Memorie d'avorio.

di GCLem
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Un guasto alla macchina e guarda: mi ritrovo in questa casa familiare con due fratelli dormienti (sia nel loro letto che nella vita) e la mia cara vecchia nonna. Di lei mi associano la curiosità nelle azioni e la comprensione nelle relazioni. Poi penso "Dove rifugiarsi?". La risposta entra strisciando svelta e felice nella mia mente ed esce dalle mie labbra << Il salone! >>. Mi dirigo verso quella porta tutta sgangherata attraversando il buio corridoio, e per un attimo mi sembra di avere ancora sette anni. Pigio lo "Spingi-apriporta" come lo chiama la nonna (non è altro che quel bottoncino che si usava tanti anni fa al posto della maniglia) ed entro. Un odore forte e differente dal resto della casa invade le mie narici: confortante e...nauseabondo odore di chiuso. I miei occhi cercano quell'immagine divina: l'onnipotente piano CAMER "London". Ignoravo i suoi anni, sapevo solo che era sempre stato lì, quando ancora i boccoli di mia madre subivano le mie prese micidiali. Raggiungo sorridente il panchetto, mi siedo: sfioro con le mie piccole dita ("piccole" per nascondere elegantemente il fatto che son troppo minute e affusolate) quei tasti d'avorio ingiallito che una volta risplendevano soavi in mezzo a boccali di cristallo e foto juventine di persone ben vestite. Scusate la metafora. E quel legno, di qualche qualità da me sconosciuta, che tanto adoro. Per l'eleganza sembrerebbe ebano, ma il colore troppo chiaro lo smentisce. No, proprio non lo sapevo. Osservavo il delicato disegno di un fiore dalle grandi foglie appuntite, che attira ancora lo sguardo, nonostante gli anni trascorsi. Gli occhi si spostano verso l'alto. Foto incorniciate mostrano i visi della famiglia: cugini, un fratello, il caro defunto nonno, papà... E me una decina di anni fa...mentre tiro la collana della nonna. Sorrido. Lascio cadere ancora una volta lo sguardo verso quei tasti e incomincio a suonare: "Inno alla gioia" riadattata ad una sola mano (ovvero il primo brano che impari alle scuole medie, e che ancora ricordi). Dopodiché, svanita nell'aria anche l'ultima nota, scoppio a ridere.




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