Titolo: Avventure mondiali
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Master
Rating: PG15
Genere: comico, romantico
Conteggio parole: 3550
Avvertimenti: AU, slash, one-shot
Riassunto: Il Dottore, il Master e… una
partita di calcio?
Note: la storia è stata elaborata in
occasione della disfatta azzurra ai Mondiali di calcio di Sud Africa
2010. È il mio modo per fare agli azzurri un grande in bocca
al lupo!
Ambientata nello stesso universo di Come
with me.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e
personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i
diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo
per mio puro diletto.
Avventure
mondiali
Erano ore ormai che il Master se ne stava comodamente seduto sulla sua
poltrona preferita reggendo mollemente un libro tra le mani, del tutto
concentrato nella lettura.
Harry Potter, sbuffò, pensando con ironia
a quanto in basso era potuto cadere. Da padrone dell’intero
universo a questo: un’eternità con Non Fare Del
Male Alla Gente Dottore. Niente più morte e distruzione,
nessuna conquista di qualche galassia, niente più
popolazioni ridotte in schiavitù per il proprio puro
divertimento. Niente di niente.
Il massimo di violenza che poteva ottenere era un libro per bambini,
l’unica cosa che il Dottore gli permetteva di leggere. Tutta
quella pace, quell’amore che vinceva sull’odio
l’avrebbe fatto uscire di senno prima o poi; persino i suoi
tamburi si era acquietati, sconvolti dal buonismo dilagante.
Non c’erano più i cattivi di una volta: quelli
come lui, folli e affascinanti.
Sospirò affranto, girando un’altra pagina del
libro, speranzoso che almeno il cattivo di turno morisse con onore.
“E osano chiamare questo scontro finale?”
sbottò alzandosi di scatto e lanciando offeso il libro
contro il muro. Fu in quel preciso istante che il Dottore fece ingresso
nel salotto: una sciarpa tricolore avvolta intorno al collo, un ciotola
di pop-corn in mano e uno strano aggeggio nell’altra. Si
incamminò per la stanza, zigzagando tra i vari libri per
terra, concedendo al suo gradito ospite un perplesso inarcamento del
sopracciglio.
“Qualcosa non va?” si premurò di
chiedere il Dottore dopo un po’, vedendo il petto
dell’altro Signore del Tempo che si alzava ed abbassava
frenetico, nonostante il sistema respiratorio di esclusione. Il Master
gli scoccò un’occhiata di fuoco, non credendo alle
proprie orecchie.
Ovvio che c’era qualcosa che non andava. Avrebbe potuto fare
una lista così lunga che pure Jack scherzo della natura
Harkness sarebbe morto dalla noia.
Sbuffò buttandosi a peso morto sulla poltrona e abbracciando
sconfitto un cuscino. Quello stare relegati in quel misero TARDIS lo
stava rammollendo, ragionò mordicchiando un angolo del
cuscino, deciso a non degnare l’altro di una risposta.
“Oh… so io come tirarti su!”
esclamò a quel punto il Dottore, deciso come non mai a
risollevare l’animo del Master. Questi non si
premurò nemmeno di folgorarlo con lo sguardo, lasciando che
il Signore del Tempo si esibisse nella sua pantomima fino a quando non
si sarebbe stancato di dare aria alla bocca per niente.
Era una mossa che funzionava sempre: lasciava che l’altro si
sfinisse col suo stesso ciarlare per poter finalmente passare
all’azione, che di solito comprendeva lui, l’altro
e una qualsiasi superficie libera a disposizione.
Solo che questa volta il Dottore lo stupì, accendendo quella
televisione a cui gli umani non sapevano fare a meno. Il Master lo
fissò perplesso e incuriosito, facendo fremere il Dottore di
gioia per essere finalmente riuscito a strappargli
un’emozione.
“Cosa hai intenzione di fare?” domandò,
osservandolo puntare il cacciavite sonico contro lo schermo per fare
zapping tra i vari canali.
“Aspetta e vedrai,” commentò facendogli
l’occhiolino, mentre si metteva più comodo sul
divano: piedi sul tavolino, pop-corn in una mano e bandiera
nell’altra.
“Tieni questo. Puoi usarlo,” disse lanciandogli lo
strano aggeggio con cui aveva fatto il suo trionfale ingresso nella
stanza. Il Master lo afferrò al volo, studiandolo
attentamente.
“Dottore, non ti sembra un po’…
uhm… grande, come giochino sessuale?”
domandò casualmente, rigirandosi l’oggetto tra le
mani e prendendone mentalmente le misure.
“Cos-” esclamò il Dottore, quasi
strozzandosi con una manciata di pop-corn. Il Master si
precipitò su di lui, assestandogli delle vigorose pacche
sulla schiena, non volendo subire l’ira del Signore del Tempo
per essere stato costretto a rigenerarsi – uhm, poteva ancora
succedere? – per un banale soffocamento causato da salatini.
“Tranquillo, tranquillo. Non pensavo ti potessi scandalizzare
per così poco, Dottore.” Scherzò,
prendendo posto sul divano al suo fianco. “Non dopo tutto
quello a cui mi hai abituato.” Soffiò direttamente
sul suo collo depositandogli un bacio leggero, venendo ripagato con un
rossore che dalle guance del Dottore si era diffuso fino alla punta
delle orecchie.
Il Dottore alzò bruscamente il volume del televisore,
coprendo così la risata saputa del Master.
“E, comunque, quello è un vuvuzela. Non
un-” si interruppe, mimando qualcosa con la mano. Il Master
inclinò la testa di lato, valutando l’espressione
dell’altro Signore del Tempo e l’aggeggio, anzi no,
il vuvuzela, che teneva in mano.
“Difatti ti faccio più tipo da cinghie e collari.
Dovremmo provare la prossima volta,” sussurrò
allusivo prima di rivolgere lo sguardo verso il televisore.
“Cosa?” balbettò il Dottore, sconvolto,
il volto paonazzo.
“Shhh…” lo zittì
l’altro, posandogli un dito sulle labbra. “Non
avevi in mente un piano geniale per tirarmi su il morale?”
“Piano geniale. Piano geniale. Ah sì! Il mio piano
geniale!” si batté una mano sulla fronte,
recuperando solo in quel momento i fili per tessere l’ultima
parte del suo progetto. “Ti piacerà.
Vedrai!” gli assicurò sintonizzando il televisore
sulla giusta frequenza.
“Dottore?” domandò il Master
occhieggiando con sguardo annoiato lo schermo. “Da quando in
qua segui il calcio?”
“Uhm… ogni tanto mi capita di seguire qualche
partita.” Commentò osservando rapito
l’ansia che si poteva respirare sugli spalti dello stadio al
momento del fischio d’inizio.
Il Master assottigliò lo sguardo, leggendo sullo schermo le
due squadre che si stavano affrontando in campo: “Italia -
Slovacchia? Ti facevo più il tipo da seguire
l’Inghilterra, o la Scozia, patriottico come sei.”
Si guadagnò un’occhiata scocciata.
“Davvero, Dottore. Prendi, ad esempio, il tuo TARDIS: una
cabina telefonica della polizia,” continuò
imperterrito, mentre le immagini della partita si susseguivano davanti
ai suoi occhi, “così inglese degli anni
’50. O il tuo continuo bisogno del tè. E vogliamo
parlare del tuo accento?”
Il Dottore si voltò a guardarlo, staccando per un momento
gli occhi dalla partita, che tutto sembrava, fuorché
entusiasmante.
“Il tuo accento è così scozzese, anche
quando parli in gallifreyano.” Concluse il proprio
ragionamento il Master incrociando le braccia al petto.
“Il tuo discorso non fa una piega, ma l’Italia
è il campione del Mondo in carica e mi sembra giusto fare il
tifo per la sua nazionale in questo particolare momento.”
“Perché?”
Il Dottore sbuffò. Ma quando erano all’Accademia
cosa faceva il Master durante le ore di Storia
dell’Umanità? I ricordi della loro infanzia si
affacciarono alla sua mente, dando una risposta più che
soddisfacente alla propria domanda che gli lasciò un velo di
rossore sul collo.
“O vince o è fuori. Anche se pareggia potrebbe
essere ancora dentro, ma servirebbe che-”
“Ah, Dottore. Risparmiati la lezione di storia, mi
annoia.” Lo interruppe l’altro bruscamente, prima
che iniziasse a sproloquiare come già facevano i
commentatori sportivi.
Ritornarono a guardare la partita in silenzio: il Dottore del tutto
preso dal gioco, i pop-corn che scivolavano senza sosta nella sua
bocca; il Master che si muoveva inquieto, ancora insicuro di cosa
avrebbe dovuto farci con quella vuvuzela.
“Soffiaci dentro,” gli consigliò il
Dottore, sbirciando i movimenti inquieti dell’altro con la
coda dell’occhio. “È una specie di
trombetta tipica del Sud Africa. Vedi i bambini?” gli disse
indicando gli spalti colorati, ricolmi di persone che sembravano
adorare alla follia il fastidioso rumore del vuvuzela.
Il Master inarcò un sopracciglio. Davvero gli avrebbe
concesso di distruggergli i timpani con quel rumore assordante? Doveva
sicuramente esserci un tranello nascosto da qualche parte.
Scrollò le spalle con fare indifferente, tentare non poteva
nuocere di certo, anche se il suono – per Rassillon!
– era davvero insopportabile!
“Gol!” urlò a un certo punto il
cronista. Il Master soffiò nella vuvuzela con quanto fiato
aveva nei polmoni, ed, essendo un Signore del Tempo, ne
risultò un suono particolarmente assordante.
“Beh? Non festeggi? Hanno fatto gol.”
“È così che funziona il calcio,
no?” continuò, non cogliendo alcuna emozione di
gioia nello sguardo dell’altro. “Oh. Non dirmelo.
No, dai. È l’Italia quella che sta
perdendo?”
Il Master proruppe in una fragorosa risata che lo lasciò per
un attimo senza fiato.
“Non c’è nulla da ridere,”
commentò un imbronciato Dottore, incrociando le braccia al
petto.
“Ma non sai già come va a finire la
partita?”
“Cosa?”
“Oggi proprio non ci siamo con la testa, o mi sbaglio,
Dottore?” domandò retorico il Master colpendolo
scherzosamente sulla testa con la malefica trombetta.
“La partita.” Spiegò spazientito. Odiava
quando toccava a lui fare la parte dello storico saputello, il Dottore
sapeva gestire quel ruolo molto meglio di lui. Inoltre gli occhialini
che indossava per apparire più saggio, gli conferivano
quell’aria sexy che scatenavano in lui pensieri che avrebbero
fatto arrossire pure il Capitan Jack Harkness. “In tutti i
tuoi viaggi avrai saputo chi vince la coppa del mondo, no?”
“Eh?” Il Dottore si girò a guardarlo
stupito.
“Ah! No, no.” Scosse velocemente la testa,
mettendosi una manciata di pop-corn in bocca. “Non conosco i
risultati sportivi. Non tutti per lo meno.” Si corresse
cogliendo l’occhiata scettica del Master.
“Davvero?”
L’altro annuì, tornando a concentrarsi sulla
partita, la bandiera sventolante stretta tra le sue mani, mentre
metteva in atto il miglior tifo da stadio. C’era stata
finalmente un’azione degna di nota da parte della nazionale
azzurra: il pallone era quasi entrato nella porta avversaria. Un quasi
gol che aveva fatto schizzare il morale alle stelle, scatenando il
putiferio dei cronisti e degli addetti alla moviola per stipulare se il
pallone avesse varcato o meno la linea di porta.
“Ti va una scommessa, quindi?” intervenne il Master
in uno dei momenti in cui il Dottore prendeva fiato prima di
ricominciare ad incitare la nazionale.
“Di che tipo?” si premurò di chiedere il
Signore del Tempo, mentre nella sua mente si dipingevano i
più inquietanti scenari.
“Se l’Italia vince potrai tirare fuori quel
guinzaglio rosso che ti piace tanto, mentre se la Slovacchia vince io
guido il TARDIS tra gli anelli di Saturno. Pensaci, hai tutto da
guadagnarci: la nazionale vincitrice della scorsa edizione dei mondiali
contro l’ultima del suo girone.”
Il Dottore lo squadrò per un lungo momento, esaminando
velocemente la situazione per scoprire dov’era
l’inganno. Una scommessa sportiva: era così poco
da Signore del Tempo, ma così tanto da Master quel
continuare a sfidarlo, in ogni campo possibile.
“Non mi stai fregando, vero, Master?”
“Adoro quando usi il mio nome,” sussurrò
l’interpellato avvicinandosi alle labbra dell’altro
Signore del Tempo per sfiorargliele appena, mentre parlava.
“E comunque, no. Non c’è nessun trucco
questa volta. Solo una scommessa calcistica. Quindi, ci
stai?” chiese allontanandosi dal suo viso per fissarlo negli
occhi, una mano tesa per stipulare l’accettazione della
scommessa.
“Ci sto!” esclamò il Dottore, stringendo
la mano che gli veniva offerta in una presa decisa.
Fu in quell’esatto momento che la nazionale italiana
andò sotto di un altro gol, facendo scattare
l’entusiasmo del Master.
“Due a zero per me, Dottore! Sento già il profumo
della vittoria nell’aria.”
“Vedrai, si riprenderanno.” Bofonchiò un
indispettito Dottore, affossandosi tra i cuscini del divano, lo sguardo
torvo fisso sui giocatori azzurri che sembravano non volerne sapere di
buttare quel pallone dentro la porta avversaria.
“Ma sentili, stanno già tessendo il loro
epitaffio. E stiamo ascoltando dei cronisti di parte!”
esclamò il Master attonito, stupendosi ancora una volta di
quanto la razza umana fosse di idee volubili. Un attimo prima elogiava
la grandiosità di quella squadra che solo quattro anni
addietro aveva conquistato la coppa mondiale, uscendo così
dalla crisi in cui era caduto il calcio italiano; mentre
l’attimo dopo era pronta a gettarla sulla graticola, farla
rosolare per bene per poi lanciarla in centro alla piazza, in balia
della ferocia del popolo di tifosi.
Sembrava pane per i suoi denti.
Oh, quanto si sarebbe divertito.
Il Master si accanì in un tifo spropositato per la
Slovacchia, vuvuzela alle labbra e incitamenti urlati in tutte le
lingue immaginabili. Il Dottore sollevò il volto dal cuscino
di sconforto in cui era precipitato, per fissarlo con uno sguardo
meravigliato e leggermente compiaciuto. Sapeva che quello sport sarebbe
riuscito a risvegliare l’animo combattivo
dell’altro Signore del Tempo. C’era troppa
tranquillità in quel TARDIS e, a dir la verità,
l’istinto omicida del Master iniziava a mancargli. Sentiva la
nostalgia di quei lunghi secoli passati a sventare i suoi piani di
conquista di mondi e di distruzione di civiltà. Certo, non
sarebbe tornato indietro, ma mantenersi in allenamento contro i suoi
attacchi di onnipotenza non poteva che essere un bene.
Improvvisamente sul salotto calò il silenzio, seguito
dall’urlo entusiasta del Dottore: “Due a uno, vi
stiamo riprendendo. Inizi a tremare, eh? La vittoria non è
più una certezza?”
“Ehi, aspetta a festeggiare, Theta,”
lo riprese il Master, strascicando volutamente il suo nome di quando
frequentavano l’Accademia. “Ride bene chi ride
ultimo, non te lo scordare!”
“Gol! Gol! GOL!” continuava ad esclamare il Signore
del Tempo, lanciando pop-corn in giro per la stanza. Il Master si
portò le mani alle tempie, massaggiandole lentamente per
attutire un po’ il suono di quelle urla. Poi, quanto volevano
scommetterci che se il TARDIS avesse trovato sporco in giro poi se la
sarebbe presa sempre e solo con lui? Succedeva anche quando la colpa
non era sua. Erano occasioni rare, certo, ma quelle sporadiche volte in
cui era completamente innocente finiva sempre col fare una doccia
gelata. Ogni tanto riusciva a sopperire alla mancanza di acqua calda
intrufolandosi di nascosto nella vasca dell’altro Signore del
Tempo, ma non sempre lo sguardo da cucciolo aveva la giusta presa sul
Dottore.
“Ah! Annullato!” annunciò il Master
compiaciuto, valutando corretta la scelta del guardalinee. Era netto
fuori gioco, non c’erano sicuramente dubbi. “Chi
ride adesso, Dottore? Siete sempre sotto di un gol.”
“Anzi no. Due.” Si corresse prontamente, gioendo
internamente della sconfitta che pendeva sull’Italia e sulla
piccola scommessa interna. Non male per essere la squadra ultima del
suo girone. Se avesse continuato con questo ritmo poteva addirittura
passare il turno.
Il Master si leccò le labbra, lanciando al Dottore un ghigno
soddisfatto. Quanto gli piaceva vincere contro di lui: pure i suoi
tamburi avevano ripreso a battere, galvanizzati dall’idea di
poter finalmente sconfiggere il Dottore su un campo che lui stesso
aveva scelto. E, per una volta, il loro tambureggiare non lo
infastidiva, ma, anzi, gli dava il ritmo giusto per incitare la
nazionale slovacca a colpi di vuvuzela. Strumento infernale, doveva
ammetterlo, ma sicuramente efficace.
“Ormai è quasi finita, Dottore.”
Commentò il Master compiaciuto sedendosi al suo fianco,
mentre il quarto uomo indicava i minuti di recupero. “Quattro
minuti di recupero? Vogliono proprio farvi vincere a tutti i
costi!” commentò aspramente, infilando una mano
nella terrina coi pop-corn e gettandone una manciata in bocca.
Il Dottore voltò appena alla testa, rispondendo con un tono
parecchio seccato: “È il minimo, visto il gol
sulla linea di porta, che, ad onor del vero, era regolare. Se vuoi
torniamo indietro nel tempo, così te lo dimostro.”
“Creare un paradosso, valicando la nostra stessa linea
temporale per una partita di calcio? Dottore, mi stupisci. Questo
comportamento è più tipico di me che di
te,” commentò il Master leccandosi la punta delle
dita sporche di sale. “Chissà in quante altre cose
hai preso le mie abitudini,” aggiunse sovrappensiero,
accavallando le gambe e dedicando tutta la propria attenzione agli
ultimi minuti di quella partita. Finalmente quella lenta tortura stava
per avere fine e si ritrovò a sorridere compiaciuto al
pensiero della succulenta ricompensa che avrebbe ricevuto.
“Ah, ah!” esclamò il Dottore balzando in
piedi di scatto, indicando con aria felice il televisore.
“Siamo sotto di uno. Ah, te lo dicevo che questi italiani
erano forti. Quando li stai dare per sconfitti, eccoli lì
che ti stupiscono! Dal momento in cui si accorgono che sono in campo e
che sono parte del gioco anche loro, non sanno ancora bene come e ti
chiedi chissà se sono lì per voler- uh, no,
scusa…”
“Rivisitazione de ‘Il Re
Leone’?”
“Non credevo lo conoscessi.”
“Sono un Signore del Tempo pieno di risvolti interessanti.
Non lo sapevi, Dottore?” commentò il Master
ammiccante.
Il Dottore ricambiò lo sguardo, convenendo sul fatto che non
vedeva l’ora di conoscere anche le altre sfaccettature della
sua personalità.
“Dai, dai, dai! Forza azzurri!”
Il tifo del Dottore si era innalzato di volume, via via che i minuti
scorrevano veloci. Il Master lo occhieggiò lasciando che un
sorriso facesse capolino sul suo volto. Era tanto che non lo vedeva
così preso da qualcosa e si chiese se per caso questo non
avesse a che fare più con la loro scommessa, che col
semplice spirito sportivo. Improvvisamente si sentì
strattonato per le spalle e qualcosa si avvolse mollemente attorno al
suo collo, mentre il Dottore lo trascinava con sé nel tifo
da stadio.
“Dot-” riuscì a balbettare, mentre la
sciarpa di lana grossa rafforzava la sua presa, attirando il suo volto
più vicino a quello dell’altro Signore del Tempo.
“Dai, fai il tifo con me.” Lo incitò il
Dottore, prendendogli le mani e guardando con quegli occhi che
– argh! – sapeva che l’avrebbero fatto
capitolare. Così si rassegnò a fare il tifo per
la nazionale italiana, mentre un angolo della sua mente si domandava
cosa prevedesse la scommessa in caso di pareggio.
Un minuto, un minuto soltanto e sarebbe stato decretato il vincitore.
Il Dottore era preso dal suo tifo impazzito, il Master era stato
costretto ad assecondarlo, gli spettatori sulle gradinate attendevano
con ansia il fischio finale.
Fi. Fi. Fi.
La partita era finita.
L’Italia era fuori dai Mondiali e lui… oh
sì! E lui aveva vinto la scommessa.
Il Master si sfilò velocemente la sciarpa dal collo,
puntando un indice vittorioso contro il Signore del Tempo sconfitto.
“Dottore! Finalmente ti ho battuto!”
La sua risata soddisfatta e giubilante si diffuse per tutto il TARDIS.
Doveva festeggiare, per una volta che vinceva senza sotterfugi e senza
che il Dottore potesse fare nulla per rovinare i suoi piani.
Adesso non gli rimaneva altro che andare a riscuotere il suo bottino.
Preparatevi comandi del TARDIS, sto arrivando!
“Dottore, che dici? Anelli di Saturno?” gli
ricordò euforico, voltandosi finalmente a guardare
l’altro occupante della stanza che per tutto quel tempo era
rimasto zitto, il capo reclinato contro il petto.
“Dottore?” lo chiamò nuovamente il
Master, scuotendolo piano per una spalla.
“Hanno perso.” Commentò laconico il
Dottore, cercando di nascondere il viso nella sciarpa tricolore che
avvolgeva ancora il suo collo.
“E ho perso,” aggiunse col labbro che tremolava.
Il Master lo studiò in silenzio. Amava vincere, lui era
destinato alla vittoria, il sangue nelle sue vene ribolliva di gioia
alla sconfitta dell’altro. Ma quello sguardo abbattuto,
quegli occhi spenti non lo galvanizzavano per nulla. Lui voleva un
Dottore pieno di furia, sconfitto ma ancora disposto a combattere, non
quell’uomo che osservava con rassegnazione la nazionale
italiana uscire mogia dal campo di calcio.
“Ehi! Guarda che mi potrei offendere se ti comporti
così!” lo richiamò il Master
inginocchiandosi di fronte a lui e alzandogli il volto con una mano.
“Non guido così male, sai? E soprattutto tolgo il
freno a mano quando parto.” Aggiunse piccato, sentendo il
TARDIS rumoreggiare di apprezzamento per quella prospettiva.
Il Dottore non si premurò nemmeno di rispondere, lasciando
che lo stupore si dipingesse sul volto dell’altro Signore del
Tempo. Questi si era aspettato un minimo di reazione, un qualche
accenno al prezioso suono di atterraggio o, almeno, una velata minaccia
di non toccare i comandi del TARDIS senza la sua diretta supervisione.
E invece nulla. Vuoto abissale.
Non credeva che la perdita di una scommessa potesse sconvolgerlo
così tanto.
Un sorriso ferino comparve sul volto del Master, mentre un nuovo piano
di andava a delineare nella sua mente.
“Ho io l’idea giusta per farti tornare il buon
umore,” propose allettante, offrendo una mano
all’altro e tirandolo in piedi con uno strattone.
“E sarebbe?” mugugnò il Dottore, tirando
su col naso. Quella sconfitta l’aveva davvero preso in
contropiede se stava valutando seriamente l’idea di seguire
un consiglio del Master.
“Andiamo a distruggere una Galassia!”
esclamò difatti questi battendo felice le mani, facendo
inarcare all’altro un sopracciglio scetticamente.
Il Dottore sbuffò, gettandosi di peso sui cuscini del divano
e cadendo nuovamente nello sconforto. “Sai che non possiamo.
È la regola numero 2 de ‘I bravi Signori del
Tempo: 100 consigli per la sopravvivenza.’”
“E la regola numero 1 quale sarebbe?” si
premurò di chiedere il Master incrociando le braccia al
petto, in attesa.
Il Dottore lo fissò con un sorriso sghembo, prima di
rispondere facendo schioccare la lingua sul palato.
“Ti assicuro che non vuoi saperlo.”
Il Master scrollò le spalle con aria non curante: non gli
era mai interessato essere un bravo Signore del Tempo e non avrebbe
iniziato ad occuparsene proprio adesso che c’era una crisi in
corso a cui doveva porre rimedio. Non aveva alcuna intenzione di
passare l’eternità con il Dottore in uno stato di
profonda apatia, ne andava del suo stesso divertimento, se non poteva
essere lui la causa di tutti i suoi problemi.
Sospirò, decidendo di giocare l’ultima carta a sua
disposizione.
“Dottore…” sussurrò
direttamente all’orecchio dell’altro Signore del
Tempo, mordicchiandogli piano il lobo. “Ti lascerò
usare lo stesso il guinzaglio.” Propose ammiccante.
Il Dottore si voltò lentamente, sondando le iridi del Master
per trovare un barlume di presa in giro nelle sue parole.
“Davvero?” volle infine chiedere conferma, non
fidandosi del tutto di ciò che aveva scorto nella
profondità di quello sguardo.
Il Master gli fece l’occhiolino, porgendogli
l’oggetto in questione.
“Davvero. Ma-” aggiunse alzandosi in piedi di
scatto, “prima devi prendermi!” esclamò
lanciandogli un bacio al volo e defilandosi lungo i corridoi del
TARDIS.
“Oh, adoro correre!” esclamò il Dottore
balzando in piedi a sua volta e lanciandosi all’inseguimento.
La loro convivenza poteva non essere delle più pacifiche,
ma, sicuramente, non rischiavano la noia.
Fine
Note finali: E dopo due lunghi anni di lunga agonia
anche questa storia vede la luce. È davvero pronta da due
anni, ma mi sono sempre dimenticata di pubblicarla e, ora che ci sono
gli Europei dove l’Italia sta facendo la sua grandiosa
figura, voglio fare un in bocca al lupo a modo mio alla Nazionale. Il
calcio è divertente, ma in realtà lo guardo solo
per i bei maschioni che corrono nel campo! XD
Ci sono i dovuti ringraziamenti per l’origine di questa
storia:
- alla nazionale azzurra, senza il cui prezioso aiuto questa storia non
avrebbe mai visto la luce;
- a Nonna Minerva, perché mi asseconda nelle mie follie,
anche ad orari improponibili della notte;
- al mio operatore telefonico che, con le sue promozioni, non mi fa
svenare per delirare allegramente;
- a Ten e il Master, perché si prestano a fare cose
più o meno idiote, senza tentare di uccidermi (per il
momento!).
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