimenti mi fai
sentire ancora più vecchio di quello che sono.- Mi disse con
un
sorriso.
-Allora
se non è un problema accetto il tuo invito, anche
perché la mano mi
fa molto male.- dissi facendo una smorfia.
Dopo
di ciò entrammo in casa Penn e io misi a letto Titti, che
nel
frattempo si era anche addormentata, nella stanza degli ospiti, le
lasciai un messaggio sul cellulare dove le spiegavo tutto, casomai si
fosse svegliata e non mi avesse trovato, e salii in macchina con uno
dei miei attori preferiti diretta al Pronto Soccorso. Quando arrivai
l’infermiera mi squadrò per bene e mi
lanciò un’occhiataccia
avendo visto come ero vestita, poi dopo aver visto chi mi aveva
accompagnata lì subito diventò amichevole. Mi
visitò la mano e mi
disinfettò le nocche che si erano sbucciate, poi me la
fasciò e mi
disse che avevo una brutta contusione alla mano e al polso ma che non
mi sarei dovuta preoccupare perché sarebbe passata
nell’arco di
pochi giorni e mi raccomandò di tenerla sempre fasciata e
passare
una volta al giorno una crema che mi aiutasse a guarire più
in
fretta.
Avendo
ringraziato la donna ed essendo andati in farmacia a comprare altre
bende e la crema che mi era stata raccomandata, potemmo tornare a
Beverly Hills. Io e Sean ci sedemmo in cucina e iniziammo a
chiacchierare mentre preparava della camomilla per me e per lui.
-E
così siete straniere, eh? E come mai avete scelto di venire
qui a
Los Angeles con tanti posti che ci sono da vedere?-
-Bè,
io ho sempre adorato l’America e non vedevo l’ora
di poterla
visitare, anche se solo in parte. Poi Titti ha accettato di venire
con me a Los Angeles perché sa che sono
un’appassionata di cinema
e qui mi sarei potuta sentire come a casa. Fortunatamente e
sfortunatamente questa è stata l’ultima estate di
libertà; se non
fossimo partite quest’anno chissà quando
l’avremmo fatto con gli
esami da fare e tutto il resto, così abbiamo colto
l’occasione al
volo e siamo volate fin qui.-
-Davvero
sei un’appassionata di cinema o lo dici perché
stai parlando con
me?-
-No,
sul serio. Ho visto un quintale di film, vedrai che domani mattina
non dico che Titti non ti riconoscerà, ma sicuramente non si
ricorderà il tuo nome o un film che hai fatto. È
strano, ma tutti i
ragazzi che conosco non solo non amano il cinema, ma non conoscono
nemmeno attori, registi o quant’altro… Mah... Io
amo guardare un
bel film, ammirare l’interpretazione degli attori, le
sceneggiature, le colonne sonore… Non
c’è nulla di più
rilassante per me. Sono una che se un film è ben fatto si
commuove
tanto, io mi sento parte del film, non so se mi spiego.- dissi con
gli occhi che brillavano per l'enfasi che mettevo nel parlare della
mia passione.
-Sto
per caso parlando con una futura attrice?- Disse lui sorridendo.
-Mah,
chissà… Non ne ho proprio idea. Non ho mai
recitato, non penso di
esserne capace.-
-Hmmm..
vediamo… Attore preferito? Attrice? Regista? Film?-
-Facile:
Paul Newman, Liz Tylor, Alfred Hitchcock, Il Padrino.- Risposi tutto
d’un fiato.
-Però,
conosci Hitchcock… Non sei un po’ troppo giovane
per aver potuto
ammirare i lavori del grande Alfred?- mi chiese facendomi sorridere.
-Il
primo film che vidi di quello che per me è un mito fu La
finestra
sul cortile. Quel film è incredibile. Riesce a tenere vigile
lo
spettatore per due ore riprendendo semplicemente delle scene da una
stanza di un palazzo. Ma d’altronde Nodo alla Gola
è basato sullo
stesso principio. Senza far vedere l’omicidio o il cadavere,
semplicemente filmando una cena che si svolge in un salotto, si
rischia di restare con gli occhi incollati allo schermo. Non penso
esisterà mai più un regista del genere, con tutto
che ce ne sono di
grandi registi al giorno d’oggi. Sfortunatamente non
italiani.-
-Perché
non ti piacciono i film del tuo paese?-
-Non
solo non mi piacciono i film del mio paese, nemmeno i telefilm o i
reality o le fiction o gli attori, che tra l’altro recitano
come i
cani. In compenso devo ammettere che i migliori doppiatori li abbiamo
noi.-
-Sai,
è raro conoscere una persona che abbia gusti come i tuoi al
giorno
d’oggi. Specie se giovane e donna.-
-Oh,
bè, ho dei gusti un po’ particolari… A
volte penso che sarei
stata un perfetto maschio.- Dissi facendo una linguaccia
–Adoro i
thriller ma ancora di più i film gangster e di fantascienza.
Insomma, non conosco una ragazza che abbia visto tutta la saga di
Star Wars e che, soprattutto, abbia apprezzato la prima trilogia e
non gli ultimi usciti solo perché c’è
Hayden Christensen.-
-Senti
che programmi avete per domani tu e la tua amica?-
-Nulla
di particolare, perché?-
-Ti
farebbe piacere se domani andassimo in giro insieme? Potrei fare da
vostro cicerone…-
-UAO!
SAREBBE STUPENDO! Ma sei sicuro di non avere altri impegni?
Perderesti una giornata…-
-Se
te l’ho chiesto è perché ne sono
sicuro, non pensi? Altrimenti
avrei potuto restare in silenzio.-
-Bè,
in effetti…-
-Allora
va bene?-
-Certo
che va bene! Ne sarei davvero onorata.-
-Perfetto,
allora è deciso. Adesso direi che forse è il caso
di andare a
dormire, altrimenti non riusciamo a fare proprio nulla.-
-Si,
hai ragione… Inizio a sentirmi un po’
stanca…-
-Eh
ti credo! Sono già le 4 del mattino! Su vieni. Mi dispiace
ma dovrai
dormire nel mio letto, l’altra stanza degli ospiti la uso
come
sgabuzzino-
-E
tu dove dormi?- Chiesi notando che cercava delle coperte in un
armadio in camera sua.
-Io?
Sul divano ovviamente.-
-COSA?
STAI SCHERZANDO, VERO? Non solo ci salvi da dei maniaci, ci ospiti in
casa tua e mi porti all’ospedale, vuoi anche dormire sul
divano?!
Non ci pensare proprio. Al limite ci dormo io.-
-Non
potrei mai. Senti, se per te va bene possiamo dormire assieme, no?-
-Si,
è sicuramente un’ottima idea.-
-Ok,
perfetto. Tieni questa maglietta. È mia, immagino ti possa
andare
bene per dormire.-
-Grazie
mille, sei gentilissimo.- E mi recai in bagno. Ci misi 5 minuti buoni
per struccarmi senza struccante ma solo con acqua e sapone, e meno
male che mi ero truccata poco. Da quel giorno portavo sempre con me
un paio di salviette.
-Eh,
dimmi un po’, hai visto qualche film con me?- fece lui
curioso.
-Qualche?
Ne ho visti tantissimi! Taps, il tuo primo film del grande schermo,
dove ho scoperto che avevi i capelli rossi, Vittime di guerra, dove,
con tutto il rispetto, hai la parte di un grande stronzo, ma la
reciti benissimo, Non siamo angeli, Dead Man Walking, il film che mi
ha fatto cambiare idea sulla pena di morte, Carlito’s Way,
The
Game, Mi chiamo Sam, uno dei film per cui ho pianto di più,
Mistic
River, uno dei miei film preferiti, Oscar ampiamente meritato, 21
grammi, The Interpreter, Tutti gli uomini del re, Disastro a
Hollywood, Colors e Stato di grazia.- Feci mentre uscivo dal bagno e
mi infilavo sotto le lenzuola. Finalmente a letto dopo una giornata
lunghissima.
|