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Passi
nella notte
Si
dirigeva verso casa, dopo essere uscita dalla metropolitana. Da quando si era
trasferita lì, ogni sera percorreva sempre quel tratto di strada. Il lavoro la
portava spesso lontano da casa, ma non le dispiaceva cambiare aria ogni tanto.
Quel giorno era arrivata più tardi del solito e non c’era nessuno fra le sedie
nell’attesa di partire.
Quest’inusuale
silenzio venne rotto improvvisamente.
Le
sembrava di aver udito dei passi.
Impossibile, si disse, qui non c’è nessuno! Si voltò di scatto.
Nessuno.
Da un
altoparlante una voce registrata annunciò che la metropolitana per la zona nord
stava arrivando; il suono attraversò l’aria come una freccia d’acciaio e si
piantò lentamente nella mente della donna.
Dando
un’ultima occhiata intorno si affrettò sulle scale.
Ma i
passi la seguivano.
Tap tap tap…
Dietro
di lei lo sferragliare della metropolitana, il rumore famigliare dei freni sulle
rotaie… e quei passi che la seguivano.
Si
voltava, non vedeva nessuno e appena riprendeva a guardare davanti a sé quel
ticchettio insistente la seguiva… più forte, più lento…
Tap tap tap…
Svoltò
un angolo e arrivò sulla strada principale
-Taxi!-
chiamò appena vide passare un’auto. Casa sua era lontana e non le andava di
camminare da sola e al buio fino a destinazione.
Cercando
di tranquillizzarsi disse all’autista la via dov’era diretta e la vettura partì.
La donna si voltò verso la strada; ora non sentiva alcun suono strano e questo
l’aveva rasserenata un poco. Sicuramente si era immaginata quell’ombra dietro
l’angolo, che con un guizzo era scomparsa…
In pochi
minuti raggiunse la propria casa. Pagò il tassista e risalì il vialetto
fiocamente illuminato.
L’abitazione non era troppo grande: in fin dei conti ci vivevano solo il
fratello e lei. Era una casa come tante altre, una villetta a schiera con un
piccolo portico sulla facciata anteriore; le pareti esterne, solitamente di
colore giallo, ora avevano il colorito cupo che solo la notte sa dare.
Inserì
la chiave nella porta e quest’ultima si aprì con uno scatto.
Tutto
era al suo posto, niente di anomalo, solo l’oramai monotono silenzio che
rimbombava fra quelle mura. Passò con indifferenza davanti alla camera del
fratello. Non entrava mai lì.
Nonostante quello che credevano gli altri parenti, il fratello non viveva più in
quella casa e la sua stanza rimaneva sempre intatta e inviolata. Era sempre così
da quel giorno.
Appoggiò
la propria borsetta sul tavolo in cucina e prese dal frigo una bottiglia d’acqua
e versò il contenuto in un bicchiere. Fece un piccolo sbadiglio, poi bevve in un
solo sorso tutto il liquido.
Ma il
suono riprese.
Tap tap
tap, quell’insistente suono la perseguitava, la seguiva e tap tap tap, sempre
più forte, più vicino, più presente, più reale… No no no, continuava a
ripetersi, era tutto frutto dell’immaginazione, non sentiva veramente, non
poteva sentire veramente, eppure quel suono si faceva sempre più vicino…
sempre più vicino… sempre più forte, più forte, più forte…
Con uno
scatto fulmineo chiuse la porta alle proprie spalle e vi si appoggiò contro con
la schiena, ascoltando la notte.
I passi
si avvicinarono, rallentarono, rimbombarono, si affievolirono… si fermarono.
Silenzio.
Col
cuore che le batteva all’impazzata, la donna tirò un sospiro di sollievo.
Si, era
tutto dentro la sua mente… Non poteva essere altrimenti! Avrebbe sentito dei
passi solo nel caso in cui in casa ci fosse stato qualcuno… ma non c’era
nessuno, solo lei…
Dovevano
essere i suoi nervi, certo: dopo quel dannato giorno aveva fatto finta di nulla,
rispondendo con serenità e indifferenza alle domande di amici e parenti, forse
ora stava cedendo.
No, non
sarebbe accaduto! Era stato tutto un errore, uno stupidissimo errore!
Stavano
litigando, come sempre in quel periodo. Lei aveva sollevato un coltello, glielo
aveva puntato alla gola, lui era indietreggiato spaventato con uno sguardo
d’odio e di paura, aveva sfondato la finestra, era atterrato per terra sbattendo
la testa, poi la lama aveva chiuso i suoi occhi…
Si tappò
le orecchie al ricordo delle urla della litigata, del vetro in frantumi, del
corpo sbattuto per terra, della silenziosa e penetrante morte che avanzava…
Chiuse
gli occhi e si scostò dalla porta.
Era solo
immaginazione…
Aprì la
porta.
Silenzio
agghiacciante.
La mano
le scivolò dalla maniglia, le braccia le ricaddero inermi lungo i fianchi, gli
occhi si spalancarono così come la bocca, un leggero borboglio le uscì dalle
labbra; le gambe presero a tremarle terribilmente e nonostante dicesse loro di
allontanarsi con tutta se stessa loro rimanevano ferme. Impallidì, sbiancò,
scolorì… Cadde per terra in ginocchio
-Buona
sera, sorellina-
Una
goccia di sangue cadde per terra.
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