The
Truth Unveiled
Alice
l'aveva previsto. Aveva avuto una visione, e aveva visto che la loro
vacanza in Giappone avrebbe preso una piega piuttosto particolare.
Non era riuscita a raccontare loro tutto nei dettagli, dato che si
trattava di luoghi e persone che nessuno di loro aveva mai visitato,
pur avendo vissuto ben più a lungo di un umano; tuttavia
erano
consci del fatto che sarebbe successo.
“Un
incidente... un incidente molto grave... un ragazzo... un
ospedale....”
Era
la seconda notte che passavano a Tokyo. Le luci della città
dovevano
sembrare meravigliose anche agli occhi dei comuni mortali, ma per
loro lo spettacolo era ancora più stupefacente. Aveva
visitato molti
posti, sia da solo che assieme alla sua famiglia, ma mai avevano
raggiunto il Giappone. La loro sarebbe stata solo una breve vacanza:
non avendo idea delle possibilità di trovare cibo in quel
luogo
senza essere scoperti, erano partiti subito dopo aver cacciato, e
sarebbero rimasti fino al momento in cui la sete avrebbe ricominciato
a farsi sentire.
Stavano
passeggiando per le vie della città, e mentre tutti stavano
facendo
del loro meglio per rendere l'atmosfera più allegra
possibile, la
tensione nell'aria era palpabile: erano al corrente della visione, e
nessuno di loro aveva idea di come o di quando tutto sarebbe
successo. Non
era loro solito preoccuparsi troppo per un singolo umano: certo, lui
era Carlisle Cullen, uno dei chirurghi più quotati dello
stato di
Washington, e il suo compito era salvare vite umane, ma mai aveva
pensato troppo alla vita di una singola persona.
Questa
volta era diverso, e non certo per un fatto affettivo: del resto, non
aveva mai visto il ragazzo della visione di Alice; no, la
verità era
che se lei, tra tutti gli incidenti che capitavano ogni giorno nel
mondo, aveva visto proprio quello che coinvolgeva il ragazzo, in lui
doveva esserci qualcosa di importante, che in una certa misura
avrebbe coinvolto anche loro.
Alice
stava ridendo ad una battuta di Emmett, stretta al braccio di Jasper;
tuttavia, nel momento in cui raggiunsero il bordo della strada,
posò
lo sguardo sul giovane che, assieme a loro, attendeva di poter
attraversare, e la sua espressione divertita mutò in uno
sguardo
terrorizzato.
-
è lui - mormorò Alice. - Sta per succedere.
Prima
che la ragazza potesse aggiungere altro, il ragazzo
abbandonò il
marciapiede e, correndo, fece per attraversare la strada.
-
Non possiamo fermarlo - sibilò Carlisle. - Non possiamo
farci
scoprire, non qui!
Quello
che successe dopo sarebbe stato troppo veloce per qualsiasi umano, ma
per loro no.
Carlisle
notò ogni singolo dettaglio dell'incidente: vide la macchina
che
sbucava fuori all'improvviso... vide l'inutile tentativo dell'autista
di fermarsi, sentì lo stridio della frenata... vide il
ragazzo
urtare il parabrezza e venire sbalzato dall'urto qualche metro
più
in là... poi, il suo naso fiutò un odore
inconfondibile. Sangue.
-
Emmett, Rosalie, cercate di trattenere Jasper. Tutti quanti, scappate
il più lontano possibile. Vado a soccorrerlo - disse
Carlisle.
Attorno
al ragazzo si era già radunato un capannello di gente.
L'autista che
aveva causato l'incidente era sceso dalla macchina, e stava chiamando
l'ambulanza.
Carlisle
si avvicinò al luogo in cui si trovava il ragazzo, e si fece
spazio
tra la folla. Ordinò alla gente di allontanarsi, poi si
chinò sul
ragazzo.
Gli
bastò uno sguardo per capire che era in condizioni
gravissime. C'era
una buona probabilità che l'impatto gli avesse fratturato la
colonna
vertebrale, oltre ad avergli provocato un trauma cranico, e i vetri
del parabrezza l'avevano ferito. Il
ragazzo non era cosciente, ma a Carlisle bastò un'occhiata
per
riconoscerlo. Già, lui l'aveva già visto, e
giusto la sera prima.
In
albergo, Alice stava trafficando col televisore. Durante tutti i loro
viaggi si era sempre divertita a guardare i canali locali anche se,
non avendo studiato tutte le lingue del mondo, spesso non capiva
nulla di ciò che sentiva. Naturalmente, il Giappone non
faceva
eccezione.
Aveva
smesso di fare zapping solo dopo aver trovato un canale di video
musicali, e si era messa a guardare le immagini sullo schermo con
molto interesse.
-
Oh, questi sembrano simpatici! - disse la ragazza.
-
Sembrano soltanto stupidi - replicò Rosalie.
-
Potrei cercare qualcosa di loro, quando torniamo a Forks. Carlisle,
potresti leggere come si chiamano?
Sullo
schermo, cinque ragazzi ballavano al ritmo di una canzone allegra, in
una colorata stazione di servizio. Carlisle osservò il
piccolo kanji
in basso a sinistra dello schermo.
-
Si chiamano Arashi,
Alice - disse.
Il
ragazzo che in quel momento era a terra in un lago di sangue era uno
di loro. Uno degli Arashi.
L'ambulanza
non tardò ad arrivare. Carlisle riuscì ad
assicurarsi in quale
ospedale avrebbero portato il ragazzo, e chiamò un taxi per
raggiungere il posto.
Nella
sua visione, Alice aveva visto anche l'ospedale, quindi questo
significava che, svolto il suo compito di semplice soccorritore, non
avrebbe potuto lasciare quel ragazzo a se stesso.
Sembrava
giovanissimo, e l'aveva visto in televisione: questo significava che
aveva una carriera lì da portare avanti, dei sogni, qualcosa
per cui
vivere; comunque fossero andate le cose, anche se fosse sopravvissuto
sarebbe rimasto bloccato in una sedia a rotelle, mandando
così in
frantumi la sua carriera e le sue speranze. Era una
possibilità
terribile a qualsiasi età, ma doveva esserlo ancora di
più da
adolescenti.
Un
modo per evitare che tutto ciò accadesse, però,
c'era. Si trattava
di un'idea folle, dal momento in cui di certo non l'avrebbe potuto
prendere con sé, e non sarebbe mai stato in grado di
controllarlo.
Così, però, lo avrebbe salvato, e gli avrebbe
permesso di
continuare a vivere. Avrebbe potuto semplicemente trasformarlo.
Raggiunto
l'ospedale, corse verso l'ala dedicata al pronto soccorso. Chiese
informazioni ad un'infermiera, e scoprì che il ragazzo era
appena
arrivato, e per poterlo vedere avrebbe dovuto aspettare.
L'attesa
non durò molto.
-
La colonna vertebrale è spezzata in due punti - disse
l'infermiera -
e si teme che non possa riprendere le normali funzioni motorie. Ha
subito un trauma cranico, e al momento è immobilizzato.
È grave, ma
stabile.
Il
ragazzo era sdraiato sul lettino, la testa e il collo immobilizzati.
Attraverso dei tubi era collegato a diversi macchinari. Era in stanza
da solo, e questo avrebbe reso le cose molto più semplici.
L'infermiera
uscì dalla stanza, e Carlisle si avvicinò al
letto. Gli unici
rumori erano quelli dei macchinari a cui il ragazzo era attaccato.
Il
vampiro era ancora indeciso sul da farsi.
Se
lo trasformerai, la sua vita cambierà radicalmente.
Sarebbe
cambiata comunque.
Con
ogni probabilità non sarà in grado di stare
accanto agli umani,
quindi non potrà continuare il suo lavoro.
Ma
potrà permettergli di avere una vita migliore, un giorno,
cosa che
forse così non accadrà.
Potresti
rendere la sua esistenza un inferno.
O
sarebbe potuto diventare una persona importante. Se Alice aveva visto
proprio lui, un motivo doveva esserci.
In
quei pochi giorni in cui sarebbe rimasto lì, avrebbe potuto
aiutarlo. E, chissà, magari un giorno gli sarebbe
addirittura stato
grato per quel gesto.
Carlisle
si chinò sul braccio del ragazzo, e lo morse.
*
Brucia.
Tutto brucia.
Non
ricordava nulla di cosa potesse essere successo. Ricordava
l'incidente, ma non aveva visto fiamme. Ricordava l'impatto, il
dolore provato sul momento, poi niente.
La
sua coscienza si era risvegliata nel momento in cui aveva sentito il
suo cuore battere, più forte di quanto mai fosse stato, ma
non era
sangue quello che veniva pompato nelle sue vene, no: quello era
fuoco. Ogni singolo centimetro del suo corpo bruciava: sicuramente il
suo corpo si stava contorcendo in spasmi, preda del dolore, ma lui
non poteva sentirli; era tutto così forte ed assoluto che
non gli
era possibile concentrarsi su qualcos'altro.
Tentò
di urlare, ma non riuscì a sentire la sua voce. Era come se
qualcosa
lo stesse tenendo fermo sul posto.
Desiderò
di morire. Se qualcosa davvero lo stava bruciando, questo sarebbe
dovuto accadere tra poco, no?
E
allora, come mai non moriva?
Dov'era
finito? Come mai stava soffrendo così tanto? Chi gli stava
infliggendo tutto quel dolore? Sapeva che esistevano persone che
facevano cose del genere per divertimento, ma
perché doveva
capitare proprio a lui? Perché non la smettevano, e ponevano
fine
alla sua vita?
Anche
la morte sarebbe stata migliore di quell'agonia. Da morto, non
avrebbe sentito più nulla....
Pensava
che prima o poi si sarebbe abituato al dolore. Nulla di più
sbagliato. Gli sembrava che fossero passati secoli, e la sensazione
di andare a fuoco era ancora lì, immutata, a sconvolgergli
la mente.
Il
tempo iniziò a non avere più senso per lui:
secondi, minuti,
giorni... non riusciva a quantificarli con esattezza.
Fino
a che, quando ormai aveva perso tutte le speranze, qualcosa cambiò.
Il
suo corpo smise di essere un'unica fiamma. Lentamente,
ricominciò ad
avere coscienza di sé.
All'inizio
si trattava di una cosa piuttosto circoscritta: poteva muovere un
dito della mano, sentiva le dita dei piedi che toccavano il lenzuolo,
mentre ancora il resto del corpo bruciava....
Poi,
la sensazione si diffuse: era come se le fiamme si stessero
ritraendo. Non stava recuperando solo la percezione del suo corpo, ma
anche del mondo che lo circondava: sentiva degli oggetti appuntiti
sulla sua pelle, e qualcosa che gli teneva ferma la testa; sentiva
profumo di fiori, odore di medicine e di qualcos'altro che non
riusciva bene ad identificare, ma che sembrava delizioso; un
miscuglio di rumori si affacciava sulla sua mente: voci, passi, il
ticchettare di migliaia di orologi....
Ma,
soprattutto, stava iniziando a sentirsi più forte.
Ancora più
di quanto si fosse mai sentito in precedenza.
La
sensazione bruciante si stava attenuando sempre di più.
Ormai
sembrava essere localizzata solo in un punto: la gola.
Credo
che chiederò un bicchiere d'acqua, pensò,
ma in cuor suo sapeva
già che quella non gli sarebbe bastata. Inspirò
una boccata d'aria,
e di nuovo il miscuglio di odori riempì le sue narici;
quella nota
che ancora non era riuscito ad identificare era ancora lì,
forte
come prima, e la sua gola iniziò a bruciare un po' di
più.
-
Mi senti?
La
voce apparteneva ad un uomo. Aprì gli occhi.
*
Il
ragazzo si era svegliato. Sapeva che non sarebbe stato saggio far
restare un vampiro appena creato in un edificio pieno di umani,
quindi aveva intenzione di farlo fuggire al più presto. Era
riuscito
a rubare delle sacche di sangue per trasfusioni, in modo tale da
placare almeno per un minimo la sete del ragazzo. Era notte, e lui
sarebbe potuto scappare dalla finestra senza dare troppo nell'occhio.
Ovviamente, cadendo non si sarebbe fatto male.
Il
giovane aprì gli occhi. Nel suo sguardo lesse un enorme
stupore. Era
normale, no? Il mondo visto con gli occhi di un vampiro era
completamente diverso da quello che gli occhi umani permettevano di
vedere. Purtroppo, però, non c'era tempo per guardarsi
intorno.
Carlisle
prese una delle sacche, e la porse al ragazzo. Lui lo guardò
perplesso.
-
Cosa...?
-
Devi bere - disse Carlisle. - Ti spiegherò tutto nel
frattempo.
Il
ragazzo sembrò riluttante, ma poi, dopo aver emesso un lungo
sospiro, si avventò sulla sacca.
-
Come sicuramente avrai capito, sei diventato un vampiro. Anche io
sono un vampiro. Mi chiamo Carlisle Cullen, e ho usato il mio veleno
per salvarti. Una macchina ti ha investito, e anche se fossi
sopravvissuto, molto probabilmente non saresti più stato in
grado di
camminare. Per questo ho deciso di trasformarti.
Il
ragazzo prese un'altra sacca di sangue, troppo impegnato a bere per
parlare.
-
Sono passati tre giorni dall'incidente, e ora la tua trasformazione
è
completa. Sono riuscito a convincere gli infermieri a farmi rimanere
con te, nel frattempo. Ora, però, devi scappare da qui. Ci
sono
troppi umani, in giro, e sarebbe meglio che tu non ti faccia notare.
Non so se tutto il sangue che sono riuscito a racimolare possa
bastare.
Il
ragazzo annuì, continuando a bere.
-
Ora, ascoltami. Ci sono un paio di cose che devi sapere, prima di
andare. Resterò in Giappone ancora per qualche giorno,
quindi se hai
bisogno di me, io ci sarò. Per prima cosa, cerca di non
farti
notare. Noi vampiri possiamo sopravvivere anche grazie al sangue
degli animali, ma se proprio non riesci a trattenerti, cerca di
essere il più discreto possibile. Nessuno deve scoprire la
tua
natura, a meno che tu non voglia essere annientato. Poi, cerca di non
farti vedere alla luce del sole. Non brucerai, ma non è uno
spettacolo che gli umani dovrebbero vedere. E infine, stai attento.
Sei appena stato creato, dunque sei molto forte. Se non dosi le tue
energie, potresti fare del male a qualcuno, o rompere qualcosa.
È
tutto chiaro?
Il
ragazzo annuì. Aveva trangugiato tutto il sangue in pochi
minuti. -
Dove... dove posso andare? - chiese.
-
Puoi saltare giù dalla finestra. Non ti succederà
nulla, ora che
sei un vampiro - disse Carlisle.
Il
ragazzo scese dal letto, e si diresse verso la finestra.
-
Grazie, ma... perché l'ha fatto? - domandò.
Carlisle
non avrebbe saputo dargli una risposta certa. - Perché...
perché
sentivo che era giusto farlo. A proposito, come ti chiami?
-
Ninomiya... Kazunari Ninomiya.
-
Conoscerti è stato un piacere - rispose Carlisle. In
realtà, non
aveva avuto certo l'occasione di conoscerlo veramente,
ma era
sicuro di aver appena contribuito a qualcosa di importante. - Ora
vai, prima che arrivino le infermiere - disse.
Buona
fortuna, Kazunari Ninomiya, pensò,
mentre il ragazzo saltava giù dalla finestra.
Non sembrerebbe, ma questa fic è
stata scritta (un pochino in ritardo, lo so) per il compleanno di
Nino... beh, insomma, qualcosa deve aver fatto se anche a ventinove
anni sembra che ne abbia diciassette xD so bene che leggendo questa fic
non sembrerebbe, ma in realtà io gli voglio tanto bene
<3 e gli auguro di aver passato un felicissimo compleanno, anche
se non credo che leggerà mai xDD
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