Fallimento.

di GCLem
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Siamo tutti qui, in questo mondo: condividiamo il terreno, l'aria, il cielo...il cervello. Condividiamo l'umanità. Uomini: "Piccole formichine industriali" che si sorpassano, si scavalcano, si attaccano e si difendono per uno scopo comune. Quale scopo comune? L'effettuazione, il compimento. Il compimento di che cosa? Di noi stessi forse, delle nostre anime. Abbiamo un'anima? Forse sì, forse no. Molti la chiamano spirito, soffio vitale, psiche...e il suo contrario è rappresentato dal corpo, nel quale si rifugia nascondendosi dal mondo di un'effettiva realtà. L'anima potrebbe essere un pensiero astratto creato da noi stessi per garantire alla nostra esistenza un qualcosa di più di qualche ammasso di tessuti e ossa. Sì, probabile. Però la sua manifestazione è ancora uno dei misteri dell'universo. Siamo capaci di piangere, di ridere, di soffrire, di consolare...e di uccidere. Uccidere. Uccidere, non una mosca che ci ronza fastidiosamente intorno, non una foca per scuoiarla, non un cane che ci ha ringhiato contro, apparentemente senza un motivo. Uccidere un'altro uomo. O come poeticamente si dice, stroncare un'altra vita. È qui che si può notare il fallimento, il nostro fallimento. Non esiste "l'amare" o "l'odiare; esiste condividere e rifiutare. Noi ci rifiutiamo o ci condividiamo. Ci odiamo o ci amiamo(?). Ci scambiamo sorrisi sinceri o ghigni malefici, ci scambiamo occhiate complici o sguardi assassini. Ci piace la nostra umanità, ci piace viverla. Ed è per questo che probabilmente non possiamo (o non vogliamo?) stare soli. Sarà questione di tessuti e ossa, o è qualcosa di più complicato?




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