Muta Violenza

di hibou
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Muta Violenza
 




“Guardami”
Volta piano il viso, e i suoi occhi si posano sui miei.
Scuoto piano la testa e stringo i denti, le narici si dilatano sotto il mio respiro irregolare.
“Non così” sibilo, ma lui non cede. Mi guarda, ma è come se non mi vedesse. Il suo sguardo mi trapassa, vuoto e cinico; sono come un solitario fiocco di neve che cade dal cielo: piccolo, bellissimo, insignificante, destinato a sciogliersi.
Mi alzo e lui non muta posizione, così mi avvicino e lo prendo per le spalle.
Inizio a scuoterlo, a spingerlo, a urlare. Gli afferrò i capelli con rabbia, lo prendo a schiaffi, a pugni.
Lui rimane in silenzio, immobile, senza lividi o graffi.
“Guardami, cazzo!” gli urlo in un orecchio, e lui, allora, si volta.
E come fossi un moscerino, scuote appena la spalla, si alza e si allontana.
Piango, mi dispero. Si ferma, una mano sulla maniglia.
“A domani” sussurro. Esce.














***

hibou.




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