Doveroso
disclaimer: nulla di tutto questo
è mio. Se lo fosse non sarebbe così meraviglioso.
A Marco e Luca
Pennoni smussati
A diciannove anni ti senti vecchio.
Tuo padre ti ha preso da parte per un discorso serio, da uomo a uomo -
tu che i discorsi seri li hai sempre odiati - e ti ha fatto intendere
che la famiglia si aspetta che tu prenda in mano l'azienda. Con
un gesto rigido del braccio ha indicato le vecchie zie accanto
al
focolare e i tuoi
fratellini che sgambettano nell'aia: responsabilità che ti
devi
assumere, sacrifici che devi compiere, perché sei il
primogenito
ed è giusto che sia così.
Per una volta nessuna battuta sfugge dalle tue labbra, morsicate a
sangue.
Un'infinita successione di giorni tutti uguali ti si profila dinnanzi,
i confini dei duecento ettari della proprietà dei De Gomera
stringono come un cappio al collo.
I vent'anni ti sorprendono in mezzo all'oceano, con un fucile da caccia
di fianco e un peso nel petto.
Tua madre ha insistito così tanto - "Il ragazzo
saprà
guidare l'azienda con furbizia, se prima avrà visto quello
che
c'è fuori" - che tuo padre ha finito per cedere e ti
ha permesso di imbarcarti su una crociera per le Indie. La mãe ti
conosce e sa quello che vuoi, cerca di farti avere quello che
può. Ma non è mai abbastanza.
Quasi non fai caso, scrutando l'orizzonte alla ricerca di uno stormo di
volatili, ad un praho
che sembra filare proprio verso la tua nave. Sulla cima dell'albero la
bandiera agitata dal vento mostra la testa di una tigre che ruggisce su
uno sfondo di sangue.
Sul mare, le braccia che manovrano il remo pesante insieme ai tuoi
compagni e un kriss
stretto tra le labbra, non ti accorgi del tempo che è
passato.
Ti sembrano trascorsi una manciata di giorni da quando sei sbarcato per
la prima volta a Mompracem,
allo stesso tempo ti sembra di aver passato tutta la vita a fianco dei
pirati.
Non sai perché vi lanciate contro ogni nave inglese tanto
sfortunata da incontravi, non sai cosa accende la ferocia nella voce
del vostro capitano. Hai provato a chiedere ma malesi e dayachi ti
evitano, la tua pelle chiara è un marchio che tiene a
distanza.
Non ti importa: schiavo di un uomo spietato e terribile, non sei mai
stato così libero.
Una notte lo trovi sulla spiaggia, accovacciato a riva
parla alla risacca, indifferente alle lacrime che corrono instancabili
sul suo viso. Prende la sigaretta che gli offri, le mani ferme
nonostante il pianto, e fino all'alba si confida con te e con il mare.
- Grazie per la sigaretta fratellino.
Sei sopravvissuto a molte tempeste ormai, hai combattuto insieme alla
Tigre e guidato i vostri uomini contro innumerevoli navi, ma ancora
adesso niente si può dare per scontato: ogni volta la
vittoria
va conquistata con sangue,
ferro, audacia e valore.
Oggi il Leopardo inglese ha avuto la sua rivincita, solo Sandokan
è sfuggito alla morte, raccolto dal tuo praho dopo ore di
ricerche frenetiche.
Ora in preda alla febbre si aggira furioso nel quadro di
poppa, il
bicchiere di Porto che gli hai messo davanti giace in frantumi in un
angolo della stanza. Impassibile come al solito ascolti le sue grida
appoggiato alla parete, ma quando Sandokan ti si ferma davanti lo vedi
barcollare e subito lo sostieni stringendolo in un abbraccio.
I
suoi capelli hanno l'odore del mare e il suo corpo per un istante si
abbandona, stremato dal lungo sforzo. Non si concede più di
un
attimo di debolezza, subito riacquista la sua forza, ma non si
allontana.
Ti legge negli occhi una calma che non capisce e che invidia, le sue
labbra ti cercano - salate - perché la rabbia, il dolore e
la
sconfitta sono troppo densi per poterli disciogliere in parole.
È rassicurato dalla tua risposta, dalla carezza della tua
lingua, perché non è solo, perché tu
sei con lui,
tu sai e capisci.
Si discosta dal tuo viso e ti appoggia la fronte sulla spalla:
è
troppo rischioso iniziare una sfida che nessuno dei due accetterebbe di
perdere.
Devi correre molto indietro con la memoria, per trovare l'ultima volta
che ti è stato concesso qualcosa per cui non hai dovuto
lottare.
Forse a sedici anni, ricordi un bambino dal sorriso sdentato
che
ti porge una borraccia di acqua fresca su un campo assolato.
Ora con Surama hai scoperto la devozione - tutto per il suo sahib bianco
- la scorgi nel suo viso ogni volta che ti guarda. È facile
stare con lei, facile accettare il suo amore, facile ricambiarlo.
Forse non è la felicità che hai trovato, ma della
serenità ti accontenti.
Non avevi mai pensato che prima o poi una sigaretta sarebbe stata
veramente l'ultima. La segui con lo sguardo mentre cade nell'acqua
turbinosa, in un attimo la tua mente si affolla di pensieri: rimpianti,
immagini che pensavi di aver dimenticato, domande a cui non sei ancora
riuscito a dare una risposta. Tutta quella confusione si dilegua in un
attimo quando Sandokan ti cinge la spalle con la vostra bandiera: non
vorresti essere in nessun altro posto né vicino a nessun
altro
uomo.
Mentre il Re del Mare
affonda.
Note di fine capitolo:
Dopo secoli di inattività torno con questa storia!
Ultimamente
ho ripreso a leggere la saga di Sandokan e ho sentito il bisogno di
scrivere qualcosa. Non sono
riuscita ad esprimere tutto
quello che volevo come volevo,
ma questo è uscito e questo è.
Sono anche un po' gelosa di questo lavoro *si coccola la paginetta*
e non ero sicura di volerla vedere pubblicata, ma whatev: in questo
fandom dimenticato da Shiva e Visnù chi volete che la
scovi...
Ultima cosa: il titolo
è messo lì a casaccio ha un suo
perché, ma immagino che non siate interessati e non voglio
annoiarvi più a lungo (:
"Andate!... Ci rivedremo
nella jungla."
Ah no, scusate, non era la mia battuta di
uscita... Addio!
Matsi
|