Buonasera!
Ecco qui un nuovo esperimento fanfictionario dedicato a Loki e Thor.
Premetto che la colpa va data tutta a Zoisite, che mi
ha spinta a scrivere, imbizzarrita come un cavallo dall’interazione tra
i due asgardini. Anche io sono imbizzarrita e, se vorrete, potrò
proseguire questa fanfiction prendendomi un po’ di spazio per
analizzare il rapporto tra i personaggi, altrimenti lascerò il capitolo
come One-Shot.
Il rating vedrò di alzarlo, se i capitoli successivi ci saranno e
lo richiederanno.
Il titolo: c’è un’altra storia magnifica, proprio in questa sezione,
che porta lo stesso titolo della mia (Valhalla
di Stateira, andatela a leggere!). Ho tentato sino all’ultimo di
inventare un altro nome, ma non c’è stato niente da fare: sono una
fuffa coi titoli e il Valhalla mi
serve, decisamente. Intitolare “Paradiso” la storia dedicata a
due dèi norreni sarebbe stato improprio ed alquanto imbarazzante. Se
non altro ho scelto la trasposizione antica del termine. Sperando che
sia giusta.
Valhöll
Le lacrime degli dèi
Le celle di Asgard erano bianche, ombrose e spoglie, prive della
qualunque. Quando il condannato aveva bisogno di qualcosa – di urinare,
di vomitare o dormire – si attivava uno speciale meccanismo, nascosto
nel pavimento lucido, e comparivano in un istante oggetti,
suppellettili, fonti d’acqua potabile. Per il resto, le camere delle
prigioni erano un baratro di nulla puro, un vuoto costante nelle menti
dei condannati.
Loki aveva sempre detestato il vuoto.
Le sue stanze da principe di Asgard erano sempre state colme di libri,
specchi, strumenti magici di ogni genere. Loki amava riempire lo spazio
a sua disposizione; amava Thor, che era pieno di rabbia, passione,
ambizione.
Amava Thor.
“Mio re, desiderate seguirci?” domandò l’attendente, una volta entrato all’ingresso del carcere.
Thor fece un cenno del capo e si accodò alla guardia reale che avanzava
nel corridoio, tra le celle sigillate.
Il carcere di Asgard era grigio.
Giunti dinanzi alla camera prescelta, le guardie si bloccarono, eseguirono un breve saluto di rito ed aprirono la
porta chiusa da tempo immemore.
Loki era lì, nell’angolo più
vicino all’ingresso, piegato come una bestia ferita. Thor non poté
evitare uno scatto premuroso.
“Loki … fratello, Loki, sono
qui. Sono tornato per liberarti.” Mormorò, aggrappandosi alle spalle
ossute del principe perduto, dalla pelle blu e bianca allo stesso
tempo, memoria vivente di un’alleanza impossibile. “Sono io, Thor.”
Loki tremava senza sosta, gli occhi spalancati velati dai lunghi
capelli neri.
“Loki, ascoltami!” esclamò Thor, serrando la presa dolorosamente.
Le guardie si scambiarono un’occhiata imbarazzata.
“Dobbiamo tacitare il prigioniero, mio re.” Esalò un attendente
piuttosto coraggioso.
Thor digrignò i denti, minaccioso.
“Dobbiamo, signore: sono le regole.”
“Che sia, dunque. Fate in fretta.”
Le guardie si chinarono sul prigioniero terrorizzato, che tentava di
fuggire sfregando la schiena contro la parete impenetrabile,
applicarono una maschera metallica sulla sua bocca e lo costrinsero ad
alzarsi in piedi.
“In nome della legge e per volere di Thor, re e protettore della città,
Loki Laufeyson è di nuovo un uomo libero e potrà varcare la soglia di
questo carcere.”
Loki rabbrividiva e piangeva in silenzio.
Thor spinse via i carcerieri senza troppo riguardo e si spogliò del
mantello scarlatto, dono di Odino padre degli dèi, avvolgendolo attorno
alle spalle del fratello, che strinse a sé, protettivo.
Il giudizio ufficiale durò pochissimo eppure fu intollerabile.
Loki dovette chinarsi dinanzi al Consiglio di Asgard, a Thor che sedeva
sul trono e sembrava splendere nell’armatura regale di oro e
cristalli. Stabilita in via definitiva la scarcerazione, Loki poté
finalmente essere condotto alle stanze della famiglia reale, al bagno
fumante che lo attendeva. Il suo corpo, magro e debilitato, pareva
soffrire qualsiasi contatto fisico.
“Ah!” si lamentò, una volta che fu completamente immerso nell’acqua.
Thor guardò le domestiche come se si aspettasse da loro una spiegazione
al gemito improvviso del fratello.
“Forse l’acqua è troppo calda!” provò a dire una, osservando
con preoccupazione la pelle del principe, che viaggiava dal bianco al
blu pallido senza sosta.
“Fate portare del ghiaccio.” Comandò Thor e fece spazio alla regina
madre, Frigga, che tratteneva il pianto stoicamente.
“Bambino …” sussurrò lei,
china su Loki che nascondeva gli occhi ostinatamente rossi. “Bambino.”
Ripeté, baciandolo sulla fronte.
Infine suo figlio era tornato.
“Occorre immergere del ghiaccio nell’acqua: Loki potrebbe soffrire il
calore della vasca.”
“Ho già dato ordine di portarlo, madre. Riposate ora, vostro figlio è
di nuovo a casa.”
“A casa …” fece eco Frigga, carezzando il volto di Thor, prima di
allontanarsi commossa.
Il re si inginocchiò dinanzi alla vasca: le dita incerte tra i capelli
di Loki, le labbra premute contro il suo capo freddo, scosso dai
brividi.
“Bentornato.”
|