The Damned Blade
Comincio con il ringraziare chi mi ha commentato o comunque
letto l'altra fanfic... e con l'aggiungere che i pg sono tratti dalla serie
"Beblade", quindi non mi appartengono... li ho solo usati come pg, in quanto la
loro vera storia non viene menzionata. I personaggi non appartenenti al mondo di Beyblade sono ispirati ad alcune mie amiche, a cui la fanfic è dedicata. Grazie per l'attenzione e buona lettura!
^^
Capitolo 1. S
Il giovane dai capelli rossi lanciò sulla scrivania un
fascicolo:
- Rika, qui c’è l’intera documentazione dell’omicidio
Takehara-
La destinataria del messaggio, Rika Hoshino, responsabile del
reparto investigazioni della polizia di Tokyo, membro dei servizi segreti, 22
anni, era seduta come sempre dietro al computer portatile. Lanciò un’occhiata
distratta alla cartelletta bianca portatale da Yuri Ivanov, tenente
ventiquattrenne russo dai capelli rosso fiamma e dagli occhi azzurri, gelidi
come la sua patria d’origine, componente della squadra; poi portò alle labbra la
tazza di cioccolata fumante accanto alla tastiera:
- Mh-mh- mugugnò.
- Bingo!- esclamò una voce proveniente dalla scrivania alla
destra di quella di Rika.
I due ragazzi si voltarono:
- Che c’è, Boris? Hai trovato il nome dell’hacker che ha
sabotato il computer AD547 del reparto 3 della sezione 9 cancellando dall’hard
disk i file del caso 268?- chiese il rosso tutto d’un fiato, mangiandosi le
parole.
- Eh? Oh, no, ho solo stabilito il mio record al poker contro
il pc…-
Mentre gli altri due sospiravano rassegnati, una testa spuntò
da dietro il computer: Boris Huznestov, 24 anni, tenente russo i cui occhi verde
chiaro facevano impazzire diverse agenti, nonostante i suoi strani capelli
violetti perennemente arruffati.
Il telefono squillò all’improvviso, ma la cornetta fu
prontamente sollevata da Aika, assistente di Rika:
- SPAS, dica-
- Ehi, Aika, sono Ben. My brother è lì?-
- Tao, Benny! Sì, quel pervertito di tuo fratello è qua-
rispose Aika, lanciando un’occhiata disgustata allo sfondo desktop di Boris. -
Bo, ti passo tua sorella…-
Boris pigiò il tasto del vivavoce e riprese a giocare a
poker.
- Maledetto fratello degenereeee!!! Potevi anche avvertirmi che
stanotte non tornavi a casa! Ti ho aspettato alzata fino alle cinque! -
Tutte le teste del reparto si voltarono verso Boris, che
tentava disperatamente di zittire Ben, la quale non aveva la benché minima
intenzione di assecondarlo:
- Sei un emerito idiota! Dovresti pensare al lavoro,
anziché…-
Silenzio. Boris sbatté le palpebre stupito:
- B-ben…? Tutto a posto?-
Dall’altra parte provenne un mugolio:
- M-mh. Capisco. Grazie-
- Benny?-
La ragazza si ricordò all’improvviso del fratello:
- Eh? Sei ancora lì?! Levati e fammi parlare con Rika!-
Mentre si alzava per raggiungere Boris, Rika gli sorrise
sarcastica:
- Sai, a volte stento a credere che sia tu il maggiore…-
Il giovane la gratificò con un’occhiataccia, poi le cedette il
posto sulla sedia girevole, mettendosi alle sue spalle.
- Rika?-
- Vai, Ben, dimmi pure-
Si sentì un sospiro, poi la voce di Ben ricomparve:
- Mi ha telefonato il direttore del giornale… dice che gli è
arrivata la segnalazione del ritrovamento di un cadavere nelle fogne. Ti do
l’indirizzo-
Rika imprecò, alzandosi e infilandosi il foglietto con
l’indirizzo in tasca:
- Si può sapere perché i giornali vengono sempre informati
prima di noi?!-. Si rivolse ad Aika: - Chiama qualcuno della scientifica…
proprio oggi Elion doveva beccarsi la febbre?-
Sempre pensando a Elion McGregor, fotografa professionista che
si occupava di immortalare cadaveri e indizi, nonché sorella del proprietario
della libreria di fronte alla casa del comandante, Rika si infilò il cappotto e
si allacciò la cinghia di cuoio dove teneva la pistola attorno alla coscia
destra:
- Boris, Yuri, muovetevi. Aika?-
L’interpellata scosse la testa:
- Non rispondono-
- Maledizione… quelli spuntano come il prezzemolo quando sono
inutili… e quando servono, spariscono! Noi cominciamo ad andare, avverti tu se
qualcuno ha bisogno di noi-
Dovette tirare uno scappellotto a Boris, che si era fermato
nuovamente a parlare con la centralinista, per convincerlo a seguirla a
Hikarigaoka:
- Ti ricordo che il tuo capo divide l’appartamento con la tua
fidanzata…-
- Permesso, scusate, fateci passare…-
Per arrivare all’imboccatura delle fogne dovettero farsi strada
a gomitate nella calca che circondava il tombino. Rika si trattenne a stento dal
mandare all’inferno un paio di giornalisti ficcanaso.
Posando il piede sul primo piolo della scaletta per scendere,
si rivolse a Yuri e Boris:
- Non scendete, mi serve che voi due rimaniate qui ed evitiate
che vengano giù a rompere le scatole facendo domande insulse…-
- Non ti preoccupare- esclamò Boris allegramente, adocchiando
un’attraente giornalista bionda affamata di scoop -L’idea di entrare in quel
buco puzzolente non mi era passata nemmeno per l’anticamera del cervello-
- Dannato maniaco…- borbottò Rika, tirandogli uno scappellotto
prima di calarsi giù.
SCIAK!
Il comandante abbassò lo sguardo sugli anfibi neri sporchi di
un liquido indefinito e imprecò.
- Comandante Hoshino!-
- Giada! Piantala di chiamarmi comandante, lo sai che lo
detesto se detto da un’amica!-
La giovane avvocatessa dai lunghi capelli biondo scuro le
sorrise:
- D’accordo, Rika-
- Così va meglio. Come mai sei qui?-
Giada fece spallucce:
- Ero con mio fratello a fare shopping… quando gli è arrivata
la richiesta di recarsi sul luogo del delitto…-. Indicò un giovane dai lunghi
capelli neri raccolti in una coda da un elastico bianco tubolare, inginocchiato
poco più in là a scattare foto.
Rika lo fissò un istante: Rei Kon, il fratello maggiore di
Giada, con cui aveva dovuto lavorare un paio di volte per assenza di Elion, non
le stava molto simpatico. Decisamente, preferiva il carattere più dinamico
dell’avvocatessa, che numerose volte l’aveva aiutata nei particolari legali
degli omicidi: se non fosse stato per lei, l’intera squadra di Rika avrebbe
passato dei guai per le tante infiltrazioni e perlustrazioni non regolarmente
preavvisate.
Rika si avvicinò all’équipe della scientifica che stava
esaminando il cadavere e mostrò il distintivo:
- Comandante Hoshino, prefettura di Tokyo-
Un giovane dai capelli azzurri lunghi, legati in una coda
dietro la schiena, Garland Von Cetwald, spiegò brevemente ciò che era
successo:
- Siamo riusciti a identificare il ragazzo. Yuya Minami, 23
anni, giapponese. Dalla posizione del corpo, è scivolato nel tombino aperto… per
questo stiamo già verificando il perché non fosse chiuso come avrebbe dovuto.
Comunque, è probabile il suicidio: dia un’occhiata-
Le mostrò il polso destro del corpo: era pieno di ferite
coperte di sangue rappreso. Garland le sventolò sotto il naso una busta
trasparente che conteneva un coltello, anch’esso sporco di sangue:
- Le analisi hanno confermato che questa è l’arma…-
- Oh, no! Sono in ritardo per il lavoro!- esclamò Giada
all’improvviso. -Scappo, Rika… altrimenti è la volta buona che mi tolgono la
causa…-
- Ehi, no, e le pratiche legali per il…- tentò di bloccarla
Rika. Ma l’avvocato era già risalita e si affacciò all’imboccatura del
tombino:
- Stasera quando torno! Bacio!-
Il comandante si massaggiò le tempie. Aveva progettato un
venerdì sera tranquillo a casa con Sara e Lucrezia a guardare un horror con una
pizza, dei popcorn e della Coca-Cola, non una notte in bianco a rompersi la
testa su assurde pratiche legali!
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un membro della
scientifica che doveva parlare con Garland:
- Qui abbiamo finito, non c’è altro da fare. Saliamo a prendere
il telone-
Il giovane annuì, e l’altro salì in superficie seguito da un
altro uomo e da Rei, che fece un cenno di saluto a Rika. La ragazza fece per
seguirlo, ma Garland la bloccò, passandole un braccio attorno alla vita e
attirandola a sé:
- Andiamo, Rika-chan… perché sei così fredda con me?-
Lei si sottrasse alle sue labbra che tentavano di baciarla:
- Piantala, idiota. Punto uno, noi non stiamo più insieme-.
Ricordò con disgusto quando l’aveva trovato a letto con un’altra. -E punto
due…-
- Ehm-ehm-
Rika si voltò di scatto. Boris sorrise sornione:
- Ho interrotto qualcosa?-
La ragazza si liberò dalla presa delle forti braccia dello
svedese e fulminò il collega con lo sguardo:
- No, Boris… che vuoi?-
Il tenente si passò una mano tra i capelli:
- Be’… sai la giornalista bionda che…-
- … che fissavi come uno stoccafisso? Sì, ce l’ho presente-
borbottò Rika, subodorando ciò che l’altro voleva chiederle.
- … vorrebbe l’esclusiva, e io…-
- Boooorisss…-
Il ragazzo fissò con timore crescente la tempia destra di Rika
che pulsava sempre più forte:
- S-sì…?-
- SCORDATELO, STUPIDO MANIACO!!-
- … quindi, in base al terzo comma della legge… insomma, Rika,
mi stai ascoltando?-
Rika spostò pigramente gli occhi dalla sveglia digitale che
segnava la mezzanotte e bevve un sorso dal contenitore mega di caffè:
- Scusa, Giada, ma non ci vedo più dal sonno…-
- Se tu non avessi posticipato questa spiegazione per sistemare
i tuoi files degli omicidi…- la rimproverò l’altra.
- Il pc stava per collassate e oggi avevo dato serata libera a
tutti, quindi non potevo chiamare Yuri…!-. Sbadigliò vistosamente.
Giada sospirò:
- E va bene… continueremo domattina-. In quattro e quattr’otto,
l’avvocato recuperò i fascicoli e uscì dalla stanza dopo aver augurato la
buonanotte a Rika.
Il comandante salutò Brooklyn e Olivier, i due poliziotti che
dovevano fare il turno di notte, e uscì in strada. Il suo respiro formò una
nuvoletta nella fredda notte di metà dicembre. Si maledisse mentalmente per aver
dimenticato a casa la sciarpa dopo che Sara le aveva raccomandato almeno un
migliaio di volte di coprirsi, e strinse tra le mani il caffè bollente.
Pensò che probabilmente Sara non era a casa… o almeno, non a
casa loro: magari era da Boris… Sorrise, pensando alla sua amica, allegra e
sempre attiva, insieme a quello scapestrato donnaiolo di Boris. Poi il suo
pensiero si spostò sulla sua seconda coinquilina, Lucrezia, che era decisa a
terminare l’ultimo romanzo suo e di Sara entro Natale, per farlo uscire come
primo romanzo dell’anno, e…
All’improvviso, qualcuno la urtò violentemente, facendole
sfuggire dalle mani il caffè. Quando adocchiò il liquido nero che si spandeva
sul marciapiede, si dimenticò persino del dolore all’osso sacro:
- Noooo! Il mio caffè!! Ma chi diavolo ti…?-
Le parole le morirono in gola quando incontrò gli occhi del
ragazzo davanti a lei: due profonde pozze color ametista che la fissavano
dall’alto.
- Ti chiedo perdono-
Le porse la mano per aiutarla a rialzarsi. Lei la afferrò,
dimenticandosi all’istante delle sue convinzioni sull’ipocrisia degli uomini che
aiutano le ragazze dopo averle fatte cadere:
- N-non c’è problema…-
Senza staccare gli occhi dai suoi verde militare, il giovane le
sorrise:
- Posso offrirti un caffè per rimediare al danno?-
La ragazza arrossì imbarazzata e si spostò dietro un orecchio
una ciocca dei lunghi capelli castani raccolti in una coda
- Ma non ti devi disturbare…-
- Nessun disturbo-. Il giovane le baciò la mano che teneva
ancora nella sua: -Il mio nome è Kei-
- I-io sono Rika… Rika Hoshino- balbettò lei, ancora scossa per
l’inaspettato gesto del ragazzo.
Mentre camminavano per le vie deserte, illuminate dalla luce
dei lampioni e da quella più debole della luna, Rika gli lanciò qualche occhiata
per osservarlo con calma.
Il giovane aveva i capelli color dell’argento che sfumavano nel
blu notte dietro la nuca e la pelle candida come l’avorio. Indossava un
giubbotto di pelle nera, come di pelle nera erano i guanti da motociclista che
avvolgevano le sue mani, un paio di jeans scuri e anfibi neri. Era più alto di
Rika di almeno 10 cm, e dimostrava almeno 24 anni.
- Sei fidanzata?-
La domanda la colse di sorpresa:
- Eh? N-no… non più…- mormorò.
- Bene-. Il giovane le passò un braccio attorno alla vita, la
attirò a sé e la baciò.
Mentre la lingua del ragazzo sfiorava con delicatezza la sua,
Rika si accorse di provare una sensazione che Garland non le aveva mai dato.
Prima di abbandonarsi definitivamente a quel caldo abbraccio, scorse con la coda
dell’occhio una giovane dai capelli biondi che passava loro di fianco. Chiuse
gli occhi.
La luce del sole che filtrava attraverso le leggere tende della
finestra della sua camera le stuzzicò dolcemente gli occhi. Aprì le palpebre e
le sbatté più volte per abituarsi al risveglio. Si alzò dal letto e scese al
piano di sotto, dove Sara stava preparando la colazione.
- Ben svegliata, Bella Addormentata!- esclamò la scrittrice
vedendola entrare.
- Buongiorno… dov’è Lucre-san?- chiese Rika soffocando a stento
uno sbadiglio.
- È passata alla casa editrice per avvertire che siamo a buon
punto sulla tabella di marcia- rispose Sara, porgendole una tazza di cioccolata
e un piatto di frittelle. Poi cambiò tono, sorridendo sorniona: -E tu che mi
nascondi? Lo sai che devi dire tutto alla tua sensei…-
- Eh?-
Una luce divertita passò negli occhi verde smeraldo della
ventitreenne:
- Andiamo… chi era il ragazzo di ieri sera?-
Ad un tratto il ricordo del bacio di Kei le tornò alla mente,
facendola arrossire. Sara sorrise:
- È stato così gentile… mi ha detto che ti sei addormentata
all’improvviso e la carta d’identità ti è scivolata fuori dalla tasca, così lui
ha scoperto il nostro indirizzo e ti ha portata a casa-. Chiuse le palpebre e
prese un’espressione sognante: -Ha una moto così figa…-
Il viso di Rika era diventato nel frattempo dello stesso rosso
acceso del pigiama di Sara:
- A-addormentata… in piedi…? Oh, cavolo… che figura…-
- Anche con Garland era successo così, non ti ricordi?-.
Accorgendosi dall’espressione del comandante di aver toccato un tasto dolente,
si affrettò a cambiare discorso: -…è salito portandoti in braccio… un vero
cavaliere! E poi, quella moto nera dai bordi argentati…-
- Ehi, frena! Ti ricordo che tu sei già fidanzata!- rise Rika,
ritrovando il buon umore.
Sara le fece l’occhiolino:
- Già… ma posso sempre sognare una moto!-
- Dirò a Boris di comprarne una…-. Lanciò un’occhiata
all’orologio a muro: -Dyaaa! Sono in ritardo!!! Giada mi ucciderààà…!!-
Mollò la tazza sul tavolo e tornò in camera. In meno di cinque
minuti riuscì a lavarsi e a cambiarsi, poi scese nuovamente al pianterreno,
afferrò il cappotto e salutò la coinquilina:
- Ciao, sensei!-
- Cia…-. Prima che potesse terminare, Rika era già uscita.
Sospirò: -… e Kei ha detto che sarebbe passato in ufficio…-
Aprì la porta dell’ufficio e vi si lanciò dentro:
- Scusate il ritardo, ragazzi…-
- Rika-chaaan!-
Il comandante sorrise imbarazzata:
- Scusa, Giada… stamattina ho avuto dei problemi a svegliarmi,
e…-
L’avvocato sospirò:
- D’accordo… dai, muoviti, non c’è tempo da perdere-
Mentre passava accanto alla scrivania di Boris per raggiungere
il proprio ufficio, Rika tirò uno scappellotto al tenente:
- Anziché cercarti gli sfondi porno… comprati una moto!-
- Eh?-. Ma la ragazza non gli rispose, limitandosi a sorridere
enigmatica.
- Rikuccia!-. Elion le saltò al collo all’improvviso: -Sono
guarita!-
- Mi fa piacere- replicò Rika. Ed era vero: in quel modo non
sarebbe più stato necessario chiamare la scientifica e dover lavorare con
Garland… Ripensò a quando stavano insieme: lei si era innamorata subito di
quello svedese affascinante e intelligente, sempre dolce e disponibile con
tutti… anche troppo disponibile. Mentre l’immagine di Garland a letto con una
rossa le si affacciava nella mente, una voce profonda e calda la distrasse dal
brutto ricordo:
- Rika…-
La ragazza si voltò e rimase a bocca aperta, come anche Elion,
ancora appesa al suo collo, Giada, che lasciò cadere i fascicoli che teneva in
mano, Yuri e Boris.
- C-che ci fai qui?- balbettò.
Kei sorrise:
- Abbiamo ancora un caffè in sospeso, se ricordi-
- M-ma…- esitò Rika, lanciando un’occhiata a Giada.
L’avvocatessa sogghignò:
- Non ti preoccupare, ne parliamo dopo-
Prima che avesse il tempo di ribattere, Kei le prese la mano e
la trascinò fuori, sotto gli occhi sbalorditi di Boris e Yuri, e quelli
divertiti di Aika, Elion e Giada.
Una volta in strada, Rika trovò il coraggio di parlare:
- Ehm… Kei… volevo ringraziarti per ieri, quando mi hai
riportata a casa…-
Lui le sorrise, mostrandole i denti candidi e regolari:
- Non ti preoccupare…-
- So di essere pesante- arrossì lei.
- È stato un dolce peso da portare-
-…!-
"Il gelido comandante Hoshino che arrossisce per un ragazzo!
Domani nevica rosso!" avrebbe commentato Boris se fosse stato lì in quel
momento. Ma Boris non c’era, e non avrebbe saputo nulla.
Kei si fermò davanti a un bar dall’insegna azzurra con la
scritta blu:
- Entriamo?-
"Ora o mai più".
Il ragazzo fece per entrare, ma Rika lo bloccò tirandolo per
una manica. Lui si voltò:
- Cosa c’è?-
- Quella di ieri sera era la tua ex? È perché passava lei che
mi hai baciata?-
- No. E comunque, non mi ero accorto che ci fosse qualcun
altro-
L’affermazione la lasciò spiazzata, ma la sua esperienza in
interrogatori le permise di non perdere la voce:
- E allora perché mi hai baciata?-
Kei sorrise candidamente:
- Perché mi andava di farlo-
Questa volta Rika rimase senza parole. A spezzare
l’imbarazzante silenzio creatosi ci pensò il cercapersone della ragazza:
- Pronto?- rispose lei.
- Rika, presto, vieni. C’è bisogno di te-. Boris sembrava
alquanto scosso.
- Arrivo subito in centrale…-
- No! Ti do direttamente l’indirizzo-
Sentendo la via, Rika esclamò:
- Ma è dall’altra parte della città! Boris… Boris!-. Lo spense
innervosita: -Perché cavolo non funziona?-
- È successo qualcosa?-
La ragazza girò sui tacchi:
- Dovremo rimandare ancora. Hanno rinvenuto un cadavere e devo
correre dalla parte opposta della città… maledizione, non so nemmeno come
arrivarci…-
- Vieni-
- Ma io…-. Senza ascoltare le sue obiezioni, Kei la trascinò
nel bar. Salutò il ragazzo biondo alla cassa con un cenno della mano e si
diresse verso la porta davanti a loro. In breve si trovarono in un giardinetto
esterno:
- Aspettami qui-
- Devo…- provò a protestare Rika, ma il ragazzo scomparve.
Poco dopo, Rika sentì il rombo di una moto che le si
avvicinava:
- Salta su!- esclamò Kei, alzando la visiera del casco e
porgendogliene un altro rosso. La ragazza fissò la moto nera dai bordi argentati
a bocca aperta, poi si decise ad infilare il casco e salì dietro di lui.
- Tieniti stretta, sarò rapidissimo- l’avvertì il giovane. Lei
annuì e gli allacciò le braccia attorno alla vita, appoggiando il petto alla sua
schiena.
Con un rombo del motore, la moto partì, uscendo dal cancello
davanti a loro.
- Sai… abito nell’appartamento sopra il bar e ogni tanto ci
lavoro, nei weekend, quando non sono all’Università- spiegò Kei, sovrastando il
rumore e anticipando la domanda di Rika.
Lei annuì, con la fronte appoggiata alla sua schiena. Anche se
c’erano i vestiti, lei poteva indovinare gli addominali ben scolpiti. Intrecciò
le dita delle mani e ripensò al tono di voce di Boris.
Non l’aveva mai sentito così sconvolto.
Smontò di sella e si tolse il casco. Ringraziò Kei per il
passaggio, poi superò i nastri gialli con la scritta "Keep out". Adocchiò Boris,
chino poco più avanti.
- Boris! Cos’è successo?-
Il giovane si spostò di lato, rivelando un cadavere. Il cuore
della ragazza ebbe un sussulto.
Rei Kon era sdraiato sulla schiena, le mani legate dietro, gli
occhi spalancati in un muto urlo di terrore. Conficcato nella sua bocca c’era un
sacchetto di tessuto bianco sporco.
- È stato soffocato da quel coso. Aspettavo te per toglierlo,
Elion ha già scattato le foto. Il decesso è avvenuto tra le quattro e le cinque
di questa mattina-. La voce di Boris era priva di qualsiasi emozione.
Rika si inginocchiò accanto al tenente e con mano tremante
estrasse il sacchetto. Slacciò il nastrino di raso blu che lo teneva chiuso e lo
aprì.
- Terra…!- sussurrò Boris.
Rika deglutì a fatica:
- Dov’è Giada?-
Il ragazzo indicò la panchina davanti a loro, dove Garland
abbracciava Giada, che non riusciva a smettere di piangere. Rika le si avvicinò,
scacciando dalla mente il ricordo di quando Garland consolava lei, che gli si
attaccava come una bambina e si faceva stringere al suo petto…
- Giada…- mormorò.
L’avvocatessa alzò il viso, fissandola con gli occhi azzurri
arrossati e gonfi. Si liberò dalle braccia di Garland e porse a Rika un
biglietto:
- Dimmi cosa vuol dire…-
Il comandante lo prese. Era un cartoncino bianco rettangolare,
con i bordi sporchi di terriccio. Al centro recava disegnata una stella a cinque
punte, costruita intorno a una "S".
"Che c’entra l’alfabeto occidentale?" pensò, mentre Giada le
appoggiava la fronte nell’incavo del collo e le tempestava l’addome di pugni
sempre più deboli:
- Trovalo… trova il bastardo che l’ha ucciso…-
- Stanne sicura- promise l’altra. Un lampo omicida le passò
negli occhi verde militare: conosceva il forte legame fraterno che legava la sua
amica a Rei, e poteva immaginare come si sentisse… Quando era morto suo padre,
il comandante Ryo Hoshino, lei si era sentita il mondo crollarle addosso.
- Rika-. Garland le sfiorò appena la spalla destra: -Miyuki ti
vuole parlare-
La ragazza annuì:
- Dille di venire-
Il giovane si allontanò. Poco dopo sopraggiunse una ragazza con
i lunghi capelli neri raccolti in una coda alta e gli occhi marrone:
- Rika-chan-
- Miyuki, come mai sei qui?-
L’interprete abbracciò Giada, poi rispose:
- Il cadavere è stato rinvenuto da un indiano che non parla
molto bene il giapponese… così mi hanno chiamata-
- Capisco-. Si rivolse a Giada: -Ti lascio con Yuri, sono
sicura che starai meglio con lui che qui con noi-
L’avvocato tirò su con il naso, mentre le due ragazze la
accompagnavano dal russo. Una volta che Giada e Yuri si furono allontanati
insieme, Rika e Miyuki tornarono nei pressi del cadavere di Rei. Il comandante
si rivolse a Boris:
- Di’ ad Aika di rintracciare Ben e di mandarmela al
commissariato. Poi avverti Elion di sbrigarsi a sviluppare le foto e a
portarmele là. Miyuki, precedimi in centrale, io arrivo tra poco-
Mentre i due la lasciavano per eseguire gli ordini, lei
continuò ad osservare intensamente il biglietto, senza nemmeno sbattere le
palpebre. Anche suo padre faceva sempre così, e riusciva a non sbatterle per
ore.
Erano tutti seduti attorno al tavolo. Una situazione che si
ripeteva spessissimo, anche troppo, ma quella riunione fu particolarmente
penosa; oltretutto mancavano sia Giada che Yuri, due membri più che utili alla
squadra: la prima con le sue vaste conoscenze legali, il secondo con le sue
abilità informatiche e tecnologiche. La tensione si faceva sentire forte. Ad un
tratto, Rika esplose:
- Adesso basta! Dobbiamo considerarlo un caso come tutti gli
altri, solo che saremo più motivati a trovare quel figlio di puttana. Ben, tieni
a bada quelle sanguisughe dei tuoi colleghi e controlla che non sbandierino ai
quattro venti più di quanto non debbano; Miyuki, vedi di torchiare il più
possibile quel testimone, voglio sapere ogni minimo particolare, anche se a lui
può sembrare insignificante; Aika ed Elly, ho bisogno che cerchiate nei
fascicoli degli archivi se ci sono simboli simili; Boris, fatti dare da Garland
i risultati delle analisi-
- E tu?- chiese Aika mentre tutti si alzavano.
- Io torno sul luogo del delitto. Nessuno è perfetto, deve per
forza aver lasciato altre tracce-
- Aspetta, Rika!- tentò di bloccarla Boris, ma il comandante
non lo sentì o, come ipotizzò il tenente, non volle sentirlo.
Il giovane si voltò verso gli altri, mentre la porta
dell’ufficio sbatteva violentemente:
- Quando diavolo imparerà a fidarsi di più degli altri?
Dovrebbe capire che non può fare sempre tutto da sola…-
Rika non era affatto convinta di trovare nuovi indizi che
l’avrebbero aiutata a capire il senso del biglietto: era conscia dell’efficienza
di Garland e di entrambe le loro squadre. E allora perché aveva voluto uscire?
Si sentiva oppressa dal senso di colpa? O semplicemente sperava che il freddo
l’avrebbe aiutata a pensare lucidamente?
"Ammettilo… è il senso di colpa che ti opprime…"
- Non è vero- disse ad alta voce. Incassò la testa tra le
spalle, affondando il viso nella sciarpa candida legata attorno al collo fino a
lasciarne fuori solo gli occhi.
"E invece sì… Non vuoi che Giada diventi un’eremita fredda come
te"
- Io non sono un’eremita-
"Da quando è morto papà sai bene anche tu di esserti staccata
da tutti, Garland per primo"
- Garland si stava facendo un’altra! Che accidenti dovevo fare?
Sono scappata…-
"Come sempre, scappi dai tuoi problemi senza affrontarli
apertamente"
- Io…-. Si accorse solo allora di sentirsi abbastanza stupida a
parlare da sola. Oltretutto, era arrivata al parchetto dove era stato trovato il
cadavere di Rei.
I suoi passi producevano leggeri fruscii sulle foglie secche
sparse sul terreno. Il corpo era stato trovato alle sette del mattino, ed era
stato calcolato che il ragazzo era morto tra le quattro e le cinque della stessa
mattina. Rika lanciò un’occhiata all’orologio allacciato al suo polso: le sette
di sera. Il buio che era sceso rendeva impossibile ogni ricerca senza una torcia
elettrica, e la ragazza accese quella che portava sempre con sé.
Anche volendo, non avrebbe potuto capire se l’omicidio era
stato compiuto sul luogo oppure il cadavere era stato portato lì in seguito. Lo
spessore dello strato di foglie non era nemmeno da prendere in considerazione:
il forte vento che aveva soffiato in quell’arco di tempo le aveva sparpagliate
di qua e di là.
Rovistò tra i cespugli, attirandosi le occhiatacce di una
coppietta che tubava sulla panchina accanto. Dovette aspettare più di un’ora
prima che i due levassero le tende. Una volta rimasta finalmente sola, poté
esaminare la zona in tutta calma, o almeno provarci.
Frugò dappertutto alla ricerca di qualcosa di indefinito finché
non cominciarono a bruciarle gli occhi. All’improvviso sentì lo scricchiolio di
un ramo spezzato. Maledicendo l’amministrazione pubblica per non aver riparato i
lampioni rotti, estrasse la pistola dalla fondina e la puntò davanti a sé
insieme al sottile raggio della torcia:
- Chi c’è? Identificati, è un ordine!-
- Rika!-
Abbassò la pistola:
- Scusa Kei, non immaginavo di trovarti qua a quest’ora-
Il giovane le sorrise:
- Quanto dovrà aspettare il nostro famoso caffè?-
"Ma ti sembra il momento di pensare a uno stupido caffè?!?"
avrebbe voluto urlargli. Ma si pentì subito del suo pensiero: che c’entrava Kei?
Non era mica colpa sua se la vita le andava di male in peggio.
Si spostò una ciocca di capelli che le era sfuggita
dall’elastico della coda, togliendosela dagli occhi e posizionandosela dietro
l’orecchio, stando attenta che non si impigliasse nel piercing fatto in alto
alla cartilagine:
- Mi hai preso in un brutto momento-
- Periodo difficile?-
- Già-
- Forse ti sembrerà strano e stupido- cominciò Kei,
avvicinandosi con il suo passo lento e regolare -Ma quando c’è qualcosa che mi
tormenta, mi chiudo in casa e mi strafogo una confezione di gelato davanti alla
tv. Anche se poi d’inverno rischio una congestione-. Sorrise.
Rika non riuscì a trattenere una risata. Che fosse stato il
troppo nervoso o la strana gioia che sentiva quando vedeva quel ragazzo,
rise.
- A-ha!- esclamò il ragazzo. -Ti ho fatta ridere-
- Ehi, non sono mica un mostro!- ribatté lei, a metà tra il
divertito e il risentito.
- Non volevo dire questo-
- Credo che seguirò il tuo consiglio… anche a rischio di una
congestione-
- No, dai, non dire così! Mi sentirei in colpa se ti succedesse
qualcosa-
Rika sorrise:
- Be’, sai… ho una predisposizione naturale all’evitare le
malattie-. Sospirò: -Be’, ora ti saluto. Il tragitto verso casa è lungo-
- Ti accompagno-
- Non ti devi disturbare, tanto…-
- Non voglio che ti succeda qualcosa-
Il cuore della ragazza accelerò i battiti, mentre al viso di
Kei si sostituiva quello di Garland che anni prima aveva pronunciato la stessa
frase…
- Ho parcheggiato la moto davanti al negozio di dischi
all’entrata del parco-
- Eh? Ah, ok…-
Mentre camminavano affiancati, si trovò a pensare che al chiaro
di luna il giovane era ancora più affascinante. Poco dopo, arrivarono alla moto:
Kei estrasse due caschi dal sottosella e porse quello rosso a Rika, mentre lui
indossava quello nero.
Durante il viaggio, Rika si strinse forte al ragazzo, come
aveva sempre fatto con Garland: anche lo svedese possedeva una moto simile, ma
blu notte anziché nera.
Qualche minuto dopo arrivarono davanti all’appartamento della
ragazza. Lei smontò e gli restituì il casco, mentre anche lui se lo toglieva per
salutarla.
- Grazie Kei- mormorò.
- Figurati-
Il giovane staccò una mano dal manubrio e la posò sul retro del
collo di Rika, la fece avvicinare a sé e la baciò, senza che lei potesse, o
forse volesse, opporglisi.
- Questo è il mio numero- mormorò poi, porgendole un
bigliettino. -Il caffè è ancora in lista d’attesa-
Lei si infilò il biglietto nel taschino interno del
giubbotto:
- Ti farò sapere della congestione- sorrise.
Kei le augurò la buonanotte e partì, con un rombo del motore.
Rika rimase fuori finché non riuscì più a vederlo, poi inserì la chiave nella
toppa del portone, facendo scattare la serratura con un’espressione
trasognata.
- Rikuccia!-
- Lucre-sensei…-
La ragazza dai corti capelli neri sorrise sorniona:
- Fa conquiste la nostra kohai!-
Rika arrossì:
- Mi stavi spiando?-
L’altra fece spallucce:
- Sara mi ha parlato del tuo misterioso principe in moto e così
vi ho… dato un’occhiata dalla finestra…-
Il comandante inarcò un sopracciglio:
- Siete proprio due ficcanaso… comunque, dov’è Sara?-
Lucrezia le lanciò un’occhiata complice:
- Dove vuoi che sia? Dal suo principe dagli occhi verdi!-
Rika sorrise, mentre si toglieva il giubbotto. Lo appese
all’attaccapanni, augurò "Buon lavoro" a Lucrezia che si apprestava a proseguire
la stesura dell’ultimo thriller e infine salì in camera, senza che Kei
abbandonasse i suoi pensieri.
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