L'esistenzialismo di Kierkegaard
[
Prima classificata al contest «Ten
Elements» indetto da Angel Sword ]
Titolo: L’esistenzialismo
di Kierkegaard
Autore: My
Pride
Fandom: One
Piece
Tipologia: One-shot
[ 1577 parole fiumidiparole ]
Colonna Sonora: Alone
(Instrumental)
Pacchetto: Fuoco
- Avvertimento:
Introspettivo
- Immagine:
Casual
Conversation
- Elemento
no.1: “Non hai bisogno di vedere
l’intera scalinata. Inizia semplicemente a
salire il primo gradino” [ Martin Luther King ]
- Elemento
no.2: Uno dei personaggi deve essere un vecchio che il
protagonista
incontra per caso
- Elemento
no.3: Spiaggia
Personaggi: Roronoa
Zoro, Nuovo
Personaggio, Fulminea partecipazione di Sanji Black-Leg
Rating: Verde /
Giallo
Generi: Generale,
Introspettivo, Vagamente
Sentimentale
Avvertimenti:
Slice of Life, Bromance, What if?
Benvenuti al banco dei prompt:
Pacchetto introspettivo › 11. Promesse
The season challenge: Estate
› Spiaggia
ONE
PIECE ©
1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.
[ “Ci sono uomini il
cui destino deve essere sacrificato per
gli altri, in un modo o nell’altro, per esprimere
un’idea,
ed io con la mia
croce particolare fui uno di questi” Søren
Kierkegaard ]
Zoro
si guardò
ancora una volta intorno, scompigliandosi vigorosamente i capelli con
una mano.
Avevano attraccato non più di
una
mezz’oretta prima su quell’isola dimenticata da
qualsiasi Dio, se davvero ne
esisteva uno, ed erano partiti alla volta del piccolo villaggio che si
intravedeva dal promontorio dove avevano ormeggiato la Merry, lasciando
Usopp
di guardia alla nave. Non appena erano giunti a destinazione,
però, si era
distratto un attimo nell’osservare un negozietto, fuori dal
quale erano state
esposte un paio di katane di pregevole fattura, e, quando aveva
distolto lo
sguardo per riacciuffare le figure dei suoi amici, non li aveva trovati
più da
nessuna parte. Aveva aggrottato la fronte, incamminandosi per cercarli,
e si
era allontanato parecchio dal villaggio senza nemmeno rendersene conto,
trovandosi nei pressi della spiaggia. Ed era ancora lì, in
quel momento.
Chilometri e chilometri di sconfinata
sabbia dorata si paravano maestosi dinanzi ai suoi occhi,
rammentandogli in
qualche modo il vasto deserto di Alabasta, e il luccichio del sole che
si
rifletteva sulle increspature del mare donava ad esso un aspetto
prezioso, come
se fosse costellato da tanti piccoli diamanti. C’erano
persino piccoli rifugi
all’ombra, e, se non fosse stato troppo impegnato a ritrovare
l’intera ciurma,
magari il pensierino di un buon sonno ristoratore l’avrebbe
fatto.
Il Vice Capitano incrociò le
braccia al
petto, facendo qualche altro passo sulla spiaggia. Dove diavolo
potevano essere
finiti tutti? L’unica cosa sensata che riuscì a
pensare, in quel determinato
frangente, fu che quegli idioti dei suoi compagni si fossero persi
ancora una
volta. E, nay, l’idea che fosse stato lui a perdersi, in
realtà, non gli aveva
minimamente
sfiorato il cervello. Sapeva
di avere un discutibile senso dell’orientamento, certo, ma in
quel particolare momento gli sembrava molto più comodo
credere
che stavolta lui non c’entrasse un bel niente.
Zoro diede un calcio ad un sasso e
sbuffò, ficcandosi le mani in tasca per cominciare a vagare
senza meta lungo il
perimetro di quella spiaggia assolata e silenziosa. L’unico
suono che si
sentiva era l’infrangersi delle onde contro gli scogli ad
ovest e il richiamo
lontano dei gabbiani, come se in quella zona non esistesse
l’allegra routine
che si poteva benissimo avvertire dalla cittadina poco distante.
«Ti sei perso,
figliolo?» La voce
soffice e placida di un uomo fu quasi capace di farlo sussultare,
poiché in un
primo momento non aveva fatto per niente caso alla possibile presenza
di
qualcun altro in quel posto sperduto. Volse dunque lo sguardo nella
direzione
da cui essa proveniva, vedendo un anziano seduto su una seggiola con
una canna
da pesca sorretta fra le mani. Appariva tranquillo e aveva una stecca
consumata
abbandonata fra le labbra, e, sebbene le rughe solcassero profondamente
il suo
viso e le occhiaie gli segnassero di uno smorto colorito viola la parte
superiore degli zigomi, non dimostrava più di
sessant’anni.
Zoro incassò la testa nelle
spalle e si
mise in posizione guardinga, facendo scorrere lo sguardo su tutta la
figura di
quell’uomo. «So perfettamente dove sono»,
borbottò poi. «Sono i miei compagni
ad essere spariti, quando mi sono allontanato per cercarli».
«Questo significa perdersi,
ragazzo».
«Cosa stai cercando di
insinuare,
vecchio?»
L’uomo rise di gusto, lo
sguardo ancora
puntato verso il mare che aveva dinnanzi. «Mi ricordi mio
figlio Josh. Anche
lui è una testa calda», disse distratto.
«Si è messo in testa di voler entrare
in marina e fare carriera in fretta per diventare
Ammiraglio». Scosse di poco
il capo e sospirò, senza che il sorriso abbandonasse le sue
labbra sottili. «Gliel’ho
sempre detto di cominciare dalle piccole cose».
«Non dovresti
incoraggiarlo?» domandò di
rimando Zoro, ficcandosi i pollici di entrambe le mani
nell’haramaki prima di
inclinare il capo di lato, osservando il vecchio da quella posizione.
«Sei suo
padre, no?» soggiunse, rimediandoci appena un rapido sguardo
e un nuovo
sorriso. Sembrava quasi che le sue parole l’avessero
divertito, e non riusciva
proprio a spiegarsi il perché.
«A volte non
c’è bisogno di vedere
l’intera scalinata per raggiungere il proprio obiettivo,
ragazzo mio», cominciò,
infilando una mano nell’interno del giaccone che indossava
per tirare fuori un
pacchetto di sigarette King O Ground L e prendere una nuova stecca che
si portò
rapidamente alle labbra, facendo storcere il naso allo spadaccino.
«Basta
cominciare a salire il primo gradino. Essere sicuri delle proprie
capacità è un
bene, ma non bisogna mai essere superbi e credere di riuscire a fare
tutto al
primo tentativo; bisogna seguire i propri ritmi e cominciare dal
gradino più
basso, passo dopo passo, senza affrettarsi. Altrimenti si rischia solo
di
capitolare di sotto».
Le parole di quell’uomo lo
fecero
riflettere, riportandolo con la mente al suo primo scontro con Mihawk.
Troppo
sicuro di se stesso, troppo stupido e immaturo per capire quanta strada
ancora
lo dividesse da quello Shichibukai, aveva dato retta al proprio istinto
e
l’aveva sfidato, venendo disastrosamente sconfitto. Tutto
ciò che aveva
guadagnato da quello scontro era stata solo una grossa cicatrice che si
estendeva diagonalmente dalla clavicola sinistra al fianco destro, ma
aveva
anche imparato un’amara lezione, in seguito a quella
battaglia che aveva
combattuto: Mihawk gli aveva fatto capire che il mondo non terminava
nell’East
Blue e che avrebbe dovuto viaggiare e allenarsi ancora per riuscire ad
essere alla
sua altezza, ed era stato proprio in quel momento che aveva giurato a
se stesso
e a Rufy che non avrebbe più perso. Lì, disteso
di schiena su quella barca e in
lacrime, aveva sollevato la propria Ichimonji verso il cielo e aveva
promesso
al suo Capitano che sarebbe diventato il migliore. E lui manteneva
sempre le
sue promesse.
«Oh! Ha abboccato!»
La voce pimpante
dell’uomo lo riscosse dai suoi pensieri, e Zoro si
voltò verso di lui nel
momento stesso in cui il vecchio aveva tirato a sé la canna
da pesca con un po’
di fatica; girò poi la rotella e, sollevandosi in piedi per
far forza sulle
gambe, cominciò a trascinare fuori dall’acqua il
pesce che aveva catturato, con
quel sorriso che diveniva mano a mano sempre più grosso e
divertito. Zoro fu
quasi tentato di aiutarlo, ad un certo punto, ma aveva come la netta
sensazione
che il vecchio non ne sarebbe stato per niente contento. Aveva passato
abbastanza tempo con lui da rendersi perfettamente conto che somigliava
in
tutto e per tutto ad un certo cuoco di sua conoscenza. Testardo fino
all’ultimo
e desideroso di cavarsela co le proprie forze, senza che qualcuno si
intromettesse nei suoi affari.
Quando lo trascinò fuori
dall’acqua,
Zoro gli diede almeno una mano nel riversarlo sulla riva, osservandolo
a sua volta
compiaciuto come se fosse stato lui stesso a catturare quel bestione.
Era un
Tuna grosso all’incirca un metro e mezzo, una grandezza
niente male per quella
zona dell’East Blue; il colorito azzurrino ricordava quello
dell’orizzonte,
esattamente nel punto in cui il cielo si fondeva con
l’oceano, e l’occhio nero,
piccolo e vitreo, fissava con fredda indifferenza le nuvole che
sovrastavano
tutti loro, boccheggiando e contraendo le branchie alla ricerca
d’aria.
«È bello
grosso», ridacchiò il vecchio,
picchiettando orgogliosamente il ventre viscido della sua preda prima
di tirare
una bella boccata dalla sua sigaretta, gustandosela fino in fondo e
sbuffando
poi fuori il fumo. «Che ti avevo detto, ragazzo? Basta agire
senza fretta per
ottenere i risultati sperati».
Zoro sorrise, dandogli una lieve pacca
su una spalla. «Lo terrò a mente,
vecchio».
Si congedarono con un saluto, e, dopo
avergli dato le spalle, Zoro ritornò sui propri passi e si
diresse verso il villaggio, ficcandosi le mani nelle tasche mentre si
guardava intorno. Non aveva
trovato i suoi compagni, però quella chiacchierata gli aveva
decisamente aperto
gli occhi. Lui aveva sempre anteposto a tutto il proprio sogno,
allenandosi
estenuamente ogni sacrosanto giorno con la ferma intenzione di battere
Mihawk e
mantenere la promessa che aveva fatto alla sua amica Kuina prima che
morisse,
senza dar peso a come e quando ci sarebbe riuscito. Per la sua
stupidità aveva
quasi rischiato di mandare tutto a monte e di finire i propri giorni al
Baratie, infrangendo anche la parola che aveva dato allo stesso Rufy. E
per uno
come lui, cui i giuramenti valevano più della sua stessa
vita,
sarebbe stata
un’onta terribile da espiare persino dopo morto.
Fu mentre era perso in quei suoi
disparati pensieri che scorse una figura familiare in lontananza,
riconoscendo
immediatamente la capigliatura bionda di Sanji. «Ohi,
marimo!» Lo vide agitare
una mano nella sua direzione e correre trafelato verso di lui, con una
delle
sue dannate sigarette ben strette fra le labbra. «Accidenti,
ci hai fatto
prendere un colpo come al solito! Devi piantarla di sparire in ogni
momento!»
gli sbottò contro non appena lo raggiunge, rimediandoci solo
uno sbuffo
scocciato.
«Sta’ un
po’ zitto, stupido cuoco! Siete
stati voi a scomparire all’improvviso».
«Tu guarda che faccia
tosta».
E mentre cominciavano a litigare come
loro solito, dando la colpa all’altro per la situazione che
era venuta a
crearsi nel tornare fianco a fianco alla Merry, Zoro non
poté comunque
fare a meno di pensare che forse quel vecchio aveva avuto ragione. Per
il suo
sogno e quello di Kuina, per i sogni dei suoi compagni e per la loro
stessa
vita, avrebbe dovuto cominciare a salire poco a poco i gradini che lo
avrebbero
portato ad essere lo spadaccino migliore del mondo, abbattendo tutti
gli
ostacoli che si sarebbero parati sul suo cammino e che avrebbero
minacciato di
interrompere quella sua scalata.
Aveva ben più di una promessa
da
mantenere.
_Note conclusive (E
inconcludenti) dell'autrice
Innanzitutto, questa storia è stata scritta per
il contest “Ten Elementes” indetto
da AngelSword, e
si trattava di un contest un po' particolare in cui i dieci
partecipanti diventavano anche i dieci giudici.
Comunque sia, mi preme lasciare qualche piccola
nota riguardo al titolo, dato che farlo mi sembra fin troppo giusto.
Kierkegaard
era un filosofo e teologo danese, considerato da molti studiosi il
padre
dell’esistenzialismo. Lui sosteneva che la
“soggettività è la
verità” e “la
verità è soggettività”.
Ciò che lui intendeva con tali parole è che la
verità
non è solo una questione di scoprire fatti oggettivi. Mentre
i fatti oggettivi
sono importanti, c’è un secondo elemento
più incisivo della verità, che coinvolge
chi si riferisce a quegli elementi di fatto.
Il
titolo della storia vuole inoltre richiamare il titolo della doujinshi
“Kierkegaard
no Jitsuzon” di Yamato, a parer mio una delle
più belle e
significative di questa doujika. Ovviamente
la storia non c’entra nulla con essa e si tratta
semplicemente di una piccola
Slice of Life, ma spero che comunque sia piaciuta in qualche modo.
Alla
prossima. ♥
PRIMA CLASSIFICATA
L'ESISTENZIALISMO
DI KIERKEGAARD
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