Ha la pistola alzata, la mano che trema indugiando sul grilletto.
È solo un ragazzo.
Davanti a lui
c’è un
uomo, con gli occhi spaventati.
Il ragazzo coi capelli dorati si ripete che se lo merita. Che
dev’essere così.
I suoi occhi non tradiscono emozioni, ma la mano continua a
essere in dubbio.
L’uomo intravede un filo di speranza. Vorrebbe pregare
ancora di uscire vivo da quel parcheggio, ma il ragazzo non
è solo.
Un altro uomo è dietro di lui.
“Fallo.” Gli impone con voce decisa.
Il ragazzo chiude per un secondo gli occhi. Lo sa che la
prima volta non si dimentica mai. Che non dimenticherà quel
volto disfatto dal
terrore, quell’odore di benzina, quegli occhi azzurro chiaro
che lo implorano
di non farlo.
Ma sa anche che lo farà, premerà quel grilletto.
E non sarà
l’ultima volta.
Ucciderà ancora, e sarà sempre più
fermo, più freddo, più
distaccato.
Non proverà più quell’indecisione, quel
senso di ribrezzo. Le
sue mani guantate stanno per smettere di indugiare.
Deve farlo.
“Spara. Spara fino a quando non sentirai più
niente, sparando.
Spara fino a quando anche l’ultimo sofio della tua
umanità sarà scomparso. Allora
sarai uomo. Spara adesso. ”
Il ragazzo ha già riaperto gli occhi, e nonostante sappia
che deve, non riesce a sparare.
L’uomo dietro di lui si avvicina, e
da dietro, gli prende la mano che tiene la
pistola, e schiaccia con lui quel maledetto grilletto, mentre il
ragazzo sgrana
gli occhi inorridito da quel proiettile inevitabile, spaventoso,
orribile, che
sta per… che ha già cancellato una vita.
L’uomo a terra urla, ma la sua sorte è
già decisa.
“Te lo ricorderai. Stanotte non dormirai, ma domani
ucciderai ancora, e domani notte dormirai di più. Fino a che
potrai guardare
negli occhi la tua vittima. E sparare.”
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