N/A: Scritta per la Notte Bianca V
di maridichallenge,
con prompt Piercing al labbro.
La storia è ambientata nel futuro/presente, e si rifa alle informazioni
che la Yazawa ha dato al riguardo: Reira vive a Londra, mentre Shin è
diventato un attore.
Ad
Aika e Fiery,
che
si auguravano scrivessi una Reira/Shin <3
Il
chiacchiericcio di quel pub vicino a
Piccadilly è un sottofondo piacevole: la fa sentire meno sola.
Reira
rimescola con la cannuccia il suo
drink, nel suo posto solitario accanto alla finestra.
Indossa un
capello, retaggio di una
vecchia abitudine a camuffarsi per uscire. Continua a farlo anche ora
che non ce n'è più bisogno – ora che è dall'altra parte del
mondo e nessuno la conosce – forse per un semplice e istintivo
desiderio di continuità con un passato troppo lontano.
Il locale è
moderatamente affollato,
come si conviene a un giovedì sera. Il cameriere che l'ha servita le
ha lanciato solo un'occhiata perplessa, ma non ha fatto domande. Le
piacciono gli inglesi: sono educati, e non hanno la più pallida idea
di chi sia. La lasciano in pace.
Aleggia un
clima di allegria che quasi
le fa stendere gli angoli della bocca in un sorriso. Le piace sentire
parlare inglese: la fa sentire a casa e, allo stesso tempo, lontana
da tutti i ricordi dolorosi che la legano al Giappone.
Cattura
distrattamente i discorsi
sull'ultima partita di calcio dai ragazzi seduti al tavolo più
vicino al suo, sorride notando una giovane coppia seduta al bancone
scambiarsi un bacio – e non riesce
a reprimere una fastidiosa fitta di gelosia.
Poi l'occhio
le cade sul piccolo palco
in via di allestimento, dall'altra parte del pub. C'è un gruppo di
ragazzi che armeggia con amplificatori e chitarre.
Uno di loro
impreca a denti stretti in
direzione del proprietario del locale, mentre un altro si infila una
sigaretta tra le labbra, venendo prontamente redarguito da un
cameriere di passaggio. C'è un ragazzo biondo alla batteria, che
sistema i piatti scostandosi ciocche di capelli dalla fronte già
sudata.
E' come un
deja-vu.
Sono giovani,
giovani e belli, e
suonano per il gusto di farlo – perché amano la musica e perché
amano divertirsi – e Reira li invidia da morire.
Darebbe
qualsiasi cosa per tornare
indietro di dieci anni, quando ancora suonavano in piccoli locali
della loro città natale, davanti a un pubblico di un centinaio di
persone al massimo; quando, alla fine di ogni esibizione, andavano a
bere qualcosa con Yasu, Ren e gli altri membri dei Brute, e Takumi
passava ore a lamentarsi di questa o quella imprecisione, venendo
spesso e volentieri a botte con il chitarrista di turno.
Non era
felice, all'epoca. C'erano
tante piccole cose che non andavano nella sua vita, ma indossava
ancora la divisa del liceo, e il sentirsi così giovane la riempiva
di sogni e speranze.
Ora
non vede più un futuro carico di promesse davanti a sé; riesce a
scorgere solo il vuoto di tutto ciò che ha perso, e di tutto quello
che non ha mai avuto – ora è consapevole che non lo avrà
mai.
Il
ragazzo con la
sigaretta si avvia verso l'uscita, per poter fumare in santa pace
prima del concerto.
Di
tutto il gruppo,
è il più minuto. Le maniche del cardigan a righe sono troppo
lunghe, quasi coprono le dita che giocherellano con l'accendino.
Quando
le passa
accanto, Reira nota che ha un piercing sul labbro, e la somiglianza
per un momento si fa così intensa da farle male.
Chissà se
suona il basso.
Annega
un sorriso
carico di amarezza nel suo drink, assieme al pensiero di offrire una
mazzetta di sterline a quel ragazzo per passare la notte con lei.
Ormai è vecchia per certe cose – e lui non somiglia più di tanto
a Shin. Non al Shin di adesso, almeno.
In
effetti, non sa
neppure se porti sempre il piercing al labbro. Nei drama in cui l'ha
visto – unici dati in suo possesso per constatare quanto sia
cresciuto e cambiato in quegli anni – non lo aveva, ovviamente,
così come non aveva i tanti orecchini.
Di
Shin ormai non
sa proprio più niente.
Se
solo lui le
scrivesse, o la chiamasse, di tanto in tanto, le basterebbe. Le
sarebbe sufficiente sentire la sua voce, sapere che la pensa, che
ancora si ricorda di lei, per svegliarsi meno triste.
Un'email
sul tempo
in Giappone, sulla nuova sceneggiatura da imparare, sulla testa
pelata di Yasu che non cambia di una virgola anno dopo anno, e
sarebbe, se non felice, di sicuro meno sola e consumata dai ricordi
di un passato che non si lascia cambiare.
Invece,
l'unica
cosa che ha di Shin è la certezza che dita diverse dalle sue stanno
accarezzando il suo labbro inferiore come molte volte ha fatto lei,
che un'altra bocca sta giocando con quel piercing che le piaceva così
tanto – sempre ammesso che lo porti. E sarebbe anche capace di
sopportarlo, se sapesse che si tratta di mero sesso, di istinti
maschili da soddisfare per poi tornare a pensare a lei, principessa
lontana, ma purtroppo non è così.
Perché
Shin non ha
mai chiamato. In tutti quegli anni, neppure una telefonata, un'email,
a testimoniare una minima volontà di chiarire equivoci sorti quella
che ora sembra una vita fa.
Reira
tira fuori
dalla borsa il cellulare, scorre la rubrica, fino a soffermarsi sul
suo numero.
Hachi
lo ha dato a
Takumi, Takumi lo ha dato a lei, e lei ha risposto con una risata
sprezzante e uno sguardo ferito, ma l'ha comunque accettato, e
fissato migliaia di volte senza mai premere il tasto di chiamata.
Anche
stasera è
così. Reira lascia che gli occhi si perdano su quel nome, fino a
scomporne e ricostruirne i caratteri, ma non chiama. Che cosa
potrebbe dire, dopo tutto quel tempo, senza dimostrare di essere
rimasta la solita donna egoista che desidera solo colmare la
propria solitudine, senza curarsi dei sentimenti altrui?
Aspetterà,
decide
riponendo il telefono. Continuerà ad aspettare – ad illudersi –
che sia lui a chiamare, perché non ha mai scordato le parole di quel
vecchio messaggio, e ancora attende Junichiro.
Probabilmente
aspetterà per sempre, ma non le importa: non ha nulla da perdere.
Il
ragazzo rientra
nel locale, sorride ai compagni che già si sono posizionati sul
palco.
Poi
afferra la
chitarra e si avvicina al microfono.
“Buonasera
a
tutti! Noi siamo i Red Eyes!”
Reira
applaude
educatamente, inclinando il capo interessata.
La
prima canzone è
una cover dei Nirvana. Anche se il cantante e chitarrista non è
all'altezza del suo adorato Kurt Cobain, si muove sul palco con una
tale vitalità da farle venir voglia di alzarsi e mettersi a ballare,
e gli altri membri del gruppo si scambiano le stesse occhiate
complici che tante volte ha condiviso con Ren.
Se ancora avesse
una band così, è sicura che le tornerebbe la voglia di cantare.
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