RIFLESSIONI DI UN POVERO UOMO
L’ampissima stanza, di forma
ottagonale, era vuota, silenziosa e immersa nell’oscurità.
O almeno, sembrava vuota.
Perché al centro c’era una
scrivania, illuminata da una fioca luce proveniente dal pavimento.
Seduto davanti alla
scrivania, un uomo anziano.
Paura.
Ecco la parola che indica
quello che sta alla base dell’essenza umana: la paura.
La paura di qualcuno, o di
qualcosa.
Un sentimento che da sempre
accompagna l’uomo, sin dai tempi della Genesi.
“E Adamo sentì il Signore
Dio camminare nel Giardino. Allora Adamo e sua moglie si nascosero tra gli
alberi del Giardino”
E io non sfuggo a tale
regola, perché anche io sono pervaso dalla paura, e si tratta di una paura che
ho in comune con tutti gli altri esseri umani, ma che nello stesso tempo mi
rende diverso dagli altri.
Questa paura è quella della
morte.
Essa mi accomuna agli altri
uomini perché, al pari degli altri, temo quel oblio che ci attende dietro
l’angolo, pronto a distruggere ogni sogno, ogni speranza, ogni idea geniale.
Alcuni sostengono che ci sia
qualcosa dopo la morte, e in verità non penso di essere nella condizione di non
crederci.
Ma la cosa non mi conforta,
perché anche nel caso ci fosse davvero Qualcosa, o Qualcuno, dopo la morte,
allora si tratterebbe di passare ad un altro piano dell’esistenza, completamente
diverso da quello in cui mi trovo adesso.
Ed è un cambiamento di cui
non vedo il bisogno, perché se sono riuscito a crearmi una situazione stabile in
questo mondo, una situazione in cui ogni mio desiderio è esaudito, perché mai
dovrei cambiare?
Non è giusto costringere
qualcuno a lasciare il lavoro di una vita, per affrontare un oblio eterno oppure
una nuova dimensione in cui potremmo anche avere qualcosa di meglio, ma allo
stesso tempo si correrebbe anche il rischio di trovare qualcosa di infinitamente
peggio.
E forse, se ci penso, è
questo che mi fa rifiutare davvero l’idea di trovare altro dopo la morte, la
possibilità di finire in quella dimensione chiamata ‘inferno’, che più uomini,
nel corso dei secoli, hanno tentato di dipingere in maniera a volte pittoresca,
altre volte astratta, ma sempre e comunque terribile.
E sapere che potrei finire
in un luogo indescrivibile per il suo orrore, mi riempie di un terrore supremo,
pari, o forse superiore a quello provato davanti al pensiero della morte in se
stessa.
Se solo questa possibilità
della dannazione non esistesse, allora potrei anche accettare l’idea della
morte, perché io ho raggiunto il massimo della perfezione in questa vita, e non
mi disturba affatto l’idea di raggiungere una perfezione ancora migliore ed
infinita.
Ma deve essere una certezza.
Non so che farmene delle
possibilità, che tra l’altro nel mio caso si riducono notevolmente
Tutto alla fine si ricollega
alla paura della morte, che mi porta davanti ad un doppio bivio: oblio eterno o
continuazione della vita?
E soprattutto, nel caso si
verifichi la seconda situazione: beatitudine eterna o dannazione eterna?
Due variabili soltanto, che
però riguardano l’intero arco dell’esistenza di un uomo, e che hanno tante,
troppe ramificazioni, impossibili da calcolare.
Incalcolabili anche per uno
come me, che nella logica e nella scienza ha sempre creduto.
Ma che di fronte all’ignoto,
alla fine si scopre un debole essere umano come gli altri.
Un debole essere umano che
possiede però la chiave per evitare i rischi legati a quelle variabili.
Prima infatti ho detto che
la paura della morte mi ha reso non solo simile agli altri, ma anche diverso.
E mi ha reso diverso perché
tale sentimento mi ha spinto a cercare un modo per sfuggire a questa trappola
tesa dalla natura a tutti gli esseri umani, e io sono riuscito a trovare un modo
per farlo, un modo sicuro, infallibile.
Anche se ammetto che questo
metodo, siccome ha richiesto un lunghissimo periodo di gestazione, mi ha
costretto a sacrificare alcune parti del mio corpo, per impedire che il destino
cercasse di fregarmi agendo prima che il mio piano si attuasse.
Comunque ne valeva la pena,
perché tra non molto diventerò immortale, e raggiungerò sicuramente uno stadio
di felicità eterna e immutabile.
Quindi batterò tutte le mie
paure, anche se so che in realtà dovrò affrontare lo stesso la morte, sarà solo
per un attimo, e poi ci sarà la beatitudine celeste.
Del resto, è passato
parecchio tempo da quando ho ritrovato quelle pergamene nel deserto.
E già allora ero angosciato
dal pensiero della morte.
Ma adesso siamo quasi
pronti, finalmente questo progetto, andato avanti per decenni, si avvicina alla
sua conclusione.
E importantissimo non
commettere sbagli, ed è per questo che vigilo costantemente su ogni fase.
Gli innesti cibernetici mi
hanno conferito una vita estremamente lunga, ma non eterna.
Un ritardo potrebbe essermi
fatale.
Eppure sono sicuro che non
potranno esserci problemi, perché ai posti chiave per lo sviluppo del progetto,
ho messo delle persone che tengono quanto me alla sua riuscita.
Persone che come me, temono
la morte, e che come me sono desiderose di trovare un modo per sconfiggerla.
Tra di esse, devo dire che
c’è una persona che non credo affatto sia spinta dalla paura della morte, ma non
mi preoccupo.
Lo tengo sotto controllo, e
poi anche lui vuole il progetto completato.
E c’è anche una piacevole
conseguenza secondaria in questo piano per sconfiggere la morte: il processo,
una volta attuato, coinvolgerà tutta l’umanità.
E devo dire che questo
rallegra il mio vecchio cuore, perché io ei miei undici colleghi faremo un
incommensurabile favore a tutti gli uomini liberandoli per sempre dalla paura
della morte, che sin dai tempi più antichi è stata per ogni creatura una sorta
di spada di Damocle, e permetteremo loro di raggiungere la felicità eterna.
Un ottimo incentivo per
assicurare la piena riuscita del progetto, che ci permetterà di considerarci dei
benefattori per l’umanità.
Un’opera di bene universale
nata dall’egoismo di dodici uomini soltanto, dodici uomini intelligenti,
potenti, ricchi e per niente disposti ad abbandonare quello che hanno creato, se
non in favore di qualcosa di molto meglio.
Il destino ha dunque, oltre
alla crudeltà, anche il senso del paradosso.
FINE
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