Sweet, you make my heart burn di Pwhore (/viewuser.php?uid=112194)
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Ciao,
sono Peter London e sono una troia –
o almeno questo è quello che tutti dicono di me.
Che poi dai, esagerano anche; solo perché mi piace il sesso
e non m'importa di chi mi porto a letto non significa che io sia un
maniaco sessuale che pensa solo a scopare tutto il giorno: penso anche
alla musica io! E poi, detto tra noi, ultimamente mi capita anche di
pensare a qualcos'altro, o meglio, qualcun altro, solo che ammetterlo
è come dire che tutto quello che ho sostenuto finora
è una puttanata, e che quello che ho detto di me lo
è ancora di più.
Be', sappiatelo, anche se certe volte quel coglione di Martin mi
attizza da morire, io sono etero e lo sono sempre stato, quindi potete
anche smetterla qui con tutte le vostre fanfiction e i vostri viaggi
mentali: io e Sweet siamo solo buoni amici, e anche se qualche volta ci
scappa il bacio non vuol dire che io passi le notti a toccarmi e gemere
per lui come una qualsiasi ragazzina in calore. Andiamo, io sono un
bassista famoso e ho a mia disposizione centinaia di groupie e
adolescenti arrapate pronte a fare qualsiasi cosa per me, anche se
Martin mi piacesse dubito altamente che passerei le notti da solo a
deprimermi e ripetermi in continuazione quanto sia bello, quanto vorrei
essere più di un amico per lui, quanto desideri poter
giocare con le sue labbra e quanto vorrei farlo mio fino a farlo
sanguinare dal dolore. Sul serio, per chi mi avete scambiato? Tra me e
il chitarrista non c'è assolutamente niente.. credo.
Sì, okay, con quel credo mi sono scavato la tomba da solo,
però devo ammettere che si sta facendo sempre più
bello e attraente, giorno dopo giorno, show dopo show. Le sue gambe
magre mi ricordano quelle di una spogliarellista e il suo viso
pesantemente truccato quello di una troietta alle prime armi, credo sia
quello ad eccitarmi maggiormente e a farmi desiderare di sbatterlo
violentemente contro un muro.
O forse sono i suoi occhi, così chiari e mutevoli da farmi
dubitare che abbiano un colore preciso? Potrebbe anche essere il suo
profumo, è così buono che mi fa impazzire
e qualche volta sono stato tentato di chiedergli dove l'avesse
comprato, anche se alla fine mi sono trattenuto e ho mantenuto la mia
aria annoiata e distaccata.
La verità è che quando lo vedo non riesco
più a essere impassibile, ho troppa voglia di stringerlo a
me, coccolarlo e baciarlo sul naso, oltre che a farlo mio e
completamente mio. E' un'ossessione morbosa, malata, e a volte mi trovo
a chiedermi come sia cominciata e come una persona come me sia potuta
cader vittima di un predatore meno esperto e molto più
scrupoloso come il chitarrista. Voglio dire, io sono abituato alle
storie del tipo una botta e via, non sono fatto per le relazioni lunghe
e smielate, per le passeggiatine romantiche sulla spiaggia, per le
cenette da soli e per gli anniversari, eppure ora come ora il mio
essere una troia ha mutato totalmente forma, trasformandomi in una
specie di donnicciola isterica convinta che il principe azzurro le stia
correndo incontro con il suo cavallo bianco.
Al diavolo il principe, io voglio quel cazzone di Martin con in mano la
sua chitarra nera, pronto a farmi saltare le orecchie con le sue note
sparate a mille e gli effetti di quel suo dannato amplificatore che gli
hanno regalato prima di iniziare il tour; voglio sentire le sue unghie
graffiarmi la schiena, il suo respiro affannato scontrarsi con la mia
pelle, i suoi capelli profumati spargersi per i nostri corpi sudati,
andando a ricoprire ogni angolo libero. Voglio farlo mio nel
più rozzo dei modi e poi sedurlo con una dolcezza quasi
finta, per fargli scoprire prima l'inferno e poi il paradiso; voglio
conquistarlo con la mia personalità e poi con il mio
sguardo, quello che fa impazzire tutte le nostre fan e che mi assicura
sempre una gran quantità di groupie da farmi quando mi
annoio; voglio demolirlo e poi ricostruirlo da capo, cellula dopo
cellula, dettaglio dopo dettaglio, capello dopo capello.
O forse sono solo troppo ubriaco ed è l'alcol che parla per
me, facendomi immaginare tutto. Ma chi lo sa, a questo punto della
serata non so mai se sono sobrio o ciucco, quindi tanto vale buttarsi e
in caso di fallimento pararmi il culo dando la colpa alla vodka e ai
troppi liquori.
Lo cerco di fuori, dove Simon sta firmando degli autografi in mezzo a
una folla scatenata e urlante, ma non lo vedo da nessuna parte
così rientro e vado a controllare nel backstage, sperando di
trovarlo lì e di non dovermi avventurare altrove. Ovviamente
non è lì, però c'è
già una lunga fila di troiette che reclama ad alta voce le
mie prestazioni, quindi se va male posso comunque ripiegare su di loro
per annegare il senso d'irrealizzazione e delusione.
Esco fuori un'altra volta e mi dirigo verso il tour bus, spalanco le
porte e c'infilo velocemente la testa, ma quel cazzone non è
neanche lì e sono costretto a rivolgermi a qualcuno per
scoprire dov'è andato. M'incammino verso i bagni con passo
veloce e lo trovo lì seduto a fumare, con lo sguardo assente
e perso nel vuoto, così strafatto da non sentirmi neanche
entrare nella stanza.
Dio, la puzza che impregna questi posti non sembra andarsene mai,
neanche quando si cerca di ricoprirla con l'odore di sigarette, gin e
canne mescolati tutti insieme, uniti per creare un'unica sostanza
talmente disgustosa da dissuadere persino Martin dal fumare o bere
ancora qualcos'altro quella serata.
Mi siedo accanto a lui e guardo il vuoto per un po', cercando
d'infilarmi nella sua mente e penetrare nei suoi pensieri
più reconditi, per scoprire cosa ne pensa realmente di me e
dei miei comportamenti, se c'è una qualche speranza per
questa mia stupida ossessione o se è meglio girargli alla
larga e troncare i miei sentimenti sul nascere, evitando qualche gran
dolore e senso di colpa in successione.
–
Sweet? - lo chiamo, posandogli una mano sulla spalla. Si gira verso di
me e mi guarda, ancora un po' sballato.
–
Sweet, cosa ne pensi di me? –
gli chiedo, affrontando il problema alla radice e sperando per il
meglio.
–
Cosa ne penso di te..? - ripete, indugiando un attimo per farsi venire
in mente una risposta.
–
Già, ci terrei molto a saperlo –
gli spiego, torturandomi le mani e tenendo gli occhi verso il basso.
Alzo lo sguardo verso di lui e noto che mi sta guardando con un'aria a
dir poco indecifrabile, rabbrividisco e mi mordo il labbro,
maledicendomi per esser stato così ardito e avergli posto
quella domanda così a bruciapelo.
–
Se non vuoi rispondermi non fa niente, guar--
– comincio a parlare ma m'interrompe posando le sue labbra
contro le mie con una decisione che io, Peter London la troia, non
avrei saputo tirar fuori in un frangente come questo; rimango un attimo
immobile, shockato, poi gli prendo il viso tra le mani e lo porto verso
di me, esplorando la sua bocca con la lingua centrimetro per
centimetro, continuo a baciarlo, ad assaporarlo, a desiderare di non
staccarmi mai, ma a un certo punto sente la mancanza d'aria e rompe il
bacio, alla ricerca di un po' d'ossigeno.
Rimaniamo un attimo in silenzio, io che mi graffio da solo le mani e
lui che dà un'ultima boccata alla sua sigaretta, poi alza lo
sguardo verso di me e lo tiene sul mio pacco finché non mi
sento abbastanza a disagio da girarmi verso di lui.
–
Be'? –
domanda, leccandosi lentamente le labbra,
– Che hai intenzione di fare? –
Lo guardo un paio di secondi, esaminando tutte le risposte possibili,
poi scrollo le spalle e lo guardo.
–
Bho, pensavo di tirarti verso di me e scoparti qui, contro un muro, ma
potremmo anche andare solo a berci un bicchierino in qualche bar scadente
nei paraggi e poi ubriacarci fino a perdere la testa, fare un paio di
cazzate e riderci sopra con gli altri ragazzi – butto
lì, come se non me ne fregasse nulla. Rimane un
attimo in silenzio, squadrandomi attentamente, poi salta giù
dal piano e mi si sistema davanti, posandomi le mani sulle cosce.
–
Io opterei per la prima scelta –
dice, lanciandomi uno sguardo malizioso.
–
Ma non mi dire –
ribatto con tono sicuro ed orgoglioso, sfoggiando una smorfia avida e
carica di desiderio. Mi piego in avanti e m'impossesso di nuovo delle
sue labbra, che si schiudono davanti alla mia lingua e mi permettono di
fare della sua bocca tutto ciò che voglio. Mi aggrappo alla
sua maglietta stracciata e lo tiro verso di me, facendolo sedere sulle
mie ginocchia, gli stivali premuti contro lo specchio rotto e le mani
attaccate saldamente al mio petto bianco, già spogliato
della sua camicia e lasciato coperto solo da un paio di collane e
cazzatine varie. Lo bacio sul collo, lo lecco e lo succhio, imprimo il
segno dei miei denti sulla sua pelle e lo marchio per bene, in modo che
non possa dimenticarmi, in modo che non possa dimenticare questa notte,
e lo sento fremere attraverso ogni poro, ogni centimetro di pelle, ogni
cellula che ha in corpo. Grazie all'alcol non ci vuole molto a farlo
eccitare e nel giro di una decina di minuti posso già dire
di aver finito il mio lavoro con lui, se non fosse che non posso, non
voglio lasciarlo così.
Ho raggiunto il Nirvana quando i nostri corpi si sono uniti per
formarne uno solo e non voglio rinunciarvi così facilmente,
anche se so che domani tra noi non ci sarà più
niente e che torneremo a essere solo due amici che ogni tanto si
scambiano un bacio sul palco per far impazzire le fangirls e per
impazzire un po' noi.
Non voglio perderlo, voglio mantenere questo legame e farlo durare il
più possibile, ma so benissimo che non mi crede quel tipo di
persona e che comunque non vorrebbe neanche mai provarci con me visto
che tutti mi credono una cazzo di troia. Siamo destinati a qualche
notte di sesso e un centinaio di serate da amici, fratelli, ragazzi
affiatati.
Poche notti di felicità e liberazione e
un'infinità di sorrisi e battute detti per nascondere la mia
ricerca di qualcos'altro, di un qualcosa di più importante
di una semplice amicizia, di un qualcosa troppo bello da raggiungere ma
comunque troppo complicato da riuscire ad ammettere, di un qualcosa che
solo gli sguardi di Sweet potevano darmi.
–
Martin? –
lo chiamo di nuovo, mentre si fuma un'altra sigaretta, seduto sul
pavimento e appoggiato contro il muro.
–
Hm? –
replica, lo sguardo fisso sul soffitto e la sigaretta che gli pende
dalle labbra.
–
Io ti piaccio? –.
La domanda lo lascia silenzioso e si ferma un attimo a riflettere, crea
cerchi di fumo e aspira ancora.
–
Non saprei, penso di sì –
risponde, scrollando le spalle e prendendosi la sigaretta tra le dita.
–
Voglio dire, mi è piaciuto stasera, mi è piaciuto
il tuo sapore e mi sono piaciuti i tuoi sguardi di fuoco, come mi sono
sempre piaciuti i tuoi modi di fare da cazzone freddo e distaccato e il
tuo profumo forte e deciso –
si spiega meglio, roteando il volto per guardarmi negli occhi e
aspirando un'altra volta.
–
Mi son sempre piaciuti i tuoi capelli, il tuo fisico e il tuo
carattere; la tua simpatia e i tuoi sorrisi imbarazzati, la tua aria da
finto innocentino e la tua abilità a letto, i tuoi occhi
ammaliatori e il tuo viso dolce. Mi sei sempre piaciuto, se vogliamo
essere brevi, in ogni tuo piccolo particolare –
dice, poi riprende a fumare il poco tabacco rimasto.
–
Perché, comunque? –
domanda, spegnendo la cicca sotto la punta dello stivale.
–
Bho, niente, curiosità –
replico, abbassando lo sguardo, –
e perché sono settimane che voglio farti mio e che ti sogno
ogni notte, domandandomi se ci possa essere un lieto fine per questi
miei stupidi sentimenti –
Mi guarda in silenzio e ride sotto i baffi, scuotendo il capo.
–
Sei un gran coglione, London –
esclama, inumidendosi le labbra.
–
Però mi piaci e ripeteremo quest'esperienza un casino
d'altre volte –
aggiunge, poi si alza in piedi, si toglie la polvere dai jeans
attillati, mi riserva un sorrisetto malizioso e se ne va, lasciandomi
qui ad annusare la scia del suo profumo e a desiderare di averlo tenuto
con me almeno un altro po', per impregnare i miei vestiti del suo odore.
Sorrido sotto i baffi e scuoto la testa a mia volta. Per una volta, la
troia non sono stato io. Salto giù dal piano e mi tocco un
attimo il culo, mi piego in avanti e in indietro, mi stiracchio per
bene ed esco, dirigendomi verso il tour bus. So per certo che
è lì che si è rifugiato a rivivere la
nostra nottata, ma non sono davvero sicuro di voler entrare e vederlo
toccarsi dopo aver avuto l'occasione di giocare io con il suo corpo.
Faccio una smorfia, aspetto cinque minuti ed entro lo stesso, sedendomi
su una sedia a guardarlo con una compiaciuta aria di sfida.
–
Sei proprio una troia, London –
commenta, alzando gli occhi al cielo.
–
Mai detto che non ti piacesse –
ribatto, alzandomi ed andando ad aiutarlo. Mi bacia, mi tira verso di
se e ricomincia tutto da capo, in un vortice di passione, dubbi,
piacere e speranza che fatichiamo a rompere quando è ormai
ora di raggiungere gli altri giù all'hotel. Lo marchio di
nuovo, stavolta in un punto che i suoi capelli non riusciranno a
nascondere, e sorrido sotto i baffi quando lui lo nota e mi guarda con
aria a metà tra la rassegnazione e l'irritazione, uno
sguardo così dannatamente sexy da farmi perdere le staffe
perfino ora. Lo aiuto a rivestirsi, ci alziamo e ci incamminiamo verso
le nostre camere, mano nella mano, mentre un vento freddo ci fa danzare
i capelli.
Dopotutto, anche una troia ha diritto ai suoi momenti di romanticismo,
no?
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