Note:
In risposta
alla sfida di
Geilie, che aveva richiesto un'allucinante flash-fic
Anderson/Donovan, con accenni Johnlock in sottofondo e il prompt:
«Un
piacere senza rischi piace meno», Ovidio.
Geilie,
giuro, ho fatto
del mio meglio.
Il
bottone della camicia
(770
parole)
Si
era ritrovato spesso nell'imbarazzante situazione di essere additato
come un genio, e per quanto il suo megalomane ego si appagasse da
quella baraonda di complimenti, non poteva fare a meno di pensare a
quanto fosse superficiale la gente comune. Osservare, controllare,
accertarsi... buon Dio, era davvero così
difficile capire? E invece no, quelli se ne andavano belli e trionfi
con la convinzione che da vedere e da capire non ci fosse proprio
niente, e che tanto ci avrebbe pensato Sherlock Holmes, il geniale
Sherlock
Holmes, a capire e vedere per loro.
Sally
Donovan rientrava
perfettamente in quella cerchia del tutto ordinaria di persone
– e
Sherlock non si sarebbe mai stancato di farlo notare tanto a lei
quanto a quell'altro cretino con cui andava a letto.
John
si chinò per
prendere il bicchierino di caffè dalla macchinetta e
guardò il
compagno con un'occhiata perplessa. Appoggiato alla parete e con un
espressione di profonda noia stampata sulla faccia, Sherlock aveva
fissato attraverso il vetro dell'ufficio la donna dacché
aveva
avanzato l'insistente proposta di bere qualcosa di caldo –
che, fra
l'altro, non sembrava più intenzionato a prendere.
«Sei
senza lavoro da
meno di trenta secondi, Sherlock, la pausa non può averti
già
stancato» sospirò affranto, iniziando a soffiare
sul proprio caffè.
Le
labbra di Sherlock
si storsero in un sogghigno divertito. Rubò il
caffè di John senza
lasciargli il tempo di rimbeccarlo e si diresse a passo svelto in
direzione dell'ufficio dell'agente Donovan, che stava litigando con
la fotocopiatrice da diversi minuti e ora la fissava minacciosa con
le mani sui fianchi. Quando si accorse dell'arrivo di Sherlock, il
suo viso fu attraversato da un'ombra scocciata.
«Permetti,
Donovan?»
domandò con garbo, ma né a lei né a
John sfuggì il tono
sarcastico celato dietro le sue parole.
Schiacciò
qualche
pulsante con apparente casualità e pochi istanti dopo la
macchina
riprese a ronzare. Trattenendo a stento la stizza e incrociando le
braccia al petto, Donovan rispose fra i denti:
«Molto
grazie, Holmes.
Il suo intervento è sempre provvidenziale».
«Ma
certo che lo è»
ribatté lui con ovvietà. «Sai, sono
sicuro che se tu e Anderson
non ci aveste fatto sesso sopra funzionerebbe molto meglio. Non
sapevo amaste il grande pubblico» aggiunse, indicando la
vetrata con
piglio ironico.
Sally
Donovan sgranò gli occhi e lo fissò inebetita per
diversi istanti.
Poi socchiuse le palpebre e parve sul punto di sparargli. John
alzò
gli occhi al cielo, domandandosi se non fosse il caso di sfruttare il
caffè rubatogli come scusa per scappare dall'imbarazzante
mancanza
di buon gusto di Sherlock. Mi
annoio,
sembrava quasi leggergli nella mente.
«Non
giochi con me,
Holmes» lo avvisò con un eloquente gesto
dell'indice. «O giuro che
la arresto per offesa a pubblico officiale. Dio solo sa quanto se lo
meriterebbe, maledetto bastardo».
Mentre
John si passava
spossato una mano sul volto, Sherlock fece un altro mezzo sorriso e
sollevò entrambe le mani in segno di resa.
«Chiedo
perdono, non
avevo idea che una donna abbastanza sfrontata per farsi sbattere le
ginocchia contro una fotocopiatrice potesse offendersi».
«Come
diavolo...!?».
«Dovrebbe
sostituire i
suoi collant, agente Donovan, soprattutto quando Anderson le mette le
mani addosso durante il turno di notte» si interruppe
pensieroso e
poi fece una smorfia di teatrale disgusto. «Santo cielo,
questo
posto deve aver visto le cose più orribili! Non credi,
John?».
«No,
non credo»
ribatté lesto l'altro. «Sherlock, non è
che potremmo...?».
«Sì,
potreste»
rispose per lui Donovan, fulminando John con la stessa intrepida
furia che aveva riservato a Sherlock. «Potreste eccome,
dottor
Watson, e glielo consiglio caldamente».
«Andiamo,
Sherlock» lo chiamò, afferrandolo per un braccio e
chiedendosi per
la centesima volta da quella mattina per quale assurdo motivo fosse
sempre lì a fare da baby-sitter a quel coglione iperattivo.
Sherlock
sembrò farsi
trascinare di buona lena, ma si voltò giusto sulla porta con
un'ultima occhiata piena di spudorata derisione.
«Solo
un'ultima cosa,
Donovan: il terzo bottone della camicetta le è saltato via
prima o
dopo di essersi chinata per slacciare la zip di--».
«Sherlock!».
John
lo spinse fuori
dall'ufficio a forza e si costrinse a non aggiungersi ai suoi
fastidiosi ghigni fin quando non furono usciti dalla stazione di
polizia. Mentre faceva segno a un taxi di fermarsi, gli rivolse
un'occhiata esasperata.
«Era
necessario,
Sherlock?».
«Ero
solo interessato
alla sicurezza dei cittadini inglesi. Credi sarebbero contenti di
sapere che i loro tutori dell'ordine si dilettano in--».
«Non
voglio saperlo»
lo interruppe brevemente.
Stavano
salendo
sull'automobile quando Sherlock si fermò nuovamente e gli
rivolse un
sorriso sghembo.
«Ad
ogni modo, John...
anche a te è saltato via un bottone».
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