Di
vodka e risate.
So
if by the time the bar closes
And
you feel like falling down
I'll
carry you home
Che
fosse ubriaca glielo si leggeva negli occhi: il blu violaceo
rifulgeva d'adrenalina e i quattro shot di vodka che aveva bevuto
nell'ora precedente non erano certo stati buttati giù senza
conseguenze: Jo sentiva i sensi offuscati ed una grande, grandissima
voglia di ridere. Voglia che non si sforzò nemmeno di
trattenere per qualche secondo, visto che scoppiò a ridere in
faccia a Duncan, Alejandro e Scott, che la guardarono a metà
fra l'inorridito ed il divertito: la loro amica non soleva bere
molto, ma le poche volte che lo faceva combinava sempre qualcosa di
decisamente stupido.
Intanto,
la ragazza rideva sguaiatamente battendo sonoramente i palmi sulle
cosce avvolte in un paio di normalissimi jeans blu chiaro, alternando
ai battiti il passarsi le mani fra i capelli biondi, scompigliandoli
in un gomitolo dorato del quale non si sarebbe mai riuscito a
trovare il capo.
Alejandro
la fissò per pochi secondi ancora, per poi voltarsi verso
Scott e Duncan e mimare con le labbra un io mi allontano.
I due amici capirono subito che il sottotesto di quelle parole era
vado a conciare per le feste quel tizio lì:
Alejandro aveva in effetti puntato da qualche minuto una ragazza mora
ed alta dalle curve particolarmente voluttuose che sembrava non voler
accennare a smettere di strusciarsi contro un ragazzo al di là
della sala. Scott lo congedò con una pacca sulla spalla ed un
in bocca al lupo
sussurrato a mezza voce; dal canto suo Duncan portò indice e
medio della mano destra a toccare la tempia destra e concluse il
tutto con un occhiolino.
Rimasti
in tre -o meglio in due, visto che Jo era più un manichino
animato dall'alcool che una persona, in quel momento-, i ragazzi
misero in moto le loro menti per decidere in che modo avrebbero
potuto dare un tocco di divertimento in più alla serata.
Avvistarono
un gruppetto di ragazze dai costumi particolarmente sboccati che
ballavano gambe nelle gambe e, mossi dall'istinto da primate che li
aveva mossi già in altre uscite serali, si avvicinarono a
quelle lanciandosi reciprocamente degli sguardi eloquenti.
Jo
non fece altro che continuare a ridere, troppo ubriaca per capire che
l'immagine di una ragazza con i capelli scompigliati, la maglietta
rossa incollata al corpo dal sudore che le aveva provocato tutta
quella vodka e il riso sempre sulle labbra sarebbe stata qualcosa di
veramente inquietante.
Esattamente
all'angolo opposto della sala rispetto al bancone, stava di rimpetto
a Jo un ragazzo. Uno come tanti, non era né aitante né
sgradevole alla vista. Aveva in sé e nello sguardo un qualcosa
di timido; attorcigliava le mani sul bordo della maglietta blu ed
infilava le dita fra la cinta ed i passanti bianchi dei pantaloni
larghi dello stesso colore che indossava quella sera.
Non
era sempre stato un tipo così riservato, anzi, non si era
emarginato mai così tanto, ma in quella sera che ormai stava
volgendo al termine era stato avvicinato da una ragazza mora con
decisamente troppo alcool nelle vene, che si era curata di
strusciarsi per bene a lui fino a che non era arrivato un altro,
infagottato per bene in un paio di jeans aderenti ed una polo verde
smeraldo e con dei capelli modestamente lunghi a minacciarlo di
starsene lontano da quella ragazza, pena un pugno o un calcio ben
assestati. O tanti pugni e tanti calci, questo sarebbe stato a sua
discrezione.
Quella
sera Brick, essendo l'autista designato dai suoi amici, non aveva
toccato nemmeno un bicchiere contenente qualcosa di alcolico, ma ciò
non voleva dire che i suoi amici avessero bevuto poi così
tanto: Trent si era limitato ad una birra, Dawn, essendo astemia, era
rimasta completamente sobria, Zoey e Mike avevano tracannato uno shot
di vodka a testa ed erano sì un po' rintontiti, ma non così
tanto come la ragazza che Brick stava osservando incuriosito da
qualche minuto.
Aveva
pensato che quella festa sarebbe stata un disastro dal momento in cui
Alejandro gli si era avvicinato col pugno teso, ma dopo averci
riflettuto qualche momento e, soprattutto, dopo aver notato Jo, della
quale era innamorato da diverse settimane, aveva convenuto con se
stesso della possibilità di salvare la serata.
“Tizio,
che ci fai tutto solo in un angoletto?” gli chiese una voce un
po' troppo impastata per i suoi gusti.
Il
ragazzo alzò gli occhi e riconobbe Geoff, un suo compagno di
scuola (ma d'altronde, chi altri avrebbe potuto incontrare ad una
festa di fine anno scolastico?), che, dall'espressione e dal colorito
paonazzo del viso, si sarebbe detto più che ubriaco. Si teneva
sotto braccio con Tyler, un altro loro compagno, che reggeva una
bottiglia contenente un liquido chiaro.
“Nulla,
ecco, io stav_
Brick
tentò di parlare, ma Geoff gli tirò una pacca sulla
spalla ed asserì
“Bene,
divertiti zio!”
Zio?
fu il primo pensiero di Brick.
Oh.
Oh,
giusto.
Geoff
in sé era un pazzoide, ma Geoff ubriaco
era il classico tipo da cui ci si sarebbe potuti aspettare di tutto.
Mentre
era ancora immerso in tali riflessioni, Dawn gli si fece vicina, gli
appoggiò entrambe le mani sulla spalla e si alzò sulle
punte per sussurrargli qualcosa all'orecchio.
“Brick,
persino la tua aura sta gridando ai quattro venti che sei innamorato
di Jo. Perché non vai e le parli?”
Non
si stupì del fatto che la sua amica avesse captato i suoi
sentimenti, d'altronde la conosceva abbastanza bene da poter dire che
l'avrebbe sempre captato in ogni sua sfumatura.
Tyler,
intanto, si era staccato da Geoff ed aveva iniziato a correre verso
di loro, mettendo però i piedi in una pozza di qualcosa di
viscoso -già, cos'era
esattamente? Brick non l'avrebbe voluto sapere per niente al mondo- e
finendo il tutto con un capitombolo esemplare che lo portò a
sbattere la testa sulla trave di legno accanto alla quale era
poggiato il moro e, fino a pochi attimi prima, la biondina.
“Amico!”
soffocò queste parole tra un gemito di dolore ed un po'
d'alcool.
“Amico,
amico!” continuò.
“Amico,
perché non combini niente?” riuscì finalmente a
dire.
“Io..
Niente, Tyler, non sono in vena.” rispose l'altro.
“Non
dire cazzate, tutti sono in vena, stasera!” proferì con
una falsata aria seriosa Tyler, barcollando ed appoggiandosi con una
mano alla trave. Gli entrò una scheggia nel dito, facendolo
guaire.
Arrivò
Geoff con tre bicchieri di carta pieni di noccioline e l'aria
svampita.
“Zii,
facciamo a chi butta giù queste più in fretta?”
L'animo
di Brick si risvegliò come se avesse appena sentito il forte
suono di una grancassa.
“Dai!”
annuì elettrizzato. Sfide del genere l'avevano sempre fatto
impazzire.
Ognuno
dei tre prese il proprio bicchiere e cominciò a trangugiare
arachidi a velocità record.
Dopo
pochi secondi Geoff aveva già quasi finito, Brick era a metà
circa e Tyler si era strozzato con le prime dieci noccioline,
tossendo a raffica un gran numero di briciole e tenendosi la gola con
entrambe le mani.
Quando
il biondo finì, gettò il bicchiere a terra e lo pestò
con il piede.
“Woah,
siete due schiappe stratosferiche!” proclamò.
Osservò
poi Brick, che si era incantato a guardare un punto fisso sul
pavimento senza una ragione, apparente o reale che fosse.
“Fratello,
che guardi? Chi guardi?” asserì, non notando, a causa
dell'ubriachezza, che il suo interlocutore non stava fissando
nessuno, ma era solo inesplicabilmente fissato a rimirare una
mattonella grigia scura, immerso in chissà quali pensieri.
“Guardi
Jo? Ti piace, eh?” domandò poi, aggiungendo al tutto un
paio di gomitate nelle costole al ragazzo.
Per
Brick fu come aver respirato dell'ammoniaca: un colpo pesante dritto
al cervello, come una martellata nella materia grigia che sembrò
fargliela attaccare alle ossa del cranio con un macabro rumore che
assomigliava troppo a qualcosa che si spappola senza speranza di
rimescersi in ciò che era prima.
Dio
santissimo.
Finché
era solo Dawn ad essersene accorta, la situazione poteva dirsi
sopportabile.
Ma
Geoff?
Geoff
non poteva averlo notato.
Geoff
non doveva averlo notato!
Diamine,
già quando era sobrio non era tipo da rendersi conto di cose
del genere, ma se addirittura un Geoff ubriaco l'aveva capito,
allora doveva essere dannatamente evidente.
Biascicò
qualche parola senza nemmeno sapere cosa stesse dicendo e si
allontanò per uscire e prendere una boccata d'aria.
Duncan
e Scott erano riusciti finalmente ad accaparrarsi l'attenzione di un
gruppetto abbastanza esiguo di ragazze, che facevano maliziosamente
scorrere ripetutamente le mani sulle braccia nude di Scott, che aveva
indossato una canottiera del colore dei suoi capelli, e sulle spalle
di Duncan, che però erano fasciate in una maglia rossa
sgargiante con lo scollo a V che faceva notare la chiarezza della sua
carnagione.
Agitandosi
al ritmo di un qualcosa difficilmente definibile come musica -ma
pur sempre qualcosa con un ritmo martellante, questo bisogna
riconoscerlo-, il gruppo stava mostrando di divertirsi un mondo.
I
due ragazzi si guardavano occhi negli occhi, sogghignando e mimando
con le labbra qualche parola, che andò comunque persa
nell'aria intrisa di sudore e One Million.
Una
ragazza di quell'agglomerato di gente, sentendo una nota del
sopracitato profumo nell'atmosfera che li circondava, attaccò
il naso al collo di Duncan ed inspirò profondamente.
“Oh
sacrosanta Chanel, amo, AMO questo profumo! Il mio papi ne mette
sempre una goccia, prima di andare a lavoro!”
Il
punk guardò negli occhi quella ragazza. Lei li aveva verde
smeraldo, profondi e maliziosi. Cozzavano quasi con gli occhi vitrei
di lui.
Scott,
che evidentemente la conosceva, s'intromise fra i due.
“Dakota,
devi essere decisamente ubriaca, Dio! Tuo padre non lavora!”
Duncan
guardò il suo migliore amico con una nota d'indecisione: aveva
sempre creduto che Dakota fosse così ricca perché il
padre aveva un lavoro dal rendimento altissimo.
“Non
fare il deficiente, Wallis, papi lavora eccome!” proferì
stizzita la ragazza.
“Sì,
perché adesso piantare le radici su una poltrona dietro una
scrivania e dare ordini a settecento persone è un lavoro!”
Il
tono di Scott lasciava intendere che l'alcool aveva di gran lunga
preso il comando sul suo cervello, e Duncan si vide costretto a
frapporsi ai due, che stavano lì lì per venire alle
mani. Una volta divisi, il punk si allontanò, non notando che
Scott era rimasto a dieci centimetri da Dakota, per andare verso un
altro gruppetto, composto tanto da maschi quanto da femmine, per
vedere se avrebbe potuto avere anche lui una possibilità di
rimorchio, quella sera.
Alejandro
si era avvicinato alla mora, ed aveva cominciato a gironzolarle
intorno tanto per attirare la sua attenzione quanto per testare
quanto ubriaca fosse e regolarsi di conseguenza su ciò che
avrebbe dovuto dire o fare.
“Heather,
Heather!”
Una
vocina squillante fece girare la mora -ed in quel momento Alejandro
realizzò che il suo nome fosse, appunto, Heather- verso una
ragazza con i capelli biondi e due occhioni azzurri contornati da una
matita e da un eyeliner neri che sfavillavano anche nell'atmosfera di
semi-buio che si era venuta a creare nel locale.
Trovatasi
davanti la bionda, Heather le scoppiò a ridere in faccia senza
un motivo apparente.
“Che
vuoi?” soffocò fra le risa.
La
ragazza aveva uno sguardo preoccupato.
“Heathy,
Dakota si è messa a sbraitare contro un tizio, ma non capisco
cosa si stiano dicendo!”
La
mora strabuzzò gli occhi grigi, smettendo di ridere
all'istante. Vista da fuori, la cosa sembrava molto inquietante.
“Non
chiamarmi mai più in quel fottuto modo, chiaro?”
La
bionda, non essendo ubriaca, restò un po' spaventata dalla
reazione di Heather.
“Ma
io pensavo fossimo MAD!”
L'altra
alzò un braccio e lo portò indietro nella classica
posizione di chi sta per schiaffeggiare il suo interlocutore.
“Sparisci,
Linsday.” disse freddamente
Lei
se ne andò riluttante, chiamando il nome di un'altra ragazza
che, presumibilmente, era un'altra sua amica, mentre la mora
ricominciava ad agitarsi al ritmo che riproduceva l'altoparlante.
Alejandro
decise di entrare in azione in quel momento.
“Hola,
chica.” esordì.
Heather
si fermò e squadrò il ragazzo da capo a piedi.
“No,
è inutile che ci provi. Non mi piaci.” sancì
subito prima di scoppiare istericamente a ridere.
Alejandro,
rimasto colpito nell'orgoglio, continuò a parlare
imperterrito.
“Chica,
lo vuoi un drink?”
Evitò
di dire l'ennesimo drink, ma nei suoi occhi c'era così
tanta malizia che Heather, evidentemente, intuì i suoi
pensieri.
“Su,-
asserì il ragazzo, -preciosa, un drink piccino piccino
e poi potremmo, che so, andare nell'altra stan_
Lo
schiaffo lo colpì senza che nemmeno riuscisse a vederlo.
“Coglione.”
proferì Heather, poco prima di andarsene.
Alejandro
non la rivide più.
Intanto,
s'erano fatte le due di notte, e la festa era finita. Le persone
cominciavano ad andarsene a poco a poco, e Duncan, Alejandro e Scott
si erano, com'era evidente, dimenticati della loro amica
seduta al bancone del locale. Probabilmente s'erano appartati con
qualche ragazza o se n'erano soltanto andati via.
Qualunque
cosa avessero fatto, però, Jo rimaneva pur sempre lì a
ridere. Rideva, rideva e rideva, ma nessuno è in grado di
contenere così tanto fiato nei polmoni da ridere per un'intera
serata: fatto sta che, finalmente, Jo si acquietò. E cadde a
peso morto sul bancone.
Brick
l'aveva notata, ma Zoey e Trent continuavano a chiedergli di mettere
in moto la macchina per tornare a casa. Fu Dawn a salvargli la
serata, come spesso accadeva.
“Ho
la macchina qui dietro, se vuoi li accompagno io” gli aveva
proposto.
“Tu
però accompagni lei” finì, accennando con la
testa a Jo.
Brick
annuì a metà fra lo svogliato e il voglioso di andare
finalmente a parlare con lei, deciso ad aspettare, però, che
il locale si svuotasse. Non voleva che la gente iniziasse a
chiacchierare.
Sei
ubriaca furono le parole con cui
esordì.
“No,
coso, non sono
ubriaca. Sono solo taaanto felice!” disse Jo, prima di
ridacchiare ed accasciarsi di nuovo sul bancone.
“Jo,
dai che devo andare! Cammina, ho la macchina qui dietro!” parlò
Brick.
Ma,
visto che la bionda non accennava a muoversi, il ragazzo si vide
costretto a caricarsela in spalla. L'aveva appena sollevata che lei
si risvegliò immediatamente con uno scatto di testa che colpì
il mento di Brick.
Caddero
l'una sull'altro.
Brick
non sapeva se ringraziare il cielo o alzarsi e scappare urlando.
Jo,
probabilmente non capendo ciò che stava facendo, portò
un ginocchio al di là del corpo di lui mettendosi a cavalcioni
sul ragazzo.
Decisamente
ringraziare il cielo.
A
Brick bastò un occhiata al corpo della ragazza che stava sopra
di lui per eccitarsi.
Decisamente
scappare urlando.
“JO!-,
urlò, -SEI DANNATAMENTE UBRIACA!”
“E
sono anche tanto sola” proclamò lei. Poi scoppiò
a ridere, come per assicurare Brick che tutto ciò che stava
succedendo quella sera fosse soltanto causa dell'ubriachezza.
Si
abbassò e lo abbracciò.
Perché
cazzo il locale era vuoto?
Con
un colpo di reni -e un grande sforzo mentale, visto che in quel
momento avrebbe potuto anche approfittare
della ragazza che gli piaceva da mesi-, Brick tentò di
alzarsi.
Ottenne
soltanto un rovesciamento dei ruoli.
“Ti
piace di più stare sopra, eh?”
Alzati
e scappa.
Jo
aveva iniziato a tendere le mani verso di lui, quando venne
l'illuminazione.
“Jo,
facciamo a chi arriva prima alla macchina?”
Lei
captò queste parole e, pur essendo sotto di lui -già,
perché non si era alzato prima?- si alzò
immediatamente, facendolo cadere. Iniziò a correre, ma
l'alcool le aveva rovinato l'equilibrio. Cadde di nuovo, e Brick
l'afferrò per una mano.
“Vieni
giù con me.” gli ordinò.
“E
rinunciare ad arrivare primo? Tsk!” negò lui. Poi si
mise a correre.
O
meglio, tentò
di mettersi a correre, visto che lei gli aveva arpionato la caviglia,
facendolo capitombolare a terra.
Cazzo.
Erano
entrambi stesi a terra, l'uno a pochi centimetri dall'altro.
Poi,
Jo si fece avanti e lo baciò.
Ma
Brick era talmente impreparato a tutto questo che la scansò
velocemente, la prese per spalle e ginocchia e la tirò su.
Jo
si era di nuovo accasciata a terra, facilitando il tutto al ragazzo
che l'aveva presa in braccio.
La
portò in macchina, la fece stendere sul sedile posteriore e la
riportò a casa, senza proferir parola.
E
questo fu il modo in cui finì la serata.
“Brick!
Dovresti fare i compiti!”
Tre
giorni dopo la fine della scuola e la festa, la madre del ragazzo
aveva già iniziato a tartassarlo con questo genere di ordini.
Brick
alzò gli occhi al cielo ed afferrò il diario, leggendo
il numero della prima versione che c'era da fare.
Pagina
trecentosessantaquattro, numero dodici.
Aprì
il libro.
L'autore
era Giustino.
Il
tema dell'unità del libro era Alessandro Magno.
A
Brick saltò un battito cardiaco.
Gli
occhi corsero a leggere il titolo della versione.
Gli
effetti dell'ubriachezza.
Merda.
Sono
giorni che sono assente perché lavoro a.. QUESTA?
Fatevene
una ragione, amici miei, l'idea di una pseudo-lime con una Jo ubriaca
ed un Brick sobrio mi martellava in testa da secoli.
La
strofa all'inizio è presa da We are young, dei Fun.
Ogni
commento è ben accettato :)
Storia
dedicata ad Hidden Writer -esatto, a mio fratello- per.. beh, perché
mi andava di dedicargliela. Anche se non la recensirà, molto
probabilmente, perché non gli piacciono le storie a finale
incompleto, che sono invece la mia passione.
Vai
bro (xD), spacca tutto e tutti agli esami! ♥
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