SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME
—s–
Non sopportava di vederla così.
Lui, che per anni non aveva fatto altro che insultarla. L’unico
contatto che poteva permettersi, con una come lei.
Ma di notte, nei suoi sogni, tutto cambiava.
Lì non c’erano cognomi di sorta, ad etichettare indelebilmente
le persone.
Non questioni di sangue, a frapporsi tra loro.
Purosangue e Mezzosangue. La solita storia.
Quante volte l’aveva sentita? Un milione?
Forse di più. Era l’argomento preferito di suo padre.
Quante volte ci si era appigliato, per schernirla davanti ai
suoi amici? Un milione?
Sicuramente di più. Era l’unico modo per non esserle
indifferente. Quel lampo di rabbia nei suoi occhi dorati.
Ma ora…non la riconosceva più. Si era sempre detto che niente
avrebbe potuto piegarla.
Lei, così bella e fiera. Orgogliosa.
La guerra aveva mietuto un sacco di vittime. Lei tra
queste.
Certo, non era come i cadaveri freddi dei suoi amici. Li
ricordava pallidi, nell’abbraccio della morte. Ma gli occhi vitrei erano gli
stessi.
Si alzava, camminava, mangiava e studiava. Tutto come
sempre.
Era una balla colossale. La cazzata del secolo.
Se a prima vista Hermione Jane Granger sembrava quella di
sempre, bastava una rapida occhiata per capire che in realtà tutto era
cambiato.
Si muoveva come un automa. L’aria persa, gli occhi spenti. Una
maschera inespressiva sul suo bel volto.
Aveva perso la voglia di vivere.
Era successo tutto quel giorno, tutto così in fretta.
Un attacco di Mangiamorte nella Londra babbana. Nel quartiere
vicino al suo, dove stava trascorrendo le vacanze. La frustrazione più
disperata, nel vedere che anni e anni di studi di magia valevano meno di zero.
Perché i suoi genitori erano stati uccisi sotto i suoi occhi, senza che lei
potesse fare niente per salvarli.
Lo stesso giorno, altre vittime. Questa volta nel mondo
magico.
Auror intrepidi, personaggi di grande fama, dipendenti del
Ministero.
E alcuni studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts.
Tassorosso, per lo più. Ma anche Corvonero e alcuni
Grifondoro.
Una in particolare. Ginevra Weasley. La sua migliore amica.
La ragazza del Bambino Sopravvissuto.
Tutti l’avevano compianta a lungo. Harry Potter per primo.
Ma la vita si sa, va avanti.
E così era stato, per tutti. Tranne che per lei.
Ricordava bene quando l’aveva rivista la prima volta, poche
settimane prima, all’inizio del settimo anno.
Nessuna condoglianza, nessuna parola di cortesia da parte
sua.
Al contrario, insulti e cattiverie più graffianti del
solito.
L’aveva fatto di proposito. Aveva pregato perché reagisse,
fulminandolo con un lampo accecante in quegli occhi ambrati. Perché gli
dimostrasse, che in fondo, era sempre lei. La sua Mezzosangue.
Realizzare che era stata solo una mera illusione lo aveva quasi
annientato.
—s–
Per la quarta volta quella settimana Hermione Granger aveva
mentito ai suoi migliori amici. Ma non gliene importava.
"Loro non capiscono" – si ripeté, mentre entrava nella
biblioteca deserta, dirigendosi silenziosamente verso la sezione proibita.
Se tutto andava come doveva, quella sera finalmente li avrebbe
riabbracciati.
Individuò subito l’antico tomo che le interessava. Rapidamente
scorse le pagine ingiallite, trovando poco dopo quello che cercava. Trascrisse
velocemente la formula su un pezzo di carta.
Poi richiuse il libro e con la stessa rapidità con cui era
entrata, se ne andò.
Due occhi argentati nascosti nell’ombra scrutarono attentamente
la figura esile uscire dalla biblioteca e dirigersi verso un’ala inutilizzata di
Hogwarts.
La seguì, tenendosi debitamente a distanza, per non farsi
vedere.
Svoltato l’angolo si ritrovò in un corridoio immerso nel buio.
Di lei, nessuna traccia.
Sparita nel nulla.
Stava per tornare sui suoi passi, quando un lieve cigolio
catturò la sua attenzione.
La porta di legno massiccio che stava alla sua sinistra era
leggermente socchiusa. Si avvicinò con cautela, sbirciando all’interno.
Alla luce fioca di una candela poté intravedere la Grifondoro
seduta a terra, sul pavimento.
Dinnanzi a lei, uno specchio.
Draco lo riconobbe all’istante. Lo Specchio delle Brame.
Suo padre gliene aveva parlato, una volta. Lo specchio
rifletteva ciò che una persona più desiderava. Ma era solo un’illusione.
Infatti, al di là della dura superficie lucente, vi erano i
coniugi Granger. Sorridevano felici, avvolti in un’aurea dorata.
Hermione li guardava con le lacrime agli occhi.
"Ciao mamma…ciao papà…" – la sentì sussurrare in un singhiozzo
– "Manca poco…solo qualche minuto, e saremo nuovamente insieme"
Il Serpeverde aggrottò la fronte a quelle parole. Che diavolo
voleva dire?
Era solo un’illusione, possibile che non lo capisse? Certo,
sembrava dannatamente reale…ma in realtà quella non era altro che una finestra
che dava su un altro mondo. Un mondo che probabilmente nemmeno esisteva.
La vide dispiegare un foglietto di carta scarabocchiato.
Non sapeva cosa avesse intenzione di fare, ma aveva un brutto
presentimento.
E l’attimo dopo rabbrividì, perché le parole che lei stava
pronunciando ad alta voce, lui le conosceva benissimo.
La biblioteca di Malfoy Manor possedeva qualsiasi testo di
magia oscura. E lui li aveva letti tutti, dal primo all’ultimo, durante le
noiose serate delle vacanze natalizie.
L’orrore gli invase la mente, paralizzandolo da capo a
piedi.
La ragazza continuava a mormorare l’incantesimo. Parole
incomprensibili, appartenenti a una lingua morta da secoli.
Il rumore di una porta che veniva aperta violentemente. Passi
agitati che si avvicinavano a quel fioco punto di luce. Una chioma bionda,
inconfondibile.
E quell’urlo.
"Nooo…"
—s–
Draco riaprì faticosamente gli occhi, notando che la stanza
aveva smesso di girare vorticosamente attorno a loro.
Hermione giaceva a terra accanto a lui, ancora intontita.
Si guardò attorno. Lo specchio che rifletteva i genitori della
Grifondoro era ancora al suo posto, così come la piccola candela bianca.
Ma la stanza, era cambiata. Nessuna porta alla parete. Nessuna
finestra da cui osservare il cielo senza luna.
Girò la testa dall’altra parte, e per un secondo rimase
spiazzato.
Un secondo specchio, identico al primo, era comparso dal nulla
a pochi passi da loro.
Cautamente si avvicinò.
E ciò che vide in quello specchio, lo lasciò esterrefatto. Al
di là della lamina argentea vi era Hogwarts. Più precisamente, la stanza di poco
prima. Ora completamente deserta.
Dove diavolo erano finiti?
Il gemito di Hermione lo riscosse.
La ragazza si era sollevata a sedere e stava sbattendo le
palpebre, confusa.
Quando lo vide, la sorpresa in quegli occhi dorati fu
repentinamente spazzata via da un moto di rabbia.
"Cosa hai fatto?" – lo accusò, la voce incrinata.
"Io? Cosa diavolo stavi facendo tu, piuttosto!" – sbraitò il
biondino, fuori di sé.
"Quello che stavo facendo sono affari miei" – ribatté la
ragazza di rimando – "E smettila di urlare.."
"Io urlo quanto mi pare e piace!"
Hermione aprì la bocca per rispondergli a tono, ma le parole le
si bloccarono in gola, notando solo in quel momento l’oggetto alle spalle del
ragazzo.
Si portò una mano alla bocca – "Oh, no…no…"
Draco la guardò accigliato – "E adesso che c’è?"- domandò
bruscamente.
Lei lo guardò appena.
"Non lo capisci? Mi hai interrotta…e l’incantesimo…è rimasto a
metà" – sussurrò sconvolta.
Draco guardò prima uno specchio, poi l’altro. E fu allora che
capì.
"Siamo bloccati tra i due!" – ringhiò – "Ne da una parte, ne
dall’altra! Dannazione, Mezzosangue!"
La voce irata del biondino la riscosse – "E’ tutta colpa tua!
Non dovevi interferire. Non dovevi!" – Gettò uno sguardo triste allo specchio
che rifletteva le due figure tanto amate.
Si avvicinò lentamente, sfiorando con dita tremanti il vetro
luminoso.
"Mi dispiace…" – Le lacrime che le rigavano le guance, mentre
fissava i genitori negli occhi.
"Ma si può sapere che cazzo credevi di fare, eh? No, dico…hai
idea del rischio che hai corso con quello stramaledetto incantesimo? Del rischio
che abbiamo corso!"
Hermione nemmeno si voltò.
Stufo di parlare con la schiena di lei, la strattonò per un
braccio.
"E piantala di guardare quello specchio! E’ solo una
fottutissima illusione, niente di più!"
Lei lo guardò di traverso – "Tu non capisci. Nessuno
capisce…"
"Capisco fin troppo bene, invece!" – sibilò lui – "Conosco
quell’incantesimo, so cosa stavi cercando di fare!"
Hermione lo guardò sorpresa. Poi si ricordò chi era il ragazzo
che le stava davanti. E a quel punto, la cosa non le sembrò più così strana.
Naturale che il figlio di un Mangiamorte conoscesse la magia oscura…
"Hai evocato quello stramaledetto incantesimo per attraversare
lo specchio! Dio, si può essere così stupidi?" – continuò lui, incavolato oltre
ogni dire.
"I-io…mi sentivo così s-sola…" – balbettò lei, leggermente
intimorita dalla rabbia bruciante che brillava in quegli occhi di ghiaccio.
"E credi che questo avrebbe risolto tutto?" – Frustrato, Draco
si passò una mano tra i capelli – "Granger, i tuoi genitori sono morti! Mi hai
sentito? MORTI!"
Un dolore straziante lacerò il cuore della Grifondoro, mentre
si portava rapidamente le mani alle orecchie, tappandosele per non sentire
quella parola. Morti.
"Quello stupido specchio non li riporterà in vita, qualsiasi
cosa tu faccia!" – proseguì il Serpeverde, il tono leggermente più pacato, ma
non di molto.
"Non era quella la mia intenzione" – replicò la ragazza,
fissandolo dritto negli occhi, senza la minima vergogna per ciò che aveva
tentato di fare.
"Peggio! Tu volevi passare da quella parte. Non si torna
indietro, lo sai benissimo. L’illusione è in grado di irretire la mente delle
persone anche se fissano lo specchio a distanza. Figuriamoci a trovarcisi
dentro. Non torneresti indietro. Non vorresti tornare indietro.
Passeresti il resto della tua vita lì, rinchiusa in una lastra di vetro. E’
questo quello che vuoi?" – le domandò, mentre un brivido freddo gli percorreva
la schiena al solo pensiero.
"E a te che te ne frega?" – fu la spiazzante risposta.
Preso in contropiede, gli ci volle qualche secondo per
ribattere.
"Niente. Non me ne frega niente" – affermò – "Ma a quello
sfigato di Potter, e alla Donnola, probabilmente sì. Stessa cosa per quella
vecchia arpia" – concluse, riferendosi alla McGranitt.
"Loro non hanno bisogno di me. Pensano già al loro futuro. E io
sono rimasta sola…così sola…"
Draco si sentì il cuore stretto in una morsa.
"Dovresti guardare avanti anche tu, Mezzosangue. La vita
continua"
"Non per me…non mi restano che loro" – disse, dando un’occhiata
alle due figure sorridenti che la salutavano con affetto – "E passerò al di là
di quello specchio, costi quel che costi!" – continuò caparbia.
"E a quello che lasci qui non ci pensi?" – si ritrovò a dire
Draco, prima di avere il tempo di mordersi la lingua.
Hermione lo guardò confusa – "Tipo? Dammi anche un solo motivo
per cui dovrei restare. Uno solo.."
Per me. Resta per me.
"Non saprei" – fu invece la risposta del biondino – "I tuoi
amici, la scuola, i professori…un futuro da Auror…le magia…insomma, tutto quello
che prima desideravi!"
"Non m’interessa più…"
"Questo è quello che dici adesso. Ma sei poi cambiassi idea? Se
dovessi accorgerti che tutto ciò ti manca…che farai allora?" – buttò lì Draco,
sperando di smuoverla da quel suo eterno intorpidimento.
Lo sguardo della Grifondoro si offuscò un poco, la rabbia di
quel giorno che tornava prepotentemente a galla.
"NON MI MANCHERA’ AFFATTO LA MAGIA!" – saltò su, dopo mesi di
apatia – "E nemmeno questa dannatissima scuola. O i professori. O quelli che
erano i miei amici. E non mi mancherai nemmeno tu!"
"Io?" – domandò Draco perplesso, quella strana sensazione poco
sopra lo stomaco. Come quando bisticciavano nei corridoi. Come se il suo cuore
avesse appena fatto una capriola.
"Si! Tu e le tue odiose frecciatine" – rispose acida – "E’ per
questo che non vuoi che vada, vero? Ti diverti troppo ad insultarmi!"
"No, non è per quello"
Hermione inarcò un sopracciglio, una muta domanda nello
sguardo.
"Affari miei!" – replicò, maledicendosi mentalmente. Bel
modo per cercare di trattenerla. Davvero bello. Stupendo.
La vide portarsi le mani dietro al collo. Le piccole dita
armeggiare agili sotto il colletto della camicia candida. Una sottile catenina
d’oro, a cui era appeso un oggetto lucente, che ora lei teneva racchiuso nel
palmo della mano.
Tese la mano verso di lui, e l’attimo dopo Draco avvicinò la
sua a quella di lei. Le loro dita separate solo da pochi millimetri.
"Per favore, consegnala ad Harry e a Ron. Nonostante tutto, so
che mi vogliono ancora bene. Voglio che abbiano un piccolo ricordo di me" – E
con queste parole distese leggermente le dita, lasciando cadere l’oggetto nella
mano del Serpeverde.
Una giratempo.
Per un attimo Draco fu tentato di restituirgliela. Di
costringerla a riprendersela. Perché per lui la questione non era finita lì.
Perché avrebbe fatto di tutto pur che lei restasse.
Conscio però che un gesto del genere avrebbe scatenato
l’ennesimo dibattito, peggiorando ulteriormente la situazione, ritrasse la mano
silenziosamente, infilandosi la giratempo nella tasca anteriore dei
pantaloni.
Draco pensò a cosa dirle, per farle cambiare idea. Scartò
immediatamente l’ipotesi di confessarle i suoi sentimenti. L’avrebbe preso per
un pazzo.
Anzi no – si corresse subito dopo – Avrebbe creduto che la
stesse prendo in giro.
Come al solito.
Improvvisamente il pavimento tremò leggermente sotto ai loro
piedi. Draco guardò istintivamente Hermione, e si sorprese nel vedere un piccolo
sorriso sulle labbra di lei.
La ragazza, a pochi passi da lui, stava fissando i suoi
genitori, sorridenti al di là dello specchio. L’aurea dorata che li circondava
si era fatta più intensa, più luminosa.
Allungò una mano verso lo specchio, e le sue dita scomparirono
al di là di quella lastra che un attimo prima era sembrata dura come il
diamante. Invalicabile.
Sua madre e suo padre continuavano a sorriderle, mentre calde
lacrime di gioia le rigavano le guance.
"Ti prego, non andare…"
Si voltò per un momento, confusa da quella voce familiare e
allo stesso tempo sconosciuta. La voce dolce, gentile e disperata di Draco
Malfoy.
"Per favore" – ripeté lui, guardandola dritto negli occhi, non
sapendo che altro fare – "Resta"
Hermione lo guardò sorpresa. Tutto si sarebbe aspettata da lui
tranne quelle parole.
La curiosità di indagare su quel suo strano comportamento era
forte, ma il desiderio di riabbracciare i genitori lo era ancora di più.
"Mi dispiace…" – sussurrò, e mentre lui si gettava verso di
lei, fece un balzo in avanti, oltrepassando decisa la superficie
riflettente.
"Noooooo" – urlò Draco, atterrando in ginocchio nel punto
esatto in cui la Grifondoro era stata fino a un attimo prima. Allungò la mano
verso lo specchio, ma proprio in quel momento quest’ultimo cominciò a tremare e
a traballare violentemente.
Fu un attimo.
Un accecante fascio di luce esplose nella stanza, investendo il
ragazzo e tutto il resto.
Draco venne sbalzato contro il muro. Batté la testa, e l’attimo
dopo era immobile, accasciato sul pavimento.
Nella sua mente, ancora quell’ultima immagine. Hermione Jane
Granger.
—s–
Il dolore lancinante alla testa gli fece serrare la mascella,
non appena riprese i sensi. Sentì un rivolo caldo scorrergli lungo la tempia
sinistra.
Si portò la mano alla testa, ritraendola subito dopo e fissando
con una smorfia i polpastrelli delle lunghe dita diafane macchiati di
sangue.
Merda.
Che cazzo era successo?
L’istante dopo, la tutto gli tornò alla mente. E il suo cuore
perse un battito.
Hermione.
Se n’era andata. Per sempre.
Non era riuscito a fermarla.
Si alzò di scatto, combattendo il senso di nausea e i capogiri.
Una rapida occhiata attorno gli diede conferma di essere di nuovo ad Hogwarts,
nella stanza in cui tutto era cominciato.
La candela si era spenta, la cera del tutto consumata.
Volse il capo verso lo specchio, tranquillo e immobile in fondo
alla stanza.
Si avvicinò titubante, quasi timoroso di ciò che avrebbe potuto
scorgervi.
Gli occhi argentei si fissarono su quella lastra maledetta.
Niente. Non vedeva assolutamente niente.
La sua Mezzosangue non c’era più.
Se ne era andata. Per davvero.
Si accasciò distrutto sul pavimento, portandosi le mani tra i
capelli, in un gesto disperato.
Rimase lì così, fermo, immobile, a fissare il vuoto. Un minuto,
o forse un’ora.
Non seppe dirlo con certezza.
Quando si rialzò, c’era qualcosa di diverso in lui.
Chiunque se ne sarebbe accorto, semplicemente guardandolo negli
occhi.
Fino a quel giorno luminosi e accattivanti, ora spenti e
inespressivi. Vitrei.
Aveva perso la voglia di vivere.
Come un automa, uscì dalla stanza, avanzando lentamente lungo
il corridoio.
Le spalle ricurve, un peso immaginario che gravava su di
esse.
La mente vuota, tranne quell’immagine. Lei, sempre lei.
Distrattamente infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. E fu
allora che lo sentì. Quel piccolo pezzo di metallo.
La giratempo che Hermione gli aveva dato, pregandolo di farla
avere ai suoi amici.
Estrasse l’oggetto, rimanendo a fissarlo per un lungo
attimo.
Trattenne il respiro, mentre il cuore cominciava a battergli
furiosamente nel petto.
Sbattè le palpebre, cercando di riacquistare la sua solita
lucidità.
Si, aveva visto giusto…quella che aveva in mano era
proprio…
Con uno scatto improvviso, si mise a correre. Lungo il tetro
corridoio e poi giù, per le scale che portavano ai sotterranei, fino al suo
dormitorio. Dove un tuffo nel passato lo attendeva.
Perché quella che aveva in mano era una seconda
possibilità.
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