Capaci di amare senza pregiudizi ascoltando il battito del cuore in piena libertà e senza ipocrisia di sorte.

di Valerie Clark
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Sarebbe stato bello se Q. avesse trovato il coraggio di dirglielo.
Non l’ha avuto.
Erano seduti su quella panchina su cui sono seduti tutti i giorni alla ricreazione.
La loro scuola era bellissima in quel periodo dell’anno; le foglie scolorite cadevano lentamente dai rami e danzavano leggiadre fino ai ciottoli del giardino. Sembrava ballassero lentamente e Q. era letteralmente incantato da quel sinuoso movimento.
Trovava incantevoli molte cose da quando M. vagava per i corridoi eleganti di quella vecchia villa riadattata a sede scolastica. Gli rallegrava le giornate.
Non sapeva perché ma Q. non si era mai sentito così. Quel ragazzo dalla sopranaturale bellezza rendeva speciale ogni cosa che toccava. Anche la divisa; tutti portavano una sciatta camicia bianca con lo stemma ricamato sul taschino e nessuno ne era troppo entusiasta, ma M. ci aggiungeva qualcosa di suo, qualcosa di nuovo e si sa che molte volte nuovo è bello.
Anche Q. si sentiva speciale da quando per sbaglio i loro fianchi si erano sfiorati per sbaglio nella foga dell’uscita.
Erano passati mesi ormai da quel momento; mesi in cui Q. si era ritrovato a sorridere da solo nella sua stanzetta illuminata da una patetica lampadina. La sua stanza faceva schifo effettivamente, i suoi genitori avevano usato la maggior parte dei soldi per iscriverlo alla scuola privata. Non erano poveri ma nemmeno benestanti. A Q. però la sua vita piaceva; aveva tutto, due genitori che lo amavano, una lampadina patetica, vestiti bellissimi ed ora anche qualcuno che lo facesse sorridere come un idiota in ogni momento.
C’erano stati però anche mesi bellissimi in cui M. e Q. si erano avvicinati tantissimo e avevano vissuto giorni speciali. M. era gay, lo sapeva da sempre. Aveva ancora diciassette anni ma era ben sicuro delle scelte che aveva preso nella sua vita. Q. lo sapeva. Se ne era accorto in quel poco tempo che gli era bastato per vedere quanto erano simili in tutto.
Quello che non sapeva era cosa gli passasse per la testa.
In fondo aveva diciassette anni anche lui ed è sempre difficile a quell’età sapere cosa voleva essere.
Gli batteva forte il cuore quando erano insieme ma era la prima volta che succedeva guardando un ragazzo.
Certo era bellissimo e comunque non gli era mai successo nemmeno quando guardava una ragazza e nella scuola maschile in cui aveva sempre studiato le uniche donne avevano una quarantina di anni di più e non era strano che Q. non si sentisse attratto da loro.
M. gliel’ha detto subito. ‘Sono gay’, così diritto al punto.
Q. ha sempre ammirato la sua schiettezza, se la sognava. Una volta ci aveva provato ad essere diretto come lui ma non sapeva cosa dire. Si era messo davanti allo specchio e aveva iniziato a pensare a cosa poteva uscire dalla sua bocca. Si era osservato attentamente e trovava molti difetti, non che essere gay era un difetto secondo lui ma per dirlo bisognava avere un bel coraggio. ‘Sono gay.’ disse alla sua immagine riflessa, così era iniziato tutto.
Da quando se l’era detto aveva cominciato a pensarci.
Aveva chiesto ad M. come avesse fatto a dirglielo così, gli aveva risposto ‘non è una cosa difficile da dire. Sono io, devi saperlo’. Sorrideva, sorride sempre. Quant’è bello quando sorride.
Anche Q. aveva sorriso perché era felice di avere un amico talmente intimo da sorridere nel mettersi completamente a nudo con lui.




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